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Gruppo Solidarietà, Via S. D'acquisto 7, 60030 Moie di Maiolati (AN), Tel.
e fax 0731.703327. grusol@grusol.it Lì, 14 maggio 2003 - Al Comitato dei Sindaci Ambito Territoriale 9 - Al Coordinatore d'Ambito Territoriale E p.c - Al Commissario Straordinario Asl 5 Oggetto: predisposizione Piano di zona Ambito territoriale 9. A pochi giorni dalla presentazione-approvazione del Piano di Zona - non conoscendone, purtroppo, i contenuti e dunque quali scelte programmatorie questo Ambito territoriale ha ritenuto di fare - formuliamo quanto segue, rimandando inoltre alle proposte presentate lo scorso 26 febbraio (che si riallegano) in occasione dell'incontro Piano di zona e tutela dei soggetti deboli nell'Ambito territoriale di Jesi. Augurandoci quindi che i punti sottoposti possano aver trovato spazio tra gli obiettivi del Piano, non possiamo che esprimere contrarietà considerato che per aree di fondamentale importanza - come quelle ad esempio dell'handicap e della cosiddetta "non autosufficienza" - non si è avuta nessuna possibilità di confronto. Appena riceveremo il testo del Piano - ovviamente - sarà nostro dovere esporre le relative valutazioni. Non possiamo che esprimere, dunque, totale disapprovazione per come è stata concepita e attuata la partecipazione dei "soggetti" del territorio, peraltro, fortemente auspicata dalle Linee Guida regionali per i Piani di zona. Solo riguardo le politiche per l'handicap, ad esempio, neanche l'occasione della predisposizione del PdZ ha permesso di mettere intorno ad un tavolo - e ciò appare veramente grave - tutti i soggetti che vi lavorano, rafforzando, così, un quadro, in un servizio a gestione associata, di assoluta indefinizione programmatoria. Come sopra ricordato avendo già inviato un documento di proposte, ci limitiamo ad alcune osservazioni riguardo gli interventi e servizi sociosanitari nei quali ai diversi livelli (istituzionale, professionale, finanziario) intervengono i Comuni e l'Azienda sanitaria. Interventi che riguardano fasce di popolazione particolarmente bisognose di servizi. Le Linee guida regionali per l'attuazione del Piano (DGR 1670/2001), al punto 5 L'integrazione socio-sanitari, stabiliscono: "Per promuovere scelte finalizzate all'integrazione socio-sanitaria è necessario garantire unitarietà al processo programmatorio rendendo tra loro compatibili e complementari le scelte previste dal Piano di Zona e dal Programma delle Attività Territoriali di Distretto, nonché dal Piano Strategico aziendale (…) E' pertanto necessario che i due strumenti siano gestiti all'interno di un'unica strategia programmatoria attuata in modo integrato in una stretta collaborazione tra Aziende Sanitarie ed Enti locali, tra Distretto e comunità territoriale (..) Nel Piano di Zona, così come nel Programma delle Attività Territoriali di Distretto, sono previsti i protocolli operativi e le modalità tecnico-organizzative con le quali i servizi sanitari e socio-assistenziali svolgono in modo coordinato e unitario compiti dedicati a problemi di comune competenza con particolare riferimento alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative (D.Lvo 229/99 e DPCM 14.02.2001 "atto di coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie)". Ricordiamo inoltre che il D. lgs 229/99 (art. 3, quater, comma 3, lettera c), specifica che il Comitato dei sindaci di distretto, (…) concorre alla verifica del raggiungimento dei risultati di salute definiti dal Programma delle attività territoriali il quale determina le risorse per l'integrazione socio sanitaria, previo parere del comitato dei sindaci di distretto. Dunque è opportuno che il PdZ si realizzi a partire dalla definizione partecipata dei Programmi delle attività territoriali che le Aziende unità sanitarie locali sono tenute ad elaborare per ogni ambito distrettuale determinando a priori le risorse per l'integrazione socio-sanitaria e le quote rispettivamente a carico dell'azienda e dei comuni. In tal modo i Comitati dei sindaci di distretto - individuati dalla normativa sanitaria come gli organismi istituzionali dei comuni chiamati a concertare la programmazione delle attività afferenti all'area dell'integrazione socio-sanitaria - possono effettivamente adottare "sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini per consentirne l'esercizio del diritto soggettivo a beneficiare delle … prestazioni" (Vedi art. 4, DPCM 14.2.01) assolvendo così ai compiti di pianificazione zonale indicati dalla legge di riforma (328/2000). Ciò significa che sia sul Programma delle attività territoriali che sul Piano strategico aziendale le amministrazioni comunali attraverso il