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Articolo pubblicato sul numero 235, 2/2021
aprile-giugno 2021

Raccontiamo noi l'inclusione. Quando la vita degli altri non è uguale alla tua

Claudia

mamma di Lucio

Tipologia: Intervista


La mia giornata è scandita sui ritmi di Lucio; la mattina parte alle 8.40 o alle 9 a seconda di quando passa il pulmino e visto che ho solo la mattina libera per uscire cerco di sbrigarmi prima per fare tutto il resto, qualsiasi incombenza che devo fare. Quindi la mattina è piena. L. arriva a casa verso le 16.30, entro quell’ora devo aver fatto tutto, anche preparare la cena perché quando arriva poi devo stare seduta con lui sul divano, lui è epilettico e se cade per terra non ce la faccio a tirarlo su.

Intervista a cura di Gloria Gagliardini realizzata ad agosto 2019, per il progetto “Le storie di vita insegnano”. I nomi di persona sono inventati. 

Mi chiamo Claudia, in famiglia siamo in tre: mio marito, io e Lucio. Abbiamo un altro figlio che è sposato, sta per conto suo e ha una bambina. Abitiamo poco fuori Ancona, una piccola comunità, a soli 4 km dal centro.

Tu hai lavorato?
Per circa 15 anni ho lavorato, quella volta si diceva “lavoro a fattura”, poi sono arrivati i contratti a progetti “co.co.pro”, per cui non mi hanno mai dato i contributi e non godo di nessuna pensione. Una volta si usava così e non eravamo tutelati. D’altronde in quel periodo mi andava bene, perché entravo al lavoro quando Lucio partiva per il centro e venivo a casa poco prima che tornasse, ho fatto sempre le mie ore. Dalle 9 alle 15.30 sono stata sempre lì con un pacchetto di crackers per pranzo.

Ci racconti la tua giornata?
La mia giornata ovviamente è scandita sui ritmi di Lucio la mattina parte alle 8.40 o alle 9 a seconda di quando passa il pulmino e visto che ho solo la mattina libera per uscire cerco di sbrigarmi prima per fare tutto il resto, qualsiasi incombenza che devo fare, anche andare a trovare mia mamma di 98 anni che sta nella casa di riposo in Ancona. Quindi la mattina è piena, Lucio arriva a casa verso le 16.30 ed entro quell’ora devo aver fatto tutto, anche preparare la cena perché quando arriva poi devo stare seduta con lui sul divano; lui è epilettico e se cade per terra da sola non ce la faccio a tirarlo su. Quando c’è mio marito a casa andiamo a fare un giro in macchina perché a lui piace tantissimo andare a vedere gli autobus, un giro a vuoto, solo a consumare la benzina. Però se devo andare in farmacia, lui è contento facciamo questo giro, poi torniamo a casa e ceniamo molto presto, perché siamo abituati così. Ieri alle 18.30 avevamo già cenato, però siamo andati dopo cena a fare il giro perché prima faceva molto caldo.

Se ti dico “tempo libero” per te significa?
Tempo libero io ce ne avrei tanto, tutta la mattina, però ci sono cose che si possono fare il pomeriggio e altre la sera: ad esempio stare con gli amici. La mattina la gente lavora quindi per me e mio marito tempo conviviale non ce n’è. La vita degli altri non coincide con quella mia, il cinema la mattina non c’è, il teatro nemmeno. Sì, a mezzogiorno posso mangiare un pezzo di pizza ma difficilmente trovo qualcuno che può venire con me. Devo dire la verità che ho alcuni bravi amici che sanno questa cosa e mi invitano a pranzo il venerdì. Però sinceramente non è la stessa cosa, anche fare una passeggiata il pomeriggio non è la stessa cosa … fare un giro per il centro a guardare le vetrine con un’amica lo faccio se sta a casa mio marito, ci diamo il turno.

