LEGGE 11 agosto 2003, n.228

Misure contro la tratta di persone.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno

approvato;

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga la seguente legge:

 

ART. 1.

(Modifica dell'articolo 600 del codice penale).

1. L'articolo 600 del codice penale e' sostituito dal seguente:

"ART. 600. - (Riduzione o mantenimento in schiavitu' o in servitu). -

Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del

diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona

in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni

lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque a

prestazioni che ne comportino lo sfruttamento, e' punito con la

reclusione da otto a venti anni.

La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo

quando la condotta e' attuata mediante violenza, minaccia, inganno,

abuso di autorità o approfittamento di una situazione di

inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o

mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri

vantaggi a chi ha autorità sulla persona.

La pena e' aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al

primo comma sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o

sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di

sottoporre la persona offesa al prelievo di organi".

 

Avvertenza:

Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto

dall'amministrazione competente per materia, ai sensi

dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle

disposizioni sulla promulgazione delle leggi,

sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica

e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,

approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo

fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge

modificate alle quali e' operato il rinvio. Restano

invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi

qui trascritti.

 

ART. 2.

(Modifica dell'articolo 601 del codice penale).

1. L'articolo 601 del codice penale e' sostituito dal seguente:

"ART. 601. - (Tratta di persone). - Chiunque commette tratta di

persona che si trova nelle condizioni di cui all'articolo 600 ovvero,

al fine di commettere i delitti di cui al primo comma del medesimo

articolo, la induce mediante inganno o la costringe mediante

violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittamento di una

situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di

necessità, o mediante promessa o dazione di somme di denaro o di

altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorità, a fare

ingresso o a soggiornare o a uscire dal territorio dello Stato o a

trasferirsi al suo interno, e' punito con la reclusione da otto a

venti anni.

La pena e' aumentata da un terzo alla metà se i delitti di cui al

presente articolo sono commessi in danno di minore degli anni

diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al

fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi".

ART. 3.

(Modifica dell'articolo 602 del codice penale).

1. L'articolo 602 del codice penale e' sostituito dal seguente:

"ART. 602. - (Acquisto e alienazione di schiavi). - Chiunque, fuori

dei casi indicati nell'articolo 601, acquista o aliena o cede una

persona che si trova in una delle condizioni di cui all'articolo 600

e' punito con la reclusione da otto a venti anni.

La pena e' aumentata da un terzo alla meta' se la persona offesa e'

minore degli anni diciotto ovvero se i fatti di cui al primo comma

sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di

sottoporre la persona offesa al prelievo di organi".

 

ART. 4.

(Modifica all'articolo 416 del codice penale).

1. Dopo il quinto comma dell'articolo 416 del codice penale e'

aggiunto il seguente:

"Se l'associazione e' diretta a commettere taluno dei delitti di cui

agli articoli 600, 601 e 602, si applica la reclusione da cinque a

quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove

anni nei casi previsti dal secondo comma".

 

Nota all'art. 4:

- Si riporta il testo dell'art. 416 del codice penale,

come modificato dalla legge qui pubblicata:

«Art. 416 (Associazione per delinquere). - Quando tre o

più persone si associano allo scopo di commettere più

delitti, coloro che promuovono o costituiscono od

organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con

la reclusione da tre a sette anni.

Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la

pena e' della reclusione da uno a cinque anni

I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i

promotori.

Se gli associati scorrono in armi le campagne o le

pubbliche vie si applica la reclusione da cinque a quindici

anni.

La pena e' aumentata se il numero degli associati e' di

dieci o più.

Se l'associazione e' diretta a commettere taluno dei

delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, si applica la

reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal

primo comma e da quattro a nove anni nei casi previsti dal

secondo comma.».

 

ART. 5.

(Sanzioni amministrative nei confronti di persone giuridiche,

società e associazioni per delitti contro

la personalità individuale).

1. Dopo l'articolo 25-quater del decreto legislativo 8 giugno 2001,

n. 231, e' inserito il seguente:

"ART. 25-quinquies. - (Delitti contro la personalità individuale). -

1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dalla sezione I

del capo III del titolo XII del libro II del codice penale si

applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, la sanzione

pecuniaria da quattrocento a mille quote;

b) per i delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter,

primo e secondo comma, e 600-quinquies, la sanzione pecuniaria da

trecento a ottocento quote;

c) per i delitti di cui agli articoli 600-bis, secondo comma,

600-ter, terzo e quarto comma, e 600-quater, la sanzione pecuniaria

da duecento a settecento quote.

2. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nel comma 1,

lettere a) e b), si applicano le sanzioni interdittive previste

dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.

3. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente

utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la

commissione dei reati indicati nel comma 1, si applica la sanzione

dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività' ai sensi

dell'articolo 16, comma 3".

 

Note all'art. 5:

- Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (in

Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno 2001) reca:

«Disciplina della responsabilità amministrativa delle

persone giuridiche, delle società e delle associazioni

anche prive di personalità giuridica, a norma dell'art. 11

della legge 29 settembre 2000, n. 300.».

- Per completezza di informazione si riporta il testo

degli articoli 9 e 16 del citato decreto legislativo

8 giugno 2001, n. 231:

«Art. 9 (Sanzioni amministrative). - 1. Le sanzioni per

gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono:

a) la sanzione pecuniaria;

b) le sanzioni interdittive;

c) la confisca;

d) la pubblicazione della sentenza.

2. Le sanzioni interdittive sono:

a) l'interdizione dall'esercizio dell'attività';

b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni,

licenze o concessioni funzionali alla commissione

dell'illecito;

c) il divieto di contrattare con la pubblica

amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di

un pubblico servizio;

d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti,

contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già

concessi;

e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.».

«Art. 16 (Sanzioni interdittive applicate in via

definitiva). - 1. Può essere disposta l'interdizione

definitiva dall'esercizio dell'attività' se l'ente ha

tratto dal reato un profitto di rilevante entita' ed e'

già stato condannato, almeno tre volte negli ultimi sette

anni, alla interdizione temporanea dall'esercizio

dell'attività'.

2. Il giudice può applicare all'ente, in via

definitiva, la sanzione del divieto di contrattare con la

pubblica amministrazione ovvero del divieto di

pubblicizzare beni o servizi quando e' già stato

condannato alla stessa sanzione almeno tre volte negli

ultimi sette anni.

3. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene

stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di

consentire o agevolare la commissione di reati in relazione

ai quali e' prevista la sua responsabilità e' sempre

disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio

dell'attività' e non si applicano le disposizioni previste

dall'art. 17.».

 

ART. 6.

(Modifiche al codice di procedura penale).

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti

modificazioni:

a) all'articolo 5, comma 1, lettera b), le parole: ", 600, 601 e 602"

sono soppresse;

b) all'articolo 51, comma 3-bis, dopo le parole: "di cui agli

articoli" sono inserite le seguenti: "416, sesto comma, 600, 601,

602,";

c) all'articolo 407, comma 2, lettera a), nel numero 7-bis), sono

inserite dopo le parole: "dagli articoli" la seguente: "600," e dopo

la parola: "601," la seguente: "602,".

 

Nota all'art. 6:

- Si riporta il testo degli articoli 5, 51 e 407 del

codice di procedura penale come modificati dalla legge qui

pubblicata:

«Art. 5 (Competenza della corte di assise). - 1. La

corte di assise e' competente:

a) per i delitti per i quali la legge stabilisce la

pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel

massimo a ventiquattro anni, esclusi i delitti di tentato

omicidio, di rapina e di estorsione, comunque aggravati, e

i delitti previsti dall'art. 630, primo comma, del codice

penale e dal decreto del Presidente della Repubblica

9 ottobre 1990, n. 309;

b) per i delitti consumati previsti dagli articoli

579, 580, 584 del codice penale;

c) per ogni delitto doloso se dal fatto e' derivata

la morte di una o piu' persone, escluse le ipotesi previste

dagli articoli 586, 588 e 593 del codice penale;

d) per i delitti previsti dalle leggi di attuazione

della XII disposizione finale della Costituzione, dalla

legge 9 ottobre 1967, n. 962 e nel titolo I del libro II

del codice penale, sempre che per tali delitti sia

stabilita la pena della reclusione non inferiore nel

massimo a dieci anni.».

«Art. 51 (Uffici del pubblico ministero. Attribuzioni

del procuratore della Repubblica distrettuale). - 1. Le

funzioni di pubblico ministero sono esercitate:

a) nelle indagini preliminari e nei procedimenti di

primo grado, dai magistrati della procura della Repubblica

presso il tribunale;

b) nei giudizi di impugnazione dai magistrati della

procura generale presso la corte di appello o presso la

corte di cassazione.

2. Nei casi di avocazione, le funzioni previste dal

comma 1, lettera a) sono esercitate dai magistrati della

procura generale presso la corte di appello.

Nei casi di avocazione previsti dall'art. 371-bis, sono

esercitate dai magistrati della Direzione nazionale

antimafia.

3. Le funzioni previste dal comma 1 sono attribuite

all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice

competente a norma del capo II del titolo I.

3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti

consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto comma,

600, 601, 602, 416-bis e 630 del codice penale, per i

delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal

predetto art. 416-bis ovvero al fine di agevolare

l'attività' delle associazioni previste dallo stesso

articolo, nonché per i delitti previsti dall'art. 74 del

testo unico approvato con decreto del Presidente della

Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e dall'art. 291-quater

del testo unico approvato con decreto del Presidente della

Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 le funzioni indicate nel

comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico

ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto

nel cui ambito ha sede il giudice competente.

