Articolo di Appunti (Accesso libero)
Articolo pubblicato sul numero 241, 4/2022
ottobre-dicembre 2022
Per una piena vita indipendente: lavorare per diritto e non per pietà
Paola Massi
Tipologia: Intervista
Ero molto contenta, prima di andare al colloquio mi ha chiamata dicendo di presentarmi con il mio curriculum. Questo mi ha fatto molto piacere, ho visto per una volta un approccio professionale nei miei confronti, come fossi una persona senza disabilità, non mi sono sentita la solita "persona svantaggiata" a cui trovare qualcosa da riempire (intervista a cura di Gloria Gagliardini).
Dopo 10 anni dalla prima intervista, di cui avevamo pubblicato piccoli stralci in Raccontiamo noi l’Inclusione. Storie di disabilità, riprendiamo a dialogare con Paola. Ci interessa capire come evolvono e crescono le persone con disabilità in questo territorio a partire dal loro punto di vista, dai loro vissuti. In questo articolo pubblichiamo, quindi, i passaggi salienti di entrambe le interviste fatte (la prima nel 2012 e la seconda nel 2022) e ci focalizziamo in quella che è stata la sua vita in quest’ultima decade.
Mi chiamo Paola e ho 48 anni, vivo con i miei genitori di 79 e 85 anni a Montecarotto, un paese un po’ arroccato, per raggiungere un luogo un po’ più servito devo scendere circa 10 Km. Io vivo una condizione di disabilità motoria derivata da una sofferenza prenatale. Non ho la completa autonomia, ho bisogno di un aiuto per vestirmi, la maggiore difficoltà sta nella parte inferiore del corpo. Per gli spostamenti esterni, devo avere un supporto di un’altra persona. In casa mi muovo bene.
Dieci anni fa avevi detto che prendere la carrozzina era quasi una difficoltà, in questo c’è stata una trasformazione nel tempo?
Sicuramente un po’ è cambiato, anche perché noto - non con molta felicità - che se prima avevo una piccola scioltezza motoria in alcuni movimenti, con il passare del tempo ne ho di meno. Gli anni della pandemia sono stati difficili per me. Nel primo periodo del lockdown mi domandavo spesso quanto avrei dovuto aspettare prima di tornare in piscina, avevo bisogno di movimento, sentivo di perdere quel minimo di scioltezza di cui parlavo prima. La piscina è stata chiusa circa un anno (tra varie aperture e chiusure temporanee) e io ho ricominciato nel gennaio 2022. Durante la chiusura sentivo la necessità di fare qualcosa per non peggiorare, dal semplice fare le scale almeno un paio di volte al giorno, all’uscire fuori, in quel piccolo piazzale avanti casa, per fare due passi.
In questa fase della tua vita cosa fai durante la settimana?
Al momento sono a casa, perché sono in attesa di sapere come proseguirà il tirocinio 1 di formazione che stavo facendo presso l’associazione Anffas di Jesi. Il tirocinio formativo è stato avviato a luglio 2021 ed ha raggiunto i termini massimi per poter essere rinnovato. I titolari sarebbero contenti di farmi restare perché hanno dei progetti da portare avanti in cui potrei continuare a lavorare. Poi ci sono i pomeriggi, non tutti, in cui faccio l’attività sportiva che facevo anche prima, cioè il nuoto, un paio di pomeriggi a settimana e per il resto mi “invento qualcosa” a seconda del mio piacere. L’ippoterapia ho lasciato dalla pandemia: sono state interrotte questo tipo di attività che richiedevano comunque una vicinanza proprio fisica con l’operatore, ad esempio per salire a cavallo avevo necessità di essere presa in braccio e ciò mi portava ad avere un contatto molto ravvicinato con l’operatore che se ne occupava. Come dicevo 10 anni fa, continuo il teatro, quella è proprio una passione ormai, dal 2007 e tramite questo c’è stato l’aggancio per la “danza integrata”, che è un mix tra teatro e movimenti di danza.
Che sensazioni ti dà fare teatro?
Teatro mi piace tanto, mi sento partecipe, sento di poter esprimere me stessa, ovviamente non solo io, ma tutto il gruppo collabora. Crea qualcosa di veramente bello, una rappresentazione che può essere trasmessa ad un pubblico mi emoziona, mi piace tanto.
