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 Applicazione della riforma e del Piano sociale dalla prospettiva dei più deboli 
 Gruppo Solidarietà 
(indice Voce sul sociale) 
 
1) Lo scorso 1º agosto è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione 
  Marche (n. 86/2001) la delibera contenente le Linee guida per l'attuazione 
  del Piano regionale per un sistema integrato di interventi e servizi sociali. 
  Si tratta dell'Atto applicativo - insieme a quello che definisce gli Ambiti 
  territoriali - più importante dopo l'approvazione del Piano sociale regionale 
  (Delibera amministrativa n. 306 del 1.3.2000, BUR, n. 35/2000). Le linee 
  guida affrontano i seguenti aspetti: a) L'attivazione degli Ambiti Territoriali, 
  b) Il Coordinatore di ambito; c) Gli uffici di promozione sociale; d) Il Piano 
  di zona; e) L'integrazione socio-sanitaria; f) Il Bilancio sociale; g) La Consulta 
  regionale dei comuni capofila degli ambiti territoriali; h) Il Coordinamento 
  provinciale; i) I tempi e le procedure. Gli Ambiti territoriali (già definiti 
  con DGR 337/2001) costituiscono il livello di governo locale delle politiche 
  sociali. Per ogni Ambito Territoriale viene nominato dal Comitato dei sindaci 
  dei Comuni dell'ambito il Coordinatore della rete dei servizi dell'ambito 
  territoriale con funzioni di coordinamento, programmazione, attuazione del 
  Piano territoriale dei servizi sociali (Piano di zona). La regione provvede 
  all'Istituzione dell'Elenco Regionale dei Coordinatori di Ambito e all'approvazione 
  dei criteri e delle modalità per l'iscrizione (D.G.R. n. 1674 del 17.7.2001). 
  Entro il 15 novembre dovrebbe essere approvato l'elenco nominativo degli aspiranti 
  al ruolo di Coordinatore. In fase di avvio del Piano sociale regionale, i Comitati 
  dei Sindaci degli Ambiti Territoriali inviano alla regione entro il 31 marzo 
  2002 il Piano annuale a stralcio per l'anno 2002.  
  Ricordiamo che successivamente al Piano sociale regionale a livello nazionale 
  è stata emanata la cosiddetta legge di "riforma dell'assistenza" (L. 328/2000, 
  in sup. G.U., n. 265 del 13.11.2001), che impegna fortemente le regioni nell'approvazione 
  di numerosi atti applicativi (dalla definizione degli ambiti territoriali - 
  già normati nelle Marche perché previsti anche dal Piano sociale - alla applicazione 
  del D. lgs di riordino delle IPAB, dalla definizione dei requisiti minimi per 
  l'accreditamento, alla regolamentazione del rapporto tra enti locali e del terzo 
  settore ai fini dell'affidamento di servizi). Alle scadenze del Piano si sommano 
  quindi quelle previste dalla riforma nazionale.  
   
   
 
Le scadenze del Piano regionale. Provvedimenti da emanare 
   
  Entro il 30 settembre 2000, dovevano emanarsi i seguenti provvedimenti: La Giunta 
  regionale definisce i livelli minimi di servizi, prestazioni e attività; Il 
  Consiglio regionale determina "linee guida" nei diversi campi dell'integrazione 
  socio sanitaria ed individua i livelli minimi di integrazione da attuare in 
  ogni A.T.; Gruppi di lavoro coordinati dalla regione individuano le figure professionali 
  corrispondenti agli operatori di base e agli operatori tecnici di medio livello; 
  Il Consiglio regionale individua le tipologie di strutture soggette all'autorizzazione. 
   
