Autorizzazioni, confusioni, improvvisazioni. A proposito di "Casa Godio"
13 aprile 2011, Gruppo Solidarietà, Osservatorio Marche.
La lettura della determina dell’Asur 65/2011 (in allegato) riguardo l’autorizzazione di Casa Godio di Pergola, impressiona per il cumulo di inesattezze e confusione che regna all’interno dei percorsi autorizzativi sia a livello territoriale (Asur) che regionale. Appare inverosimile poter leggere in un documento istruttorio tante imprecisioni. Se un testo del genere fosse stato redatto da uno studente in una esercitazione lo avremmo invitato caldamente a riflettere sull’opportunità di continuare quel tipo di studi. La determina, che risponde ad una richiesta di chiarimenti da parte della Regione, è stata considerata da quest’ultima convincente, e dunque approvata[1].
I contenuti
L’atto specifica che la struttura è una “Casa protetta per disabili mentali”, autorizzata ai sensi della legge 20/2002; si utilizza ai fini della Convenzione la dgr 704/2006; la tariffa giornaliera a carico dell’Asur è di 48 euro; si elenca lo standard di personale (su 10 posti): coordinatore (laurea medicina) 12 ore settimanali, 3 educatori professionali 900 m/giorno, 5 Oss per 1400 minuti giorno, 1 Infermiere professionale per 200 minuti, 1 psicologo per 24 ore settimanali; 1 maestro d'arte per 10 ore settimanali; gli inserimenti verranno disposti dal Dipartimento salute mentale. La struttura risulta autorizzata come residenza protetta per disabili (http://orps.regione.marche.it).
E’ evidente, come abbiamo fatto notare in precedenti commenti, che una struttura di questo tipo non ha nulla a che vedere con una residenza protetta per disabili così come disciplinata dalla legge 20/2002. Ma bisogna cominciare dall’inizio per evidenziare il cumulo di pressappochismo con il quale vengono costruiti gli atti, che rilevano poi i fabbisogni, che indicano le ubicazioni di strutture, che condizionano la programmazione, ecc ….
Norme centrifugate
Intanto: bisognerebbe ricordare che le strutture da autorizzare devono corrispondere a quelle definite: non si è in presenza di concorsi di idee: allora è facile constatare che non esiste nella regione Marche strutture autorizzabili come “Casa protetta per disabili mentali”; Non esistono, né strutture definite come “Casa Protetta” né rivolte a “disabili mentali”. Ciò che la determina è riuscita a mettere insieme, con operazione da centrifuga, sono norme o riferimenti attenenti a 3 aree: disabilità (autorizzazione), salute mentale (tipologia di utenza e standard di personale), anziani (estremi di convenzione). Fatto sta che ai sensi della autorizzazione ricevuta ci si troverebbe di fronte ad una struttura autorizzata nell’area disabilità, che accoglierebbe utenti con patologia psichiatrica inviati dal Dsm e con standard afferenti all’area della salute mentale. Ci si chiede poi con quale riferimento è stata costruita la quota sanitaria (48 euro) che dovrebbe gravare sulla sanità per una struttura che (su 10 utenti) indica uno standard giornaliero di gran lunga superiore a 200 minuti al giorno e dunque con una tariffa giornaliera ipotizzabile, a tenersi bassi, di non meno di 160/180 euro al giorno. Per il ricovero di utenti psichiatrici dunque la sanità pagherebbe meno di un terzo della retta? Ed il restante su chi graverebbe?
Sarebbe davvero interessante se qualcuno fosse capace di rispondere punto per punto alle considerazioni sopra esposte. Ne risulterebbe l’elenco di cose indispensabili da fare al più presto, ai fini di una adeguata programmazione.
Una infinita tristezza
E’ davvero triste che a 11 anni dalla legge 20/2000 e a 9 dalla 20/2002, si debbano leggere atti di questo tipo. Si continua a non voler rendersi conto che senza un sistema coerente di offerta nel quale con chiarezza si definisce: utenza, standard, fabbisogno, tariffe, ecc….; non si creeranno mai le condizioni per una articolata area di servizi territoriali. Possibile che non si capisca che continuare a lavorare in questo modo impedisce di far crescere i servizi sulla base dei bisogni? Chi andrà a spiegare, su quello specifico territorio, che la risposta di residenzialità per la disabilità, non si potrà realizzare perché già c’è; mentre forse potrebbe realizzarsi una nuova struttura per la salute mentale, considerato che il territorio ne è sprovvisto. E’ convincente affermare che una residenza protetta per disabili ha standard di oltre 200 minuti con addirittura un medico come responsabile e la presenza di uno psicologo (oltre le altre figure professionali) e che la quota sanitaria si aggira intorno al 25-35% della tariffa?
E’ davvero troppo chiedere a Regione, Comuni, Asur l’impegno di invertire questa linea di tendenza, assumendo, ognuno per le proprie competenze, atti volti ad arginare un sistema di progressiva deregolamentazione? Un sistema che quando, come in questo caso, non è normato o disattende le regole che ci sono, apre non solo margini di discrezionalità, ma, ben più grave, può aprire voragini di clientelismo.
[1] Ricordiamo che le precisazioni sono fornite riguardo ai rilievi mossi dalla Regione nella dgr 1556/2010 (per approfondire, vedi www.grusol.it/vocesociale/10-11-10.PDF e www.grusol.it/vocesociale/01-04-11.PDF).
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