Facciamo un passo indietro. Ci avevi raccontato di quanto siano stati importanti per te gli anni della scuola dai tempi delle superiori fino poi all’Università, sia per le amicizie che per spronarti ad uscire dal paesino in cui abiti e confrontarti con la città in autonomia. Da quel periodo hai avuto un servizio di assistenza, ricordiamo che siamo negli anni dei primi servizi domiciliari del territorio. Dal 2017 inizi invece l’esperienza di Vita Indipendente 2. Un grande cambiamento.
Sì, anche se nella fase del Covid con l’assistente personale avevo interrotto il rapporto perché non potevamo uscire, non avevo necessità di grandi aiuti e ci eravamo accordate che se proprio avessi avuto necessità l’avrei chiamata. Ho iniziato il servizio di assistenza nel 1994 anche se in realtà anche alle superiori avevo una ragazza che mi aiutava negli spostamenti all’interno della scuola superiore e nel salire e scendere dalla corriera, quindi per essere precisi è dal 1989-90 3. Nel tempo ho cambiato molte operatrici, ogni volta mi dispiaceva perché si interrompeva un legame e poi dicevo: “devo ricominciare tutto da capo, dire come mi deve aiutare a salire in macchina, cosa deve fare in piscina …” Non ho sentito una grande differenza tra il servizio educativo e quello di “aiuto alla persona” 4 perché a quei tempi c’era solo l’educativa, per forza mi hanno attribuito quello per darmi un supporto, che era sempre e solo pratico.
Come ci sei arrivata alla Vita Indipendente?
Nel 2017. È stato un processo lungo perché non mi sono fidata subito, avevo tante resistenze … me ne parlava l’assistente sociale e anche voi del Gruppo Solidarietà e ricordo proprio che ne avevamo parlato ad una cena. Nonostante comunque alla fine della cena questa idea della Vita Indipendente mi avesse appassionato, la lasciai cadere. Poi, un pomeriggio, mentre ero in casa ricevo una chiamata dalla psicologa dell’UMEA che mi voleva informare che da lì a pochi mesi sarebbe uscito un bando per entrare in graduatoria. Mi esortava ad accedervi, secondo lei era un passo che dovevo fare assolutamente perché avevo età, caratteristiche adatte e potevo con questa modalità migliorare la mia vita. Mi rassicurò che i servizi non mi avrebbero lasciata sola in questa nuova cosa e allora mi sono detta che forse questa era la volta buona. Ho accettato, anche se dentro di me avevo mille dubbi e paure.
Per chi non conoscesse la Vita Indipendente, come la spiegheresti?
La Vita Indipendente è un’opportunità che viene data alla persona con disabilità con possibilità di autodeterminazione (inizialmente era un contributo solo per i disabili motori) di poter usufruire delle ore di assistenza in maniera autonoma. Si fa comunque un progetto con i servizi territoriali nel quale si va ad indicare a cosa servono queste ore in modo tale che possiamo poi andare a richiedere il contributo sulla base delle necessità.
Che supporto ti dà la Vita Indipendente?
Lo stesso di tanti anni fa: per gli spostamenti nel mio tempo libero principalmente. Ho iniziato questo percorso con il contributo ministeriale e poi quello regionale 5. Con il primo avevo solo un’assistente per 22 ore a settimana, poi dal 2018 ho avuto accesso anche al contributo ministeriale e così ho integrato il mio progetto con altre ore di assistenza. Qui ho assunto Maria Grazia che mi aiutava per 12 ore a settimana, quindi in totale avevo 34 ore, che sarebbero circa 6 ore al giorno. Con il contributo regionale mi fecero scegliere come utilizzare le ore e scelsi di utilizzarle per ampliare ancora di più la mia vita sociale (per il serale, il fine settimana, le uscite). La cosa bella è che con Maria Grazia era nata proprio una condivisione nelle mie stesse attività, quindi a teatro andavamo insieme. Sono venute fuori passioni in comune. Purtroppo negli ultimi mesi questa signora è venuta a mancare, stavo già cercando una nuova assistente perché lei era prossima alla pensione.