  Proponiamo di seguito alcune riflessioni che ci paiono di particolare rilievo 
  nell'attesa dell'emanazione di alcuni importanti atti regionali 
 
 Garantire alle fasce più deboli l'accesso ai servizi essenziali 
   
  "Se è indispensabile che i servizi definiti universalistici (scuola, 
  sanità, trasporti ecc...) possano essere utilizzati da tutti i cittadini, compresi 
  quelli più deboli, è altrettanto importante che non si mettano sullo stesso 
  piano giuridico le esigenze vitali con il soddisfacimento di aspettative, pur 
  legittime, ma non strettamente indispensabili. E' dunque necessario che, nella 
  programmazione regionale e locale, si garantisca davvero priorità e certezza 
  di accesso ai servizi socio-assistenziali per i soggetti in condizioni di povertà 
  o con limitato reddito o incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie 
  esigenze per inabilità". Così concludeva il proprio intervento Mauro Perino 
  (1) al seminario promosso dal Gruppo Solidarietà a Jesi lo scorso 27 ottobre 
  dal titolo "Dopo la riforma dell'assistenza: le prospettive a livello regionale". 
  Dunque, la definizione della rete dei servizi essenziali da realizzare all'interno 
  di ogni ambito territoriale (o per ambiti associati data la presenza di 8 ambiti 
  di poco superiori o inferiori ai 20.000 abitanti), diventa un metro importante 
  per valutare se effettivamente alle persone in situazione di particolare difficoltà 
  verranno assicurati alcuni interventi e servizi. Ovvero se le norme regionali 
  applicative garantiranno ciò che la legge nazionale ha solamente auspicato. 
  Diventa pertanto fondamentale che per i soggetti di cui all'art. 2, comma 3, 
  della legge 328/2000 vengano assicurati prestazioni, interventi e servizi, 
  cui hanno estrema necessità, all'interno degli ambiti territoriali. Non vorremmo, 
  che a fronte di difficoltà di vario tipo (scarsità di interventi e servizi attualmente 
  erogati, risorse economiche insufficienti) la rete dei servizi, non a caso definiti 
  essenziali, non abbia come riferimento il parametro fondamentale: i bisogni 
  delle persone indicate all'art. 2, della legge di riforma dell'assistenza.  
  Strettamente legato a questo punto è quello relativo alla definizione dei requisiti 
  strutturali ed organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio delle strutture 
  diurne e residenziali. Anche questo Atto in via di emanazione, riveste grande 
  importanza. Dovrà dimostrare se la regione intende promuovere servizi diurni 
  e, soprattutto, residenziali lontani da logiche istituzionalizzanti, oppure 
  servizi nei quali la dimensione "familiare", diventa punto fondamentale di riferimento. 
  Particolare attenzione dovrà riguardare la proposta sulle strutture residenziali 
  per l'handicap, per verificare, se si intendono incentivare residenze a dimensione 
  familiare inserite nei normali contesti abitativi oppure se in nome di una supposta 
  particolare gravità si proporranno strutture istituzionali ancorate ad una logica 
  sanitario-custodialistica, comunque finalizzate al contenimento del costo retta. 
   
  Ambiti territoriali e coordinatori d'ambito 
   
  Entri pochi giorni dovrebbe essere istituito l'elenco regionale dei Coordinatori 
  d'ambito, dal quale i Comitati dei sindaci attingeranno per la nomina dei 29 
  Coordinatori. Alleghiamo in proposito la nota inviata dal Gruppo Solidarietà, 
  lo scorso 17 ottobre all'assessore regionale ai servizi sociali nella quale 
   
 
 
La lettera del Gruppo Solidarietà sui Coordinatori d'ambito 
   
  Questa associazione, impegnata ininterrottamente da un ventennio in attività 
  di promozione e tutela delle persone più in difficoltà, in riferimento all'oggetto, 
  chiede proprio in relazione alla fondamentale importanza dei Coordinatori d'ambito 
  nello sviluppo di politiche sociali territoriali a tutela delle fasce più deboli 
  della popolazione, che con la massima severità siano vagliati i requisiti per 
  l'ammissione all'elenco regionale. In particolare si auspica vivamente una rigorosa 
  analisi circa l'effettivo svolgimento delle funzioni di coordinamento e programmazione 
  definite dalla DGR 1674/2001. Si auspica e ci si augura pertanto, che i 
  Comitati dei sindaci, possano attingere da un elenco di persone di comprovata 
  ed effettiva esperienza e competenza nel settore. Certi della comprensione dello 
  spirito che muove la presente, inviamo distinti saluti 
 