3-ter. Nei casi previsti dal comma 3-bis, se ne fa

richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore

generale presso la Corte di appello può, per giustificati

motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per

il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato

dal procuratore della Repubblica presso il giudice

competente.

3-quater. Quando si tratta di procedimenti per i

delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo le

funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite

all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del

capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice

competente. Si applicano le disposizioni del comma 3-ter.».

«Art. 407 (Termini di durata massima delle indagini

preliminari). - 1. Salvo quanto previsto all'art. 393 comma

4, la durata delle indagini preliminari non può comunque

superare diciotto mesi.

2. La durata massima e' tuttavia di due anni se le

indagini preliminari riguardano:

a) i delitti appresso indicati:

1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e

422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi

aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2,

e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con

decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n.

43;

2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli

575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello

stesso codice penale;

3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni

previste dall'art. 416-bis del codice penale ovvero al fine

di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo

stesso articolo;

4) delitti commessi per finalità di terrorismo o

di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la

legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel

minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché

delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306,

secondo comma, del codice penale;

5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione

nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto

in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o

tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi

clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse

quelle previste dall'art. 2, comma terzo, della legge

18 aprile 1975, n. 110;

6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente

alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, e 74

del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli

stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e

riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza,

approvato con decreto del Presidente della Repubblica

9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;

7) delitto di cui all'art. 416 del codice penale

nei casi in cui e' obbligatorio l'arresto in flagranza;

7-bis) dei delitti previsti dagli articoli 600,

600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 602, 609-bis nelle

ipotesi aggravate previste dall'art. 609-ter, 609-quater,

609-octies del codice penale;

b) notizie di reato che rendono particolarmente

complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti

tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone

sottoposte alle indagini o di persone offese;

c) indagini che richiedono il compimento di atti

all'estero;

d) procedimenti in cui e' indispensabile mantenere il

collegamento tra più uffici del pubblico ministero a norma

dell'art. 371.

3. Salvo quanto previsto dall'art. 415-bis, qualora il

pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o

richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge

o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo

la scadenza del termine non possono essere utilizzati».

 

ART. 7.

(Ambito di applicazione delle leggi 31 maggio 1965, n. 575, e

19 marzo 1990, n. 55, e del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306).

1. All'articolo 7, primo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, e

successive modificazioni, dopo le parole: "513-bis, 575," sono

inserite le seguenti: "600, 601, 602,".

2. All'articolo 14, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e

successive modificazioni, dopo le parole: "previste dagli articoli",

sono inserite le seguenti: "600, 601, 602,".

3. All'articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992,

n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.

356, e successive modificazioni, le parole: "416-bis," sono

sostituite dalle seguenti: "416, sesto comma, 416-bis, 600, 601,

602,".

 

Note all'art. 7:

- Si riporta il testo dell'art. 7 della legge 31 maggio

1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia) come modificato

dalla legge qui pubblicata:

«Art. 7. - Le pene stabilite per i delitti previsti

dagli articoli 336, 338, 353, 378, 379, 416, 416-bis, 424,

435, 513-bis, 575, 600, 601, 602, 605, 610, 611, 612, 628,

629, 630, 632, 633, 634, 635, 636, 637, 638, 640-bis,

648-bis, 648-ter, del codice penale sono aumentate da un

terzo alla metà e quelle stabilite per le contravvenzioni

di cui agli articoli 695, primo comma, 696, 697, 698, 699

del codice penale sono aumentate nella misura di cui al

secondo comma dell'art. 99 del codice penale se il fatto e'

commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo

ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di

applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne e'

cessata l'esecuzione.

In ogni caso si procede d'ufficio ed e' consentito

l'arresto anche fuori dei casi di flagranza.

Alla pena e' aggiunta una misura di sicurezza

detentiva.».

- Si riporta il testo dell'art. 14 della legge

19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione

della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di

manifestazione di pericolosità sociale.), come modificato

dalla legge qui pubblicata:

«Art. 14. - 1. Salvo che si tratti di procedimenti di

prevenzione già pendenti alla data di entrata in vigore

della presente legge, da tale data le disposizioni della

legge 31 maggio 1965, n. 575, concernenti le indagini e

l'applicazione delle misure di prevenzione di carattere

patrimoniale, nonché quelle contenute negli articoli da 10

a 10-sexies della medesima legge, si applicano con

riferimento ai soggetti indiziati di appartenere alle

associazioni indicate nell'art. 1 della predetta legge o a

quelle previste dall'art. 75, legge 22 dicembre 1975, n.

685, ovvero ai soggetti indicati nei numeri 1) e 2) del

primo comma dell'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n.

1423 (quando l'attività' delittuosa da cui si ritiene

derivino i proventi sia una di quelle previste dagli

articoli 600, 601, 602, 629, 630, 644, 648-bis o 648-ter

del codice penale, ovvero quella di contrabbando.

2. Nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, la

riabilitazione prevista dall'art. 15, legge 3 agosto 1988,

n. 327, può essere richiesta dopo cinque anni dalla

cessazione della misura di prevenzione.

3. La riabilitazione comporta, altresì, la cessazione

dei divieti previsti dall'art. 10 della legge 31 maggio

1965, n. 575.».

- Si riporta il testo dell'art. 12-sexies del

decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al

nuovo codice di procedura penale e provvedimento di

contrasto alla criminalità mafiosa), convertito con

modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 e

successive modificazioni, come modificato dalla legge qui

pubblicata:

«Art. 12-sexies (Ipotesi particolari di confisca). - 1.

Nei casi di condanna o di applicazione della pena su

richiesta a norma dell'art. 444 del codice di procedura

penale, per taluno dei delitti previsti dagli articoli 416,

sesto comma, 416-bis, 600, 601, 602, 629, 630, 644,

644-bis, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo

comma, 648-bis, 648-ter del codice penale, nonché

dall'art. 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno

1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge

7 agosto 1992, n. 356, ovvero per taluno dei delitti

previsti dagli articoli 73, esclusa la fattispecie di cui

al comma 5, e 74 del testo unico delle leggi in materia di

disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,

prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di

tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente

della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e' sempre disposta

la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di

cui il condannato non può giustificare la provenienza e di

cui, anche per interposta persona fisica o giuridica,

risulta essere titolare o avere la disponibilità a

qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio

reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o

alla propria attività economica. Le disposizioni indicate

nel periodo precedente si applicano anche in caso di

condanna e di applicazione della pena su richiesta, a norma

dell'art. 444 del codice di procedura penale, per taluno

dei delitti commessi per finalità di terrorismo o di

eversione dell'ordine costituzionale.

2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche nei

casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta

a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per

un delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste

dall'art. 416-bis del codice penale, ovvero al fine di

agevolare l'attività' delle associazioni previste dallo

stesso articolo, nonché a chi e' stato condannato per un

delitto in materia di contrabbando, nei casi di cui

all'art. 295, secondo comma, del testo unico approvato con

decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n.

43.

3. Fermo quanto previsto dagli articoli 100 e 101 del

testo unico delle leggi in materia di disciplina degli

stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e

riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza,

approvato con decreto del Presidente della Repubblica

9 ottobre 1990, n. 309, per la gestione e la destinazione

dei beni confiscati a norma dei commi 1 e 2 si osservano,

in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel

decreto legge 14 giugno 1989. n 230 convertito, con

modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282. Il

giudice, con la sentenza di condanna o con quella prevista

dall'art. 444, comma 2, del codice di procedura penale,

nomina un amministratore con il compito di provvedere alla

custodia, alla conservazione e all'amministrazione dei beni

confiscati.

Non possono essere nominate amministratori le persone

nei cui confronti il provvedimento e' stato disposto, il

coniuge, i parenti, gli affini e le persone con essi

conviventi, ne' le persone condannate ad una pena che

importi l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici

uffici o coloro cui sia stata irrogata una misura di

prevenzione.

4. Se, nel corso del procedimento, l'autorità'

giudiziaria, in applicazione dell'art. 321, comma 2, del

codice di procedura penale, dispone il sequestro preventivo

delle cose di cui e' prevista la confisca a norma dei commi

1 e 2, le disposizioni in materia di nomina

dell'amministratore di cui al secondo periodo del comma 3

si applicano anche al custode delle cose predette.

4-bis. Si applicano anche ai casi di confisca previsti

dai commi da 1 a 4 del presente articolo le disposizioni in

materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o

confiscati previste dalla legge 31 marzo 1965, n. 575, e

successive modificazioni; restano comunque salvi i diritti

della persona offesa dal reato alle restituzioni e al

risarcimento del danno.

4-ter. Con separati decreti, il Ministro dell'interno,

di concerto con il Ministro della giustizia, sentiti gli

altri Ministri interessati, stabilisce anche la quota dei

beni sequestrati e confiscati a norma del presente decreto

da destinarsi per l'attuazione delle speciali misure di

protezione previste dal decreto-legge 15 gennaio 1991 n. 8,

convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991,

n. 82, e successive modificazioni, e per le elargizioni

previste dalla legge 20 ottobre 1990, n. 302, recante norme

a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità

organizzata. Nei decreti il Ministro stabilisce anche che,

a favore delle vittime, possa essere costituito un Fondo di

solidarietà per le ipotesi in cui la persona offesa non

abbia potuto ottenere in tutto o in parte le restituzioni o

il risarcimento dei danni conseguenti al reato.

4-quater. Il Consiglio di Stato esprime il proprio

parere sugli schemi di regolamento di cui al comma 4-ter

entro trenta giorni dalla richiesta, decorsi i quali il

regolamento può comunque essere adottato».

 

ART. 8.

(Modifiche all'articolo 10 del decreto-legge 31 dicembre 1991,

n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge

18 febbraio 1992, n. 172).

