Handicap grave, autonomia e vita indipendente
Riportiamo l'indice ed il primo capitolo degli atti del convegno
ritorna
- Elena Galetto, HANDICAP GRAVE: IL PROGETTO SAVI E L'AFFIDAMENTO
INTRAFAMILIARE
- Mauro Perino, ESPERIENZE DI AFFIDAMENTO INTRAFAMILIARE DI DISABILI INTELLETTIVI
ADULTI
- Gianni Pellis, L'ASSISTENZA PERSONALE AUTOGESTITA E IL PROGETTO SAVI.
UNA REALTÀ INNOVATIVA PER LE PERSONE CON DISABILITÀ E UNA BUONA PRASSI PER
LE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
- Fausto Giancaterina, COMUNE DI ROMA: IL SAISH (SERVIZIO PER L'AUTONOMIA
E L'INTEGRAZIONE SOCIALE DELLA PERSONA HANDICAPPATA) NEL SISTEMA DI ACCREDITAMENTO
HANDICAP GRAVE: IL PROGETTO SAVI E L'AFFIDAMENTO INTRAFAMILIARE
Elena Galetto - Responsabile Servizio sociale,
CISAP, Collegno-Grugliasco (To)
(indice)
Interpreto il tema dell'incontro odierno in chiave di riflessione a partire
proprio dalla programmazione dei servizi che può e deve essere l'elemento di
connessione tra i bisogni espressi dalle persone e le risposte che l'istituzione
ma anche il territorio locale di riferimento devono fornire ai cittadini in
difficoltà.
L'offerta di servizi nei comuni di Collegno e Grugliasco
Vi parlo qui di una realtà costituita da due comuni di medie dimensioni, Collegno
e Grugliasco, nella prima cintura torinese, che insieme contano circa 87.000
abitanti. Sono comuni nei quali la presenza dell'ospedale psichiatrico ha condizionato
la strutturazione dei servizi, con una attenzione all'importanza di attrezzare
le città con servizi territoriali per tutti i cittadini, privilegiando le soluzioni
che consentono alle persone la permanenza presso la propria abitazione o presso
ambiti di tipo familiare, evitando il ricorso all'istituzionalizzazione, di
cui il manicomio ricorda gli effetti traumatizzanti.
La polarizzazione di risorse ed idee rispetto alla territorializzazione
dei servizi ed una popolazione non troppo elevata hanno consentito ai due comuni
di porsi come un "territorio laboratorio" in cui poter attuare sperimentazioni
nell'offerta e nella gestione dei servizi.
La scelta delle due amministrazioni è stata di gestire i servizi sociali ed
inizialmente anche quelli sanitari, in modo associato dapprima attraverso
l'USL e successivamente al D.lgvo 502, attraverso la costituzione di un consorzio,
Il CISAP, consorzio intercomunale, che qui rappresento. La gestione associata
è stata fondamentale per mettere in sinergia le risorse non solo finanziare
ma anche progettuali.
La premessa è necessaria per contestualizzare l'esperienza fatta in questi anni
in merito alla programmazione e gestione di servizi a favore delle persone disabili.
La storia di questi servizi nasce circa 20 anni fa , all'inizio degli
anni '80 con i primi interventi a favore dei disabili intellettivi e la predisposizione
ed apertura dei primi centri diurni con valenza educativa.
Va sottolineato che è stata indispensabile la collaborazione con i servizi sanitari,
inizialmente con protocolli d'intesa e successivamente con accordi di programma
e convenzioni, al fine di gestire in modo integrato e partecipato i servizi
e per avere una disponibilità di risorse finanziarie più elevate.
I servizi, nel corso di questi anni, sono stati progressivamente implementati
da un lato per offrire risposte a nuovi e diversificati bisogni, dall'altra
utilizzando le possibilità offerte dalla normativa via via entrata in
vigore. E' stato possibile utilizzare finanziamenti locali, regionali
e si è anche aderito ad iniziative a livello europeo come la partecipazione
al progetto Horizon finalizzato all'orientamento scolastico e all'inserimento
lavorativo.
Il risultato è stata la creazione di risposte modulari graduate in base
alla gravità dell'handicap e ai progetti educativo-riabilitativi individualizzati.
Preciso che si tratta di servizi rivolti quasi esclusivamente a disabili intellettivi.
In particolare sono state molto diversificate le risposte rispetto alla residenzialità
con l'apertura sul territorio di una convivenza guidata, di una microcomunità
e di una comunità alloggio, che offrono crescenti livelli di tutela in base
al grado di autonomia del disabile e al suo percorso di vita. Altro intervento
importante riguarda l'ambito dell'inserimento lavorativo con un servizio,
sempre gestito in collaborazione con la sanità, che fino all'approvazione della
L. 68/1999 si è occupato di valutare le capacità lavorative dei disabili ed
individuare ambiti di inserimento lavorativo o formativo idonei, seguendo tutte
le fasi dell'inserimento del disabile.
