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Articolo pubblicato sul numero 240, 3/2022
luglio-settembre  2022

Raccontiamo noi l'inclusione. Un'anima nobile alle porte dell'età adulta

Sheila e Lorenzo

Genitori di Yonah

Tipologia: Intervista


"... ho assunto questo semplicissimo comportamento come una disciplina, un compito quotidiano che poi nel tempo si è trasformato in un atto totalmente naturale e spontaneo, atteso e coltivato con grande gioia come un regalo tra noi e per noi, così semplice e piccolo eppure così potente: al mattino con Yonah la prima cosa è sempre il buongiorno accompagnato da un largo sorriso, e così un sorriso accompagna sempre anche la buonanotte come ultimo gesto della sera. Non ci aspettavamo un risultato immediato, ma ci credevamo in questa possibilità di intimità che è arrivata (…) La cosa più bella ora è che chi incontra Yonah riconosce questa sua capacità di cercare e mantenere il contatto con lo sguardo, che per noi è stato una chiave di volta" (intervista cura di Gloria Gagliardini).

Siamo Sheila e Lorenzo e abbiamo 49 anni, attualmente ci troviamo a Monsano in attesa che si completi la ricostruzione del nostro rudere in campagna: nostro figlio Yonah è con noi mentre il maggiore Noah, di 21 anni appena compiuti, vive per buona parte dell’anno fuori per il suo impegno nello sport.
Sheila. Ho avutoNoah a 28 anni e Yonah a 31. Dal momento in cui ho abbandonato il progetto di una carriera nell’ambito dell’Archeologia del Vicino Oriente Antico ho avuto brevi esperienze lavorative fino al momento in cui nel luglio del 2007 per Yonah è arrivata la diagnosi di autismo, aveva 3 anni e mezzo. In quel periodo ero impiegata per 6 ore al giorno, naturalmente seguivo i bimbi e la casa e allo stesso tempo, con Lorenzo, mi sono immersa completamente nella comprensione e applicazione dell’approccio ABA nel trattamento intensivo che Yonah ha iniziato a ricevere a seguito della diagnosi sotto la guida costante del Centro Regionale Autismo di Fano 1. L’anno dopo ho avuto un episodio di cedimento fisico, sono stata allettata per bassa pressione, dormivo pochissimo… Le supervisioni presso il Centro Autismo in quel periodo erano intense e richiedevano tante energie, ogni volta si aprivano nuovi capitoli di vita, più che per lui erano per noi e su di noi perché dovevamo funzionare noi per far funzionare il sistema e rendere a sua volta Yonah più funzionale nel contesto. Abbiamo deciso quindi che avrei lasciato il lavoro per una mia maggiore presenza a casa. Lorenzo ha sempre lavorato in banca.

Vi va di presentare Yonah?
Sheila. Yonah è un’anima nobile, intendo piena di grazia. È rarefatto nei gesti, nel tocco, è delicato, è un animo raffinato ed elegante. Lo è perfino nelle sue stereotipie! Fin da piccolino in quei momenti l’istinto è stato di prenderlo per mano e creare sempre un contatto fisico perché non fossi disconnessa da lui. Questo mi permette di ascoltarlo più in profondità e riconoscere che il suo corpo, in base a come si sente, ha delle consistenze diverse. Usiamo molto il contatto per ascoltarci e comunicare tra noi. Non è diverso da quando un figlio ha la febbre, in fondo: l’istinto è di mettere le labbra o la mano sulla fronte ed ascoltare il corpo. Ecco, noi questo contatto siamo abituati a praticarlo costantemente. Rappresenta per noi una vera e propria chiave di accesso, ad esempio quando lavoriamo per smontare comportamenti fisici o verbali ripetitivi, autoreferenziali, o ancora stati di forte agitazione e tensione: più che affrettarci a interrompere o contenere, ci preoccupiamo di instaurare un dialogo silenzioso, un sentirci reciprocamente presenti, siamo insieme a lui nel comportamento piuttosto che imporci dal “di fuori”.

