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Érik Pillet, a cura di
Così fragili, così umani
Messaggero, 2013
Pagine 128, Euro 12,00

Descrizione. Mai come oggi la società cerca di sfuggire la fragilità, e mai come oggi la alimenta. Gli autori in questo libro hanno raccontato le loro testimonianze, le loro diagnosi, le loro esperienze intime di fragilità. Affrontando di volta in volta temi come la malattia, l’handicap, il lavoro, la povertà o la gioventù in difficoltà, esprimono la necessità di cambiare il punto di vista, l’approccio al problema. Il testo invita ad accogliere la fragilità umana nella sua interezza e a coglierne gli aspetti positivi e fecondi. È una sfida da affrontare sia a livello sociale che individuale, una sfida capace di speranza. Interventi di Marie-Hélène Boucand, Jean-Paul Delevoye, Guillaume de Fonclare, Bruno Frappat, Julia Kristeva, Michela Marzano, Jean-Marie Petitclerc, Bruno Tardieu, Jean Vanier.

Autore. Érik Pillet ha svolto gran parte della sua attività professionale in grandi imprese come direttore del personale e consulente di gestione aziendale. È impegnato nell’Arca di Jean Vanier da più di trent’anni. Si è occupato delle comunità africane e in seguito dell’Arca in Francia, di cui è stato presidente dal 2004 al 2011. È anche il fondatore della comunità dell’Arca di Tolosa, di cui oggi è direttore. È coautore di Guide pratique de l'entreprise sociale et solidaire (Eyrolles-Les Échos, 2011).

 

Da “La vita del popolo”, di Mario Cutuli http://www.lavitadelpopolo.it/pls/ilpopolotreviso/v3_s2ew_consultazione.mostra_pagina?id_pagina=24592

Nove saggi tutti legati da un unico tema. Tutti articolati sulla situazione dell’uomo nella società contemporanea: da un lato l’ossessione, l’incubo quasi, di sfuggire la fragilità, dall’altro la straordinaria ... capacità di riprodurla, di alimentarla, sino a diventarne vittima. Più la si demonizza per la paura di percepire il proprio limite, più si tenta di negarla moltiplicando le nostre performance nell’illusione di sfuggirla, più la si moltiplica in altre forme. Più intime. Più psicologiche. Più diffuse...
Una situazione paradossale. Assurda.
Con “Così fragili, così umani”, Edizioni Messaggero, Padova, euro12, Erik Pillet raccoglie testimonianze, diagnosi, esperienze, sulla fragilità per dimostrarne la … forza, per accettarla e condividerla, per apprezzarne il valore. Una piccola antologia di opinioni, nelle poco più delle cento trenta pagine, di riflessioni dettate, più che dalla mente, dal cuore. Modulate con toni intimi e confidenziali, senza pretesa alcuna di indottrinare, con l’unico obiettivo di identificare l’uomo non con la categoria della forza, ma con quella della fragilità, la nota che lo connota pienamente e lo contrassegna in modo inequivocabile.
La forza dell’uomo sta insomma tutta nella consapevolezza di essere fragile:“la fragilità, scrive Vittorino Andreoli, rifà l’uomo, mentre la potenza lo distrugge, lo riduce a frammenti che si trasformano in polvere”.
Perciò “Così fragili, così umani” è come ragionare sulla vita. Perché la vita è fragilità. Perché la fragilità è ovunque. Perché non c’è nulla che sia indistruttibile o sicuro, soprattutto ai giorni nostri sempre più caratterizzati da una diffusa cultura del relativo che corrode certezze, intacca valori, cancella tradizioni, logora collaudate sicurezze. Oggi tutto sembra poggiare su instabili equilibri: dal mondo del lavoro che assomiglia sempre più ad una giungla, alla famiglia che si disgrega, da codici comportamentali e morali oggi di colpo obsoleti, alle chiese che si svuotano e ai passati modelli pedagogici improvvisamente … sbagliati
Oggi forse più di ieri, il mondo bussa alle porte con il suo bagaglio quotidiano di disumanità... Oggi occorre ridefinire il concetto stesso di progresso perché quello di cui godiamo e del quale non sappiamo più farne a meno, sembra pregiudicare pesantemente il futuro dei nostri figli...

Polvere dall’inizio alla fine
L’uomo stesso è fragilità: per nascita, per costituzione. Comincia a morire lo stesso giorno in cui si affaccia a questo mondo. Nasce fragilissimo e così muore, talvolta all’improvviso senza nemmeno rendersi conto... Polvere dall’inizio alla fine dei suoi giorni.
Un animale dotato di ragione, sì, ma non affatto autosufficiente. Un essere che ha costante bisogno: di relazionarsi, di integrarsi, di raccontare e di raccontarsi, di darsi, di amare, di essere amato, di essere accudito, specialmente quando il peso degli anni, della malattia grava pesante sul corpo. Sull’animo soprattutto. Vorrebbe quasi attaccarsi al tempo nel tentativo di catturarlo, ma non può: anche il tempo è fragile. Passa. Muore... Eppure, non accettare la fragilità - motivo ricorrente in tutto il lavoro proposto da Pillet - comporta il non comprendere il senso stesso della vita per disperderla in un delirio di onnipotenza. Significa precludersi di vedere le cose con quel saggio distacco che dà ad esse il giusto valore. Essere fragile significa essere uomo... Avevo un lavoro interessante, leggiamo in una delle testimonianze proposte dal libro, avevo un buon stipendio, una situazione professionale invidiabile, godevo di un grande riconoscimento sociale, andava tutto bene. Poi è arrivata la malattia. Con tutto un seguito di domande sterili - “Perché? Perché io” - e la spinta a mettere in discussione il senso della vita, la mia vita... Credevo di esser forte, mentre invece ero fragile... La malattia mi fatto amare la vita... Ho capito che «il percorso della nostra vita è tracciato nel segreto del cuore, e non è la vita che produce il rancore dell’anima... ma lo sguardo che noi le rivolgiamo».
E’ la fragilità che ci fa crescere. La si accetta per diventare un essere umano con dignità. Per essere noi stessi, con le nostre zone d’ombra, le nostre imperfezioni: «Non c’è forza, non c’è debolezza, non c’è più grande o più piccolo; ammettere di essere fragile significa modificare radicalmente lo sguardo che rivolgiamo a noi stessi e assaporare la vita pienamente … Vuol dire arricchirsi di essere noi stessi ed essere semplicemente».
Nel suo “Elogio della debolezza” Alexandre Jollien, affetto da paralisi cerebrale infantile, ebbe la forza di scrivere: «la mia incapacità di raggiungere una completa autonomia mi rivela quotidianamente la grandezza dell’uomo». Quasi a convincerci che la fragilità, nonostante la nostra società, in nome di un’utopica onnipotenza tenti di negarla, diventa forza.