1. All'articolo 10 del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419,

convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n.172,

al comma 1, dopo le parole: "agli articoli" sono inserite le

seguenti: "600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 601,

602," e dopo le parole: "codice penale" sono aggiunte le seguenti: "e

di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75".

2. Nel caso in cui la persona offesa dal reato sia minorenne, resta

fermo quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo

14 della legge 3 agosto 1998, n. 269.

 

Note all'art. 8:

- Si riporta il testo dell'art. 10 del decreto-legge

31 dicembre 1991, n. 419 (Istituzione del Fondo di sostegno

per le vittime di richieste estorsive.), convertito, con

modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172, come

modificato dalla legge qui pubblicata:

«Art. 10 (Disposizioni processuali). - 1. Quando e'

necessario per acquisire rilevanti elementi probatori

ovvero per la individuazione o cattura dei responsabili dei

delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter,

600-quater, 600-quinquies, 601, 602, 629, 644, 648-bis e

648-ter del codice penale e di cui all'art. 3 della legge

20 febbraio 1958, n. 75, il pubblico ministero puo', con

decreto motivato, ritardare l'esecuzione dei provvedimenti

che applicano una misura cautelare, dell'arresto, del fermo

dell'indiziato di delitto o del sequestro. Nei casi di

urgenza il ritardo dell'esecuzione dei predetti

provvedimenti può essere disposto anche oralmente, ma il

relativo decreto deve essere emesso entro le successive

quarantotto ore.

2. Per gli stessi motivi di cui al comma 1 gli

ufficiali di polizia giudiziaria possono omettere o

ritardare gli atti di propria competenza, dandone immediato

avviso, anche oralmente, al pubblico ministero competente

per le indagini, e provvedono a trasmettere allo stesso

motivato rapporto entro le successive quarantotto ore.».

- Si riporta il testo dell'art. 14 della legge 3 agosto

1998, n. 269 (Norme contro lo sfruttamento della

prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in

danno di minori, quindi nuove norme di riduzione in

schiavitù.):

«Art. 14 (Attività di contrasto). - 1. Nell'ambito

delle operazioni disposte dal questore o dal responsabile

di livello almeno provinciale dell'organismo di

appartenenza, gli ufficiali di polizia giudiziaria delle

strutture specializzate per la repressione dei delitti

sessuali o per la tutela dei minori, ovvero di quelle

istituite per il contrasto dei delitti di criminalità

organizzata, possono, previa autorizzazione dell'autorità'

giudiziaria, al solo fine di acquisire elementi di prova in

ordine ai delitti di cui agli articoli 600-bis, primo

comma, 600-ter, commi primo, secondo e terzo, e

600-quinquies del codice penale, introdotti dalla presente

legge, procedere all'acquisto simulato di materiale

pornografico e alle relative attività di intermediazione,

nonché partecipare alle iniziative turistiche di cui

all'art. 5 della presente legge. Dell'acquisto e' data

immediata comunicazione all'autorità' giudiziaria che può,

con decreto motivato, differire il sequestro sino alla

conclusione delle indagini.

2. Nell'ambito dei compiti di polizia delle

telecomunicazioni, definiti con il decreto di cui all'art.

1, comma 15, della legge 31 luglio 1997, n. 249, l'organo

del Ministero dell'interno per la sicurezza e la

regolarità dei servizi di telecomunicazione svolge, su

richiesta dell'autorità' giudiziaria, motivata a pena di

nullità, le attività occorrenti per il contrasto dei

delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter,

commi primo, secondo e terzo, e 600-quinquies del codice

penale commessi mediante l'impiego di sistemi informatici o

mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti

di telecomunicazione disponibili al pubblico. A tal fine,

il personale addetto può utilizzare indicazioni di

copertura, anche per attivare siti nelle reti, realizzare o

gestire aree di comunicazione o scambio su reti o sistemi

telematici, ovvero per partecipare ad esse. Il predetto

personale specializzato effettua con le medesime finalità

le attività di cui al comma 1 anche per via telematica.

3. L'autorità' giudiziaria può, con decreto motivato,

ritardare l'emissione o disporre che sia ritardata

l'esecuzione dei provvedimenti di cattura, arresto o

sequestro, quando sia necessario per acquisire rilevanti

elementi probatori, ovvero per l'individuazione o la

cattura dei responsabili dei delitti di cui agli articoli

600-bis, primo comma, 600-ter, commi primo, secondo e

terzo, e 600-quinquies del codice penale. Quando e'

identificata o identificabile la persona offesa dal reato,

il provvedimento e' adottato sentito il procuratore della

Repubblica presso il tribunale per i minorenni nella cui

circoscrizione il minorenne abitualmente dimora.

4. L'autorità' giudiziaria può affidare il materiale o

i beni sequestrati in applicazione della presente legge, in

custodia giudiziale con facoltà d'uso, agli organi di

polizia giudiziaria che ne facciano richiesta per l'impiego

nelle attività di contrasto di cui al presente articolo.».

 

ART. 9.

(Disposizioni in materia di intercettazione di conversazioni

o di comunicazioni).

1. In relazione ai procedimenti per i delitti previsti dal libro II,

titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale, nonche'

dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, si applicano le

disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991,

n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.

203, e successive modificazioni.

 

Note all'art. 9:

- La sezione I, del capo III, del titolo XII, del libro

II, tratta: «Dei delitti contro la personalità

individuale».

- Si riporta il testo dell'art. 3 della legge

20 febbraio 1958, n. 75 (Abolizione della regolamentazione

della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della

prostituzione altrui.):

«Art. 3. - Le disposizioni contenute negli articoli

da 531 a 536 del codice penale sono sostituite dalle

seguenti:

«E' punito con la reclusione da due a sei anni e con la

multa da lire 500.000 a lire 20.000.000, salvo in ogni caso

l'applicazione dell'art. 240 del codice penale:

1) chiunque, trascorso il termine indicato nell'art.

2, abbia la proprietà o l'esercizio, sotto qualsiasi

denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la

controlli, o diriga, o amministri, ovvero partecipi alla

proprietà, esercizio, direzione o amministrazione di essa;

2) chiunque, avendo la proprietà o l'amministrazione

di una casa od altro locale, li conceda in locazione a

scopo di esercizio di una casa di prostituzione;

3) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto

a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande,

circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro

annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico

od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la

presenza di una o più persone che, all'interno del locale

stesso, si danno alla prostituzione;

4) chiunque recluti una persona al fine di farle

esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la

prostituzione;

5) chiunque induca alla prostituzione una donna di

età maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente

in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della

stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;

6) chiunque induca una persona a recarsi nel

territorio di un altro Stato o comunque in luogo diverso da

quello della sua abituale residenza, al fine di esercitarvi

la prostituzione ovvero si intrometta per agevolarne la

partenza;

7) chiunque esplichi un'attività' in associazioni ed

organizzazioni nazionali ed estere dedite al reclutamento

di persone da destinare alla prostituzione od allo

sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma

e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l'azione o gli

scopi delle predette associazioni od organizzazioni;

8) chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la

prostituzione altrui.

In tutti i casi previsti nel n. 3) del presente

articolo alle pene in essi comminate, sarà aggiunta la

perdita della licenza d'esercizio e potrà anche essere

ordinata la chiusura definitiva dell'esercizio.

I delitti previsti dai numeri 4) e 5), se commessi da

un cittadino in territorio estero, sono punibili in quanto

le convenzioni internazionali lo prevedano.».

- Si riporta il testo dell'art. 13 del decreto-legge

13 maggio 1991, n. 152 (Provvedimenti urgenti in tema di

lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon

andamento dell'attività' amministrativa), convertito con

modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e

successive modificazioni:

«Art. 13. - 1. In deroga a quanto disposto dall'art.

267 del codice di procedura penale, l'autorizzazione a

disporre le operazioni previste dall'art. 266 dello stesso

codice e' data, con decreto motivato, quando

l'intercettazione e' necessaria per lo svolgimento delle

indagini in relazione ad un delitto di criminalità

organizzata o di minaccia col mezzo del telefono in ordine

ai quali sussistano sufficienti indizi. Nella valutazione

dei sufficienti indizi si applica l'art. 203 del codice di

procedura penale Quando si tratta di intercettazione di

comunicazioni tra presenti disposta in un procedimento

relativo a un delitto di criminalità organizzata e che

avvenga nei luoghi indicati dall'art. 614 del codice

penale, l'intercettazione e' consentita anche se non vi e'

motivo di ritenere che nei luoghi predetti si stia

svolgendo l'attività criminosa.

2. Nei casi di cui al comma 1, la durata delle

operazioni non può superare i quaranta giorni, ma puoi

essere prorogata dal giudice con decreto motivato per

periodi successivi di venti giorni, qualora permangano i

presupposti indicati nel comma 1. Nei casi di urgenza, alla

proroga provvede direttamente il pubblico ministero; in tal

caso si osservano le disposizioni del comma 2 dell'art. 267

del codice di procedura penale.

3. Negli stessi casi di cui al comma 1 il pubblico

ministero e l'ufficiale di polizia giudiziaria possono

farsi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria.».

 

ART. 10.

(Attività sotto copertura).

1. In relazione ai procedimenti per i delitti previsti dal libro II,

titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale, nonche'

dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, si applicano le

disposizioni dell'articolo 4, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 7, del

decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, convertito, con modificazioni,

dalla legge 15 dicembre 2001, n. 438.

2. E' comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 14 della

legge 3 agosto 1998, n. 269.

 

Note all'art. 10:

- Per la sezione I, del capo III, del titolo XII, del

libro II, nonché per il testo dell'art. 3 della citata

legge 20 febbraio 1958, n. 75, vedi note all'art. 9.