Così come delineato dalla Legge 328/2000 all'art. 14 il complesso delle
risorse è finalizzato alla costruzione di un percorso per la definizione di
un progetto individualizzato di vita.
Si può osservare però che oggi è cambiato in modo sostanziale il quadro normativo
di riferimento con una difficoltà sempre più accentuata a mantenere una gestione
integrata tra ambito sociale e sanitario, in quanto si sono maggiormente "compartimentate"
le competenze con l'esito di rendere più disagiati i percorsi per l'erogazione
dei servizi e di moltiplicare gli ambiti di valutazione e di predisposizione
dei servizi stessi(si pensi alle varie commissioni legali …).
In questo contesto il consorzio mantiene i servizi avviati grazie anche ad un
consolidato rapporto di lavoro comune con i servizi sanitari e cerca
ancora di sperimentare nuove iniziative al fine di colmare esigenze senza risposte
o bisogni che si sono meglio specificati.
Vi è una maggiore attenzione verso la disabilità dei minori, la diffusione di
una adeguata informazione (è stato avviato un servizio di informahandicap collegato
in rete ad altri centri pilota), la disabilità fisica, verso risposte sempre
più inserite in un continuum che consente ai disabili ed alle loro famiglie
di avere un riferimento durante le varie fasi e criticità dei loro cicli vitali.
Molto resta ancora da fare.
In questo ambito si situano le due esperienze che vi presento oggi. Sono due
progetti avviati tra il 2000 e il 2001 e tuttora in corso di sperimentazione.
Il Servizio di Aiuto alla Vita Indipendente (SAVI)
La prima riguarda la sperimentazione di un "Servizio di Aiuto alla Vita
Indipendente - S.A.V.I" - rivolto a persone con disabilità permanente e grave
limitazione dell'autonomia personale".
Il riferimento è alla legge 162 approvata nel 1998 che modifica e aggiorna alcune
parti della legge 104 del 1992. A seguito delle integrazioni apportate all'articolo
39 della legge quadro sull'handicap "Le regioni possono provvedere,
sentite le rappresentanze degli enti locali e le principali organizzazioni del
privato sociale presenti sul territorio, nei limiti delle proprie disponibilità
di bilancio:
……a programmare interventi di sostegno alla persona e familiare come
prestazioni integrative degli interventi realizzati dagli enti locali a favore
delle persone con handicap di particolare gravità, mediante forme di assistenza
domiciliare e di aiuto personale, anche della durata di 24 ore,
provvedendo alla realizzazione dei servizi di cui all'articolo 9, all'istituzione
dei servizi di accoglienza per periodi brevi e di emergenza….e al rimborso parziale
delle spese documentate di assistenza nell'ambito di progetti previamente concordati
(l - bis);
……a disciplinare, allo scopo di garantire
il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilità permanente
e grave limitazione dell'autonomia personale nello svolgimento di una o più
funzioni essenziali della vita, non superabili mediante ausili tecnici, le
modalità di realizzazione di programmi di aiuto alla persona, gestiti
in forma indiretta, anche mediante piani
personalizzati per i soggetti che ne facciano richiesta, con verifica
delle prestazioni erogate e della loro efficacia (l - ter)".
Le considerazioni che derivano dalla lettura del testo citato sono almeno tre:
forse per la prima volta si proclama, in una legge nazionale
italiana, il "diritto alla vita indipendente" riconoscendo
ai disabili con grave limitazione dell'autonomia piena capacità
di autodeterminazione
si afferma inoltre un diritto di cittadinanza che,
in quanto tale, risulta più ampio del diritto alla cura ed all'assistenza
purtroppo però il "diritto alla vita indipendente" si concretizza, nei
fatti, come inesigibile e condizionato dall'entità delle
risorse che si rendono disponibili.
Il Consorzio, fin dalla sua costituzione, ha l'obiettivo di perseguire la
tutela del diritto all'assistenza anche attraverso la promozione dei
diritti di cittadinanza e opera per far sì che nel formulare le politiche
sociali rivolte alla generalità dei cittadini residenti, vengano effettivamente
considerate le esigenze dei più deboli.
La decisione - presa dal consorzio nel corso del 1999 - di cimentarsi con la
tematica del "diritto alla vita indipendente" si situa coerentemente
in questo disegno. Approfittando dell'opportunità offerta dalla delibera
della regione Piemonte D.G.R 31 maggio 1999, n.28/2748 - che prevedeva il
finanziamento, in quota parte, di progetti genericamente finalizzati a "Interventi
destinati a soggetti con handicap di particolare gravità di cui all'art.3, comma
3, della L.104/92" - si è progettato l'avvio sperimentale di un "Servizio di
Aiuto alla Vita Indipendente - S.A.V.I".