 
 
  si chiede che con il massimo rigore vengano vagliati i requisiti per l'ammissione 
  all'elenco regionale. Altro aspetto che riveste particolare importanza e delicatezza 
  e che dovrà trovare formale definizione è quello relativo alla possibilità che 
  i singoli Comuni non appartenenti all'Ambito possano non delegare allo stesso 
  alcune funzioni. Così come si dovranno definire i servizi che hanno come riferimento 
  un territorio che non necessariamente coincide con la dimensione di oltre il 
  30% degli Ambiti territoriali. Diventa quindi essenziale definire il bacino 
  di popolazione (coincidente o meno con l'A.T.), all'interno del quale assicurare 
  alcuni interventi e servizi.  
  L'applicazione dell'ISEE  
   
  La legge di riforma all'art. 25, Accertamento delle condizioni economiche 
  del richiedente, stabilisce che ai fini dell'accesso ai servizi, la verifica 
  della condizione economica del richiedente è effettuata secondo le indicazioni 
  del D.lgs 109/98 (più conosciuto come riccometro), come modificato dal D. lgs 
  130/2000. Sempre nella stessa legge, all'art. 8, comma 3, lett., g, si affida 
  alle regioni il compito di definire i criteri per la determinazione del concorso 
  da parte degli utenti al costo dei servizi. In particolare il D. lgs 130/2000 
  stabilisce che per le prestazioni sociali "erogate a domicilio o in ambiente 
  residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente 
  grave di cui all'articolo 3 della legge 104/1992, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni 
  la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle Aziende 
  Unità Sanitarie" verrà presa in considerazione la situazione economica del solo 
  assistito e non quella del nucleo familiare o dei parenti "tenuti agli alimenti". 
  Dal punto di vista formale tale Atto attende un ulteriore DPCM ma è del tutto 
  evidente, in particolare dopo l'emanazione dell'Atto di indirizzo sull'integrazione 
  socio sanitaria (DPCM 14.2.2001), che la mancata applicazione di tale previsione 
  ha l'unico fine di ritardarne il più possibile l'applicazione per evitare l'aumento 
  dei costi a carico degli enti locali. Peraltro il D. lgs 130/2000 ha stabilito 
  in maniera inequivocabile che non subiscono alcuna modifica le norme del codice 
  civile sugli alimenti, compreso l'art. 438, "Gli alimenti possono essere 
  chiesti solo da chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere 
  al proprio mantenimento". Resta dunque confermato che solo l'interessato 
  ha la piena e assoluta facoltà di chiedere gli alimenti ai propri congiunti. 
  Gli enti pubblici, precisa il decreto, non possono sostituirsi all'interessato 
  nella richiesta degli alimenti. 
  Nonostante ciò, ed in contrasto con quanto sopra, è sotto gli occhi di tutti 
  le cifre esorbitanti (80.000-100.000 L. al giorno) richieste ad esempio agli 
  anziani malati non autosufficienti ed ai loro parenti ricoverati presso residenze 
  sociali o socio-sanitarie, ma anche a soggetti con handicap o con malattia mentale 
  ricoverati presso strutture assistenziali. In alcuni casi poi per aggirare le 
  norme sull'ISEE si prende (nei servizi domiciliari e diurni) in considerazione 
  il reddito dell'assistito ma conteggiando, del tutto illegittimamente, anche 
  l'indennità di accompagnamento, determinando così un reddito ben superiore a 
  quello riferibile al minimo vitale e dunque giustificando la partecipazione 
  al costo da parte dell'assistito. 
  Diventa pertanto opportuno che al più presto la regione emani un Atto, nel quale 
  si chieda agli enti locali il rispetto delle indicazioni del D.lgs 130/2000. 
   