- Si riporta il resto dell'art. 4, del decreto-legge

18 ottobre 2001, n. 374 (Disposizioni urgenti per

contrastare il terrorismo internazionale.):

«Art. 4 (Attività sotto copertura). - 1. Fermo quanto

disposto dall'art. 51 del codice penale, non sono punibili

gli ufficiali di Polizia giudiziaria che nel corso di

specifiche operazioni di polizia al più presto e comunque,

al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai

delitti commessi con finalità di terrorismo, anche per

interposta persona acquistano, ricevono, sostituiscono od

occultano denaro, armi, documenti, stupefacenti, beni

ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo

per commettere il reato, o altrimenti ostacolano

l'individuazione della provenienza o ne consentono

l'impiego.

2. Per le stesse indagini di cui al comma 1, gli

ufficiali ed agenti di Polizia giudiziaria possono

utilizzare documenti, identità o indicazioni di copertura

anche per attivare o entrare in contatto con soggetti e

siti nelle reti di comunicazione, informandone il pubblico

ministero al più presto e comunque entro le 48 ore

successive all'inizio delle attività

3. Nei procedimenti per i delitti previsti dall'art.

407, comma 2, lettera a), n. 4 del codice di procedura

penale, si applicano le disposizioni dell'art. 10 del

decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con

modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172.

4. Le operazioni indicate nei commi 1 e 2 sono

effettuate dagli ufficiali di Polizia giudiziaria

appartenenti agli organismi investigativi della Polizia di

Stato e dell'Arma dei carabinieri specializzati

nell'attività' di contrasto al terrorismo e all'eversione e

della Guardia di finanza competenti nelle attività di

contrasto al finanziamento del terrorismo anche

internazionale.

5. L'esecuzione delle operazioni di cui ai commi 1 e 2

e' disposta, secondo l'appartenenza del personale di

Polizia giudiziaria, dal Capo della Polizia o dal

Comandante generale dell'Arma dei carabinieri o della

Guardia di finanza per le attribuzioni inerenti ai propri

compiti istituzionali, ovvero, per loro delega,

rispettivamente dal questore o dal responsabile di livello

provinciale dell'organismo di appartenenza, ai quali deve

essere data immediata comunicazione dell'esito della

operazione.

6. L'organo che dispone l'esecuzione dell'operazione

deve dare preventiva comunicazione al pubblico ministero

competente per le indagini, indicando, se necessario o se

richiesto, anche il nominativo dell'ufficiale di Polizia

giudiziaria responsabile dell'operazione, nonché il

nominativo degli eventuali ausiliari impiegati. Il pubblico

ministero deve comunque essere informato senza ritardo a

cura del medesimo organo nel corso della operazione delle

modalità e dei soggetti che vi abbiano partecipato,

nonché dei risultati della stessa.

7. Gli ufficiali di Polizia giudiziaria possono

avvalersi di ausiliari, ai quali si estende la causa di non

punibilità di cui all'art. 5. Per l'esecuzione delle

operazioni può essere autorizzata l'utilizzazione

temporanea di beni mobili ed immobili, nonché di documenti

di copertura secondo le modalità stabilite con decreto del

Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della

giustizia e con gli altri Ministri interessati. Con lo

stesso decreto sono definite le forme e le modalità per il

coordinamento, a fini informativi e operativi, tra gli

organismi investigativi di cui al comma 4.».

- Per il testo dell'art. 14 della citata legge 3 agosto

1998, n. 269, vedi note all'art. 8.

 

ART. 11.

(Disposizioni di ordinamento penitenziario e relative a persone

che collaborano con la giustizia).

1. Al comma 2 dell'articolo 9 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n.

8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e

successive modificazioni, dopo le parole: "di cui all'articolo 51,

comma 3-bis, del codice di procedura penale" sono aggiunte le

seguenti: "e agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater e

600-quinquies del codice penale".

2. Dopo il comma 8 dell'articolo 16-nonies del citato decreto-legge

n. 8 del 1991, e' aggiunto il seguente:

"8-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano in quanto

compatibili anche nei confronti delle persone condannate per uno dei

delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del

codice penale che abbiano prestato, anche dopo la condanna, condotte

di collaborazione aventi i requisiti previsti dall'articolo 9, comma

3".

 

Note all'art. 11:

- Si riporta il testo dell'art. 9 del decreto-legge

15 gennaio 1991, n. 8 (Nuove norme in materia di sequestri

di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei

testimoni di giustizia, nonché per la protezione e il

trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la

giustizia.) come modificato dalla legge qui pubblicata:

«Art. 9 (Condizioni di applicabilità delle speciali

misure di protezione). - 1. Alle persone che tengono le

condotte o che si trovano nelle condizioni previste dai

commi 2 e 5 possono essere applicate, secondo le

disposizioni del presente Capo, speciali misure di

protezione idonee ad assicurarne l'incolumità' provvedendo,

ove necessario, anche alla loro assistenza.

2. Le speciali misure di protezione sono applicate

quando risulta la inadeguatezza delle ordinarie misure di

tutela adottabili direttamente dalle autorità di pubblica

sicurezza o, se si tratta di persone detenute o internate,

dal Ministero della giustizia - Dipartimento

dell'amministrazione penitenziaria e risulta altresì che

le persone nei cui confronti esse sono proposte versano in

grave e attuale pericolo per effetto di talune delle

condotte di collaborazione aventi le caratteristiche

indicate nel comma 3 e tenute relativamente a delitti

commessi per finalità di terrorismo o di eversione

dell'ordine costituzionale ovvero ricompresi fra quelli di

cui all'art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura

penale e agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, e

600-quinquies del codice penale.

3. Ai fini dell'applicazione delle speciali misure di

protezione, assumono rilievo la collaborazione o le

dichiarazioni rese nel corso di un procedimento penale. La

collaborazione e le dichiarazioni predette devono avere

carattere di intrinseca attendibilità. Devono altresì

avere carattere di novità o di completezza o per altri

elementi devono apparire di notevole importanza per lo

sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per

le attività di investigazione sulle connotazioni

strutturali, le dotazioni di armi, esplosivi o beni, le

articolazioni e i collegamenti interni o internazionali

delle organizzazioni criminali di tipo mafioso o

terroristico-eversivo o sugli obiettivi, le finalità e le

modalità operative di dette organizzazioni.

4. Se le speciali misure di protezione indicate

nell'art. 13, comma 4, non risultano adeguate alla gravita'

ed attualità del pericolo, esse possono essere applicate

anche mediante la definizione di uno speciale programma di

protezione i cui contenuti sono indicati nell'art. 13,

comma 5.

5. Le speciali misure di protezione di cui al comma 4

possono essere applicate anche a coloro che convivono

stabilmente con le persone indicate nel comma 2 nonché, in

presenza di specifiche situazioni, anche a coloro che

risultino esposti a grave, attuale e concreto pericolo a

causa delle relazioni intrattenute con le medesime persone.

Il solo rapporto di parentela, affinità o coniugio, non

determina, in difetto di stabile coabitazione,

l'applicazione delle misure.

6. Nella determinazione delle situazioni di pericolo si

tiene conto, oltre che dello spessore delle condotte di

collaborazione o della rilevanza e qualità delle

dichiarazioni rese, anche delle caratteristiche di reazione

del gruppo criminale in relazione al quale la

collaborazione o le dichiarazioni sono rese, valutate con

specifico riferimento alla forza di intimidazione di cui il

gruppo e' localmente in grado di valersi.».

- Si riporta il testo dell'art. 16-novies del citato

decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, come modificato dalla

legge qui pubblicata:

«Art. 16-novies (Benefici penitenziari). - 1. Nei

confronti delle persone condannate per un delitto commesso

per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento

costituzionale o per uno dei delitti di cui all'art. 51,

comma 3-bis, del codice di procedura penale, che abbiano

prestato, anche dopo la condanna, taluna delle condotte di

collaborazione che consentono la concessione delle

circostanze attenuanti previste dal codice penale o da

disposizioni speciali, la liberazione condizionale, la

concessione dei permessi premio e l'ammissione alla misura

della detenzione domiciliare prevista dall'art. 47-ter

della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive

modificazioni, sono disposte su proposta ovvero sentiti i

procuratori generali presso le corti di appello interessati

a norma dell'art. 11 del presente decreto o il procuratore

nazionale antimafia.

2. Nella proposta o nel parere i procuratori generali o

il procuratore nazionale antimafia forniscono ogni utile

informazione sulle caratteristiche della collaborazione

prestata. Su richiesta del tribunale o del magistrato di

sorveglianza, allegano alla proposta o al parere copia del

verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione e,

se si tratta di persona sottoposta a speciali misure di

protezione, il relativo provvedimento di applicazione.

3. La proposta o il parere indicati nel comma 2

contengono inoltre la valutazione della condotta e della

pericolosità sociale del condannato e precisano in specie

se questi si e' mai rifiutato di sottoporsi a

interrogatorio o a esame o ad altro atto di indagine nel

corso dei procedimenti penali in cui ha prestato la sua

collaborazione. Precisano inoltre gli altri elementi

rilevanti ai fini dell'accertamento del ravvedimento anche

con riferimento alla attualità dei collegamenti con la

criminalità organizzata o eversiva.

4. Acquisiti la proposta o il parere indicati nei commi

2 e 3, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, se

ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1,

avuto riguardo all'importanza della collaborazione e sempre

che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali

da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la

criminalità organizzata o eversiva, adotta il

provvedimento indicato nel comma 1 anche in deroga alle

vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai

limiti di pena di cui all'art. 176 del codice penale e agli

articoli 30-ter e 47-ter della legge 26 luglio 1975, n.