Quando avete capito il deficit di Yonah?
Sheila. Abbiamo iniziato ad osservare difformità nello sviluppo intorno ai 15-18 mesi con una regressione improvvisa e repentina del linguaggio emergente. In seguito, attraverso le giornate di formazione e le supervisioni condotte dall’Équipe del Centro Autismo per l’Età Evolutiva di Fano che ci ha presi in carico fin dalle valutazioni preliminari e poi la diagnosi, ci ha colpiti quanto la situazione si presentasse come un caso da manuale, eppure la pediatra non avesse compreso. Si era limitata ad attribuire quelle difformità ad una presunta scarsa interazione sociale dovuta al fatto che non frequentava il nido e nella nostra cerchia di amici non aveva pari, consigliandoci quindi di portarlo a giocare con coetanei. Peccato che poi ci trovavamo puntualmente in un angolo io e lui isolati dagli altri. Così ricordo che abbiamo insistito molto pesantemente perché ricevessimo una valutazione; il pedagogista a cui ci rivolgemmo dopo meno di 20 minuti di osservazione era già al telefono con la dott.ssa Vera Stoppioni della Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale di Fano, che di lì a due mesi valutò e diagnosticò la sindrome di spettro autistico, consentendoci di accedere immediatamente al fondamentale percorso riabilitativo.
In quel primo periodo in Yonah le espressioni tipiche dell’autismo erano all’apice e per noi la sofferenza nel vederlo così in difficoltà, ripiegato in sé stesso, distante e schivo, era enorme. Un forte impatto per me e Lorenzo lo ha avuto allora un’esperienza a cui abbiamo partecipato sotto la guida di un formatore di nostra grande fiducia e lunga conoscenza pregressa. Ho chiesto di approfondire il grande dolore che provavo per il mancato contatto con mio figlio, questa apparente impossibilità di guardarci negli occhi e far incontrare davvero i nostri sguardi, la serietà della sua espressione facciale. Tra le altre profonde riflessioni emerse, ho ricevuto l’invito - pacato, apparentemente lieve e non risolutivo che ha invece impresso la traccia più significativa, e dalla portata inimmaginabile - di sorridergli, gratuitamente io per prima, più volte al giorno, sempre e senza l’attesa di essere in qualche modo ricambiata. Inizialmente ho assunto questo semplicissimo comportamento come una disciplina, un compito quotidiano che poi nel tempo si è trasformato in un gesto totalmente naturale e spontaneo, atteso e coltivato con grande gioia come un regalo tra noi e per noi, così semplice e piccolo eppure così potente. La prima cosa di mattina è un saluto a Yonah con un “buongiorno” e un sorriso e questa è anche l’ultima cosa della sera con la buonanotte. Non ci aspettavamo un risultato immediato, ma ci credevamo in questa possibilità di intimità che è di fatto arrivata.
La cosa più bella è che chi incontra Yonah ora riconosce questa sua capacità di cercare e mantenere il contatto con lo sguardo, che per noi è stata una chiave di volta: il contatto è diventato lo strumento di salvezza nelle difficoltà, non che le tolga ovvio, ma ci permette di affrontarle insieme, davvero insieme ed è tutta un’altra cosa. È una modalità che abbiamo maturato tra noi con cura e attenzione e di cui vado fiera. Allo stesso modo Yonah è in grado di usare il tocco della sua mano come strumento per conoscere e sentire ed è bellissimo! Lo usa perché lo riceve e vive su di sé e così ha imparato a restituirlo ed usarlo a sua volta liberamente quando crede. È anche attraverso questo tocco che può manifestarsi la nobiltà del suo animo, al di là di tutte le difficoltà e i limiti ha potuto trovare un proprio canale comunicativo che gli consenta di esprimere quella dolcezza e capacità empatica che diversamente sarebbero rimaste celate nell’assenza di parole comuni da dire. Lo manifesta anche con persone che non lo conoscono. Così pure ha affrontato il periodo della malattia, con questa immensa grazia nello sguardo e nel corpo. C’è stata sottolineata da tutti, sanitari assistenti altri familiari… In ospedale è stato un caso davvero raro.