Di questa parte più burocratica, come per il contratto, te ne occupi tu?
Sempre tramite il sindacato. È l’ASP ATS9 che mi ha messo in contatto con la CISL per adempiere a queste cose. Il sindacato stipula questo contratto ed è lui che a fine mese mi manda la busta paga da dare poi a chi di dovere, e io pago lo stipendio al lavoratore, che è il contributo che mi arriva dalla regione dilazionato nell’anno. Per entrambe le assistenti da progetto mi arrivano circa 10.500 euro annui.
E per la ricerca dell’assistente personale?
Per la ricerca dell’assistenza è un po’ un mix, un po’ da sola, un po’ tramite passaparola, adesso mi sta aiutando molto l’associazione AVI Marche 6. Stanno facendo dei colloqui per trovare persone sulla base delle mie esigenze, poi mi daranno i nominativi e sarò io a contattarli.
Tu che cambiamento hai sentito nel passare da un servizio di una cooperativa, al gestire in qualche modo un servizio?
Mi sono sentita molto bene, mi sembra di essere più padrona del mio tempo, sento una maggiore autogestione. Sono io a gestire, in base agli impegni delle giornate, quanto una persona ci sta, dove andiamo… Anche con la cooperativa ma era un servizio di cui usufruivo e che non gestivo. Ti dà una sensazione di maggior libertà, non hai sempre qualcun altro che ti detta le regole. Una persona con disabilità come me non può prescindere da questa assistenza, ciò che cambia è che sono io a prendere accordi con questa persona (ovviamente alcune volte ci sono dei compromessi…è una gestione di un rapporto umano). Adesso, dopo tanti anni di Vita indipendente, non tornerei mai al vecchio servizio, senza nulla togliergli perché anche quello a suo tempo è stata una svolta, però vorrei continuare così, incrementando questo e gestendolo.
Rispetto alla guida della macchina, anni fa era orgogliosa di questo traguardo.
La macchina è stata uno di quei “nodi” dolorosi della mia vita. Il primo periodo la prendevo, facevo brevi tragitti, ero molto gasata, poi tra una cosa e l’altra ho abbandonato … A volte mi sembra che preparo qualcosa da realizzare poi l’atto pratico non arriva mai, mi trovo sempre in fase preparatoria.
Magari arriva, ma non come te lo aspettavi …
Esatto, con l’aggravante che non sono più una trentenne ormai. Poi alla fine prendi quello che c’è, prendi il bello nelle cose. Alla fine sento che nella vita sono riuscita comunque a coltivare le mie passioni, non mi hanno arricchito il conto in banca però sto facendo nella vita qualcosa che mi piace, che ho piacere di fare e quindi non mi posso lamentare. Considerando la mia disabilità, che c’è da dire è molto lieve, la mia vita è piena.
Torniamo all’ambito lavorativo. Sono tanti anni che usufruisci di varie forme di tirocinio. Ci dicevi che per te “inclusione” significa, a livello lavorativo, poterti rapportare con le persone che hai davanti senza dover dire o percepire nello sguardo o nelle parole degli altri: “c’è Paola che cammina con le stampelle. Arrivare lì, al posto di lavoro per uno scopo reale”, senza doverti sentire uno sguardo addosso che ti appesantisce. “Passare inosservata”, dicevi. Nel 2013 ci raccontavi che avevi un inserimento lavorativo, iniziato da “una borsa lavoro” con la Provincia, in qualità di bibliotecaria, un incarico che ti è stato rinnovato per alcuni anni presso il Comune di Montecarotto dove vivi. Tu sei laureata in Filosofia ed hai avuto sempre una grande passione per i libri e il tuo sogno era avere un contratto come bibliotecaria.