Con il nuovo servizio - organicamente inserito nel complesso dei servizi consortili
di assistenza domiciliare - si intende consentire, alla persona disabile, di
"reclutare" dal mercato locale le figure professionali e le prestazioni
necessarie - autogestendosi l'assistenza personale - o di usufruire,
in alternativa, del supporto dei servizi di assistenza domiciliare offerti dalle
cooperative accreditate. Si fa presente che il finanziamento regionale complessivo
relativo all'anno 1999,è stato di L. 2.238.000.000 (corrispondente a L. 34.500.000
medie per ogni Ente gestore operante nella Regione Piemonte) e pertanto l'avvio
della sperimentazione ha rappresentato, per il consorzio, l'accettazione di
una difficile sfida.
La deliberazione regionale non prefissava, per l'anno 1999, alcun budget
di area territoriale. Ogni Ente gestore era quindi libero di concorrere al finanziamento
presentando un progetto corredato dall'impegno a partecipare, con propri fondi,
alle spese di realizzazione. L'Assessorato regionale avrebbe poi provveduto
a selezionare i progetti ed a definire l'entità del finanziamento da accordare.
Si è così deciso di avviare la fase di definizione partecipata delle linee
del progetto ed in particolare si è formalizzata la partnership con ENIL
Italia . Il progetto riprende infatti alcuni concetti ed idee innovative proposte
da questa associazione ed è finalizzato a dare ad esse attuazione.
La fase di predisposizione si è conclusa con la presentazione, alla Regione
Piemonte, della richiesta del finanziamento per la realizzazione del progetto
del quale si è dichiarata l'immediata "cantierabilità". La Regione Piemonte,
a fronte di una spesa prevista in L. 253.600.000 (di cui 76.080.000 a carico
del Consorzio e L.177.520.000 richieste a titolo di contributo), ha accordato,
nel gennaio 2000, un finanziamento di L. 80.000.000 (su fondi anno
1999). Nei due anni successivi il finanziamento è stato, in sostanza, confermato:
L. 90.000.000 sui fondi anno 2000 e L. 90.000.000 sui
fondi 2001.
L'esiguità delle risorse disponibili evidenzia chiaramente la responsabilità
che il consorzio si è assunta nei confronti dei propri cittadini disabili attivando
- pur in via sperimentale - un servizio che richiederà, per funzionare a regime,
cospicui investimenti da parte dei Comuni associati.
Dal punto di vista dell'innovazione crediamo inoltre che il progetto sia in
linea con la tendenza in atto a promuovere servizi alla persona
orientati al cliente. Nel caso specifico viene inoltre offerta -
alla persona disabile che è in grado e se la sente - la possibilità
di aggiungere al ruolo di consumatore di un servizio,
quello di datore di lavoro con tutti i diritti ed i
doveri che dall'assunzione di questa incombenza derivano.
I beneficiari
Il progetto, assumendo quale obiettivo strategico la tutela del diritto
alla vita indipendente individua, quali potenziali beneficiari a norma dell'art.
9 L. 104/92, i "cittadini" - residenti nel territorio consortile -
"in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale non superabile
attraverso la fornitura di sussidi tecnici, informatici, protesi o altre forme
di sostegno rivolte a facilitare l'autosufficienza e le possibilità di integrazione
dei cittadini stessi" . Il servizio consente di realizzare programmi di
sviluppo delle residue potenzialità comunicative e sociali e di aiuto, anche
della durata di 24 ore
Le "idee forza" alle quali il progetto si ispira possono essere così sintetizzate:
la Vita Indipendente si concretizza nei servizi di aiuto alla persona gestiti
in forma indiretta, ovvero con l'autogestione dei fondi finalizzati
al pagamento di assistenti personali scelti dalla persona disabile
o dai soggetti preposti alla tutela delle persone non in grado di scegliere
direttamente;
i servizi di assistenza personale sono destinati a "persone con disabilità
permanente e grave limitazione dell'autonomia personale". Si ritiene
importante precisare che la parola "permanente" non deve
essere considerata sinonimo di "stabilizzata" e quindi debba ricomprendere
anche le disabilità evolutive, causate da malattie progressive come la
sclerosi multipla o la distrofia muscolare. Si ritiene altresì che con il termine
"autonomia" non debba intendersi semplicemente il "fare le
cose da sé" ma il poter vivere la propria esistenza in modo autodeterminato;
le modalità di attuazione dei programmi di aiuto alla persona devono
porre al centro le esigenze delle persone con disabilità e nella definizione
dei piani personalizzati di assistenza (per i soggetti che ne facciano richiesta)
diviene dunque centrale il rispetto del concetto di autodeterminazione
che trova il solo limite, "oggettivo", rappresentato
dalle risorse disponibili;
i servizi di aiuto alla persona, finanziati nell'ambito del progetto, devono
essere verificati sia per quanto riguarda l'effettiva erogazione delle
prestazioni, sia per quanto riguarda la loro efficacia. La verifica sull'utilizzo
del denaro impiegato per il pagamento degli assistenti personali può avvenire
mediante autocertificazione come atto principale di rendicontazione ordinaria
e, successivamente, attraverso controlli sulla documentazione depositata e conservata
presso l'abitazione della persona con disabilità, o presso uno studio professionale
o un'agenzia di servizi. Per quanto riguarda invece l'efficacia si ritiene
che uno strumento appropriato, in quanto rispettoso della privacy, sia una dichiarazione
di gradimento rilasciata dalla stessa persona con disabilità che utilizza
gli assistenti personali.
