(indice Voce sul sociale)
Fondazione Zancan - Malosco 2-5 luglio 2003
I Livelli Essenziali di Assistenza: confronti tra modelli di attuazione e
condizioni per la loro verifica
Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà
Il presente contributo offre alcune indicazioni sulla situazione nella Regione
Marche.
La Regione ad oggi non ha ancora dato attuazione né al decreto sui LEA né al
DPCM 14/2/2001. Il 24 aprile 2002, l'assessorato alla sanità ha inviato una
nota ai Direttori generali delle aziende sanitarie nella quale si invita, in
attesa del recepimento regionale, a mantenere inalterate le convenzioni con
gli enti locali riguardo in particolare i servizi socio sanitari per anziani
non autosufficienti e disabili. La nota della regione si è resa necessaria a
seguito di richieste da parte delle Asl a rinegoziare convenzioni secondo le
indicazioni, ritenute più favorevoli, dei LEA.
In realtà le indicazioni contenute nel DPCM 29.11.2001, sono alla base della
previsione finanziaria degli interventi e servizi socio sanitari inseriti all'interno
del PSR 2003-2005 in approvazione dal Consiglio regionale entro questo mese
di giugno e nei Regolamenti attuativi della legge regionale 20/2002 "Disciplina
in materia di autorizzazione e accreditamento delle strutture e dei servizi
sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale", in fase di avanzata elaborazione
e che dovrebbero essere approvati entro pochi mesi.
Nelle Marche la situazione dei cosiddetti servizi "socio sanitari" riferita
a persone anziane non autosufficienti e a soggetti con grave handicap può essere
così fotografata.
- nei Centri socio educativi e negli interventi domiciliari (assistenza
educativa e domestica) per persone in situazione di handicap, nella stragrande
maggioranza dei servizi gli oneri sono a completo carico dei Comuni; del tutto
opposta è, invece, la situazione riguardante il sistema residenziale quasi tutto
(nonostante gli sforzi di questi ultimi anni della regione nella costituzione
d comunità alloggio a titolarità sociale) di natura sanitaria attraverso le
prestazioni delle strutture ex art. 26 ora riclassificate in RSA disabili.
- all'interno dei servizi ADI, la quasi totalità delle Aziende sanitarie
non prevede l'erogazione della cosiddetta assistenza tutelare (solo 2 ASL su
13 la erogano). I servizi di igiene alla persona vengono ricompresi quasi sempre
all'interno dei servizi SAD (quando ci sono) erogati dagli enti locali. E' chiaro
che tutti quegli utenti che nei servizi comunali, in base al reddito, sono esclusi
dalla possibilità di usufruire di questo servizio, non potranno mai fruire delle
prestazioni di assistenza tutelare, se non pagandole direttamente;
- la "lungoassistenza residenziale", è quasi completamente costituita da residenze
assistenziali (circa 5.000 posti dei quali il 65-70% "occupato" da persone non
autosufficienti); autorizzate per l'accoglienza di persone autonome. Una situazione
fotografata dalla Delibera Regionale 272/1995, che ora la legge 20/02 e i Regolamenti
attuativi intendono superare "Constatato che nel settore delle strutture
destinate all'assistenza agli anziani (..) la legislazione nazionale e regionale
in atto non permette una emanazione di norme che da un lato, garantiscano la
legittimità delle stesse e, dall'altro, rispecchino la realtà marchigiana;
che il contrasto è particolarmente evidente per le case di riposo che secondo
l'art. 41, della l.r. 43/88 sono strutture destinate agli anziani
autosufficienti, ma nelle quali, per la maggior parte, vengono ospitati anziani
la cui autosufficienza è estremamente ridotta, quand'anche non sia del tutto
mancante; che l'aver interconnesso il provvedimento di autorizzazione
con l'emanazione degli indirizzi e d'altro canto l'essere costretti ad emanare
indirizzi che, o sono illegittimi, o non rispondono alla realtà marchigiana,
ha creato una situazione di stallo in cui alla regione pervengono richieste
di autorizzazione all'apertura e al funzionamento (..) la regione non
autorizza per mancanza di indirizzi, gli indirizzi non vengono emanati per non
incorrere nella duplice alternativa o di essere illegittimi o di non rispondere
alla realtà; che, come conseguenza inevitabile, è che gli enti sia essi pubblici
o privati operano senza autorizzazione (..) gli organi di vigilanza e
controllo non possono fare riferimento ad alcun atto amministrativo (..)
gli operatori rimangono nell'incertezza se siano o non autorizzati (..)".