  L'integrazione socio sanitaria 
   
  Strettamente collegato con l'applicazione del Piano sociale e della riforma 
  dell'assistenza è il recepimento a livello regionale delle indicazioni contenute 
  nell'Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio sanitarie" 
  (G.U. n. 129 del 6/6/2001) (2). In una regione come quella marchigiana nella 
  quale la gran parte della spesa sanitaria è concentrata sui servizi ospedalieri 
  a danno dei servizi territoriali rivolti alle fasce più deboli della popolazione 
  (3), come ad esempio soggetti con handicap grave, anziani e malati non autosufficienti, 
  malati mentali, è necessario che la tanto invocata integrazione socio sanitaria 
  non diventi uno strumento utilizzato esclusivamente ai fini del contenimento 
  dei costi spostando dalla sanità all'assistenza prestazioni e servizi (dunque 
  oneri). Uno spostamento che si traduce anche nel passaggio verso servizi con 
  crescente abbassamento degli standard assistenziali. E' infatti fin troppo evidente, 
  che sempre più spesso l'introduzione della parola "sociale", ha il solo fine 
  di far gravare oneri (i famosi costi alberghieri, quando parliamo di residenze) 
  su altri soggetti (Comuni, famiglie, utenti). Se il sistema sanitario regionale 
  - che lamenta una situazione di grosso deficit - non verrà spinto ad assumere 
  oneri che gli competono, attraverso la piena titolarità anche finanziaria 
  di alcuni interventi spostando finanziamenti dall'ospedale al territorio, per 
  tutte quelle persone che a causa di gravi malattie versano in situazione di 
  non autosufficienza e non sono curabili a domicilio, alcuni interventi non verranno 
  mai realizzati e non si libereranno risorse che il settore "sociale" può investire 
  in settori assolutamente scoperti (vedi piccole comunità residenziali, per situazioni 
  di handicap, minori, pronta accoglienza). Ma soprattutto i cittadini, che si 
  trovano in situazione permanente o temporanea di grande difficoltà legata a 
  malattia e non autosufficienza continueranno, a meno che non dispongano di ingenti 
  risorse economiche, a trovarsi nella grandissima difficoltà di trovare servizi 
  rispondenti ai loro bisogni ed a ricorrere alle uniche strutture - del tutto 
  impropie - disponibili sul territorio: le case di riposo, che nate ed autorizzate 
  per i bisogni di persone autonome o parzialmente non autosufficienti, si trovano 
  ad accogliere per la stragrande maggioranza dei propri posti letto malati non 
  autosufficienti con oneri a completo carico dell'assistito e dei suoi familiari. 
   
   
  Note 
   
  - Direttore del Consorzio intercomunale (CISAP) dei comuni di Collegno e Grugliasco 
    (TO). Al seminario hanno partecipato anche: Marcello Secchiaroli, assessore 
    ai servizi sociali della regione Marche, Giuliano Tacchi, dirigente 
    servizi sociali, Comune di Pesaro, Luigi Giacco, parlamentare marchigiano.
 
   
  - Cfr, L'Atto di indirizzo sulla integrazione socio sanitaria, 
    in "Appunti sulle politiche sociali", n. 5/2001, p. 7; disponibile anche nel 
    sito internet del Gruppo Solidarietà, www.comune.jesi.ancona.it/grusol
 
   
  - Cfr:, Politiche sanitarie nelle Marche e tutela dei soggetti deboli, 
    in "Appunti sulle politiche sociali", n.1/2001, p. 8; Presente e futuro 
    delle RSA nelle Marche, in "Appunti sulle politiche sociali" 4/1999, p. 
    16; Anche questi documenti sono disponibili nel sito del Gruppo Solidarietà. 
    
 
     
   
 
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