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Marco Revelli,
Poveri, noi
Einaudi 2010
pp. 128 € 10,00

Nel clima di crisi globale, anche in Italia stanno venendo alla ribalta questioni come l'impoverimento del ceto medio e le disuguaglianze crescenti, e tuttavia il racconto prevalente continua a rassicurare sulla tenuta complessiva del nostro Paese, sia dal punto di vista economico che sociale.Marco Revelli ha un'opinione diversa. Utilizzando le statistiche ma anche le storie di cronaca, raccontando la difficile realtà dell'economia e della povertà ma anche le emozioni che corrono sotto la superficie visibile sui mass media, in questo libro Revelli ci mostra un'Italia terribilmente fragile, in cui molti, caduta la speranza di migliorare le proprie condizioni, cercano un effimero risarcimento a danno degli ultimi, spingendoli sempre piú giú, sempre piú ai margini. Un Paese in cui i fondamenti della convivenza civile e forse della stessa democrazia sono erosi dalle disuguaglianze e dal modo in cui la politica, invece di attenuarle, cavalca i risentimenti e il rancore da esse generati. Un Paese in cui «forse per la prima volta nella storia il motto del Boccaccio: "Solo la miseria è senza invidia", non è piú valido».

Tema del libro è il bilancio di un Paese fragile, che non ammette di esserlo. Fragile socialmente, in primo luogo, segnato da forme sommerse di deprivazione, di vera e propria povertà, e soprattutto d’impoverimento. Ma fragile anche moralmente, nella tenuta dei suoi sentimenti collettivi, dei valori condivisi, nell’atteggiarsi delle relazioni, sempre più spesso attraversate da venature di rancore. E, naturalmente, fragile politicamente, nell’assetto «liquido» delle sue istituzioni, nei processi in cui si esprime una cittadinanza in larga misura lesionata. Un Paese abissalmente distante dall’immagine che offre di sé, dal racconto apologetico che monopolizza il discorso pubblico sovrapponendosi alla realtà fino a renderla irriconoscibile ai propri stessi protagonisti.

Dal 2007 a capo della Commissione d'indagine sull'esclusione sociale, Marco Revelli scava tra le pieghe del processo di «modernizzazione regressiva» che sta caratterizzando il nostro Paese, che ha creduto di crescere declinando, di guadagnare posizioni perdendo in realtà terreno.
Una Vela che esplora le fragilità - economiche, morali e politiche - di un'Italia «abissalmente distante dall'immagine che offre di sé»: un'argomentazione sostenuta da dati statistici e dall'analisi del linguaggio del potere e della comunicazione mediatica - dai messaggi rassicuranti all'opulenza ostentata. Emerge il ritratto di una nazione dal profilo piatto, che ha liquidato i vecchi punti di forza senza crearne di nuovi e dove ci si ritrova, «se non più poveri tecnicamente, certamente più vulnerabili e arretrati», nel mezzo di una terra di nessuno in cui maturano, o trovano terreno fertile, le frustrazioni e i veleni, i risentimenti e i rancori, le rese morali e i fallimenti materiali. Solitudini e crisi d'identità in grado di sfregiare l'antropologia del nostro paese, tra intolleranza per i deboli e il simmetrico eccesso di tolleranza per i vizi dei potenti. Al centro della forbice sempre più ampia tra ricchezza e povertà, i  temi cruciali dell'eguaglianza sociale, della qualità della democrazia,  dell'indebolimento dei diritti e del concetto di cittadinanza.

Marco Revelli insegna Scienza della politica all'Università del Piemonte orientale. Fra i suoi ultimi: Le due destre: le derive politiche del postfordismo (Bollati Boringhieri, 1996), La sinistra sociale (Bollati Boringhieri, 1999). Per Einaudi ha curato il testo di T. Ohno, Lo spirito Toyota («Einaudi Contemporanea»). Nel 2001, ha pubblicato il saggio Oltre il Novecento, nel 2003 ha pubblicato il saggio La politica perduta («Vele», 2003) e nel 2010 Poveri, noi («Vele», 2010).