Fermiamoci un attimo qui, Yonah ha incontrato in questi ultimi anni anche la malattia …
Sì, nel 2018 gli è stato diagnosticato un osteosarcoma ad alto grado di malignità al femore destro.
Lorenzo: Abbiamo scelto di ricoverarlo a Firenze, dove ci siamo trasferiti da febbraio a novembre del 2018 appoggiandoci dapprima in una casa famiglia e poi, grazie al supporto straordinario offerto dalla Fondazione Tommasino Bacciotti, in un appartamento messo a nostra esclusiva disposizione senza spesa alcuna. Terminato il percorso chemioterapico abbiamo continuato a viaggiare a Firenze per un giorno alla settimana fino a maggio 2019 per completare la parallela immunoterapia, questa volta in regime di day hospital. Nel dover scegliere dove ricevere le cure e avendo come opzioni i due principali centri specialistici del paese, uno al Meyer 2 di Firenze e l’altro al Rizzoli di Bologna. Andare in Toscana è stata per noi la scelta più ovvia e immediata perché il figliolo grande si trovava già in provincia di Pisa da due anni per proseguire nella sua formazione sportiva.
Sheila: Yonah è sempre rimasto in ascolto del corpo e questo è stato un grande pregio. Quello che tendiamo a fare tutti nel dolore è uscire dal corpo, fuggire se non fisicamente almeno emotivamente e mentalmente. Ti aspetti che un ragazzo con autismo non accetti “invasioni” sul proprio corpo da parte di estranei, ti interroghi sulla capacità di sopportare il dolore e invece non ha mai avuto bisogno di essere costretto per una qualsiasi cura, anzi. Ad esempio, quando riceveva l’ago per un prelievo o un’infusione lui portava il respiro nel punto in cui avveniva la medicazione, e col respiro conduceva lì anche tutta la sua attenzione tanto che manteneva gli occhi fissi sulla parte, al contrario di tutti gli altri che allontanavano lo sguardo o venivano velati dal corpo degli adulti. Restava come immobile, attento e calmo, paziente come se comprendesse perfettamente l’importanza vitale di quelle cure, per quanto fastidiose o dolorose.

Voi in quei momenti così difficili siete riusciti ad essere calmi e presenti
Sheila. Cos’altro potevamo fare? Sentivo soltanto che quel momento presente, quell’istante a disposizione era il più importante. Potevamo anche avere paura ma… essere insieme era la rassicurazione più profonda e convincente. Dirsi “ho paura” non vuol dire che stai scappando, ma che sei limpido a te stesso e questo ti rende più forte perché nomini la realtà. Per me essere fortemente coppia, Lorenzo ed io, è stato ed è sempre l’aiuto più grande. Sappiamo di poterci appoggiare l’un all’altra, di poter sempre contare sulla presenza piena dell’altro, sulla complicità, il gioco di squadra.

Che rapporto ha Yonah con il fratello?
Sheila. Apparentemente Noah e Yonah conducono ciascuno la propria vita con pochissima interazione reciproca, eppure Yonah palesemente stravede per il fratello maggiore e Noah, dal canto suo, vigila su Yonah con grande rispetto e comprensione. Noah è stato semplicemente encomiabile, specie nei primi anni nell’autismo, certamente quelli più duri. Paziente, calmo, comprensivo, mai imbarazzato per le stravaganze di certi comportamenti e sempre pronto a consentire a Yonah di “infilarsi” quando ospitava amici a casa. Crescendo, Yonah ha sempre seguito il cammino sportivo di Noah col resto del clan familiare, vivendo insieme a noi le atmosfere concitate delle partite e delle trasferte, appassionandosi al momento in cui viene suonato l’inno prima del fischio d’inizio o quando trova qualche fotografia del fratellone in rete. Ed in particolare Yonah adora le playlist che suona Noah quando è a casa con noi! Riteniamo che per Noah sia davvero importante capirsi, conoscersi al di fuori di questa nostra famiglia e dei suoi bisogni complessi e crediamo assolutamente sano sostenerlo in questo percorso, per l’adulto che diventerà e certamente anche perché crediamo che così facendo arriverà più saldo e consapevole di sé al momento in cui dovrà decidere se accogliere o meno la responsabilità di occuparsi del fratello quando noi genitori non potremo più farlo.