In queste residenze le ASL non intervengono nel costo retta con la cosiddetta
quota sanitaria, ma al massimo e non sempre, attraverso il fondo regionale destinato
alla Assistenza domiciliare integrata, pagano alcune ore di assistenza infermieristica
giornaliera (integrata raramente con assistenza riabilitativa). Una situazione
che assume aspetti paradossali e tragici allo stesso tempo. Infatti, valutazioni
di natura esclusivamente economica (aziendale), indurrebbero nella fase di post
acuzie (ad esempio esiti di ictus) il massimo di interventi volti al recupero
della autonomia e della diminuzione della dipendenza, perché ciò determinerebbe
successivamente - in teoria - un minor onere del settore sanitario. La situazione
sopra descritta ci dice invece che questa preoccupazione non ha ragione di presentarsi
ed anzi più si accorcia il periodo di gestione riabilitativa nella post acuzie,
più il sistema risparmia; infatti se si deve ricorrere alla struttura residenziale,
indipendentemente dal grado di autosufficienza, tranne pochissimi casi, l'onere
è di tipo esclusivamente sociale, stessa situazione se in condizioni di non
autosufficienza si rientra al domicilio;
- i posti "convenzionati", denominati "protetti", nei quali la ASL paga una
parte del costo retta, non dovrebbero superare i 400 complessivi (ripetiamo
non conteggiando quelli che pur definiti "protetti", utilizzano fondi ADI);
- le strutture classificate come RSA anziani (3-400 posti), quasi tutte derivate
dalla riconversione di presidi ospedalieri disattivati e che prevedono una partecipazione
giornaliera a carico dell'utente di circa 26 € dopo novanta giorni se in dimissione
ospedaliera, dal primo se proveniente dal domicilio, nei fatti sostituiscono
sia posti letto di lungodegenza ospedaliera (circa 200 contro i 735 previsti),
che quelli di riabilitazione ospedaliera (anche in questo caso sono attivi non
più di 200 posti, contro i 735 previsti).
A completamento allego la nota inviata lo scorso 4 maggio dal Gruppo Solidarietà
alla Regione Marche in merito alla discussione del PSR 2003-05 e dei regolamenti
delle strutture sociali (come sopra indicati).
Posti letto ospedalieri di riabilitazione e lungodegenza. Come avevamo
già fatto notare il raggiungimento dell'1 p.l. per mille, fissato dalla normativa
nazionale, avviene conteggiando anche posti letto extraospedalieri. In particolare
nello 0,5 della riabilitazione (735) vengono conteggiati oltre l'extraospedaliero
intensivo - addirittura - 234 posti letto di riabilitazione estensiva. Lasciare
inalterata questa parte, ovvero far credere che si voglia raggiungere i 735
p.l. di riabilitazione ospedaliera, è operazione del tutto scorretta; facendo
credere ciò che non è, lasciando così inalterata l'offerta di p.l. di riabilitazione
ospedaliera del tutto carente e vicariata subdolamente da posti letto residenziali
classificati come extraospedalieri (è come se si dicesse che un definito numero
di posti letto di residenze protette per anziani concorra a definire il numero
di posti letto di riabilitazione ospedaliera). Si chiede pertanto di fissare
come obiettivo programmatico il raggiungimento dello 0,5 per mille comprendente,
seppur non correttamente, anche i p.l. oggi classificati di riabilitazione intensiva,
ma escludendo i 234 di riabilitazione estensiva. Quanto alla lungodegenza
è di assoluta necessità l'avvio della riconversione che non può però tradursi
nel solo cambio di denominazione dei posti letto. E' di assoluta necessità pertanto
che vengano emanate apposite linee guida che definiscano anche moduli minimi
(abbiamo visto addirittura strutture classificate come lungodegenza con 2-5-8
p.l.) di funzionamento. Se questo continuerà a non avvenire o anche ad avvenire
senza che nessuna se ne accorga, anche in questo caso, tutto l'extraospedaliero
continuerà a vicariare, nelle situazione più indefinite, la funzione di lungodegenza.
Ciò per altro pare necessario anche per la riabilitazione ospedaliera. Non si
può accettare, qualche posto classificato di R.O. all'interno dei vari reparti,
al solo fine di spostare qualche posto letto dalla funzione per acuti a quella
di riabilitazione lungodegenza.
