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Dove va il volontariato?

Riportiamo il primo capitolo degli atti del convegno


ritorna


SUL RUOLO DEL VOLONTARIATO
Emanuele Alecci - Presidente Nazionale del Movimento di Volontariato Italiano (MoVI)
(indice)
Premessa
Parlare del ruolo e del futuro del volontariato in questo periodo di transizione è molto difficile. Abbiamo una evidente preoccupazione sul futuro della solidarietà organizzata e del Terzo Settore in Italia. Nell'ultimo periodo sono stati pubblicati alcuni libri che hanno suscitato molto scalpore nei nostri mondi (ne cito ad esempio solo due : "Tutti al Centro" Ed. Minimum Fax e "Critica della Ragion Nonprofit" Ed. Derive e Approdi".
Per poter addentrarsi nel tema di questo convegno, ritengo utile mettere a confronto la storia del volontariato italiano con quella della cooperazione sociale. Due storie collegate, che in questo periodo possono aiutarci a riscoprire il futuro del volontariato italiano e del terzo settore più in generale.

Il Volontariato e la Cooperazione Sociale - due antagonisti?
La storia della solidarietà del nostro Paese è stata scritta attraverso l'impegno spesso congiunto del volontariato con la cooperazione sociale. E' chiaro a tutti che molte cooperative sociali sono nate e nascono dopo un intenso impegno nel volontariato.
Il legame strettissimo tra volontariato e cooperazione sociale ha prodotto negli ultimi vent'anni una serie di successi. Ne ricordo uno fra tanti: il concetto di deistituzionalizazione su molte emergenze sociali. Quando negli anni 70 e negli anni 80 l'unica risposta sociale a molte emergenze sembrava l'istituto o la risposta specialistica, molte esperienze comunitarie di volontariato di frontiera sperimentavano nuove forme di condivisione con le persone più in difficoltà. Sono gli anni del Gruppo Abele e di Don Ciotti costretto ad uno sciopero della fame per ricordare all'opinione pubblica l'emergenza Droga. Ma anche di molte altre organizzazioni anche Venete. Da queste esperienze - segno o profezia come qualcuno le ha chiamate, cominciarono a nascere le prime forme di cooperazione. E' stata l'inevitabile eccezionale intuizione di molte organizzazioni di volontariato che trovandosi ad affrontare problematiche sempre più coinvolgenti hanno sentito il bisogno di promuovere nuove forme di intervento più a tempo pieno. La convinzione che, attraverso il lavoro - a volte anche protetto - poteva realizzarsi la liberazione e l'integrazione di molti soggetti in difficoltà. Mi sembra importante ricordare la valenza rivoluzionaria di questo cammino. Finalmente Economia, Efficienza e Solidarietà trovavano una sintesi di lavoro illuminata.
Tra volontariato e cooperazione sociale, infine, si è lottato insieme per il riconoscimento da parte dello Stato. Un lavoro lungo protrattosi per tutti gli anni 80 nella consapevolezza che un autentico sviluppo sia del volontariato che della cooperazione sociale poteva avvenire con un sano e regolato rapporto con la Pubblica Amministrazione. Il definire chiaramente il rapporto con la Pubblica Amministrazione permetteva a questi due mondi di vedersi riconosciuto un ruolo pubblico. Un magnifico biglietto da visita per proporsi ai cittadini come modalità esemplare di impegno nel bene comune.