Cosa ha portato la situazione di Yonah nella vostra famiglia e con i vostri amici?
Lorenzo. Diciamo pure che il nostro gruppo di amici da dopo la diagnosi non c’è più stato. Una famiglia con un figlio con autismo non vive come gli altri… è impossibile. Viviamo in una continua flessibilità, con un’organizzazione basata su come sta Yonah, quindi sempre da rivedere, difficile fare programmi bisogna vedere l’equilibrio del momento. Abbiamo però avuto la fortuna di incontrare alcune insegnanti, professoresse ed educatrici con cui è stato naturale e bello costruire un rapporto che è spontaneamente evoluto dalla collaborazione alla fiducia reciproca e attraverso la stima avanti fino all’amicizia sincera e all’affetto, un rapporto che Yonah ha attivato e consentito ma di cui beneficia tutta la famiglia, non soltanto lui direttamente. Le cene con le insegnanti della scuola primaria o le professoresse del secondo anno al liceo sono appuntamenti irrinunciabili che coltiviamo con gioia sincera. Per il resto non abbiamo amici che frequentiamo, siamo soli. Abbiamo dei sostegni pratici e indiretti, come i nonni, gli educatori che si muovono attorno a noi, sicuramente, ma non abbiamo più amici accanto.

Che ricordi hai del percorso scolastico fin qui?
Sheila. Yonah non ha frequentato il nido, ha regolarmente iniziato con la scuola dell’infanzia proprio dopo aver ricevuto la diagnosi di autismo, perciò da subito con i giusti sostegni. In particolare gli anni della scuola primaria sono stati importantissimi per la strutturazione del lavoro con il metodo ABA 3  e, senza alcun dubbio, un successo dal punto di vista dei risultati. La scuola è sempre stata fondamentale, abbiamo sempre trovato forte collaborazione e disponibilità ad eccezione di due soli casi isolati, in cui la rigidità e autoreferenzialità di quegli insegnanti ha ostacolato anziché promuovere il cammino riabilitativo di Yonah. Abbiamo sempre avuto una programmazione didattica, educativa e riabilitativa in genere solida grazie alla presa in carico da parte del Centro Regionale Autismo di Fano prima e del CARS Santo Stefano di Jesi poi, con obiettivi definiti e condivisi da tutto il gruppo di lavoro. Anche una volta giunti alla scuola superiore, benché i cambiamenti siano stati quasi vertiginosi su più fronti (gli esiti pratici e psicologici della malattia, gli avvicendamenti continui tra i docenti di sostegno, qualche passo falso di troppo da parte del CARS Santo Stefano, la pandemia…), tutti si sono sempre messi a disposizione per elaborare con i propri mezzi un programma di lavoro significativo per Yonah. In modo particolare, di grandissimo valore è stato l’inserimento circa tre anni fa della figura del terapista occupazionale, divenuto ormai centrale nella definizione e conduzione del progetto per Yonah. Lavora in ottima sinergia con gli psicologi supervisori ed interagisce efficacemente tanto con la famiglia quanto con educatori ed insegnanti. Consentendoci, di fatto, di affrontare la sfida più grande che si incontra a questo punto del cammino abilitativo-riabilitativo per una persona con autismo: il trasferimento della gigantesca mole di lavoro svolto fin qui da setting sempre strutturati, delimitati, controllati ad ambienti di vita i più naturali e disparati possibile. È attraverso questo ulteriore contributo, ad esempio, che la didattica viene costantemente riconsiderata in funzione delle esigenze della vita reale, e che viene potenziato il dialogo in forte continuità tra i docenti che si occupano della didattica e le educatrici che si occupano delle attività specie di interazione sia nell’ambito scolastico sia e soprattutto nel territorio. È così che dal ripensamento del modo in cui vengono proposti a Yonah gli esercizi di calcolo si passa all’uso in autonomia della cassa automatica al supermercato alla fine di una piccola spesa per sé e per la famiglia.