gli assistenti personali vengono individuati direttamente dalla
persona disabile. Il consorzio fornisce, ai soggetti che ne facciano richiesta,
il supporto necessario all'individuazione di personale idoneo (singolo operatore
o agenzia di servizi accreditata) assicurando inoltre gli interventi formativi
eventualmente necessari.
La finalità generale del progetto è di operare, in modo sistematico e permanente,
per migliorare la qualità della vita dei cittadini con gravi disabilità
e dei loro familiari sostenendo - con interventi mirati - la realizzazione
del progetto di Vita Indipendente così come definito dalle persone stesse.
Nella situazione contingente - caratterizzata dalla insufficiente disponibilità
di risorse finanziarie - si sono assicurati i necessari interventi
- integrativi di quelli già forniti dai servizi sociali e sanitari - ad un
numero limitato, di persone con disabilità fisiche molto gravi attraverso
la definizione di un budget finanziario personalizzato finalizzato
all'acquisto diretto del servizio da parte dell'interessato.
Nel 2000, primo anno di sperimentazione, sono state assistite tre persone con
una spesa di L.137.025.600. La spesa prevista per l'anno in corso viene quantificata
in L. 283.000.000 (di cui L. 99.200.000 spese a tutto agosto) e gli assistiti
sono quattro.
Come si può ben capire, la quantità delle persone che possono venire realmente
coinvolte - così come la quantità di assistenza fornita ad ogni singolo (proporzionale
al budget personale) - non può che derivare dal rapporto tra le esigenze effettivamente
espresse dalle persone da assistere e le risorse disponibili.
Per questo motivo nel progetto si esplicita chiaramente che per definire il
quantum del budget finanziario da destinare all'assistenza personale
è necessario prevedere la negoziazione con la persona disabile.
La sperimentazione dovrebbe consentire di verificare la validità di tale pratica
che richiede, alla persona disabile, di "farsi carico"
dell'insieme del servizio e non solamente delle proprie dirette esigenze
(cosa non facile quando si rivendica un diritto soggettivo).
E' inoltre necessario verificare, attraverso la sperimentazione, la reale
entità del bisogno potenziale espresso dall'area consortile e, di
conseguenza, quantificare le risorse necessarie per operare a regime. Da questo
punto di vista è necessario monitorare puntualmente gli effetti (potenzialmente
sinergici) derivanti dall'utilizzo dello strumento dell'aiuto alla Vita Indipendente
in connessione con quelli rappresentati da servizi quali l'assistenza domiciliare,
l'ADI, il supporto del volontariato e delle associazioni ecc.
In ogni caso la verifica del servizio e la valutazione dei risultati conseguiti
dal punto di vista qualitativo, non può che essere (anch'essa) partecipata.
La metodologia, gli indicatori di misurazione e quant'altro vengono definiti
(nelle varie fasi di attuazione) con le persone disabili coinvolte nel
progetto. Il progetto è infatti centrato sul tema della loro Vita Indipendente.
Avvio del servizio e criteri di erogazione
In sede di attuazione si è provveduto, in primo luogo, alla formale individuazione
del responsabile del progetto ed alla costituzione di un apposito gruppo
di lavoro interdisciplinare in collaborazione
con l'A.S.L 5, competente per territorio.
Si è poi operato per il coinvolgimento delle associazioni d'utenza che
sono state sensibilizzate attraverso numerosi di incontri finalizzati ad illustrare
le finalità del progetto S.A.V.I. e a raccogliere osservazioni, suggerimenti,
individuando i rappresentanti da inserire nel gruppo di lavoro.
Il gruppo di lavoro si avvale infatti della collaborazione di una o più persone
indicate dalle associazioni d'utenza , operanti nell'ambito territoriale
consortile, che esprimono pareri consultivi in ordine alle varie fasi
di attuazione del progetto.