Comitato dei sindaci hanno il compito di partecipare alla definizione dei programmi e anche delle risorse che l'azienda sanitaria determina per le attività sociosanitarie (elevata integrazione e sanitarie a rilievo sociali). Dunque i Comuni hanno il preciso dovere di intervenire riguardo gli interventi e servizi di competenza sanitaria (seppur alcuni tra questi con oneri anche a capo dei comuni). Comuni che comunque devono avere piena coscienza che le quote a carico degli stessi previste nei LEA non possono considerarsi come quote trasferite automaticamente sugli utenti o sui loro familiari. Infatti a parte i servizi (domiciliari e diurni) per l'handicap negli interventi rivolti ad esempio agli anziani non autosufficienti oggi i Comuni assumono la quota parte solo dopo aver esperito tutti i tentativi volti a recuperare (utente e parenti) la retta del servizio. Tra i materiali che ci sono giunti - interni al PdZ - stupisce ad esempio una previsione riguardo ad un Centro diurno per malati di Alzheimer, di un costo pari al 50% della retta a carico degli utenti. Non entriamo, per adesso, nello specifico se tale quota sia dovuta. Lo faremo eventualmente più avanti (peraltro, ci pare, che tale intervento dovrebbe essere ricompresso nel Piano delle attività territoriali), vogliamo solo segnalare che su una previsione di 100.000 L. al giorno, un servizio di 40 ore settimanali costerebbe alla famiglia circa 1.500.000 al mese. Ciò può essere concepibile? Questo esempio per dire che diventa necessario - che i comuni - non si accorgano troppo tardi delle prospettive che si possono aprire o si stanno aprendo. Ad oggi tali problemi sembrano non aver interessato troppo le amministrazioni comunali che - ripetiamo - eccetto per i servizi per l'handicap - hanno ritenuto un loro intervento finanziario assai remoto. Ciò detto, ribadiamo che i Comuni hanno e avrebbero tutte le "competenze" per intervenire riguardo le attività sanitarie e socio sanitarie di competenza della Asl. In particolare ci auguriamo che - finalmente - nel PdZ abbiano trovato sufficiente attenzione i seguenti punti, sui quali purtroppo il Comitato dei sindaci, ad oggi, ha ritenuto di non dover mai intervenire. - Sostegno alla domiciliarità, attraverso il potenziamento dei servizi ADI. Copertura assistenza infermieristica omogenea in tutta la Asl ed estensione oraria del servizio, avvio della riabilitazione (diversa da quella in "ex art. 26"), erogazione del servizio di igiene alla persona (da non confondere con l'erogazione di qualche prestazione di questo tipo). Definizione di chiari percorsi per l'accesso alle prestazioni da parte degli utenti (si coglie l'occasione per richiamare ruolo e funzione delle UVD). - Sistema residenziale adulti e anziani non autosufficienti. Nodo delle 3 Rsa presenti (utilizzate per funzione di lungodegenza) infinite volte ricordato, ma ritenuto evidentemente del tutto superfluo; ricoveri illegittimi di malati non autosufficienti nelle Case di Riposo. Situazione, anche questa, ritenuta del tutto accettabile. Tra i materiali ricevuti si stima un fabbisogno di "posti protetti", pari a circa 250-300. La cifra è sicuramente sottostimata. Attualmente sono circa 300 le persone non autosufficienti ricoverate nelle strutture assistenziali. A questo si aggiunga che ci sono utenti che sono ricoverati in strutture fuori Asl (vedi: Serra de Conti, Ostra, ecc…). In ogni caso le stime del PO anziani fanno riferimento ad un fabbisogno da calcolare sul 2% della popolazione ultrasessantacinquenne. - Residenze patologie psichiatriche. Collocazione struttura Via Tabano (autorizzata come struttura sociale, convenzionata con Asl, ricovera malati psichici in diverse fasi della malattia, prevede quota di partecipazione alla spesa). Funzione della casa di cura "Villa Jolanda". Solo questi brevi riferimenti ci paiono sufficienti per richiamare il fondamentale ruolo dei comuni nella programmazione socio sanitaria territoriale ed anche - rispetto il PdZ - degli altri soggetti che operano nel territorio (vedi art. 1, comma 6, legge 328). Ribadiamo infine la necessità che all'interno del PdZ si applichi per tutti i comuni dell'AT, il D.lgs 130 riguardo agli utenti (persone con handicap permanente grave di cui all'articolo 3 della legge 104/1992, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle Aziende Unità Sanitarie) per i quali si prevede la partecipazione al costo dei servizi sul solo reddito del richiedente, come recepito parzialmente dal Comune di Jesi. Rimandiamo infine al sopra citato nostro documento, richiamando ancora l'urgenza della costituzione della comunità alloggio per soggetti con handicap. Distinti saluti Gruppo Solidarietà |