354, e successive modificazioni. Il provvedimento e'

specificamente motivato nei casi in cui le autorità

indicate nel comma 2 del presente articolo hanno espresso

parere sfavorevole. I provvedimenti che derogano ai limiti

di pena possono essere adottati soltanto se, entro il

termine prescritto dall'art. 16-quater e' stato redatto il

verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione

previsto dal medesimo art. 16-quater e, salvo che non si

tratti di permesso premio, soltanto dopo la espiazione di

almeno un quarto della pena inflitta ovvero, se si tratta

di condannato all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno

dieci anni di pena.

5. Se la collaborazione prestata dopo la condanna

riguarda fatti diversi da quelli per i quali e' intervenuta

la condanna stessa, i benefici di cui al comma 1 possono

essere concessi in deroga alle disposizioni vigenti solo

dopo l'emissione della sentenza di primo grado concernente

i fatti oggetto della collaborazione che ne confermi i

requisiti di cui all'art. 9, comma 3.

6. Le modalità di attuazione dei provvedimenti

indicati nel comma 4 sono stabilite sentiti gli organi che

provvedono alla tutela o alla protezione dei soggetti

interessati e possono essere tali organi a provvedere alle

notifiche, alle comunicazioni e alla esecuzione delle

disposizioni del tribunale o del magistrato di

sorveglianza.

7. La modifica o la revoca dei provvedimenti e'

disposta d'ufficio ovvero su proposta o parere delle

autorità indicate nel comma 2. Nei casi di urgenza, il

magistrato di sorveglianza può disporre con decreto

motivato la sospensione cautelativa dei provvedimenti. La

sospensione cessa di avere efficacia se, trattandosi di

provvedimento di competenza del tribunale di sorveglianza,

questo non interviene entro sessanta giorni dalla ricezione

degli atti. Ai fini della modifica, della revoca o della

sospensione cautelativa dei provvedimenti assumono

specifico rilievo quelle condotte tenute dal soggetto

interessato che, a norma degli articoli 13-quater e

16-septies, possono comportare la modifica o la revoca

delle speciali misure di protezione ovvero la revisione

delle sentenze che hanno concesso taluna delle attenuanti

in materia di collaborazione.

8. Quando i provvedimenti di liberazione condizionale,

di assegnazione al lavoro all'esterno, di concessione dei

permessi premio e di ammissione a taluna delle misure

alternative alla detenzione previste dal titolo I, capo VI,

della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive

modificazioni, sono adottati nei confronti di persona

sottoposta a speciali misure di protezione, la competenza

appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza del

luogo in cui la persona medesima ha eletto il domicilio a

norma dell'art. 12, comma 3-bis, del presente decreto .

8-bis. Le disposizioni del presente articolo si

applicano in quanto compatibili anche nei confronti delle

persone condannate per uno dei delitti previsti dal libro

II, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale che

abbiano prestato, anche dopo la condanna, condotte di

collaborazione aventi i requisiti previsti dall'art. 9,

comma 3.».

 

ART. 12.

(Fondo per le misure anti-tratta).

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge

e' istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Fondo

per le misure anti-tratta.

2. Il Fondo e' destinato al finanziamento dei programmi di assistenza

e di integrazione sociale in favore delle vittime, nonche' delle

altre finalità di protezione sociale previste dall'articolo 18 del

testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina

dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al

decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

3. Al Fondo di cui al comma 1 sono assegnate le somme stanziate

dall'articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo 25

luglio 1998, n. 286, nonché i proventi della confisca ordinata a

seguito di sentenza di condanna o di applicazione della pena su

richiesta delle parti per uno dei delitti previsti dagli articoli

416, sesto comma, 600, 601 e 602 del codice penale e i proventi della

confisca ordinata, per gli stessi delitti, ai sensi dell'articolo

12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con

modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive

modificazioni, in deroga alle disposizioni di cui ai commi 4-bis e

4-ter del medesimo articolo.

4. All'articolo 80, comma 17, lettera m), della legge 23 dicembre

2000, n. 388, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", ad

esclusione delle somme stanziate dall'articolo 18".

5. Il comma 2 dell'articolo 58 del regolamento di cui al decreto del

Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e' abrogato.

 

Note all'art. 12:

- Si riporta il testo dell'art. 18 del decreto

legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle

disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e

norme sulla condizione dello straniero):

«Art. 18 (Soggiorno per motivi di protezione sociale).

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 16). - 1. Quando, nel

corso di operazioni di polizia, di indagini o di un

procedimento per taluno dei delitti di cui all'art. 3 della

legge 20 febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti

dall'art. 380 del codice di procedura penale, ovvero nel

corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli

enti locali, siano accertate situazioni di violenza o di

grave sfruttamento nei confronti di uno straniero, ed

emergano concreti pericoli per la sua incolumità, per

effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti di

un'associazione dedita ad uno dei predetti delitti o delle

dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o

del giudizio, il questore, anche su proposta del

procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole

della stessa autorità, rilascia uno speciale permesso di

soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla

violenza ed ai condizionamenti dell'organizzazione

criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed

integrazione sociale.

2. Con la proposta o il parere di cui al comma 1, sono

comunicati al questore gli elementi da cui risulti la

sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare

riferimento alla gravità ed attualità del pericolo ed

alla rilevanza del contributo offerto dallo straniero per

l'efficace contrasto dell'organizzazione criminale ovvero

per la individuazione o cattura dei responsabili dei

delitti indicati nello stesso comma. Le modalità di

partecipazione al programma di assistenza ed integrazione

sociale sono comunicate al sindaco.

3. Con il regolamento di attuazione sono stabilite le

disposizioni occorrenti per l'affidamento della

realizzazione del programma a soggetti diversi da quelli

istituzionalmente preposti ai servizi sociali dell'ente

locale, e per l'espletamento dei relativi controlli. Con lo

stesso regolamento sono individuati i requisiti idonei a

garantire la competenza e la capacità di favorire

l'assistenza e l'integrazione sociale, nonché la

disponibilità di adeguate strutture organizzative dei

soggetti predetti.

4. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del

presente articolo ha la durata di sei mesi e può essere

rinnovato per un anno, o per il maggior periodo occorrente

per motivi di giustizia. Esso e' revocato in caso di

interruzione del programma o di condotta incompatibile con

le finalità dello stesso, segnalate dal procuratore della

Repubblica o, per quanto di competenza, dal servizio

sociale dell'ente locale, o comunque accertate dal

questore, ovvero quando vengono meno le altre condizioni

che ne hanno giustificato il rilascio.

5. Il permesso di soggiorno previsto dal presente

articolo consente l'accesso ai servizi assistenziali e allo

studio, nonché l'iscrizione nelle liste di collocamento e

lo svolgimento di lavoro subordinato, fatti salvi i

requisiti minimi di età. Qualora, alla scadenza del

permesso di soggiorno, l'interessato risulti avere in corso

un rapporto di lavoro, il permesso può essere

ulteriormente prorogato o rinnovato per la durata del

rapporto medesimo o, se questo e' a tempo indeterminato,

con le modalità stabilite per tale motivo di soggiorno. Il

permesso di soggiorno previsto dal presente articolo puo'

essere altresì convertito in permesso di soggiorno per

motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un

corso regolare di studi.

6. Il permesso di soggiorno previsto dal presente

articolo può essere altresì rilasciato, all'atto delle

dimissioni dall'istituto di pena, anche su proposta del

procuratore della Repubblica o del giudice di sorveglianza

presso il tribunale per i minorenni, allo straniero che ha

terminato l'espiazione di una pena detentiva, inflitta per

reati commessi durante la minore età, e già dato prova

concreta di partecipazione a un programma di assistenza e

integrazione sociale.

7. L'onere derivante dal presente articolo e' valutato

in lire 5 miliardi per l'anno 1997 e in lire 10 miliardi

annui a decorrere dall'anno 1998.».

- Per il testo degli articoli 416, 600, 6001 e 6002 del

codice penale, vedi rispettivamente note all'art. 4 e gli

articoli 1, 2 e 3 della legge qui pubblicata.

- Per il testo dell'art. 12-sexies del citato

decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con

modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e

successive modificazioni, vedi note all'art. 7.

- Si riporta il testo del comma 17, dell'art. 80, della

legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la

formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -

legge finanziaria 2001.): come modificato dalla legge qui

pubblicata:

«Art. 80 (Disposizioni in materia di politiche

sociali). - 1.-16. (Omissis).

17. Con effetto dal 1° gennaio 2001 il Fondo nazionale

per le politiche sociali di cui all'art. 59, comma 44,

della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive

modificazioni, e' determinato dagli stanziamenti previsti

per gli interventi disciplinati dalle seguenti disposizioni

legislative, e successive modificazioni:

a) testo unico approvato con decreto del Presidente

della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;

b) legge 19 luglio 1991, n. 216;

c) legge 11 agosto 1991, n. 266;

d) legge 5 febbraio 1992, n. 104;

e) decreto-legge 27 maggio 1994, n. 318, convertito,

con modificazioni, dalla legge 27 luglio 1994, n. 465;

f) legge 28 agosto 1997. n. 284;

g) legge 28 agosto 1997, n. 285;

h) legge 23 dicembre 1997, n. 451;

i) art. 59, comma 47, della legge 27 dicembre 1997,

n. 449;

l) legge 21 maggio 1998, n. 162;

m) decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ad

esclusione delle somme stanziate dall'art. 18;

n) legge 3 agosto 1998, n. 269;

o) legge 15 dicembre 1998, n. 438;

p) articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n.