Ci hai parlato di Lucio, lo vorresti presentare?
Desidero premettere una cosa, che Lucio è il figlio voluto e desiderato. E questo mi permette di andare avanti con il discorso, perché io mi rendo conto che se ci si trova a rimanere incinta per caso con un figlio come lui si può andare un attimo fuori di testa, per fortuna noi questa fase non l’abbiamo avuta.
Lucio è del 1982, è un uomo ormai. L’altro figlio ha 9 anni di più di lui. Per me è bello, simpatico, coccolone, gli piacciono le bionde manifestamente. Quando vede ragazze giovani è molto contento, un po’ come per tutti i figli e questo mi piace da morire, è una gran cosa. A volte però è veramente intrattabile, irascibile, non so se sia effetto delle medicine perché ne prende tante. Lui ha le sue manie di precisione: tutto va fatto come lo prevede altrimenti la sua reazione è urlare. Questo è molto difficile, perché ha la voce da uomo, e quando urla, urla forte. Ad esempio può capitare che scendere dalla macchina diventi per noi un problema, lui si arrabbia perché non vuole e inizia ad urlare, ma non è che mi importa se gli altri si girino a osservarci, è che sembra che qualcuno lo stia picchiando! Questa è una cosa che ci limita, io non ho voglia di stare lì a combattere perché lui urla, quindi tante volte cedo a quello che vuole lui, perché altrimenti diventa impossibile vivere. Un’altra caratteristica che lo accompagna è che purtroppo ha delle crisi epilettiche e non tutti reagiscono bene, possono fare paura; si prova un senso di pericolo e non tutti sono pronti a gestire crisi forti. Questo è uno dei motivi per cui ho fatto sempre fatica a trovare qualcuno a domicilio per sostituirci. Servono persone che lo conoscono e lo sanno gestire. Se venisse a casa un educatore del Centro diurno sarei più che tranquilla, ma è comunque difficile avere delle persone estranee in casa. La stagione più difficile è l’estate perché tutti hanno voglia di fare tutto, le gite, le uscite, i balli, e noi non possiamo fare niente, questo mi deprime un po’.

Quindi, le due settimane di sospensione del Centro, per te come sono?
Sono toste. Ho anche una nipotina di 9 anni e osservo come la presenza di Lucio la metta a disagio, perché per le manie che dicevamo prima, lei non può comportarsi liberamente con lui che urla e lei si intimorisce e mi dispiace. Quando era piccola non ci faceva tanto caso, gli diceva “zitto!”, invece adesso che è più grande vedo che è intimorita, probabilmente un po’ il tono dell’urlo, un po’ perché dice “ma io non faccio niente di male”. È una bambina molto vivace, intelligente, sensibile, non so se a questo punto devo cercare di tutelare più lei che mio figlio.

Come comunica Lucio?
Comunica tantissimo con lo sguardo, se gli agganci lo sguardo ti segue tantissimo. Un discorso lo capisce, non è che le parole per lui non hanno significato, io di questo sono molto consapevole. Il problema è più espressivo. Quando gli brontolo gli dico sempre “guardami”, perché lui distoglie lo sguardo. E poi comunica molto anche con i gesti, se vuole mangiare apre la credenza e prende i crackers, sa dove sono, apre il frigorifero, mi aiuta a caricare la lavastoviglie, anche troppo. Con me si comporta in un modo e con il padre in un altro. Adesso ha una predilezione per il padre, la sera quando va a letto vuole che lo porti lui in bagno, lo prende per mano. Cerca il padre, anche perché forse è più tollerante di me. Vorrebbe uscire con lui ma sempre non si può allora mio marito deve uscire di nascosto, altrimenti lui urla. Questa cosa dell’urlare ormai dura da tre o quattro anni, e oltre le crisi è la cosa più difficile.

Come hai scoperto il suo deficit?
A sei mesi, con lo svezzamento, ha cominciato ad avere delle crisi che duravano tre ore, sei ore, una giornata. Ci hanno detto tante ipotesi, tante cose, abbiamo fatto tanti giri: Verona, Pisa ecc …, è una forma di epilessia farmacoresistente, non sappiamo il perché, è nato dismaturo come tanti bambini, ero “a termine” ma ho avuto una minaccia di parto prematuro a sette mesi. All’inizio aveva delle crisi molto prolungate per cui lo portavamo all’Ospedale Salesi e lo addormentavano in anestesia totale, dall’EEG vedevano quando finiva la crisi e lo risvegliavano. Lucio quando è nato era bellissimo, (anche ora) tanto che l’anestesista aveva la moglie incinta e quando è nato suo figlio gli ha messo di nome come lui, era vivace, sorrideva, un bambino molto partecipe. Quando mia nuora è rimasta incinta, abbiamo fatto tutti gli esami del Dna ed è venuto fuori che Lucio ha avuto una mutazione spontanea di un gene, quindi, tutte le ipotesi formulate prima non valevano niente.

