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Stefano Rodotà
Perché laico
Laterza 2009
Pag 200, 15.00 Euro
«Abbiamo bisogno di chiarezza, di rifiuti, di travestimenti, di chiamar
le cose con il loro nome. Per questo non è tempo di laicità flebile, timida,
devota. È tempo, pieno e difficile, di laicità senza aggettivi o, se vogliamo
comunque definirla, semplicemente democratica.»
Procreazione assistita, testamento biologico, obiezione di coscienza,
unioni di fatto, diritti degli omosessuali, limiti etici e giuridici della
ricerca scientifica, presenza della religione nella sfera pubblica: sono
questi alcuni tra i temi della difficile discussione tra laici e cattolici
italiani. Da una parte le gerarchie ecclesiastiche condannano i presunti
mali del ‘relativismo’, denunciano obliqui tentativi di ricacciare la
fede nel privato e la Chiesa nelle sagrestie, indicano fini ‘non negoziabili’;
dall’altra la cultura laica appare troppe volte timorosa, incapace di
ritrovare la forza dei propri principi nella dimensione costituzionale,
di cogliere il significato di una presenza della Chiesa come vero e proprio
soggetto politico. Solo rimuovendo fondamentalismi e arretratezze è possibile
ritrovare la via di un dialogo.
«Questo libro non è una professione di fede. È una riflessione sulla laicità
non come polo oppositivo, che più d’uno vorrebbe rimuovere, ma come componente
essenziale del discorso pubblico in democrazia. È dunque guidato da un
profondo convincimento democratico, non dall’idea di spaccare il mondo
in due, tra credenti e non credenti. Vuole tenere ferma la bussola dei
principi, misurandosi però in ogni momento con i fatti.»
Indice Una spiegazione (in forma di premessa) - Parte prima. Laicità,
confronto, democrazia - Tra passato e presente (e il futuro?) - Religione
e politica - Laicità e principi - Governare la vita - Parte seconda. Cronache
di una laicità difficile - La «missione» del laico - Sapienza e dintorni
- Costituzioni parallele - Poteri in conflitto - Relativismo e principi
- Pensare la dignità - Il buon legislatore - Tra giudici e legge - Un
dialogo difficile - Scuola, religione, democrazia - Il dolore e la politica
- Violenza pubblica e vita delle persone - Omosessualità e diritti - Le
vie della solidarietà - Tra Blair e Zapatero - Europa e ricerca scientifica
- La forza dei diritti - Guardare all’Europa - Note - Indice dei nomi
Intervista
left - venerdì 6 febbraio 2009 Stefano Rodotà. La Costituzione
è sotto attacco
Professore, nel suo libro Perché laico (Laterza), e più ancora
nel convegno La laicità dal punto di vista dei laici, ha lanciato
un allarme: in Italia è in atto una revisione strisciante della Costituzione.
Di che si tratta?
Purtroppo abbiamo continui segnali in questa direzione. Tentativi chiari
di revisione della Carta che, con un'espressione forte, definirei eversivi.
I provvedimenti del ministro Sacconi, ma anche quelli del presidente
della Lombardia Formigoni contro sentenze passate in giudicato ne sono
una spia?
Negare l'attuazione di una sentenza da parte di organi di Stato è un fatto
senza precedenti. C'è un tessuto di principi costituzionali che, a quanto
pare, un ministro e un presidente di Regione ritengono di non dover assolutamente
riconoscere. L'atto amministrativo di Sacconi sul caso Englaro è motivato
in termini ideologici; di giuridico lì c'è solo la sgrammaticatura di
chi l'ha scritto. All'evidenza costituzionale di principi e norme si oppone
una pura ideologia attinta alle posizioni più integraliste della gerarchia
ecclesiastica. Ecco perché parlo di revisione costituzionale strisciante.
I politici italiani citano più spesso le encicliche papali che la
Costituzione?
Purtroppo non è una battuta. Si potrebbero fare mille esempi. Non solo
nei dibattiti motivano le loro prese di posizione con riferimento alle
encicliche, ignorando la Carta. Ma addirittura fanno prevalere quelle
affermazioni religiose su chiare norme costituzionali. Quella della laicità,
oltretutto, è una questione molto delicata: la Corte costituzionale ha
affermato con chiarezza in una sentenza che la laicità è uno dei principi
supremi dello Stato.
La sentenza della Consulta dell' 89, in questo senso, è stata un punto
cardine?
Tanto più se la colleghiamo a un'altra sentenza della Consulta che ha
stabilito che i principi supremi della Carta non possono essere sottoposti
a revisione costituzionale. Perché sono quelli che costituiscono la sostanza
del nostro Stato. Oggi mettere in discussione il principio di laicità
è eversivo perché siamo su un terreno sul quale neppure la revisione costituzionale
formale può essere ammessa.
Una politica così genuflessa pare ancora più assurda leggendo il quarto
rapporto di Critica liberale e Cgil nuovi diritti, che parla di una società
italiana in inarrestabile secolarizzazione.