Sì è così. La biblioteca era una piccola realtà, ma avevo una mia indipendenza, avevo un contatto personale con il pubblico e per un periodo ci avevo creduto potesse essere una realtà da migliorare anche come servizio che offrivamo. Ci andavo dal lunedì al venerdì tutti i giorni, ma in verità come vi dicevo, non c’era scritto da nessuna parte cosa dovevo fare. Mi rapportavo alla responsabile dei servizi sociali del Comune per chiedere i permessi in caso di assenza, ma non c’è mai stato un vero contratto. Poi nel 2016, a causa del terremoto di fine ottobre, la biblioteca comunale dove prestavo il mio tirocinio venne chiusa perché dichiarata inagibile. Rimango dunque a prestare servizio solo negli uffici del Comune con la motivazione che avevano parecchia posta cartacea da inviare ai cittadini, mansione in cui potevo essere utile. Nonostante una paura iniziale dovuta all’incertezza del saper fare il lavoro che era richiesto, è diventato molto piacevole per me. Facevo 4 ore tutte le mattine dal lunedì al venerdì, con la spedizione della posta che nel frattempo era notevolmente diminuita e piano piano è aumentato così il mio disagio in quella situazione, perché ero molto dipendente dalla quantità di posta giornaliera e dalla presenza della responsabile del protocollo. Quando non avevo nulla da fare mi lasciava i vecchi verbali delle riunioni tra trascrivere al computer, ma mi rendevo conto che non ero così utile di fatto. Quando ad un incontro sulla sicurezza sul lavoro, l’ingegnere ha visto la mia postazione al piano di sopra, ha dato ordine di spostarmi a piano terra. Mi sono trovata a dover condividere un ufficio con altri colleghi e questo mi metteva di nuovo in difficoltà. Avere una stanza tutta per me mi faceva sentire libera di non dipendere da nessuno. La mia preoccupazione era di non dare fastidio a nessuno. Con l’obbligo di cambiare postazione non avevo più questa certezza, era sicuramente più agevole per me a livello motorio, ma non avevo più un “mio posto” e assieme agli altri mi sentivo davvero poco utile. Da febbraio 2020, iniziata la pandemia, l’assistente sociale mi comunica la sospensione 7 del tirocinio di inclusione (TIS) per via dell’emergenza sanitaria fino a data da destinarsi.
Come era il tuo stato d’animo?
Quel periodo è stato molto difficile, ricordo che la mattina dopo l’annuncio che ci costringeva a casa mi sono sentita circondata e chiusa tra quelle mura, quando mi sono calmata ho ringraziato il fatto che comunque ero viva ed abitavo in una casa con giardino, che mi permetteva di avere quel minimo di spazio per evadere e prendere aria. L’attività sociale che sono riuscita ad avere è stata con il gruppo di teatro da remoto, quello è stato l’unico modo di vedere gli altri, di sentirsi con gli amici, serviva a contrastare la forte mancanza di rapporti umani che almeno io ho sentito tanto. Il fatto di essere costretti in casa, non per scelta, è stato duro. Nel frattempo mi sono interrogata sul lavoro e ho iniziato a informami se potevo fare altro, grazie all’assistente sociale dell’UMEA sono venuta a conoscenza di un operatore della cooperativa Cooss Marche con il ruolo di facilitare l’inserimento lavorativo. Ho dunque fatto un colloquio cercando qualcosa di adatto alla mia persona. Prima di andare al colloquio mi ha chiamata dicendo di presentarmi con il mio curriculum, questo mi ha fatto molto piacere, ho visto per una volta un approccio professionale nei miei confronti, come fossi una persona senza disabilità, non mi sono sentita la solita “persona svantaggiata” a cui trovare qualcosa da riempire. Era aprile 2021, e a giugno ho avuto un incontro in sede Anffas di Jesi: cercavano una persona per seguire i progetti dell’associazione, che si prendesse a cuore questa cosa e mi ha chiesto se mi poteva interessare, ho detto di sì ed è iniziata questa esperienza. In un primo momento mi sono sentita un po’ in difficoltà perché non capivo bene la richiesta concreta e che aspettative c’erano su di me.
Quindi, da giugno 2021 per circa un anno hai svolto il tirocinio in Anffas. La tua mansione principale quale era?