Il rapporto con la Pubblica Amministrazione - l'inizio degli equivoci
Da questo lungo e sofferto dibattito nascono anche due importanti leggi: quella sul volontariato e quella sulla cooperazione sociale (1991). La reale fotografia della cooperazione sociale di quegli anni vedeva una sinergia operativa di volontari e soci lavoratori. In parole povere non poteva esistere cooperativa sociale senza un ruolo propulsivo e determinante del volontariato.
Questo fatto straordinario permetteva di regolare correttamente il ruolo del volontario e del lavoratore solidale. Erano chiari infatti nel volontariato i limiti della propria azione. Ma era chiaro anche che la continuità progettuale dello stesso volontariato trovava nell'Impresa Cooperativa Solidale una continuità e una professionalità che il volontariato stesso non poteva dare. Uno stretto legame univa questi due mondi, e un grande progetto di cambiamento della società italiana era ciò che ci faceva stare insieme. Cosa è accaduto allora, se oggi siamo costretti a organizzare convegni, verificarci, spiegarci e ridefinirci?
Innanzitutto la legge sulla cooperazione sociale non è stata approvata come la volevamo. Per colpa di una sinistra a quei tempi non molto illuminata, la legge ha dato un ruolo di secondo piano al volontariato, non più propulsivo ma strumentale e di secondo piano. La realtà è evidente ai giorni nostri: riscontriamo sempre meno volontariato nelle cooperative sociali del nostro Paese.
Il rapporto con la Pubblica amministrazione non è sempre stato virtuoso. Infatti molte cooperative sociali, con poco volontariato all'interno, sono troppo sbilanciate in attuazione ausiliaria di progettualità pubbliche, e la stessa conseguente Pubblicodipendenza è molto preoccupante.
Un ruolo forte del volontariato potrebbe a mio avviso ridimensionare questo scenario. Alle stesse organizzazioni di volontariato la Pubblica Amministrazione chiede di attuare servizi con modalità operative che snaturano il ruolo e la capacità stessa del volontariato. Da qui la trasformazione di molte organizzazioni di volontariato in qualcosa che è difficilmente definibile. Che non è più volontariato ma che non è neanche cooperazione sociale. Forse le potremo definire come Imprese Sociali volontarie. Una cosa preoccupante insomma!. Non credo che molti politici e funzionari pubblici si rendano conto della gravità e delle conseguenze disastrose di molti loro atteggiamenti di questi anni. L'aver spinto le organizzazioni di volontariato a rapportarsi e a farsi sostenere dalla Pubblica Amministrazione solo in nome di un servizio definito dall'Autorità Pubblica è stato un grave disastro. Il volontariato doveva essere sostenuto non soltanto per il reale servizio per il bene comune che metteva in campo ma anche perché era aggregazione solidale di cittadini. Insomma avevamo il sogno di cambiare l'Economia, rendendola compatibile con la Solidarietà, ma questa economia oggi rischia di cambiare tutti noi!
Prova ne è che molte aggregazioni del Terzo Settore in Italia, sono preoccupate essenzialmente a chiedere privilegi per se stessi e non a definire politiche reali di cambiamento e di lotta alla Esclusione Sociale. (Parlo di lotta alla Esclusione Sociale anche se in questi ultimi anni si parla di Inclusione Sociale - definire il tema dell'inclusione sociale potrebbe portarci ad accettare di includere senza debellare. Un volontariato e una cooperazione sociale soggetti di Sicurezza Sociale e non di reale cambiamento di politiche di sradicamento delle povertà!)