Il fatto è che la politica oligarchica italiana, chiusa, sempre più nel
gioco di ristretti vertici di partito, ha scelto come unico interlocutore
l'oligarchia vaticana. Con un grave impoverimento della politica. Insieme
ai dati che Enzo Marzo puntualmente raccoglie su Critica liberale è
significativo il sondaggio di Repubblica: l'83 per cento degli
interpellati chiede che la Chiesa parli alle coscienza e non cerchi di
imporre il suo punto di vista attraverso atti legislativi.
Nel libro scrive che la Chiesa si è ormai proiettata ben al di là
del Concordato...
La Chiesa si è fatta soggetto politico senza residui. Perciò non basta
più impugnare l'arma dell'abrogazione del Concordato ma bisogna al contempo
affinare nuovi strumenti di riflessione.
La cultura laica è affetta, dice il filosofo Maurizio Ferraris, da
una perniciosa subalternità alla religione, al punto da non rivendicare
più la forza della propria etica. Perché?
La questione è riesplosa con l'innovazione scientifica e tecnologica che
ha mutato il modo in cui si affrontano le questioni del nascere, vivere
e morire: laddove c'era in passato la legge naturale che governava tutto,
oggi invece c'è possibilità di scelta. E non si apprezza la possibilità
di decidere liberamente ma si vede in questo una sorta di attentato alla
natura e al creatore. I laici si sono trovati deboli, in particolare in
Italia. Per lungo tempo hanno accettato silenziosamente il fatto che la
Chiesa avesse esclusivo diritto di parlare di morale, di etica. Questo
è un grave errore della riflessione culturale. È una debolezza che ci
portiamo dietro perché c'è stata, anche dal parte del Pci e del Psi, una
subalternità politica nei confronti della Chiesa.
Il filosofo Eugenio Lecaldano nota che in Italia ormai non si può
ottenere giustizia se non si condivide una certa idea religiosa della
vita e della morte.
Io sarei meno pessimista. Il caso Englaro dice che in Italia ci sono circuiti
istituzionali non riducibili a chiusure politiche. Per vedere riconosciuti
i diritti fondamentali della persona, come vuole la Costituzione, possiamo
far affidamento sul tanto vituperato circuito giudiziario. Molti giudici
di merito stanno dimostrando una sensibilità e un senso della legalità
costituzionale altissimi nell'approntare strumenti che permettano a tutti
di veder riconosciuti i propri diritti fondamentali. Le sentenze sul caso
Englaro sono esemplari. Ma serve anche, per dirla con un libro dell'800,
La lotta per i diritti da parte di cittadini con la voglia e il
coraggio di farli valere. Peppino Englaro è un eroe civile. Difendendo
il diritto di sua figlia ha fatto cambiare l'agenda politica italiana
mettendo all'ordine del giorno temi che interessano tutti noi.
Serve nuova cultura politica, lei dice. Ma provvedimenti come il ddl
Calabrò sul testamento biologico sembrano andare in direzione opposta.
Quella che vedo oggi è una subcultura politica. C'è una regressione spaventosa.
Le proposte avanzate dalla maggioranza sul testamento biologico sono una
palese negazione dei diritti che i cittadini già hanno sulla base della
Costituzione. Il testo unico del Pdl parla di dichiarazioni anticipate
non vincolanti, formalizzate in modo ridicolo davanti a un notaio e controfirmate
da un medico non obbligato ad alcunché, mentre alimentazione e idratazione
non sarebbero trattamenti medici. È una presa in giro, una negazione totale
dei diritti della persona.
Il senatore Pd Marino, da medico, l'ha definito un provvedimento borbonico.
Marino ha una grande esperienza medica e ricchezza umana che ha saputo
convertire in comprensione dei diritti e coraggio politico. Ed è assurdo
che anche dalla sua parte non gli venga riconosciuto il ruolo di leader
che gli spetta.
Riguardo alla legge 40, lei scrive, ci sono più motivi perché sia
giudicata incostituzionale. Perché la Consulta non l'ha ancora fatto?
La Corte costituzionale si è liberata una prima volta di questo tema con
una ordinanza non particolarmente apprezzabile. Adesso ci sono più ordinanze
che stanno riproponendo puntualmente alla Corte varie questioni. Saranno
discusse in primavera. La partita non è chiusa, sono ancora fiducioso.
Salvemini e Calamandrei, lei ricorda, parlavano di scuola come "organo
costituzionale". Nella sua esperienza di docente universitario, la scuola
forma ancora un pensiero critico e autonomo?
La scuola è sempre di più al centro dell'attenzione, in Francia, in Inghilterra
e negli Usa. Basta pensare al libro bianco di Gordon Brown e a Obama che
registra l'arretratezza della scuola Usa. La laicità della scuola è fondamentale.
Con la crescente immigrazione c'è bisogno di un luogo della conoscenza,
non della tolleranza. Del resto la parola tolleranza è superata. Io ti
tollero in che modo? Se vieni a fare le pulizie a casa mia e poi te ne
vai il più lontano possibile. Invece abbiamo bisogno di conoscenza dell'altro.
Oggi la laicità è anche e soprattutto questo.
Simona Maggiorelli
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