448;

q) legge 31 dicembre 1998, n. 476;

r) legge 18 febbraio 1999, n. 45;

r-bis) legge 8 marzo 2000, n. 53, art. 28;

r-ter) legge 7 dicembre 2000, n. 383, art. 13.

18.-25. (Omissis)».

- Si riporta il testo dell'art. 58 del decreto del

Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394

(Regolamento recante norme di attuazione del testo unico

delle disposizioni concernenti la disciplina

dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,

a norma dell'art. 1, comma 6, del decreto legislativo

25 luglio 1998, n. 286.), come modificato dalla legge qui

pubblicata:

«Art. 58 (Fondo nazionale per le politiche migratorie).

- 1. Il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio

decreto adottato di concerto con i Ministri interessati

secondo quanto disposto dall'art. 59, comma 46, della legge

27 dicembre 1997, n. 449, e dall'art. 133, comma 3, del

decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ripartisce i

finanziamenti relativi al Fondo nazionale per le politiche

migratorie di cui all'art. 45 del testo unico, in base alle

seguenti quote percentuali:

a) una quota pari all'80% dei finanziamenti

dell'intero Fondo e' destinata ad interventi annuali e

pluriennali attivati dalle regioni e dalle province

autonome di Trento e Bolzano, nonché dagli enti locali,

per straordinarie esigenze di integrazione sociale

determinate dall'afflusso di immigrati;

b) una quota pari al 20% dei finanziamenti e'

destinata ad interventi di carattere statale comprese le

spese relative agli interventi previsti dagli articoli 20 e

46 del testo unico.

2. (Abrogato).

3. Le regioni possono impiegare una quota delle risorse

loro attribuite ai sensi del comma 1, lettera a), per la

realizzazione di programmi interregionali di formazione e

di scambio di esperienze in materia di servizi per

l'integrazione degli immigrati.

4. Le risorse attribuite alle regioni ai sensi del

comma 1, lettera a), costituiscono quote di cofinanziamento

dei programmi regionali relativi ad interventi nell'ambito

delle politiche per l'immigrazione. A tal fine le regioni

partecipano con risorse a carico dei propri bilanci per una

quota non inferiore al 20% del totale di ciascun programma.

Le risorse attribuite alle regioni possono altresì essere

utilizzate come quota nazionale di cofinanziamento per

l'accesso ai fondi comunitari.

5. Il decreto di ripartizione di cui al comma 1 tiene

conto, sulla base dei dati rilevati dall'ISTAT e dal

Ministero dell'interno:

a) della presenza degli immigrati sul territorio;

b) della composizione demografica della popolazione

immigrata e del rapporto tra immigrati e popolazione

locale;

c) delle situazioni di particolare disagio nelle aree

urbane e della condizione socioeconomica delle aree di

riferimento.

6. Per la realizzazione della base informativa

statistica necessaria alla predisposizione del decreto di

cui al comma 1, il Ministero dell'interno trasmette

all'ISTAT, secondo modalità concordate e nel rispetto

della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive

modificazioni e integrazioni, le informazioni di interesse

statistico sui cittadini stranieri, contenute nei propri

archivi automatizzati, incluse quelle relative ai minorenni

registrati sul permesso di soggiorno o carta di soggiorno

dei genitori.

7. Il decreto di cui al comma 1 tiene altresì conto

delle priorità di intervento e delle linee guida indicate

nel documento programmatico relativo alla politica

dell'immigrazione e degli stranieri predisposto ogni tre

anni ai sensi dell'art. 3, comma 1, del testo unico.

8. I programmi annuali e pluriennali predisposti dalle

regioni sono finalizzati allo svolgimento di attività

volte a:

a) favorire il riconoscimento e l'esercizio, in

condizione di parità con i cittadini italiani, dei diritti

fondamentali delle persone immigrate;

b) promuovere l'integrazione degli stranieri

favorendone l'accesso al lavoro, all'abitazione, ai servizi

sociali, alle istituzioni scolastiche;

c) prevenire e rimuovere ogni forma di

discriminazione basata sulla razza, il colore, l'ascendenza

o l'origine nazionale o etnica o religiosa;

d) tutelare l'identità culturale, religiosa e

linguistica degli stranieri;

e) consentire un positivo reinserimento nel Paese

d'origine.

9. Il Ministro per la solidarietà sociale predispone,

con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata, un

apposito modello uniforme per la comunicazione dei dati

statistici e socio-economici e degli altri parametri

necessari ai fini della redazione dei programmi regionali e

statali, che devono essere trasmessi al Dipartimento per

gli affari sociali ai sensi dell'art. 59, comma 1, e

dell'art. 60, comma 2, e per la presentazione della

relazione annuale ai sensi dell'art. 59, comma 5, e

dell'art. 60, comma 4.».

 

ART. 13.

(Istituzione di uno speciale programma di assistenza per le vittime

dei reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice penale).

1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 16-bis del decreto-legge 15

gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15

marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, per le vittime dei

reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice penale, come

sostituiti, rispettivamente, dagli articoli 1 e 2 della presente

legge, e' istituito, nei limiti delle risorse di cui al comma 3, uno

speciale programma di assistenza che garantisce, in via transitoria,

adeguate condizioni di alloggio, di vitto e di assistenza sanitaria.

Il programma e' definito con regolamento da adottare ai sensi

dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su

proposta del Ministro per le pari opportunità di concerto con il

Ministro dell'interno e con il Ministro della giustizia.

2. Qualora la vittima del reato di cui ai citati articoli 600 e 601

del codice penale sia persona straniera restano comunque salve le

disposizioni dell'articolo 18 del citato testo unico di cui al

decreto legislativo n. 286 del 1998.

3. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo,

determinato in 2,5 milioni di euro annui a decorrere dal 2003, si

provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento

iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito

dell'unita' previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale"

dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze

per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento

relativo allo stesso Ministero.

4. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad

apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Note all'art. 13:

- Si riporta il testo dell'art. 16-bis del citato

decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con

modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e

successive modificazioni:

«Art. 16-bis (Applicazione delle speciali misure di

protezione ai testimoni di giustizia). - 1. Le speciali

misure di protezione di cui agli articoli 9 e 13, comma 5,

se ne ricorrono i presupposti, si applicano a coloro che

assumono rispetto al fatto o ai fatti delittuosi in ordine

ai quali rendono le dichiarazioni esclusivamente la

qualità di persona offesa dal reato, ovvero di persona

informata sui fatti o di testimone, purché nei loro

confronti non sia stata disposta una misura di prevenzione,

ovvero non sia in corso un procedimento di applicazione

della stessa, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575.

Tali soggetti sono, ai fini del presente decreto,

denominati "testimoni di giustizia".

2. Le dichiarazioni rese dai testimoni di giustizia

possono anche non avere le caratteristiche di cui all'art.

9, comma 3, salvo avere carattere di attendibilità, e

riferirsi a delitti diversi da quelli indicati nel comma 2

dello stesso articolo.

3. Le speciali misure di protezione si applicano, se

ritenute necessarie, a coloro che coabitano o convivono

stabilmente con le persone indicate nel comma 1, nonché,

ricorrendone le condizioni, a chi risulti esposto a grave,

attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni

trattenute con le medesime persone.».

- Si riporta il testo del comma 1 dell'art. 17 della

legge 23 agosto 1998, n. 400 (Disciplina dell'attività di

Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei

Ministri):

«Art. 17 (Regolamenti). - 1. Con decreto del Presidente

della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei

ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve

pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono

essere emanati regolamenti per disciplinare:

a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti

legislativi, nonché dei regolamenti comunitari;

b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei

decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi

quelli relativi a materie riservate alla competenza

regionale;

c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di

leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si

tratti di materie comunque riservate alla legge;

d) l'organizzazione ed il funzionamento delle

amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate

dalla legge;

e)».

- Per il testo dell'art. 18 del citato decreto

legislativo 25 luglio 1998, n. 286, vedi note all'art. 12.

 

ART. 14.

(Misure per la prevenzione).

1. Al fine di rafforzare l'efficacia dell'azione di prevenzione nei

confronti dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in

servitù e dei reati legati al traffico di persone, il Ministro degli

affari esteri definisce le politiche di cooperazione nei confronti

dei Paesi interessati dai predetti reati tenendo conto della

collaborazione da essi prestata e dell'attenzione riservata dai

medesimi alle problematiche della tutela dei diritti umani e provvede

ad organizzare, d'intesa con il Ministro per le pari opportunità,

incontri internazionali e campagne di informazione anche all'interno

dei Paesi di prevalente provenienza delle vittime del traffico di

persone. In vista della medesima finalità i Ministri dell'interno,

per le pari opportunità, della giustizia e del lavoro e delle

politiche sociali provvedono ad organizzare, ove necessario, corsi di

addestramento del personale, nonché ogni altra utile iniziativa.

2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o

maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

 

ART. 15.

(Norme di coordinamento).

1. All'articolo 600-sexies, primo comma, del codice penale, dopo le

parole: "600-quinquies" sono inserite le seguenti: ", nonché dagli

articoli 600, 601 e 602,".

2. All'articolo 600-sexies, secondo comma, del codice penale, dopo le

parole: "600-ter" sono inserite le seguenti: ", nonché dagli

articoli 600, 601 e 602, se il fatto e' commesso in danno di

minore,".

3. All'articolo 600-sexies, quarto comma, del codice penale, dopo le

parole: "600-ter" sono inserite le seguenti: ", nonché dagli

articoli 600, 601 e 602,".

4. All'articolo 600-sexies del codice penale e' aggiunto, in fine, il

seguente comma:

"Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo

98, concorrenti con le aggravanti di cui al primo e secondo comma,

non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a

queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della

stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti".