Mettiamoci in cammino: Investiamo nel volontariato
Quando parlavamo delle difficoltà di questo momento di transizione (ricordo il nostro Convegno Nazionale per i vent'anni del MOVI "Il Volontariato nella Transizione" vedi documento di Luciano Tavazza, Fivol, Roma 1999) certamente non ci rivolgevamo al solo mondo della cooperazione sociale. Sarebbe un guaio che passasse l'idea di un volontariato pregno di ideali e una cooperazione dedita solo agli affari. C'è uno sforzo da fare tutti insieme. Un ripensamento e una ricollocazione nel Paese.
Ma l'elemento debole è il volontariato. E' lì che bisogna investire. Le stesse cooperative sociali lo dovrebbero fare. La chiarezza nel volontariato permette di fortificare anche gli altri soggetti sociali presenti oggi nella società italiana. Bisogna riscoprire il ruolo specifico di ogni soggetto ridefinendo innanzitutto il volontariato.
"Il volontariato - scrive Pier Paolo Donati - rischia di veder sparire la propria identità originaria e profetica, ancorata cioè alla gratuità, al coinvolgimento personale e diretto, all'impegno civile di denuncia…" La crisi dello Stato Sociale porta con se soggetti sociali nuovi che inglobano al loro interno elementi di volontariato "puro" e ideale con altri fattori che solo indirettamente possono dirsi volontariato. E ancora "tra volontariato profetico e volontariato d'azione (il non profit) il pericolo da evitare è quello di procedere su binari paralleli, che non si incontrano mai o che addirittura si scambiano colpi proibiti esclusivamente a danno di coloro che dovrebbero essere i soggetti primari e finali dell'azione volontaria e di utilità sociale le fasce deboli della popolazione e le persone svantaggiate".
"Solidarietà o affarismo nel Terzo Settore? Il rischio che si presenta è che alcuni bisogni, spesso indotti e fittizi, finiscano per alimentare quel mercato dei servizi che sta facendo capolino un po' ovunque, producendo un regime di feroce concorrenza, dove anche il volontariato finisce per diventare una merce. Occorre stimolare il dibattito sul terzo settore, perché non soccomba alla logica mercantile…
Dubbi e problemi aperti dunque. Soprattutto in chi si sente volontario ogni giorno, nel proprio impegno associativo, ma anche nella propria dimensione ordinaria di cittadino. Oggi se la solidarietà non assume una dimensione organizzata, rischia di diventare sterile Ma l'organizzazione porta con se complessità e burocrazia, risorse e rendicontazioni, professionalizzazione esasperata L'alternativa, spesso conveniente per il anche per il sistema sociale, è trasformare l'organizzazione di volontariato in cooperativa o impresa sociale. Ma a questo punto i vincoli oggettivi del mercato non possono che condizionare libertà, gratuità, innovazione e spirito del servizio del volontariato. Che ne sarà del volontariato inteso come dimensione costitutiva della persona umana, come diritto-dovere previsto dalla Costituzione Italiana? Nella società complessa di oggi, dove le stesse povertà continuano a modificarsi e a farsi più complesse, quale tipo di volontariato ha cittadinanza?"

Quali impegni per il volontariato e per il MoVI: ci saranno altri disposti ad attuarli?
Siamo di fronte a problemi generali e specifichi per cui appare indispensabile per avviare un primo ragionamento sui ruoli del volontariato, prendere atto delle nuove tendenze che si sono sviluppate nel mondo del terzo sistema e, contemporaneamente difendendo in modo specifico e fermo l'originalità del volontariato stesso. Si pongono allora quattro dilemmi su cui deve pronunciarsi, con equilibrio e scelte precise, il pensiero di volontari.

1) Mi pare che dobbiamo anzitutto riaffermare tutti insieme il contenuto etico del nostro messaggio laico rivolto a credenti e non credenti, per diffondere ovunque la cultura della solidarietà che è più ampia delle sole prospettive del volontariato, raggiunge ed anima qualsiasi tipo di cittadinanza attiva, secondo i dettami della Costituzione. Una coerente risposta ai doveri inderogabili di rimozione delle cause sociali, politiche, economiche che generano l'esclusione.
Non si tratterà nei prossimi anni di fare solo formazione e attività destinate al volontariato, ma i contribuire con la nostra specificità alla formazione di un "uomo solidale", pronto alle sfide del 2000. Mi pare questo il nostro primo impegno che risale ai grandi motivi della prevenzione, dell'accoglienza, della gratuità, della condivisione, della molteplicità e pluralismo culturale. Su questo primo punto il volontariato si deve interrogare con coraggio e determinazione.