Ora, come passa la sua giornata oggi Yonah?
Lorenzo. La mattina è impegnato a scuola, poi torna a casa accompagnato dai nonni e nel pomeriggio ci sono sempre attività, che possono essere motorie, fisioterapiche o educative. La domenica in genere è trascorsa in casa, riposa fino al pranzo e a seconda degli impegni anche familiari ci si organizza. Durante le vacanze estive il servizio educativo domiciliare 5 prosegue fino ad agosto quando si ferma tutto con le ferie.

Sheila. Siamo entrati in una fase totalmente nuova e diversa per quanto riguarda la strutturazione della giornata e l’occupazione del tempo libero: una fase di transizione iniziata con un forte allentamento del livello di definizione in dettaglio delle attività svolte, oltre che della loro intensività. Fino al 2019, quindi fino al momento della malattia, tutta la sua giornata era calendarizzata e strutturata: scuola, logopedia, attività motoria, attività educativa, tempo in famiglia, supervisioni, attività.

Perché dici che adesso c’è maggiore tempo vuoto?
Sheila: Perché prima venivano indicate, offerte o caldeggiate molteplici attività dalla stessa “macchina dei servizi”. Noi certamente abbiamo assecondato e promosso questa serrata organizzazione, condividendone ragioni e attese. Adesso invece è come se chi ha la responsabilità della presa in carico e dell’organizzazione dei servizi ci stesse accompagnando alla porta, con bruschi scossoni e decisamente poche parole. La scarsissima qualità della comunicazione da parte degli Enti responsabili è certamente l’aspetto che più mi innervosisce in questa fase, che trovo irrispettosa deleteria e impoverente per tutti. Un esempio: per mesi siamo stati rassicurati sul fatto che pur raggiungendo a breve la maggiore età, Yonah sarebbe rimasto in carico al CARS Santo Stefano, che di regola eroga servizi per l’età evolutiva, fintanto che il nostro ragazzo avesse completato tutto il percorso alla scuola superiore, senza mai entrare nei dettagli formali di questo mantenimento in carico. Finché esattamente nel giorno del 18esimo compleanno, tramite snella telefonata non certo un colloquio di persona, sono stata informata che da quel giorno in poi non era più possibile per il CARS fornirci i servizi ambulatoriali, riservati appunto ai bimbi in età evolutiva. Quanto al servizio di programmazione e supervisione del progetto di vita per Yonah, la Dirigente si stava occupando di redigere una richiesta scritta per la continuità della presa in carico promessaci da presentare all’UMEA 6, confidando in una risposta che ci si augurava e attendeva positiva. Noi genitori non siamo stati in alcun modo messi a conoscenza dei contenuti esatti della richiesta scritta, non siamo stati inclusi per conoscenza né ci è stata recapitata una copia del documento, né siamo stati in seguito informati sulla risposta ricevuta. Deduciamo che la domanda sia stata accolta dal fatto che continuiamo a ricevere supervisioni periodiche da parte dell’équipe del CARS.
In un quadro simile, è puramente utopistico immaginare che possano concretizzarsi semplici buone pratiche, come ad esempio un minimo di incontri tra CARS ed UMEA insieme ai genitori per condividere la conoscenza dei tratti salienti del percorso da cui Yonah proviene, e che dovrebbe costituire il fondamento imprescindibile del futuro progetto di vita adulta, ma anche per consentire a noi genitori di iniziare a familiarizzare con una presa in carico imminente che ci dicono tutti profondamente diversa e profondamente lacunosa. Fa male, offende constatare che le istituzioni chiamino concretamente in causa la famiglia soltanto quando si tratta di assegnarle anche e soprattutto formalmente una cospicua fetta del lavoro da sbrigare, guardandosi invece bene dal coinvolgerla quando sarebbe importantissimo discutere i contenuti e le forme di una progettualità che dovrebbe essere a misura della persona nella condizione di necessità, mentre è e rimane sempre e solo a misura della disponibilità che le istituzioni decidono di elargire.

