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Lì, 9 giugno 2003
- Al Comitato dei Sindaci Ambito Territoriale 9
- Al Coordinatore d'Ambito Territoriale
E p.c. - Al Commissario Straordinario Asl 5


Oggetto: Piano di zona Ambito territoriale 9.


La presentazione del Piano di zona per l'anno 2003 offre l'occasione per alcune riflessioni in merito alle politiche ed ai servizi sociali e socio sanitari del nostro territorio. Rimandiamo, inoltre, alla nostra nota dello scorso 14 maggio ribadendo con forza la "disapprovazione per come è stata concepita e attuata la partecipazione dei soggetti del territorio". Il problema, è chiaro, non è il fatto che il Gruppo Solidarietà non abbia avuto occasione di partecipare alla predisposizione del Piano; il problema vero è che per aree di fondamentale importanza questo ambito territoriale non è riuscito ad iniziare un minimo di percorso programmatorio. I problemi ed i conflitti Comuni/Asl non solo non sono un motivo sufficiente per non affrontare nel PdZ i problemi posti da situazioni di disabilità e/o non autosufficienza, ma anzi proprio per questo la predisposizione del PdZ doveva essere occasione per affrontare i non irrilevanti problemi posti da gravi situazioni di handicap, di malattia e non autosufficienza.

In premessa ribadiamo la necessità di realizzare - obiettivo peraltro del Piano - il Consorzio per la gestione associata dei servizi. Ci sembra un obiettivo irrinunciabile se si vuole che questo territorio (AT n. 9) abbia il governo degli interventi e servizi sociali. Chiediamo pertanto ai Comuni associati di assumere pienamente l'obiettivo del Piano e di arrivare entro il 2003 alla definizione e realizzazione del Consorzio per la gestione dei servizi sociali. Riguardo l'ipotesi CIS per parte nostra riteniamo che lo strumento gestionale (in questo caso il Consorzio), debba avere una chiara definizione della conduzione tecnica e politica. Non si tratta di affidare ad "un ente" la gestione dei servizi sociali o di creare un ufficio amministrativo unico; la necessità, dal nostro punto di vista, è quella di avere uno strumento nel quale indirizzo politico e conduzione tecnica siano chiaramente rappresentati. In sostanza l'organo politico e la struttura tecnica deve occuparsi esclusivamente dei servizi sociali.
Su tutti gli altri aspetti non ci dilunghiamo avendo già - in più occasioni - inviato le nostre proposte (25 agosto 2002 e 26 febbraio 2003).

Riguardo alla situazione degli anziani non autosufficienti ed ai relativi servizi i dati offrono alcuni spunti di riflessione. Intanto sui soggetti inseriti in ADI. Sono circa 762 gli ultrasessantacinquenni inseriti in ADI (I, II, III livello) pari al 3,29 della popolazione ultrasessantacinquenne. Di questi solo 7 (0,03%) appartengono al III livello (integrazione distretto-ospedale per pazienti ad assistenza complessa: oncologici, respirazione assistita, alimentazione parenterale, terapia del dolore); un dato che non può non far riflettere. O questi malati non ci sono o non usufruiscono delle prestazioni necessarie. L'altro dato ha come riferimento il numero di persone ultrasessantacinquenni parzialmente o totalmente non autosufficienti (2.263, circa il 10%). Non è chiaro quanti di questi soggetti, spesso gravemente malati, sono ospitati presso le strutture assistenziali (autorizzate, non dimentichiamolo e diciamolo con chiarezza, per i soli autosufficienti) del nostro territorio. Se il riferimento è desumibile dal numero di soggetti in ADI ricoverati nelle strutture (295 su 693), il dato pare discutibile; significherebbe che solo poco più del 40% delle persone ricoverate siano non autosufficienti o anche che una buona parte non sia inserita all'interno del servizio ADI. Sarebbe opportuno anche verificare con quali criteri le strutture definiscono la "parziale o totale non autosufficienza" e le conseguenti rette di degenza (aspetti che sarebbe, riteniamo, importante riprendere).
Il dato sulle RSA è del tutto fuorviante, considerato che esse vengono utilizzate con una funzione di riabilitazione-lungodegenza con pazienti quasi sempre in post acuzie e con degenza in ogni caso a termine (basti in proposito quanto scritto sul foglio fatto firmare al momento dell'ingresso all'utente ed ai suoi familiari "Il ricovero in RSA è limitato al periodo necessario alla stabilizzazione clinica del paziente ovvero al completamento del ciclo riabilitativo previsto (…)". Ricordiamo che nel nostro territorio soltanto qualche decina di posti letto nella struttura di Jesi sono riconosciuti come Nar per l'accoglienza di anziani malati non autosufficienti. Ribadiamo infine come la stima di fabbisogno di p.l. (250-300) per anziani non autosufficienti sia sicuramente inferiore ai bisogni del territorio.