Al gruppo interdisciplinare è stato affidato il compito di definire:
i criteri di selezione delle situazioni di persone adulte con disabilità
grave - già in carico ai servizi socio sanitari territoriali- da inserire nella
sperimentazione;
i protocolli operativi contenenti gli adempimenti posti a carico
del consorzio (quantificazione e regolare erogazione, per il periodo di
tempo definito, del budget finanziario concordato; verifica sul corretto utilizzo
delle risorse attribuite) e quelli a carico della persona disabile inserita
nella sperimentazione (scelta del/degli assistenti; stipula di regolare contratto
di lavoro nel rispetto della normativa vigente; garanzia di copertura assicurativa
e previdenziale del personale addetto);
la metodologia di verifica, di processo e di risultato, dei piani d'intervento
e di valutazione finale complessiva della sperimentazione finalizzati alla futura
stabilizzazione ed estensione del S.A.V.I.
Al gruppo - costituito in commissione senza i rappresentanti delle
associazioni - compete infine la selezione delle richieste per la
definizione, previa negoziazione con ogni singola persona disabile, dei piani
d'intervento personalizzati autonomamente elaborati . I lavori della
commissione sono regolati dalla deliberazione con la quale il Consiglio di Amministrazione
ha approvato i "Criteri di attuazione del progetto SAVI" nella fase di sperimentazione.
Al servizio possono accedere le persone con gravi disabilità - già in carico
ai servizi socio sanitari locali - che, opportunamente informate, possono
presentare domanda al consorzio. A corredo della richiesta di usufruire del
servizio deve esser fornita:
certificazione rilasciata dal medico curante attestante che la totale
non autosufficienza nello svolgimento di una o più funzioni essenziali della
vita non è superabile solo attraverso la fornitura di sussidi tecnici, informatici,
protesi o altre forme di sostegno. Qualora il medico curante non rilasci il
certificato richiesto o questo non sia ritenuto esaustivo dalla persona interessata,
questa può richiedere alla Commissione di rivolgersi ad altri servizi dell'ASL
5 (Fisiatria o Medicina Legale);
piano personalizzato con precisazione delle richieste, tempistica e descrizione/quantificazione
delle necessità di aiuto alla persona e relativi costi;
indicazione dei servizi consortili già utilizzati e che concorrono al
progetto personale di Vita Indipendente.
Alla persona disabile inserita nel SAVI viene corrisposto un contributo anticipato
mensile pari a 1/12° del budget complessivo accordato.
L'ammontare complessivo della somma stanziata per ogni singolo progetto prevede
i costi effettivi che devono esser sostenuti dalla persona disabile: salario,
oneri riflessi, spese assicurative per gli assistenti. L'importo viene aumentato
del 10% per le spese generali di gestione, per gli imprevisti e per le emergenze
assistenziali non documentabili (es. sostituzione tempestiva dell'assistente
personale). Tale aumento percentuale non viene riconosciuto se l'assistito si
avvale delle agenzie di servizi accreditate dal consorzio.
La persona disabile è tenuta a presentare una rendicontazione semestrale
delle spese sostenute. La rendicontazione può essere autocertificata
e, in questo caso, deve essere dichiarata la sede ove sono depositati i documenti
originali sui quali il consorzio esercita il controllo.
Ogni sei mesi (o al termine del progetto) il consorzio richiede al beneficiario
del servizio una relazione scritta, onde poter verificare l'efficacia dell'intervento
così come previsto dall'art. 39, comma 2, punto l - ter della L.104/92 e s.m.i.
Esperienze di Vita Indipendente
"Il diritto inalienabile all'autodeterminazione ed al controllo in prima
persona del proprio quotidiano e del proprio futuro". E' questa l'istanza
che ricorre con forza nelle domande pervenute al consorzio da parte dei disabili
gravi che hanno richiesto di usufruire del S.A.V.I.
Autodeterminazione e futuro: due termini che sono la chiave dei
progetti personalizzati attualmente in corso e sui quali è opportuna una riflessione
approfondita.
Autodeterminazione. I progetti attuati con il servizio S.A.V.I riguardano
persone affette da disabilità fisica grave alle quali viene offerta (quando
va bene) la tradizionale assistenza domiciliare - spesso erogata per poche ore
al giorno - e la possibilità di accedere a servizi sanitari finalizzati alla
riabilitazione o, più spesso, alla conservazione delle funzioni vitali compromesse.
Sono ben più diffusi i servizi per i disabili intellettivi, i quali possono
fruire di servizi domiciliari, di interventi a carattere semiresidenziale (centri
diurni) e residenziale (comunità alloggio, convivenze guidate, fino ad arrivare
ai tradizionali istituti). I servizi seguono, in questi casi, una prassi di
lavoro basata sulla sostituzione e sull'assunzione di delega da parte delle
famiglie, in nome di un tecnicismo che spesso non riconosce capacità e competenza
alle famiglie stesse nei compiti di cura.