Il sistema extraospedaliero. Ad oltre 4 anni e mezzo dall'approvazione
del PSR vigente si è lasciato pressoché indefinito l'intero sistema extraospedaliero.
Infatti se la riabilitazione extraospedaliera e la residenzialità sanitaria
per persone disabili sono state meglio definite attraverso gli accordi Regione-Centri
ex art. 26, il sistema residenziale rivolto ad adulti e anziani malati non autosufficienti
(compresa la risposta delle demenze) è rimasto del tutto incompiuto. Ad oggi
ad esempio non è chiaro (parrebbe di no) se tutte le strutture classificate
come RSA abbiamo le stesse regole di funzionamento (tipologia di utenza,
standard assistenziali, definizione costo retta e partecipazione dell'utente);
ci si chiede su quali riferimenti normativi funzionino le strutture pubbliche
e private autorizzate come RSA. Sulla DGR 3240/92? Sulla l. 36/95? Sulla DGR
2200/2000 (che non fissa va ricordato lo standard assistenziale)? Gli ospedali
disattivati nel 1992 (a seguito della Delibera regionale 99/92), per circa 280
posti letto, classificati come RSA funzionano, ad esempio, come la Rsa di Mondavio,
di Mombaroccio, di Fossombrone? O anche come "Anni Azzurri" di Ancona?, "Abitare
il Tempo" di Loreto?, "Luciani" di Ascoli Piceno? Queste strutture accomunate
dalla stessa classificazione sono strutture "appartenenti", come dovrebbero,
in base alla normativa regionale al settore sanitario, o dal punto di vista
giuridico amministrativo appartengono al settore sociale (seppur si riconosce
nel costo retta una quota sanitaria)? Sono questi nodi che, a nostro giudizio,
devono essere assolutamente sciolti pena il permanere di un quadro indefinito
nel quale ambiguità e arbitrii hanno la meglio Perché la regione ha consentito
e consente alla stragrande maggioranza degli ospedali disattivati nel 1992 di
vicariare la funzione della riabilitazione ospedaliera e della lungodegenza,
pur classificati come RSA, con la gestione di pazienti in post acuzie? Perché
continua a non richiamare le ASL alla necessità di realizzare i p.l. di riabilitazione
e lungodegenza? Perché consente di mantenere inique quote alberghiere in strutture
che gestiscono la post acuzie? Si ha l'impressione che in alcuni casi strutture
classificate come RSA sembrano del tutto sovrapponibili ai NAR/ RP, in altri
alle lungodegenze.
Ribadiamo inoltre la notevole sottostima del fabbisogno residenziale. I p.l.
di Residenza Protetta previsti (1) sono inferiori agli attuali p.l occupati
nelle case di Riposo da soggetti non autosufficienti. Ricordiamo che le stime
del PO anziani rimandano ad un fabbisogno residenziale per anziani non autosufficienti
per la nostra regione pari a circa 6000 posti letto (..).
Un aspetto particolare riguarda inoltre la risposta alla Malattia di Alzheimer
e più in generale alle problematiche riguardanti le varie forme di demenza.
Per quanto riguarda i cosiddetti Nuclei speciali i cui posti letto sono
ricompresi all'interno dei 1300 p.l. di RSA anziani, nessuna indicazione viene
data sul fabbisogno e ancora nessun riferimento viene indicato rispetto agli
standard assistenziali (rimandando alla fine della sperimentazione in corso).
Dunque strutture che a PSR approvato rischiano di rimanere ancora indefinite.
I Regolamenti in elaborazione applicativi della legge 20/02 indicano invece
gli standard assistenziali per le Residenze protette che ospiteranno questi
malati. Il rischio, in questa situazione, è di non realizzare alcun posto letto
di RSA per soggetti con malattia di Alzheimer e contestualmente di ricondurre
tutto all'interno delle Residenze protette. Da definire, si ritiene, anche il
fabbisogno dei Centri diurni che possono ridurre e ritardare il ricorso alla
istituzionalizzazione. Anche in questo caso riteniamo auspicabile la programmazione
della realizzazione di una rete articolata di Centri in tutto il territorio
regionale con l'almeno l'apertura di uno ogni territorio delle attuali ASL (e
comunque con la fissazione di un bacino minimo di popolazione entro il quale
realizzare un CD).
Strutture per soggetti con disturbi mentali. Anche qui è necessario che
al più presto sia visibile il PO salute mentale al fine di definire le funzioni
delle tre strutture indicate (RST, SSR, Comunità alloggio), e la ripartizione
dei 440 posti letto complessivi previsti (2).
