Handicap grave: la programmazione
locale dei servizi tra bisogni e risposte
Jesi - 10 novembre 2001
Introduzione a cura del Gruppo Solidarietà
(indice Voce sul sociale)
Obiettivo. L'incontro intende soffermarsi in particolare sulla possibilità
che l'erogazione del contributo economico diventi parte integrante di un progetto
di sostegno alla persona e alla famiglia.
Il punto di partenza. Alle diverse esigenze delle persone in situazione
di handicap si dovrebbe rispondere con una rete di interventi e servizi che
a partire dalla valutazione dei bisogni possa modulare le risposte nella prospettiva
della massima autonomia ed integrazione sociale. Negli ultimi anni è andata
crescendo la consapevolezza che l'erogazione dei servizi può essere integrata
anche da forme di sostegno economico. Alla famiglia, nella grave disabilità
mentale che non può prescindere da una rete di servizi educativo assistenziali;
direttamente all'utente (vita indipendente) in quella motoria che diventa
protagonista della gestione ed organizzazione dell'intervento di cui è destinatario.
Di che cosa parleremo oggi. Come la programmazione locale dei servizi
per l'handicap possa aggiungere alla gamma di interventi "tradizionali" domiciliari,
diurni, residenziali anche forme "innovative" di "assistenza". In particolare
verificheremo come in alcuni territori di qualche regione italiana si è cercato
di dare attuazione alle norme contenute nella legge 162/98, che modifica alcune
parti della legge 104/92. Nello specifico le modifiche all'art. 39 della legge
quadro alla lettera l, ter, nelle quali si parla di "garantire il diritto
ad una vita indipendente", ma anche (vedi l'esperienza del CISAP) come si
è cercato di favorire la permanenza al proprio domicilio - evitando o ritardando
l'ingresso in strutture residenziali - di soggetti con grave disabilità intellettiva
che frequentano i Centri diurni (dunque usufruiscono di servizi), con un contributo
economico a favore dei familiari.
Nella regione Marche. Nella nostra regione il fondo di cui all'art.
39 l, ter è stato inserito all'interno della legge regionale di settore (l.
18/96 e modifiche), finanziando interventi di "Assistenza domiciliare indiretta
al portatore di handicap in situazione di particolare gravità). Per l'anno
2002 tale fondo dovrebbe essere di circa di 1 md e 640 milioni. Dal 1997 data
di istituzione della cosiddetta "assistenza indiretta", i criteri attuativi
hanno subito modifiche (cfr. Appunti 3/98, per un commento alla delibera di
criteri n. 496/98) anche rilevanti. Non c'è tempo di elencare le modifiche
apportate ai criteri e le motivazioni che hanno determinato tali cambiamenti
anche se sarebbe un percorso interessante per meglio capire la difficoltà
ad individuare con chiarezza l'obiettivo dell'intervento tenendo conto che
le risorse da impiegare annualmente sono definite mentre la platea dei beneficiari
no. E che dunque ad un aumento degli stessi proporzionalmente si ha una contrazione
del contributo, con il risultato evidente di un finanziamento sempre più ridotto.
L'intervento (denominato assistenza domiciliare indiretta al portatore di
handicap in situazione di particolare gravità) si è andato di fatto caratterizzando:
come un sostanziale "assegno di cura", con importo variabile annuale, rivolto
ad una indistinta "situazione di particolare gravità"; d'altra parte la crescente
platea di beneficiari deriva soltanto dal fatto che progressivamente è cresciuta
l'informazione su questo tipo di servizio. Perché se anche si ritenga che
in alcune situazioni le Commissioni per l'accertamento siano state troppo
poco scrupolose, non cambia il dato di fondo. Su una popolazione marchigiana
di 1.500.000 abitanti circa 600 beneficiari significa lo 0,04 della popolazione.
E ci pare assolutamente poco produttivo rincorrere eventuali responsabilità
in questo senso. Il dato di fondo è che la struttura di questo intervento
deve essere cambiata.
con lo sganciamento da ogni programmazione locale dei servizi (tanto che solo
nella delibera dei criteri del 2001, raccogliendo alcune delle nostre proposte
di modifica si è modulato il contributo anche in riferimento alla fruizione
di servizi territoriali). I Comuni si limitano ad un adempimento di ordine
esclusivamente burocratico. L'utente inoltra la domanda, viene valutato, se
riconosciuto, percepirà un contributo modellato su alcuni criteri (fruizione
di alcuni interventi o servizi). Indipendentemente dall'entita del contributo
non dovrà effettuare alcuna rendicontazione rispetto alla cifra ricevuta.