Diciamo che la mansione principale era seguire un lavoro in itinere di progettazione, posso dire però che il mio ruolo non era molto chiaro né per me né per loro. Questa era la causa del mio “disagio” in quel momento, il non avere un mandato chiaro, non comprendere la mia posizione lì. Poi questa cosa pian piano si è chiarita, c’è stato però un altro avvenimento che mi ha dato un po’ fastidio, quando mi hanno detto che avrebbero chiamato un’altra signora e anche socia, perché per motivi di sicurezza, io lì dentro da sola non potevo stare. La cosa mi ha messa a disagio, perché entrambe non sapevamo bene cosa fare. Il pomeriggio passava tra qualche chiacchiera e qualche confronto, ma essere pagata per chiacchierare non mi entusiasmava!! Lei era dolce con me, ma comunque sentivo che stavo facendo qualcosa di non così utile. Andavo lì, praticamente, per chiacchierare; mi entrava un contributo ma non ero soddisfatta, mi sentivo in difficoltà, anche per gestire l’assistente personale che facevo venire con me. In questo anno mi sono occupata principalmente dello smistamento della posta elettronica, di creare una sorta di bibliografia per il progetto e di tenere un promemoria dei vari eventi e delle varie scadenze. Per un periodo mi hanno fatto seguire anche il 5x1000, quella è stata una cosa che mi ha dato un po’ da fare, nel senso che mi è piaciuta, mi sembrava più concreta come cosa, l’ho seguita insieme a questa signora. Ora come dicevo, sono in attesa di capire come proseguire.
Sei ormai alla soglia dei 50 anni e tuo padre e tua madre ne hanno circa 80, che riflessioni fai? Anche rispetto ad una possibilità di vita in autonomia …
Non lo so ancora, è una di quelle cose a cui adesso penso, ma che mi mettono un po’ di “magone” e di cui ancora non ho chiarezza; so che arriverà il momento. Loro sono ancora con me ma mi rendo conto che hanno perso forza, in particolare mia madre. E’ sempre energica ma ovviamente ha più acciacchi, meno forza fisica, ha problemi di udito … continua a voler fare tutto, è una roccia, ma mi rendo conto che solo 5 anni fa le cose erano diverse.
Sei nella fase dove, come tutti i figli, hai un occhio in più per il genitore.
Esatto, sento di doverli tutelare. Cerco sempre di coinvolgerli nelle cose più spensierate, meno faticose, per tenerli attivi e allo stesso tempo proteggendoli, sono in quella fase lì. Che poi li vedo fare le stesse cose, anche verso di me, vorrebbero fare tutto come facevano anni fa ma ovviamente non riescono più allo stesso modo e questo mi fa molta tenerezza.
Lo sguardo tenero è interessante perché fa capire che ora sei tu che proteggi loro. Mentre per tanto tempo, l’attenzione e la cura è stata incentrata su di te, ora tu cerchi di prenderti cura di loro, o comunque te ne preoccupi.
Non posso essere la figlia che li aiuta materialmente, ma se posso star loro vicino lo faccio sempre, è il mio modo di ringraziarli, di esserci: far passare loro una giornata piacevole, farli divertire, ascoltarli… Se non ci fossero stati loro io questa vita così piena che mi sono ritrovata a vivere non l’avrei vissuta, sono grata da sempre, ma crescendo ancora di più.
2 Sul tema della Vita Indipendente rimandiamo alla lettura dell’intervista a Roberto Frullini, “Non dover chiedere per favore se è un diritto!”, in Appunti n. 219/2017. L.R. 21/218 Interventi regionali per favorire la vita indipendente delle persone con disabilità. Per approfondire la normativa di riferimento, Marche. Disabilità. Vita indipendente. Fondo nazionale. Impegno risorse 2022.
3 Per approfondire, “Abitare il territorio”, Gruppo Solidarietà, 1996.
4 Regolamenti ATS 9 Servizio Assistenza Educativa (AE), Regolamento ATS 9 Servizio Aiuto alla Persona (SAP).
5 La “Sperimentazione del modello di intervento in materia di vita indipendente e inclusione nella società delle persone con disabilità”, promossa dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per l’ATS 9 si è conclusa nel 2019, con DGR 284/2019.
7 Circolare n. 1 del 25/03/2020, atto con il quale si è disposta la sospensione su tutto il territorio regionale dei TIS di cui alla citata DGR 593/2018. DGR 272 del 09/03/2020 “Piano regionale per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19". DGR 593/2018 TIS (Tirocinio di Inclusione Sociale)