Agire in una chiave di servizio di aiuto alla vita indipendente richiede di
spostare l'ottica in una dimensione non solo di servizi domiciliari, ma di "domiciliarità"
intesa certamente come la permanenza nella casa in cui si dimora, ma anche
come lo spazio relazionale, l'esterno, il territorio in cui si vive e si lavora.
Le persone disabili che hanno richiesto il S.A.V.I. rivendicano la possibilità
di avere non solo interventi assistenziali ma di poter continuare a ricoprire
ruoli e funzioni sociali, di marito/moglie, di genitore, di lavoratore
ma, soprattutto, di cittadino con diritti e doveri.
Fare domiciliarità significa dare la possibilità alle persone di essere
collocate in una rete sociale, di non scomparire nel chiuso delle proprie abitazioni,
di continuare a fare una vita sociale che è anche andare normalmente
a teatro, al cinema, a trovare gli amici alla sera, al bar, dal parrucchiere
e dall'estetista, negli uffici per seguire pratiche burocratiche. Occorre rompere
gli schemi di servizio e di aiuto che fanno del disabile fisico grave un
"disabile sociale", rassegnato alla compromissione dei propri spazi sociali
e al quale prestare cure assistenziali e sanitarie, trascurando gli interventi
finalizzati a garantire gli essenziali diritti di cittadinanza.
Scrive, a tale proposito, un disabile nel proprio progetto: "ho la necessità
di ritrovare una possibilità decisionale per poter effettuare quelle azioni
quotidiane e prendere quelle decisioni ed iniziative che sono comuni a tutte
le persone senza disabilità".
Emerge dunque con forza un'esigenza di autodeterminazione intesa come la
possibilità di tornare a compiere i gesti della quotidianità, magari in modo
indiretto, ma soprattutto di poter esprimere la propria progettualità, senza
essere identificati unicamente con la propria patologia, nel riconoscimento
che la sofferenza e le limitazioni di autonomia funzionale non determinano necessariamente
incapacità a decidere sulla e della propria vita.
Futuro. Come afferma Ines - moglie e mamma disabile seguita dal S.A.V.I
sino alla morte, avvenuta da poche settimane - "riconoscendo le nostre fragilità
e le nostre limitatezze si dovranno colmare le nostre stive di coraggio, per
riuscire a vivere e a ricreare la propria identità perduta". E' ancora la dimensione
del progetto che emerge, nell'immagine di un futuro cadenzato non solo dal bisogno
di cure assistenziali spesso prestate dai familiari. Viene riconosciuta alla
persona la possibilità di desiderare altro, di non dover dipendere
in modo pressante - almeno per alcuni atti della vita quotidiana - dalle cure
dei familiari rispetto ai quali si può riassumere un protagonismo attivo che
può servire a "vivere in famiglia con maggior armonia sopportando più facilmente
il mio problema". Il futuro, allora, non è solo la possibile evoluzione della
patologia, ma è la possibilità di avere un progetto e di poterlo attuare.
Come si è detto sono in tutto quattro le persone che hanno usufruito
del S.A.V.I nei quasi due anni di sperimentazione: si tratta di persone affette
da patologie degenerative gravemente invalidanti, di età compresa tra i 27 ed
i 55 anni. Tre di queste persone sono costrette all'utilizzo di sedia a rotelle.
Due persone svolgono una regolare attività lavorativa in qualità di dipendenti
di aziende ed entrambe vivono sole, con il supporto degli assistenti personali
retribuiti in parte con i fondi del progetto ed in parte con risorse personali.
Le altre due persone vivono (o hanno vissuto) in famiglia con il coniuge e/o
con i figli, supportati anche dalla presenza dei genitori.
Hanno proposto al consorzio progetti individuali che vanno da un minimo di 5
ore al giorno di assistenza ad un massimo di 11, con totali annui complessivi
finanziati tra le 1.200 ore e le 4.000 ore. Il costo orario di riferimento riconosciuto
è di 16.000 lire l'ora anche se i costi reali si aggirano ormai intorno alle
18.000 lire orarie.
La negoziazione con la persona interessata ed i suoi familiari ha portato il
consorzio a ridimensionare alcune delle richieste presentate e a contenere i
finanziamenti dei progetti tra i 20 ed i 64 milioni annui graduati anche
in base alla gravità della disabilità e delle situazione familiare. Non sono
stati formalmente applicati parametri di reddito personale, ma si è comunque
valutato il complesso delle risorse - anche economiche - a disposizione della
persona disabile.
Le necessità coperte dai progetti riguardano bisogni di assistenza personale
ed esigenze domestiche ed extra domestiche. Le più ricorrenti sono legate ai
bisogni primari di alzarsi, coricarsi, lavarsi, vestirsi, alimentarsi ma anche
gli accompagnamenti al lavoro o per svolgere attività fuori casa, come ad esempio
portare i figli a scuola.