5. L'articolo 600-septies del codice penale e' sostituito dal

seguente:

"ART. 600-septies. - (Confisca e pene accessorie). - Nel caso di

condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a

norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti

previsti dalla presente sezione e' sempre ordinata, salvi i diritti

della persona offesa dal reato alle restituzioni ed al risarcimento

dei danni, la confisca di cui all'articolo 240 e, quando non e'

possibile la confisca di beni che costituiscono il profitto o il

prezzo del reato, la confisca di beni di cui il reo ha la

disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto. In ogni

caso e' disposta la chiusura degli esercizi la cui attività risulta

finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione, nonché la

revoca della licenza d'esercizio o della concessione o

dell'autorizzazione per le emittenti radiotelevisive".

6. Al primo comma dell'articolo 609-decies del codice penale, dopo le

parole: "dagli articoli" e' inserita la seguente: "600," e dopo le

parole: "600-quinquies," sono inserite le seguenti: "601, 602,".

7. All'articolo 392 del codice di procedura penale, al comma 1-bis,

dopo le parole: "agli articoli" e' inserita la seguente: "600," e

dopo le parole: "600-quinquies," sono inserite le seguenti: "601,

602,".

8. All'articolo 398 del codice di procedura penale, al comma 5-bis,

dopo le parole: "dagli articoli" e' inserita la seguente "600," e

dopo le parole: "600-quinquies," sono inserite le seguenti: "601,

602,".

9. All'articolo 472 del codice di procedura penale, al comma 3-bis,

dopo le parole: "dagli articoli" e' inserita la seguente: "600," e

dopo le parole: "600-quinquies," sono inserite le seguenti: "601,

602,".

10. All'articolo 498 del codice di procedura penale, al comma 4-ter,

dopo le parole: "agli articoli" e' inserita la seguente: "600," e

dopo le parole: "600-quinquies," sono inserite le seguenti: "601,

602,".

 

Note all'art. 15:

- Si riporta il testo dell'art. 600-sexies del codice

penale, come modificato dalla legge qui pubblicata:

Art. 600-sexies (Circostanze aggravanti ed attenuanti).

- Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma,

600-ter, primo comma, e 600-quinquies, nonche' degli

articoli 600, 601 e 602, la pena e' aumentata da un terzo

alla metà se il fatto e' commesso in danno di minore degli

anni quattordici.

Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma e

600-ter nonché dagli articoli 600, 601, e 6022, se il

fatto e' commesso in danno di minore, la pena e' aumentata

dalla metà ai due terzi se il fatto e' commesso da un

adolescente, dal genitore adottivo, o dal loro coniuge o

convivente, dal coniuge o da affini entro il secondo grado,

da parenti fino al quarto grado collaterale, dal tutore o

da persona a cui il minore e' stato affidato per ragioni di

cura, educazione, istruzione, vigilanza, custodia, lavoro,

ovvero da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico

servizio nell'esercizio delle loro funzioni ovvero se e'

commesso in danno di minore in stato in infermità o

minoranza psichica, naturale o provocata.

Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma,

e 600-ter la pena e' aumentata se il fatto e' commesso con

violenza o minaccia.

Nei casi previsti dagli articoli 600-bis e 600-ter,

nonché dagli articoli 600, 6001 e 602, la pena e' ridotta

da un terzo alla metà per chi si adopera concretamente in

modo che il minore degli anni diciotto riacquisti la

propria autonomia e libertà.

Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista

dall'art. 98, concorrenti con le aggravanti di cui al primo

e secondo comma, non possono essere ritenute equivalenti o

prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si

operano sulla quantità della stessa risultante

dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.».

- Si riporta il testo dell'art. 98 del codice penale:

«Art. 98 (Minore degli anni diciotto). - E' imputabile

chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva

compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se

aveva capacità d'intendere e di volere; ma la pena e'

diminuita.

Quando la pena detentiva inflitta e' inferiore a cinque

anni, o si tratta di pena pecuniaria, alla condanna non

conseguono pene accessorie. Se si tratta di pena più

grave, la condanna importa soltanto l'interdizione dai

pubblici uffici per una durata non superiore a cinque anni,

e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione

dall'esercizio della patria potestà o dell'autorità'

maritale.».

- Si riportano, per completezza di informazione, l'art.

444 del codice di procedura penale e l'art. 240 del codice

penale:

«Art. 444 (Applicazione della pena su richiesta). - 1.

L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al

giudice l'applicazione, nella specie e nella misura

indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena

pecuniaria, diminuita fino ad un terzo, ovvero di una pena

detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e

diminuita fino ad un terzo, non supera cinque anni soli o

congiunti a pena pecuniaria.

1-bis. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1 i

procedimenti per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis

e 3-quater, nonché quelli contro coloro che siano stati

dichiarati delinquenti abituali, professionali e per

tendenza, o recidivi ai sensi dell'art. 99, quarto comma,

del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o

congiunti a pena pecuniaria.

2. Se vi e' il consenso anche della parte che non ha

formulato la richiesta e non deve essere pronunciata

sentenza di proscioglimento a norma dell'art. 129, il

giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la

qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione e la

comparazione delle circostanze prospettate dalle parti,

nonché congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza

l'applicazione enunciando nel dispositivo che vi e' stata

la richiesta delle parti. Se vi e' costituzione di parte

civile, il giudice non decide sulla relativa domanda;

l'imputato e' tuttavia condannato al pagamento delle spese

sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti

motivi per la compensazione totale o parziale. Non si

applica la disposizione dell'art. 75, comma 3.

3. La parte, nel formulare la richiesta, può

subordinarne l'efficacia, alla concessione della

sospensione condizionale della pena. In questo caso il

giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non

può essere concessa, rigetta la richiesta.».

«Art. 240 (Confisca). - Nel caso di condanna, il

giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono

o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che

sono il prodotto o il profitto.

E' sempre ordinata la confisca:

1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;

2) delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la

detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato,

anche se non e' stata pronunciata condanna.

Le disposizioni della prima parte e del n. 1 del

capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene

a persona estranea al reato.

La disposizione del n. 2 non si applica se la cosa

appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione,

l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono

essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.».

- Si riporta il testo dell'art. 609-decies del codice

penale, come modificato dalla legge qui pubblicata:

«Art. 609-decies (Comunicazione del tribunale per i

minorenni). - Quando si procede per alcuno dei delitti

previsti dagli articoli 600, 600-bis, 600-ter,

600-quinquies, 601, 602, 6009-bis, 609-ter, 609-quinquies e

609-octies commessi in danno di minorenni, ovvero per il

delitto previsto dall'art. 609-quater, il procuratore della

Repubblica ne da' notizia al tribunale dei minorenni.

Nei casi previsti dal primo comma l'assistenza

affettiva e psicologica della persona offesa minorenne e'

assicurata, in ogni stato e grado di procedimento, dalla

presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate

dal minore e ammesse dall'autorità' giudiziaria che

procede.

In ogni caso al minorenne e' assicurata l'assistenza

dei servizi minorili dell'Amministrazione della giustizia e

dei servizi istituiti dagli enti locali.

Dei servizi indicati nel terzo comma si avvale altresì

l'autorità' giudiziaria in ogni stato e grado del

procedimento.».

- Si riporta il testo degli articoli 392, 398, 472 e

498 del codice di procedura penale, come modificato dalla

legge qui pubblicata:

«Art. 392 (Casi). - 1. Nel corso delle indagini

preliminari il pubblico ministero e la persona sottoposta

alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda

con incidente probatorio:

a) all'assunzione della testimonianza di una persona,

quando vi e' fondato motivo di ritenere che la stessa non

potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o

altro grave impedimento;

b) all'assunzione di una testimonianza quando, per

elementi concreti e specifici, vi e' fondato motivo di

ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia,

offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché

non deponga o deponga il falso;

c) all'esame della persona sottoposta alle indagini

su fatti concernenti la responsabilità di altri;

d) all'esame delle persone indicate nell'art. 210;

e) al confronto tra persone che in altro incidente

probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni

discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste

dalle lettere a) e b);

f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la

prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui

stato e' soggetto a modificazione non evitabile;

g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di

urgenza non consentono di rinviare l'atto al dibattimento.

1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli

articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602,

609-bis, 609-ter, 609, 609-quater, 609-quinquies e

609-octies del codice penale il pubblico ministero o la

persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si

proceda con incidente probatorio all'assunzione della

testimonianza di persona minore degli anni sedici, anche al

di fuori delle ipotesi previste dal comma 1.

2. Il pubblico ministero e la persona sottoposta alle

indagini possono altresì chiedere una perizia che, se

fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare

una sospensione superiore a sessanta giorni.».

«Art. 398 (Provvedimenti sulla richiesta di incidente

probatorio). - 1. Entro due giorni dal deposito della prova

della notifica e comunque dopo la scadenza del termine

previsto dall'art. 396 comma 1, il giudice pronuncia

ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o

rigetta la richiesta di incidente probatorio. L'ordinanza

di inammissibilità o di rigetto e' immediatamente

comunicata al pubblico ministero e notificata alle persone

interessate.

2. Con l'ordinanza che accoglie la richiesta il giudice

stabilisce:

a) l'oggetto della prova nei limiti della richiesta e

delle deduzioni;

b) le persone interessate all'assunzione della prova

individuate sulla base della richiesta e delle deduzioni;

c) la data dell'udienza. Tra il provvedimento e la

data dell'udienza non può intercorrere un termine

superiore a dieci giorni.