2) Lo scenario storico del volontariato ha visto spesso in quest'ultimo ventennio la nascita di un terzo settore ampio e agguerrito nella sua rappresentanza degli interessi delle classi sociali oggi a rischio . La conquista, con recenti leggi, dei centri di servizio, dei comitati di gestione regionali, le esenzioni fiscali concesseci attraverso la nascita delle onlus, l'impegno forte dell'associazionismo e delle cooperative sociali, ci portano ad una seconda meditazione. Mentre negli anni 80, quando abbiamo iniziato il nostro lavoro i servizi erano quasi tutti in mano al volontariato, per l'assenza di altre componenti, oggi questo panorama è tutto cambiato. Infatti le cooperative, l'associazionismo, le mutualità e le fondazioni sono in grado di offrire servizi sociali continuativi, di carattere "pesante", perché offrono pieno impiego nella giornata a dipendenti che non vivono secondo il parametro della gratuità ma che, giustamente, rispettano le leggi economiche che presidiano i principi dell'impresa, anche se no-profit.
Pochissimi gruppi di volontariato sono in grado di rispondere a queste esigenze diurne e notturne, di offrire una continuità giornaliera nei servizi, perché i loro membri sono perlopiù in tutto il mondo persone impegnate nella professione, nel lavoro, che mettono generosamente a disposizione dell'iniziativa solidale qualche ora del giorno, promovendo organizzazioni nazionali e regionali strutturate e continuative.
La nascita di queste nuove realtà nel terzo settore, permette di avere risposte pari ai bisogni, spesso anche personalizzati e di categoria, piuttosto sofisticati che si manifestano sul territorio. Si tratta di affidare soprattutto a queste strutture i cosiddetti servizi "pesanti", senza rimpianti, anzi con aperto animo collaborativo. Allora, come e dove dovrà agire il volontariato? C'è un ritorno all'origine, alla sua essenza più intima che dobbiamo tornare a percepire e a tramutare in servizi "leggeri", cioè quei servizi che si addicono alla tutela dei diritti, alla difesa di quelli costituzionali e di cittadinanza, un impegno educativo con tutti i settori mobilitati (famiglia, scuola, movimenti giovanili, Chiesa, anziani, associazionismo, ecc.) per un'educazione alla legalità, alla solidarietà, alla progettualità, alla partecipazione responsabile.
La nostra presenza nei servizi di nuovi settori che vanno or ora decollando (protezione civile, culturale,ambientale, museale,della protezione della salute, ecc.) è indispensabile al fine dar vita ad una "comunità educante", politicamente e socialmente. Il campo si presenta come "sterminato", anche perché non si tratta di tutelare i diritti che ci sono, ma di aprire via via alla cittadinanza, a nuovi diritti, quelli che nascono dalla diversa posizione assunta dal volontariato e dal terzo settore nella storia del Paese: da forza residuale a forza promozionale.

3) Qui si apre una nuova riflessione ed è quella della radicale, diversa posizione del volontariato e del privato rispetto al pubblico. Tutta la legislazione sta prendendo una forza regionale sconosciuta. Tutte le autonomie locali sono state potenziate, anche se oggi non ci sono situazioni finanziarie tali da poter raggiungere obiettivi che le leggi hanno loro affidato. In questa prospettiva il volontariato non è più terminale, esecutivo del servizio pubblico ma, per legge, gli è stato affidato un compito di coprotagonista nella programmazione, fin dall'inizio della ricerca delle autonomie locali nell'affinamento degli strumenti per la lotta all'emarginazione. E' in questa strada che dobbiamo avviarci tutti con attenzione particolare alla nostra capacità di progettualità, di programmazione e di valutazione. Questa è la dimensione politica nuova, riconosciuta legislativamente dalle leggi approvate in quest'ultimo quinquennio dal Parlamento. Si tratta ora di farle vivere e di essere capaci di attuarle, perché ritorna la intuizione del 1978 che fece nascere il MOVI, quando sostenevamo che, senza la rimozione delle cause non c'è volontariato, né autentica lotta all'emarginazione. L'impegno completo nelle strutture amministrative come coprotagonisti ci offre l'occasione storica per concretizzare nella vita del Paese gli ideali a cui ci ispiriamo. Per questo mi pare che ci sia la necessità di un dibattito ampio e di un ascolto attento delle nostre riflessioni. In questo modo si esce dall'essere succubi del pubblico, si riprendono le nostre responsabilità nella società civile, soprattutto, si formano dei volontari capaci di continua cittadinanza attiva (dovere costituzionale) e dell'offerta di tempo, di intelligenza, di professionalità, di disponibilità (dono libero del volontariato)