Per quanto riguarda l'handicap, nel possiamo che ribadire l'urgenza della realizzazione della struttura residenziale. Il Piano parla di Residenza protetta e anche qui occorrerà intendersi sul significato. Ci si riferisce alla RP come prevista dalle bozze di regolamenti della legge 20/02?); così come siamo del tutto favorevoli alla istituzione di un servizio per l'integrazione lavorativa. Occorre capire come si intende realizzare per l'intero Ambito questo Servizio. Al momento l'assistente sociale che dovrebbe occuparsi di tale aspetto fa riferimento al solo Comune di Jesi e non ai Comuni della gestione associata. Pare impensabile, se si vuole attivare questo servizio, che esso non riguardi tutti i Comuni che già gestiscono in maniera associata i servizi educativi assistenziali del territorio. Come sopra detto, rimandiamo alle nostre proposte, già formulate, in tema di interventi e servizi. Qui ci limitiamo ad analizzare alcuni dei contenuti del Piano. I sei punti individuati come fattori positivi andrebbero forse motivati; ad es. in base a quale valutazione si possono sostenere i punti 1, 2 e 4. Sul punto 6 abbiamo più di una perplessità. Per esempio dal nostro punto di osservazione non risulta per nulla che la programmazione con le UM sia unitaria e complessiva. Tutt'altro. Bisognerebbe, intanto, capire come funzionano le 3 UM, per poter poi affermare quanto indicato al punto 6. Riguardo all'offerta, non riusciamo, ad esempio, a capire il dato nel quale si parla di 32 utenti del servizio di assistenza domiciliare - addirittura il 50% (68) dai dati dell'indagine -. Ma a lasciare senza parole sono i contenuti dell'indagine "presso l'utenza dei servizi a favore di portatori d'handicap e delle loro famiglie". Non sappiamo come si sia arrivati alle 6 pagine presentate, che ci paiono assolutamente impresentabili (vi saremmo grati se giraste queste considerazioni anche all'Istituto di ricerca che ha curato l'indagine), non solo a chi abbia un occhio attento ma a qualsiasi persona che presti un minimo di attenzione alle problematiche della disabilità nel ns territorio. Questa indagine, dal nostro punto di vista, non serve a nulla, eventualmente ad aggiungere confusione. Già la premessa (Il Campione) è errata. Si parla di una rilevazione che ha riguardato tutte le famiglie che vedono almeno la presenza di una persona disabile, per poi dire, che pertanto sono utenti dei servizi erogati dai comuni. Infatti i 137 censiti sembrerebbero corrispondere agli utenti dei servizi educativi assistenziali (domiciliari e diurni) in gestione associata. Si parla continuamente del servizio di assistenza domiciliare, quando sappiamo che nel ns territorio, viene erogata l'assistenza educativa; la parte sul Lavoro, tenendo conto che gli intervistati usufruiscono di servizi educativo assistenziali, può produrre solo confusione (basti quel "il 12% lavora"). Tra i servizi vengono ricompresi anche i "servizi per la sosta". Si potrebbe continuare, ma pare sufficiente quanto segnalato.

Al capitolo 5, vengono inseriti alcuni punti del Piano delle attività territoriali (concertato con i Comuni e gli altri soggetti del territorio?); nel rimandare alla nostra nota del 14 maggio, precisiamo che non ci risulta che nel 2002 siano stati attivati tavoli di lavoro integrati in tutte le aree indicate. Prendiamo anche atto e ce ne rallegriamo che riguardo l'handicap, "gruppi integrati stanno provvedendo alla stesura definitiva degli Accordi di programma sia per l'età evolutiva che per l'età adulta"; osserviamo che gran parte di quanto scritto si ritrova nei Piani strategici degli ultimi anni (vedi stesura del 30 dicembre 2000). Quanto alla residenzialità ribadiamo che l'unica urgenza, intanto, è dare una risposta, da sempre attesa da questo territorio. Abbiamo già scritto sulla situazione dei servizi rivolti agli anziani non autosufficienti. Ci auguriamo - riguardo l'ADI - che le previsioni di ampliamento orario, in rispetto delle indicazioni regionali, si realizzino al più presto. Ribadiamo, ancora una volta, che una soluzione deve essere trovata riguardo tutte le strutture che funzionano in contrasto con l'autorizzazione ricevuta (le 3 RSA, la Comunità Soteria).

Ci limitiamo a queste brevi considerazioni. Vogliamo sottolineare un altro dato che, ci pare, sia emerso con chiarezza prima e durante l'elaborazione del Piano; il grande scollamento tra Coordinamento d'ambito e Comuni del territorio. Uno scollamento che nessun territorio può permettersi, tanto meno il nostro che lamenta una pressoché assoluta carenza di figure professionali sociali. Forse da qui non sarebbe inopportuno ripartire.
Distinti saluti

Gruppo Solidarietà