Nella vostra percezione sentite di essere accompagnati in un percorso evolutivo per vostro figlio, sentite quella che viene definita la “presa in carico”?
Sheila: Indubbiamente l’abbiamo sentita, con forza e in certi passaggi anche con orgogliosa soddisfazione. Ma da che abbiamo ripreso una quotidianità, successivamente al lungo periodo della malattia, questa percezione si è via via sempre più incrinata. Le implicazioni della pandemia hanno certamente complicato e aggravato di molto il quadro, ma non è alla pandemia che va attribuita questa sensazione crescente di vuoto, di vaghezza, di improvvisazione all’ultimo momento obbligato. È un fatto che Yonah, qui nel territorio, è tra i primissimi ragazzi ad affacciarsi all’età adulta dopo un percorso riabilitativo intenso ed articolato durato ben quindici anni, di cui non hanno potuto godere i giovanissimi con autismo che si sono rivolti ai servizi prima del 2005. È un fatto che i servizi fino ad oggi offerti alle persone con autismo in età adulta non parlino in alcun modo a ragazzi come Yonah, che provengono da un percorso di grande valore e impatto, che hanno abilità, competenze e consapevolezze che non abbiamo saputo rendere accessibili, in passato, a persone nelle stesse condizioni del nostro ragazzo e che ora sono uomini adulti relegati in strutture diurne e residenziali. C’è una distanza di linguaggio, di visioni, di prospettive che ci procura forte ansia per il futuro, quando il cammino scolastico terminerà.

Il ruolo dei servizi territoriali e scolastici, sono per voi sostegni reali?
Sheila: I servizi sono fondamentali sempre, abbiamo capito subito che per quanta energia noi potessimo mettere non sarebbe mai stata sufficiente da sola a rispondere a tutte le innumerevoli necessità. È poi vero che più risorse e sostegno ho io genitore, meglio riesco a “performare” nel sistema familiare. I servizi dunque sono essenziali, per il percorso che conosciamo noi, ancora di più nella fase di transizione dall’età evolutiva all’età adulta e in questa particolare passaggio storica in cui non possiamo riferirci ad esperienze precedenti. Nei servizi trovo pericolosa la rigidità, ed è proprio ciò che sto osservando ora. Siamo alla finestra dell’adultità, ma non ho ancora visto affacciarsi alcun interlocutore che ci informi sui grandi cambiamenti a cui andremo incontro e ci permetta di prepararci ai nuovi termini sulla base dei quali saremo chiamati a concretizzare non una proposta di progetto qualsiasi, ma la nostra progettazione per Yonah. Un altro aspetto che vedo totalmente trascurato da parte dei servizi in questa fase ruota attorno al tema dell’educazione alla sessualità. Nessuna formazione per noi genitori, nessuno spazio di dialogo e approfondimento attorno ad un argomento che entra prepotentemente nelle vite dei nostri ragazzi e rispetto al quale siamo lasciati totalmente da soli e nelle mani del nostro buon senso, sperando che sia sempre veramente tale.

C’è una progettazione chiara per il futuro?
Sheila: Non ancora, no, però abbiamo iniziato a testare delle possibilità che ci danno spunti interessanti e confortanti, quindi in questo senso riteniamo corretto ciò che stiamo facendo con il terapista occupazionale e con gli psicologi; anche a scuola i professori hanno cominciato a tradurre le attività da un piano strettamente didattico a quello più multiforme delle autonomie, per fornire a Yonah degli strumenti utili a muoversi nel mondo e nelle situazioni. In questo senso, al di là delle lentezze, al di là del fatto che vada potenziato, questo percorso credo che comunque pian piano lo stiamo costruendo.