Le quattro persone hanno regolarmente assunto assistenti personali reperiti
autonomamente così come autonomamente gestiscono il rapporto di lavoro. Due
di loro si sono anche rivolte alle cooperative accreditate sul territorio per
interventi integrativi. Nessuna delle persone seguite è in carico ad altri
servizi socio - sanitari se non per cicli riabilitativi.
Considerazioni conclusive
Il progetto S.A.V.I impone un ripensamento dell'agire professionale del
servizio sociale, a partire dalla considerazione che si è equi soltanto se si
riconoscono le differenze e a partire da queste si orientano gli interventi.
Il S.A.V.I mette in luce che l'offerta di opportunità di aiuto è cosa
diversa dal sostituirsi integralmente alle persone e alle loro famiglie,
considerandole incapaci di una organizzazione autonoma solamente perché presentano
un problema.
Il servizio sociale deve esser capace di un aiuto rispettoso e non intrusivo
e per questo è necessaria una funzione di accompagnamento ed orientamento, unita
alla capacità di fornire informazioni adeguate sul funzionamento dei servizi
e sulle diverse opportunità offerte dal territorio, al fine di favorire una
scelta mirata e competente da parte delle persone.
Accompagnare nella conoscenza e nell'utilizzo dei servizi non vuol dire procedere
necessariamente alla tradizionale "presa in carico globale" della situazione
da parte del servizio sociale professionale. Significa invece rinunciare ad
una parte del potere professionale riconoscendo, alle persone, la capacità
di effettuare le scelte che riguardano la propria vita, "componendo" il servizio
nel modo che ritengono più confacente ai loro bisogni.
La negoziazione dei progetti con le persone interessate rappresenta al meglio
questo processo e riconosce un ruolo di primo piano alla persona, restituendole
dignità.
La possibilità di scegliere personalmente un assistente e di "formarlo"
rispetto ai compiti di cura necessari rappresenta un elemento di forte decisionalità
e garantisce alle persone disabili continuità e possibilità di intrattenere
un rapporto fiduciario, spesso difficilmente realizzabile nei servizi
istituzionali a seguito del turn - over di operatori.
Il S.A.V.I. consente inoltre - con la snellezza delle procedure e con
l'autogestione degli interventi da parte degli assistiti - di superare i limiti
dei tempi istituzionali, troppo spesso tarati su esigenze burocratiche rispetto
alla necessità di attivare tempestivamente gli interventi da parte di chi si
trova in una situazione di bisogno.
E' evidente che si tratta di un servizio che richiede adeguate capacità sociali
da parte di chi ne usufruisce, unitamente alla conservazione di possibilità
reali di autodeterminazione. Sono inoltre necessari adeguati supporti tecnici
per reperire assistenti personali e per gestire il rapporto di lavoro che deve
instaurarsi con loro.
Rispetto ai costi sostenuti per l'erogazione del servizio è chiaro come si tratti
di un servizio che, a regime, richiede fonti di finanziamento certe e continuative.
Se le somme erogate appaiono, in senso assoluto, elevate (in particolare se
rapportate alla singola persona) occorre ricordare che l'attivazione del tradizionale
servizio di assistenza domiciliare quotidiano, per due ore al giorno su cinque
giorni alla settimana, può costare sino a 10 milioni l'anno. Se si considerano
poi i costi delle strutture di ricovero a lungo degenza - peraltro difficilmente
reperibili per situazioni di disabilità fisica - si raggiungono costi (ancora
più importanti) tra i 3 ed i 5 milioni mensili.
A questo proposito giova ricordare che due delle persone interessate al progetto
lavorano e ricoprono una regolare posizione contributiva che verrebbe
meno nel caso non venissero più messe in condizione continuare ad essere produttive.
Infine il tema dell'efficacia dell'intervento che, come si è detto, è basata
sull'auto valutazione delle persone: tutte hanno riferito e scritto che la loro
qualità di vita ne ha beneficiato e - seppure nei limiti costituiti dalla
disabilità - ha consentito loro una vita sociale e familiare decorosa e soddisfacente.
Per dirla con le parole di una delle persone assistite "ora riesco a scorgere
la possibilità di potermi riappropriare di gesti ed azioni che mi sono stati
negati".
L'affidamento intrafamiliare di disabili intellettivi adulti
Il progetto, anche alla luce di quando previsto dalla normativa vigente,
nasce dalla considerazione che occorra garantire al disabile intellettivo grave
la permanenza presso la propria famiglia, anche dopo il raggiungimento
della maggiore età, da un lato per consentire al disabile di mantenere le proprie
relazioni significative dall'altro, per consentire al servizio pubblico, sociale
e sanitario, il contenimento della spesa per inserimenti in strutture residenziali,
investendo risorse in servizi territoriali.
