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  • Assessore regionale ai servizi sociali
  • Presidente e componenti V Commissione
  • Gruppi Consiliari

Lì 22.1.2001

Si allegano le osservazioni e proposte alla delibera contenente i criteri e le modalità di attuazione della l. 18/96.
Confidando in una positiva accoglienza, si inviano cordiali saluti


Per Gruppo Solidarietà
Fabio Ragaini

Oggetto: Osservazioni "Delibera applicativa legge 18/1996 modificata ed integrata con L.R. 28/2000"


Art. 12 comma 1, lettera a), Assistenza domiciliare indiretta al disabile in situazione di particolare gravità.

Presentazione della domanda: Si ritiene opportuno semplificare la procedura indicata al fine di evitare ulteriori disagi, trafile burocratiche e accertamenti, soprattutto per tutte quelle situazioni già conosciute dai servizi.
La delibera prevede infatti la presentazione di una nuova domanda per un nuovo accertamento e una nuova visita. Al fine di evitare nuovi accumuli di fotocopie di cartelle cliniche, ecc.. del tutto inutili o la ricerca di nuovi certificati medici (di solito anche con richiesta di pagamento), la domanda può essere corredata precedentemente da una relazione delle UM (la persona è in carico alle UM).
Dovrebbe inoltre essere specificato che deve essere compito sia delle UM che delle Commissioni della 104/92 recarsi presso il domicilio della persona nel caso (dovrebbero essere la maggioranza) ricorrano le condizioni per la visita domiciliare. Si pone inoltre il problema della comunicazione agli utenti di questa nuova modalità e procedura. Per tutti quelli che già hanno usufruito del servizio dovrà essere compito delle UM comunicare il nuovo percorso per la fruizione del contributo.

Firma del contratto: Condizione per accedere al contributo è la firma del contratto. Le "prestazioni" previste sono le seguenti:
Somministrazione dei pasti
Assistenza ed aiuto nella deambulazione, mobilizzazione, vestizione e nella gestione delle attività quotidiane
Controllo e sorveglianza notturni
Attività per il mantenimento di idonee condizioni igieniche dell'ambiente di vita del portatore di handicap
Attività di stimolo per il mantenimento di possibili relazioni sociali
Aiuto o controllo nell'espletamento delle normali attività quotidiane sia all'interno della abitazione che in rapporto con l'esterno.

Pare francamente poco rispettoso del sacrificio di tante famiglie che per anni/decenni si prendono cura con dedizione totale di un proprio familiare chiedere, di firmare un contratto con il quale si impegnano a fare (vedi sopra) le cose che fanno da una vita (senza contributo non somministrerebbero più i pasti? non si alzerebbero la notte? Non vestirebbero i loro cari? ecc…).

Si chiede pertanto di togliere la parte relativa al contratto, riconoscendo che il contributo viene erogato in quanto si riconosce il lavoro di cura delle famiglie (va ricordato che quasi sempre uno dei due coniugi rinuncia al lavoro), nell'assistenza di un proprio congiunto in situazione di gravità ed a rischio permanente di ricovero. Anche in merito alla verifica del punto D, ci si chiede in base a quale criterio un operatore esterno può verificare l'attuazione del Piano. Rimane naturale compito degli operatori delle UM a prescindere dall'erogazione del contributo verificare che le condizioni di vita di una persona totalmente dipendente in tutti gli atti della vita quotidiana siano rispondenti a criteri di dignità e di tutela. Si ricorda inoltre che il contributo per l'anno 2000 è stato pari L. 650.000 mensili (circa 23.000 al giorno). Se anche per l'anno 2001 a causa di un maggior rigore nell'accoglienza delle domande si arrivasse al doppio della cifra il contributo sarebbe pari a circa 45.000 L. al giorno; una cifra, seppur importante, che non coprirebbe neanche tre ore di assistenza aggiuntiva giornaliera.
Si chiede pertanto di togliere la parte relativa al punto C e D.

In merito al monte ore massimo ammissibile la delibera stabilisce:
un monte ore massimo pari a 60 ore settimanali
la definizione oraria su cui calcolare il contributo viene definita dall'ente locale sentita l'UM competente, anche in base ai servizi o interventi attivati dall'ente locale.
Con questa formulazione si produce una totale e incontrollabile discrezionalità nella definizione del monte ore assegnabile. Anche la quantità di servizi fruiti diventa "interpretabile". In base a quale criterio l'ente locale (la maggior parte dei quali, date le piccole dimensioni, non ha neanche propri operatori, vedi assistenti sociali), definisce il monte ore ammissibile?
Potrebbero aversi situazioni di questo genere:
soggetto con grave deficit intellettivo che usufruisce di un Centro diurno per 40 ore settimanali o soggetto frequentante la scuola con "copertura" pomeridiana, con una richiesta di monte ore pari a 60 ore settimanale; o anche: per due persone che usufruiscono degli stessi servizi, solo perché abitanti in due territori diversi, si potrebbe avere una diversa quantificazione del monte ore, in base alle interpretazioni degli operatori locali;
soggetto con gravissima compromissione fisica che riceve 10 ore settimanali di assistenza domiciliare, con una richiesta di un monte ore settimanale di 30 ore ecc… potrebbe darsi anche che lo stesso soggetto non fruisca di alcun servizio;
tante altre situazioni tutte comunque ammissibili data l'attuale formulazione.