Applicazione dei LEA e dell'atto di indirizzo sull'integrazione. Ribadiamo
infine la necessità che per ogni struttura (comprese naturalmente quelle della
legge 20/2002) la Regione definisca in attuazione sia della riforma ter, che
dell'Atto di indirizzo sull'integrazione ciò che è riconducibile all'elevata
integrazione, al sanitario a rilievo sociale e al sociale al rilievo sanitario.
Riteniamo pertanto che debba essere definito per le strutture a compartecipazione
sia della sanità che del sociale la percentuale a carico dei due settori. E'
però evidente che questo - unita alla definizione degli standard assistenziali
- deve significare la cessazione, del tutto impropria, di funzioni diverse da
quelle della classificazione (vedi esempio delle RSA sopra riportato).
1) Sono 2.500 (ai quali si aggiungono 1.300 di RSA per i quali rimane peraltro
ambigua la funzione, vedi sotto) La regione ha ipotizzato un costo giornaliero
pari a 76 €, ripartito al 50% tra sanità e assistenza. Riguardo, invece le RSA
anziani non è stata definita nei documenti ne il costo retta indicativo ne l'entità
della quota sanitaria. Per una migliore comprensione riporto parte di una
nota inviata precedentemente (gennaio 2002) dal Gruppo alla Regione Marche.
"Vogliamo soffermarci sui servizi residenziali (Rsa e Residenza protetta) per
anziani non autosufficienti come indicato dal Piano e dalle bozze di Regolamento.
L'aumento dei 500 posti di Rsa in luogo delle RP non cambia la sostanza della
impostazione. Posto che nel caso di grave malattia e non autosufficienza di
fronte al rifiuto della dimissione da parte di ricoverati in una RSA nessuno
potrà mai riuscire a trasferire un malato, rimane inalterata l'impostazione
di fondo. Ovvero una funzione di accoglienza di pazienti non stabilizzati con
un ricovero finalizzato alla stabilizzazione delle condizioni cliniche, e con
una chiara degenza a termine. Dunque i 500 posti in più non vanno a tutelare
quei gravi malati non assistibili a domicilio e che richiedono un elevato livello
di tutela sanitaria ma vanno ad aggiungersi ad una funzione assimilabile a quella
della lungodegenza (così come di fatto funzionano oggi), con una indicazione
di un tempo di ricovero per un massimo di 4 mesi. Ma ciò che più stupisce, data
la volontà di assegnare alla Rsa una degenza a termine, è la previsione dello
standard assistenziale delle RP, che nelle indicazioni del Piano dovranno gestire
la residenzialità permanente di tutti gli adulti e anziani non assistibili a
domicilio, compresi i malati di Alzheimer (per i Nuclei Alzheimer ricompresi
nei posti letto delle RSA si dovrà attendere il termine della sperimentazione
di un progetto finanziato dal Ministero della sanità, peraltro non c'è specificazione
degli standard delle strutture diurne cui si rimanda anche nella bozza di Regolamento
del CD per anziani). Viene abbassato rispetto alle precedenti versioni di 10
minuti l'assistenza (80 contro 90 agli anziani non autosufficienti; 100 contro
110 ai soggetti con malattia di Alzheimer), ma soprattutto: non viene prevista
la presenza infermieristica per 24 h; non viene definita una presenza minima
del MMG (invece di alzare la previsione, di una precedente bozza, di 6 ore settimanali
per un nucleo di 30), viene indicata la presenza del fisioterapista solo su
richiesta specialistica e non su un definito numero di utenti. Ribadiamo inoltre
l'indispensabilità che venga definitivamente indicato (azzerando le attuali
contrastanti normative in vigore) lo standard assistenziale delle RSA anziani,
perché non è pensabile continuare a parlare di una struttura (a meno che ciò
non sia funzionale, come temiamo, ad uno strumentale utilizzo) lasciando "in
sospeso" la definizione dello standard assistenziale (che peraltro aiuta nella
definizione del mandato).
2) Negli emendamenti al PSR ora in Commissione la giunta ha predisposto una
serie di emendamenti. Tra questi la sostituzione per quanto riguarda le strutture
del POSM delle comunità alloggio con residenze protette. L'obiettivo
principale della sostituzione è quello di evitare il rischio che nel momento
della definizione delle quote alle Comunità alloggio si assegnasse la ripartizione
dei LEA (40% dei costi alla sanità e 60% ai Comuni).
15 giugno 2003
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