Nell'attività di servizio si è constatato come la maggior parte dei disabili
intellettivi (su 57 ben 47) inseriti nei centri diurni viva con la propri genitori
o con altri parenti (fratelli e sorelle) che sono gravati dal carico assistenziale
con una attività quotidiana più o meno onerosa. Si è pensato di riconoscere
l'apporto prezioso di questo "lavoro di cura" sperimentando un contributo economico
di affidamento intrafamiliare. In passato si è cercato di avviare anche progetti
di affidamento eterofamiliare che non hanno però avuto successo tranne in un
singolo caso.
A causa della disponibilità limitata di risorse da parte del Consorzio,
sono stati individuati criteri selettivi, tra tutte le situazioni dei disabili
frequentanti i centri diurni, dando priorità a situazioni sociali gravi che
necessitano di urgenti interventi di ulteriore supporto rispetto agli aiuti
già avviati.
Il disabile oltre alla frequenza al centro diurno deve presentare una invalidità
totale con diritto all'I.A. e , a seguito della propria condizione di non
autosufficienza, non essere in grado di svolgere alcuna attività lavorativa.
Il contributo viene riconosciuto prioritariamente in situazioni in cui
è presente un solo genitore o in cui almeno uno dei genitori sia ultra65enne
oppure in assenza di genitori qualora il disabile venga ospitato da altri parenti.
Le quote riconosciute variano, a seconda della gravità della situazione
da un importo corrispondente ai 2/3 di una mensilità di IA alla quota corrispondente
ad una mensilità di IA. E' indipendente dalle condizioni economiche dei familiari
affidatari ed è alternativo all'inserimento in struttura e all'erogazione di
ulteriori interventi. Il budget per l'anno 2001 è di 90 milioni. Attualmente
sono erogati 5 contributi:
in tre situazioni il disabile (con età dai 24 ai 39 anni) vive con un solo
genitore per vedovanza, separazione o per ricovero in RSA dell'altro genitore
- si tratta di 2 padri ed una madre;
in due situazioni i disabili vivono con genitori ultra 70enni uno e ultra
75 l'altro (hanno rispettivamente 30 e 45 anni).
Con i fondi dell'affido i genitori coprono le spese per interventi di supporto
al mattino per la preparazione al centro diurno e soprattutto per i giorni festivi
in cui non vi è l'attività del centro diurno. Al pari dell'affidamento minori
il contributo si configura come un "rimborso spese" e pertanto non viene chiesta
rendicontazione alle famiglie se non ne termini dei progetti di supporto predisposti
per i disabili interessati
L'affido intrafamiliare si pone in un'ottica di "compensazione sociale"
considerando i maggiori costi sostenuti dalle famiglie gravate dall'assistenza
alla persona disabile. È un intervento integrativo e non sostitutivo di altri
interventi a carattere educativo/riabilitativo. Per questa ragione è legato
alla frequenza al centro diurno (rispetto al quale in questo momento
al Consorzio non si registra una lista di attesa).
E' una risposta di tipo economico che riconosce la fatica e lo stress
derivanti dai compiti di cura ma può anche in parte rispondere a domande inespresse.
La vecchiaia del genitore con un figlio disabile è gravosa perché pone
in primo piano la domanda del "cosa accadrà dopo di noi". Alla propria vecchiaia
non corrisponde la vita autonoma del figlio in età adulta, che può diventare
un riferimento per le difficoltà del genitore stesso. Il disabile intellettivo
continua a restare dipendente, ed il futuro per il genitore anziano è
pieno di incognite.
I servizi forniscono su un piano di realtà interventi che aiutano il genitore
nella gestione della situazione ma spesso non gli riconoscono la fatica e le
capacità che ha dovuto e deve mettere in campo per gestire la situazione. Non
sono infrequenti, nella nostra esperienza, situazioni di elevata tensione
tra operatori e genitori spesso basate su pretestuosi mal funzionamenti dei
servizi che nascondono problemi di altro livello.
Aiutare i genitori che diventano anziani, con interventi che gradualmente diventano
sempre più intensi può contribuire a rassicurarli rispetto al
fatto che i loro figli saranno seguiti ed aiutati anche senza e dopo di loro
con la stessa attenzione e le stesse cure. Significa non aspettare che le situazioni
diventino esplosive ma ricorrere ad aiuti preventivi e tempestivi. In
quest'ottica l'affidamento intrafamiliare assume una duplice valenza simbolica
e materiale. E' un gradino in più nel consentire alle famiglie di costruire
con il servizio un vero rapporto fiduciario basato sull'empatia e non
sulla contrapposizione . Non è solo un servizio da cui pretendere ma è un servizio
con cui condividere una fatica ed un pezzo della propria strada.
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