Che prospettiva immaginate?
Sheila: L’immagine di una qualche “struttura” l’associo alla parola “parcheggio” e l’idea di una dimensione residenziale in struttura per me è come dire “morte”. Non contemplo mezzi termini su questo fronte in relazione alla nostra famiglia, a Yonah, alle nostre peculiarità. Non riesco a concepire questi luoghi come utili e funzionali per la vita di mio figlio. Faremo il possibile perché Yonah possa aderire ad una proposta che gli sia veramente utile, non ad un edificio. Che poi possa in un determinato giorno frequentare un centro diurno perché lì si svolge un’attività di suo interesse benissimo, così come ci si reca in palestra o si partecipa ad un corso di ricamo… questo ha un senso. Ma se l’attesa dell’arrivo del trasporto alle 8 del mattino avesse il solo scopo reale di offrire a me genitore qualche ora di respiro (chiamiamole per quello che sono!) senza reale considerazione e rispetto per la qualità del tempo di Yonah, allora per la mia famiglia questa non è la risposta, almeno in questo momento della nostra vita (e speriamo mai, mettiamo tutto il nostro impegno con determinazione e caparbietà perché si possa scongiurare questa condizione anche in futuro). Piuttosto, stiamo immaginando possibili occupazioni e competenze già presenti in embrione da sviluppare e potenziare e abilità con cui Yonah potrà impiegare positivamente e con soddisfazione il tempo libero. Allo stesso tempo ci interroghiamo sulla possibilità sia concreta sia legale di garantirgli sempre un contesto familiare in cui vivere, anche il giorno in cui noi non dovessimo esserci più.

Come stai tu adesso Sheila?
Sheila: Sento un carico a tratti ciclopico sulle spalle, una grossa dose di stanchezza accumulata, qualche ferita lasciata ancora aperta dall’enorme spavento per la malattia, ma il cuore stracolmo di amore, di consapevolezza delle importanti esperienze maturate, di orgoglio per me stessa e per i miei straordinari compagni di viaggio.



1 Centro Regionale Autismo Età Evolutiva, ha sede presso l’U.O. Neuropsichiatria Infantile Ospedale di Fano. AO Marche Nord. https://www.ospedalimarchenord.it/neuropsichiatria-infantile-45/.

2 Ospedale pediatrico di Firenze, Meyer - https://www.meyer.it/index.php

3 ABA: Applied Behavioural Analisi, Analisi applicata del comportamento. ABA costituisce l’applicazione pratica dei principi e delle tecniche individuati dal comportamentismo. L’applicazione di strategie comportamentali per l’educazione di bambini affetti da autismo è basata su un’ampia serie di studi, iniziati dal dott. Ivar Lovaas alla fine degli anni 60.

4 https://www.sstefano.it/centro-ambulatoriale-riabilitazione-specialistica-jesi. Centro Ambulatoriale Riabilitazione Specialistica Jesi è una struttura ambulatoriale del Gruppo Kos Care per il trattamento da 18 mesi fino ai 18 anni di età, dei minori con disturbo dello spettro autistico.

5 Servizio Assistenza Educativa Individualizzata - Il servizio di assistenza educativa è rivolto prioritariamente a soggetti disabili in situazione di gravità, attestata ai sensi della legge 104/92, per i quali l’UM per l’età evolutiva o per l’età adulta del Distretto sanitario e i Centri autorizzati ritengono necessario l’intervento di un educatore che, nell’ambito del progetto educativo individualizzato, funge da rafforzo nello sviluppare le potenzialità residue del soggetto e nel creare o favorire le condizioni ottimali per un inserimento nel contesto sociale o lavorativo, https://www.aspambitonove.it.

6 Unità Multidisciplinare dell’età adulta, A.V.2-Distretto Jesi. Nello specifico del progetto regionale Autismo:  http://www.grusol.it/apriInformazioniN.asp?id=8075. La regione Marche ha approvato con DGR 348/2022 l’attivazione di una équipe “Nucleo funzionale Autismo” in ogni servizio di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza delle Aziende sanitarie per la valutazione e definizione/attuazione/monitoraggio del percorso individualizzato nonché all’attivazione di una ulteriore équipe di transizione per la gestione delle fasi di passaggio della presa in carico dai servizi di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza ai servizi disabili adulti e di psichiatria dell’adulto, oppure, nel momento dell’uscita dalla scuola per la programmazione di attività ed interventi e la definizione del progetto di vita.


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