4) La quarta riflessione riguarda una ventata culturale che sta tentando di sommergere o di inquinare il mondo del volontariato.
Si tratta di una specie di spinta alla commercializzazione dei servizi, a sottovalutare il portato del dono alla gratuità. Proprio mentre tutta la riflessione sociologica e psicologica nazionale e ancor più quella internazionale, rivalutano questo dono come indispensabile alla vita della nostra società presente e futura. Spesso si è inquinato il volontariato autentico con un rimborso spese o con altri stratagemmi economici, anche fuori da ogni corretto rapporto con i sindacati, spacciando una retribuzione nascosta, in genere inferiore per quantità e qualità alle sicurezze a quelle previste dalla stessa normativa per il volontariato. Altri confondono lavori socialmente utili o particolari attività a pagamento promosse per anziani e handicappati, con la nostra opera di servizio gratuito alla comunità. Noi non ci nascondiamo che in questo campo ci saranno delle rivoluzioni, forse formule alternative al volontariato, ma crediamo di dover respingere ogni tentativo di inquinare la nostra specificità con formule che nascondono, direttamente o indirettamente, un atteggiamento di commercializzazione che non c'è proprio.

Conclusioni
Se l'impegno del volontariato sarà soprattutto la nascita di una cultura della solidarietà, della tutela dei diritti, della legalità, della responsabilizzazione dei cittadini, si aprirà ai nuovi servizi leggeri che la società ci offre con le crescenti dimensioni dei problemi sociali e umani che essa enfatizza. Allora dovrà nascere per il volontariato un'attenzione primaria ai problemi della formazione, a tutti i livelli, e un' impegno particolare alla sua funzione educativa in tutti i campi. Quale formazione, con che mezzi, con quali strutture, a che livelli. E' la domanda che ci poniamo tutti insieme, perché questo strumento di particolare importanza, nessuno di noi sarebbe in grado di rispondere qualitativamente alle esigenze del territorio, che sono sempre più complesse e personalizzate. Formarsi è la prima esigenza non strumentale ma etica di valori e contenuti che il volontariato chiede ad ogni grande organizzazione.
Questi a mio avviso gli elementi che possono aiutarci nella riflessione per ritrovare una strada che ancora oggi non sembra molto illuminata.


BIBLIOGRAFIA
(indice)
Libri
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Articoli
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  • AA.VV., IL VOLONTARIATO IN ITALIA OGGI, LA CIVILTA' CATTOLICA, n.3466-1994, pag. 391
  • AA.VV., IL VOLONTARIATO STRUMENTO DI RINNOVAMENTO E GARANZIA DI DIRITTI, POLITICHE SOCIALI, n.2-1999, pag. 5
  • AA.VV., IL VOLONTARIATO: SOLIDARIETA' E DIRITTI, PROSPETTIVE ASSISTENZIALI, n.109-1995, pag. 1
  • AA.VV., VOLONTARIATO E TUTELA DEI DIRITTI SOCIALI, SERVIZI SOCIALI, n.1-1995, pag. 5
  • AA.VV., VOLONTARIATO VERSO..., RIVISTA DEL VOLONTARIATO, n.2-1999, pag. 27
  • AA.VV., VOLONTARIATO, GRATUITÀ E "POLIS", C.N.C.A. INFORMAZIONI, n.11-1998, pag. 9
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  • PASINI GIUSEPPE, IL VOLONTARIATO AVRA' UN FUTURO?, APPUNTI, n. 4/5-1997, pag. 2
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  • TAVAZZA LUCIANO IL VOLONTARIATO NELLA TRANSIZIONE, RIVISTA DEL VOLONTARIATO, n.10-1997, pag. 1
  • TAVAZZA LUCIANO MUTAMENTO E MATURAZIONE, RIVISTA DEL VOLONTARIATO, n.11-1995, pag. 3
  • TAVAZZA LUCIANO PER UN NUOVO VOLONTARIATO FAMILIARE, RIVISTA DEL VOLONTARIATO, n.1-2000, pag. 35
  • TAVAZZA LUCIANO PER UN VOLONTARIATO CHE NON FORNISCA SUPPLENZA ALLO STATO SOCIALE, L'ARCO DI GIANO, n.5-1994, pag. 197
  • TAVAZZA LUCIANO VOLONTARIATO INDIPENDENTE: PROSPETTIVE, RIVISTA DEL VOLONTARIATO, n.4-1999, pag. 40
  • ZAMAGNI STEFANO, GRATUITA' E RECIPROCITA', RIVISTA DEL VOLONTARIATO, n.7-1999, pag. 6