Considerato che un'ipotesi di aumento del monte ore ammissibile in assenza di servizio (proporzione indiretta rapporto ore di servizio - contributo) potrebbe produrre la non erogazione dello stesso da parte dell'ente locale con effetti gravissimi in particolare per tutte le situazioni di handicap psico fisico che necessitano di una estesa rete di servizi educativo-riabilitativi (vedi ad esempio Centro diurno), se ne deduce che il contributo non può essere definito in base a questo criterio. Per evitare comunque che il contributo sia totalmente sganciato dai servizi fruiti si propone la seguente distinzione:
Nel caso in cui il soggetto frequenti la scuola, o sia inserito in un Centro Diurno per almeno 35 ore (o servizio analogo con stessa dotazione oraria) settimanali il monte ore massimo assegnabile non può superare le 20 ore settimanali;
In tutte le altre situazioni il monte ore massimo assegnabile è di 48 ore settimanali.

Assistenza educativa

Si chiede l'abrogazione del limite dei 35 anni di età per usufruire del servizio
(si valuta peraltro positivamente la modifica, rispetto all'ano precedente, che prevedeva che solo il soggetto con grave deficit intellettivo potesse fruire dell'AE).
Tale limite, a nostro avviso non trova una giustificazione. Infatti se lo stesso soggetto (ad esempio ultratrentacinquenne con grave deficit intellettivo) frequenta un CD, giustamente, non si mette in discussione la valenza educativa dell'intervento (dopo i 35 non viene prevista una diversa presenza di operatori). Si ritiene pertanto che qualora il Comune su indicazione dell'UM ritenga opportuno l'intervento di AED, tale intervento deve essere finanziato a prescindere dall'età. Si propone pertanto l'abolizione del limite dei 35 anni. Con la seguente formulazione: "Per i soggetti ultratrentacinquenni con grave deficit intellettivo con nulla o limitata autonomia l'intervento di assistenza educativa domiciliare viene messo a finanziamento, previa dettagliata relazione che motivi tale scelta di intervento rispetto all'inserimento presso un Centro socio educativo". Va inoltre considerato che perdurando l'assenza di obbligatorietà di gestioni associate, i comuni di piccole dimensioni che non si associano (e purtroppo possono farlo), non hanno alternativa a servizi educativi domiciliari; a meno che non si ritenga che per la situazione sopra indicata (ultratrentacinquenne con grave deficit intellettivo) l'educatore (o figura similare) può andare bene fino a 34 anni e 364 giorni, mentre due giorni dopo sia sufficiente un addetto all'assistenza.

Art. 13, Centri socio educativi diurni e residenziali

Per quanto riguarda le strutture residenziali come previste dalla legge, nel caso ve ne siano oltre quelle previste dal progetto regionale sperimentale si chiede che esse vengano messe a finanziamento come gli altri interventi.

Riguardo invece i Centri diurni riteniamo che essi debbano garantire l'apertura per almeno 11 mesi all'anno per 5 giorni e per almeno 7 ore al giorno. Una apertura di soli 10 mesi in servizi rivolti a soggetti i situazione di gravità determinerebbe assenza di servizio per un periodo ingiustificabilmente lungo. Su questo aspetto (ed anche in relazione alle problematiche poste dal servizio di AED) cogliamo l'occasione per ribadire quanto sostenuto in occasione della proposta di modifica della legge: Il Centro socio educativo, come indicato anche dalla legge quadro (l'art. 8, comma 1, lett. l), deve "servire", soggetti "che abbiano assolto l'obbligo scolastico e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa". Pertanto il CSE che accoglie questi soggetti ha necessità di essere aperto per almeno 11 mesi all'anno; garantendo in ogni caso il servizio per tutto l'anno nelle situazioni di particolare gravità (infatti nel "semiresidenziale" dei servizi di riabilitazione ex art. 26/833 che accolgono un'utenza assimilabile a quella di molti CSE i servizi sono aperti 12 mesi all'anno. E' chiaro che nel caso in cui il Centro diurno, come prevede la legge 18/96, svolga anche una funzione di supporto all'inserimento lavorativo o di percorsi occupazionali e di formazione e dunque accolga una tipologia di utenza ben diversa in termini di gravità vengono meno le ragioni per l'apertura di un servizio per tutto il periodo dell'anno.