E' evidente che data la somma percepita nel 2001 e la proiezione per il 2002,
sarebbe solo vessatorio per poche decine di mila lire al giorno richiedere
anche la rendicontazione, così come abbiamo sempre ritenuto del tutto ingiusto
l'obbligatorietà ad una firma di un contratto nel quale il familiare si impegna
a
Somministrazione dei pasti
Assistenza ed aiuto nella deambulazione, mobilizzazione, vestizione e nella
gestione delle attività quotidiane
Controllo e sorveglianza notturni
Attività per il mantenimento di idonee condizioni igieniche dell'ambiente
di vita del portatore di handicap
Attività di stimolo per il mantenimento di possibili relazioni sociali
Aiuto o controllo nell'espletamento delle normali attività quotidiane sia
all'interno della abitazione che in rapporto con l'esterno.
Pare, infatti, poco rispettoso del sacrificio di tante famiglie che per anni/decenni
si prendono cura con dedizione totale di un proprio familiare chiedere, di
firmare un contratto con il quale si impegnano a fare (vedi sopra) le cose
che fanno da una vita (senza contributo non somministrerebbero più i pasti?
non si alzerebbero la notte? Non vestirebbero i loro cari? ecc…).
Noi riteniamo che tale intervento finanziato con il fondo dell'art. 39, l,
ter, debba dunque necessariamente chiarire l'obiettivo. Deve essere recuperato
un fondamentale ruolo dei Comuni e degli A.T., sia nella progettazione che
nella partecipazione economica al progetto distinguendo situazioni assai diverse.
Da un lato la grave disabilità motoria; dall'altro il grave handicap intellettivo
o psico fisico. Nel primo caso occorre introdurre sperimentazioni che abbiano
come riferimento il principio della vita indipendente, nel secondo si possono
prevedere (vedi l'esperienza del CISAP) sostegni economici alle famiglie che
si trovano a gestire situazioni di grave handicap psico fisico.
Nella programmazione degli enti locali. Nella relazione di Elena Galetto
c'è un passaggio, che mi sembra molto importante e comunque essenziale
nella realizzazione dei servizi di cui parliamo oggi. "Accompagnare nella
conoscenza e nell'utilizzo dei servizi non vuol dire procedere necessariamente
alla tradizionale "presa in carico globale" della situazione da parte
del servizio sociale professionale. Significa invece rinunciare ad una parte
del potere professionale riconoscendo, alle persone, la capacità di effettuare
le scelte che riguardano la propria vita, "componendo" il servizio nel modo
che ritengono più confacente ai loro bisogni".
Negli enti locali e negli operatori dei servizi, generalmente quando si introducono
concetti quali quelli - per situazioni definite riferibili alla disabilità
motoria - della gestione diretta degli interventi si incontrano molte resistenze
e perplessità. Ci pare però che una valutazione accurata della soddisfazione
dell'utenza (sopra indicata) - che dovrebbe essere il primo indicatore - dei
servizi di assistenza domiciliare di qualsiasi tipo non sia troppo frequentemente
affrontato. Le resistenze e le perplessità, allora paiono spesso più funzionali
alla difficoltà di gestire modalità nuove di organizzazione dei servizi che
non alla effettiva volontà di dare risposte adeguate alle esigenze delle persone.
Ma soprattutto riesce difficile concepire un "utente" che diventa protagonista
dell'organizzazione della propria assistenza. La rigidità degli orari e il
generale alto tasso di turn over degli operatori impedisce spesso la funzionalità
dei servizi di assistenza alla persona; crediamo necessario che diventi oggetto
di riflessione.
Ci auguriamo pertanto che questa occasione di riflessione che oggi proponiamo
possa portare un contributo (non economico):
alla modifica dell'applicazione regionale del fondo dell'art. 39, l.ter della
legge 104.92
ad una attenzione da parte degli enti locali alla possibilità di avviare progetti
ispirati al modello della vita indipendente che possano meglio rispondere
alle esigenze di una fascia di persone: quelle con grave disabilità motoria.