3. Il giudice fa notificare alla persona sottoposta

alle indagini, alla persona offesa e ai difensori avviso

del giorno, dell'ora e del luogo in cui si deve procedere

all'incidente probatorio almeno due giorni prima della data

fissata con l'avvertimento che nei due giorni precedenti

l'udienza possono prendere cognizione ed estrarre copia

delle dichiarazioni già rese dalla persona da esaminare.

Nello stesso termine l'avviso e' comunicato al pubblico

ministero

3-bis. La persona sottoposta alle indagini ed i

difensori delle parti hanno diritto di ottenere copia degli

atti depositati ai sensi dell'art. 393, comma 2-bis.

4. Se si deve procedere a più incidenti probatori,

essi sono assegnati alla medesima udienza, sempre che non

ne derivi ritardo.

5. Quando ricorrono ragioni di urgenza e l'incidente

probatorio non può essere svolto nella circoscrizione del

giudice competente, quest'ultimo può delegare il giudice

per le indagini preliminari del luogo dove la prova deve

essere assunta.

5-bis. Nel caso di indagini che riguardino ipotesi di

reato previste dagli articoli 600, 600-bis, 600-ter,

600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater e

609-octies del codice penale, il giudice, ove fra le

persone interessate all'assunzione della prova vi siano

minori di anni sedici, con l'ordinanza di cui al comma 2,

stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari

attraverso cui procedere all'incidente probatorio, quando

le esigenze del minore lo rendono necessario od opportuno.

A tal fine l'udienza può svolgersi anche in luogo diverso

dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di

strutture specializzate di assistenza o, in mancanza,

presso l'abitazione dello stesso minore. Le dichiarazioni

testimoniali debbono essere documentate integralmente con

mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si

verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione

o di personale tecnico, si provvede con le forme della

perizia, ovvero della consulenza tecnica.

Dell'interrogatorio e' anche redatto verbale in forma

riassuntiva. La trascrizione della riproduzione e' disposta

solo se richiesta dalle parti.».

«Art. 472 (Casi in cui si procede a porte chiuse). - 1.

Il giudice dispone che il dibattimento o alcuni atti di

esso si svolgano a porte chiuse quando la pubblicità può

nuocere al buon costume ovvero, se vi e' richiesta

dell'autorità' competente, quando la pubblicità può

comportare la diffusione di notizie da mantenere segrete

nell'interesse dello Stato.

2. Su richiesta dell'interessato, il giudice dispone

che si proceda a porte chiuse all'assunzione di prove che

possono causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni

ovvero delle parti private in ordine a fatti che non

costituiscono oggetto dell'imputazione. Quando

l'interessato e' assente o estraneo al processo, il giudice

provvede di ufficio.

3. Il giudice dispone altresì che il dibattimento o

alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse quando la

pubblicità può nuocere alla pubblica igiene, quando

avvengono da parte del pubblico manifestazioni che turbano

il regolare svolgimento delle udienze ovvero quando e'

necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di

imputati.

3-bis. Il dibattimento relativo ai delitti previsti

dagli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601,

602, 609-bis, 609-ter e 609-octies del codice penale si

svolge a porte aperte; tuttavia, la persona offesa puo'

chiedere che si proceda a porte chiuse anche solo per una

parte di esso. Si procede sempre a porte chiuse quando la

parte offesa e' minorenne. In tali procedimenti non sono

ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualità

della persona offesa se non sono necessarie alla

ricostruzione del fatto.

4. Il giudice può disporre che avvenga a porte chiuse

l'esame dei minorenni.».

«Art. 498 (Esame diretto e controesame dei testimoni).

- 1. Le domande sono rivolte direttamente dal pubblico

ministero o dal difensore che ha chiesto l'esame del

testimone.

2. Successivamente altre domande possono essere rivolte

dalle parti che non hanno chiesto l'esame, secondo l'ordine

indicato nell'art. 496.

3. Chi ha chiesto l'esame può proporre nuove domande.

4. L'esame testimoniale del minorenne e' condotto dal

presidente su domande e contestazioni proposte dalle parti.

Nell'esame il presidente può avvalersi dell'ausilio di un

familiare del minore o di un esperto in psicologia

infantile. Il presidente, sentite le parti, se ritiene che

l'esame diretto del minore non possa nuocere alla serenità

del teste, dispone con ordinanza che la deposizione

prosegua nelle forme previste dai commi precedenti.

L'ordinanza può essere revocata nel corso dell'esame.

4-bis. Si applicano, se una parte lo richiede ovvero se

il presidente lo ritiene necessario, le modalità di cui

all'art. 398, comma 5-bis.

4-ter. Quando si procede per i reati di cui agli

articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies,

601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies del

codice penale, l'esame del minore vittima del reato viene

effettuato, su richiesta sua o del suo difensore, mediante

l'uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto

citofonico.».

 

ART. 16.

(Disposizioni transitorie).

1. La disposizione di cui al comma 1, lettera a), dell'articolo 6 si

applica solo ai reati commessi successivamente alla data di entrata

in vigore della presente legge.

2. La disposizione di cui al comma 1, lettera b), dell'articolo 6, ai

soli effetti della determinazione degli uffici cui spettano le

funzioni di pubblico ministero o di giudice incaricato dei

provvedimenti previsti per la fase delle indagini preliminari ovvero

di giudice dell'udienza preliminare, non si applica ai procedimenti

nei quali la notizia di reato e' stata iscritta nel registro di cui

all'articolo 335 del codice di procedura penale precedentemente alla

data di entrata in vigore della presente legge. 3. Le disposizioni

del comma 2 dell'articolo 7 non si applicano ai procedimenti di

prevenzione gia' pendenti alla data di entrata in vigore della

presente legge.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita

nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica

italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla

osservare come legge dello Stato.

 

La Maddalena, addi' 11 agosto 2003

 

CIAMPI

Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri

Prestigiacomo, Ministro per le pari opportunità

Castelli, Ministro della giustizia

Visto, il Guardasigilli: Castelli

 

LAVORI PREPARATORI

Camera dei deputati (atto n. 1255):

Presentato dall'on. Finocchiaro il 9 luglio 2001.

Assegnato alla II commissione (Giustizia), in sede

referente, il 23 luglio 2001 con pareri delle commissioni

I, V, XII.

Esaminato dalla II commissione, in sede referente, il

26 luglio 2001; il 13 settembre 2001; il 10, 16, 17,

26 ottobre 2001; il 13, 14, 15 novembre 2001.

Esaminato in aula il 19 novembre 2001 ed approvato il

21 novembre 2001.

Senato della Repubblica (atto n. 885):

Assegnato alla 2ª commissione (Giustizia), in sede

referente, il 5 dicembre 2001 con pareri delle commissioni

1ª, 5ª e della commissione straordinaria per la tutela e la

promozione dei diritti umani.

Esaminato dalla 2ª commissione, in sede referente, il

7, 12, 21, 26, 27 febbraio 2002; il 12 marzo 2002; il 15,

il 29, 30 maggio 2002; il 4, 5 giugno 2002.

Esaminato in aula ed approvato, con modificazioni, il

26 febbraio 2003.

Camera dei deputati (atto n. 1255-B):

Assegnato alla II commissione (Giustizia), in sede

referente, il 5 marzo 2003 con pareri delle commissioni I,

III, V, XI, XII.

Esaminato dalla II commissione, in sede referente, il

3, 9 aprile 2003; il 12, 17, 19 giugno 2003.

Esaminato in aula il 23 giugno 2003 ed approvato, con

modificazioni, il 3 luglio 2003 in un Testo unificato con

atto n. 1584 (disegno di legge d'iniziativa governativa).

Senato della Repubblica (atto n. 885-B):

Assegnato alla 2ª commissione (Giustizia), in sede

deliberante, il 9 luglio 2003 con pareri delle commissioni

1ª e 5ª.

Esaminato dalla 2ª commissione, in sede deliberante, il

10, 16 luglio 2003 ed approvato, con modificazioni, il

24 luglio 2003.

Camera dei deputati (atto n. 1255 - 1584-D):

Assegnato alla II commissione (Giustizia), in sede

referente, il 28 luglio 2003 con pareri delle commissioni

I, V, XII.

Esaminato dalla II commissione, in sede referente, il

29 luglio 2003.

Nuovamente assegnato alla II commissione (Giustizia),

in sede legislativa, il 30 luglio 2003 con pareri delle

commissioni, I, V, XII.

Esaminato dalla II commissione, in sede legislativa, ed

approvato il 30 luglio 2003.

 

Nota all'art. 16:

- Si riporta il testo dell'art. 335 del codice di

procedura penale:

«Art. 335 (Registro delle notizie di reato). - 1. Il

pubblico ministero iscrive immediatamente, nell'apposito

registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato

che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa

nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il

nome della persona alla quale il reato stesso e'

attribuito.

2. Se nel corso delle indagini preliminari muta la

qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulta

diversamente circostanziato, il pubblico ministero cura

l'aggiornamento delle iscrizioni previste dal comma 1 senza

procedere a nuove iscrizioni.

3. Ad esclusione dei casi in cui si procede per uno dei

delitti di cui all'art. 407, comma 2, lettera a), le

iscrizioni previste ai commi 1 e 2 sono comunicate alla

persona alla quale il reato e' attribuito, alla persona

offesa e ai rispettivi difensori, ove ne facciano

richiesta.

3-bis. Se sussistono specifiche esigenze attinenti

all'attività' di indagine, il pubblico ministero, nel

decidere sulla richiesta, può disporre, con decreto

motivato, il segreto sulle iscrizioni per un periodo non

superiore a tre mesi e non rinnovabile.».





documento inserito il 19/05/2004
ultima modifica: 19/05/2004
fonte: - Provincia di Ancona