Quindi, lui nasce che il fratello ha nove anni …
Ti posso dire che mi ricordo poco dell’infanzia di Paolo, perché io da un certo punto in poi non ci sono stata, e lui è stato sempre con mia madre. Per i primi anni di vita di Lucio siamo stati per i Centri ospedalieri più all’avanguardia dove trattavano questo tipo di malattia. Poi la differenza di anni incide nella relazione che hanno avuto tra loro, quasi due figli unici. Adesso che è Paolo è grande, si prende lui cura di noi ed è disponibile a stare con il fratello per lasciarci una serata libera, mi dice sempre “chiamami che vengo”, ma io evito, ha famiglia, un lavoro, la bambina e sono dell’idea che questo non deve pesare su di lui, almeno finché noi ce la facciamo, perché è un problema nostro. Abbiamo fatto domanda per inserire Lucio in un centro residenziale, nella consapevolezza che tanto passeranno 10 anni, 7 prima che si realizzerà veramente la sua uscita di casa. Ancora ce la facciamo a gestire tutto, ma nutro delle preoccupazioni, non so come sarà. Voglio bene a tutti e due i miei figli, sono quasi più preoccupata per il futuro di Paolo perché ha la famiglia e non gli posso dare questo peso, so quanto è gravoso.

Lucio è andato a scuola, che ricordo hai?
Ha frequentato scuola materna, elementari e medie. Fino alle elementari tutto sommato ho un bel ricordo. Ad esempio lui ama la favola di Cappuccetto rosso perché una maestra ci ha lavorato tanto, dividendo la storia in tutti piccoli pezzi che lui è riuscito a comprendere; tutt’ora è quella che ci salva tante volte quando va in crisi. Raccontiamo Cappuccetto rosso in tutte le sue varianti. Delle medie non ho un buon ricordo perché non era seguito abbastanza. Premetto che lui tendeva a gattonare, aveva dei movimenti compulsivi e sbatteva la testa. Ricordo ancora questo: un giorno lo vado a prendere e aveva i pantaloni della tuta con dei buchi, lo avevano lasciato gattonare per tutto il tempo senza dirgli niente. Ero esasperata e il preside mi ha detto che ero una persona aggressiva, il professore invece che i pantaloni me li avrebbe ricomprati, ma non capivano che non mi ero infuriata per i buchi ma perché per me era la prova che non stavano lavorando per mio figlio. Rispetto alle amicizie, ricordo che alle elementari una bambina era innamorata di Lucio tanto che la mamma mi chiese se poteva venire a casa, ma a casa Lucio era diverso …  e non è più voluta venire. Il sostegno scolastico lo ha sempre avuto, ma noi genitori eravamo poco coinvolti nel progetto didattico. Ricordo ancora che fummo convocati per andare a ritirare la pagella: ci mandai mia suocera, perché lavoravo, arrivata lì dissero che per Lucio non c’era perché non poteva averla e se n’è andata mortificata. Certo, non mi devi dare la pagella, ma dammi almeno un foglio di carta dove attesti che Lucio ha frequentato!” Stessa cosa quando arrivò la lettera di presentazione per la leva militare, vado in capitaneria e porto tutto l’incartamento con la documentazione di Lucio, dopo due mesi mi arivò la risposta che era stata accettata la domanda di proroga per motivi di studio! Si assistono a episodi che rimangono poi ferite per tutta la vita.

Quando lui andava a scuola il pomeriggio che facevate?
Guardavamo la televisione! L’educatore domiciliare non l’ho mai chiesto. Ora a me servirebbe ad esempio dalle 8 alle 10 di sera. L’assistenza te la danno se devi andare a lavorare, se non riesci ad occuparti di tuo figlio perché stai male o hai qualcuno che sta male … Mi domando spesso se io volessi invece un’assistenza perché ho voglia di andarmi a divertire? Ricordo, quando Lucio era più piccolo, chiedevo: “mi mandate a mangiare un gelato?” Piuttosto me lo portavano, ma io avevo bisogno di uscire. Finita la terza media poi Lucio entra direttamente al Centro Diurno.

Sapresti dire che rapporti hai con i servizi?
Devo ammettere che il mio rapporto con le assistenti sociali è stato un po’ faticoso, ho un ricordo di quando era bambino molto triste, in cui mi disse: “Signora, lei deve superare la disillusione di non aver avuto un figlio normale”. Certe frasi rimangono per sempre. Io non devo superare nulla. Non accetto quei professionisti che giudicano sulla pelle degli altri! Qui al Centro, con gli operatori invece mi trovo bene. Con le altre famiglie c’è un modo di pensare e agire che è individuale, si pensa alla propria situazione, non si lavora per preparare qualcosa insieme. Io non devo “portare la croce”, devo piuttosto preparare un terreno ora, nel “durante” noi, “dopo” non potrò fare niente. Lavorare insieme ad altre famiglie su questa cosa è difficilissimo, anche perché non tutti abbiamo gli stessi bisogni e alle riunioni questo viene fuori. 
Come accennavo prima, abbiamo iniziato già anni fa a lasciare Lucio qualche fine settimana in Comunità residenziale, per nostre esigenze o impegni familiari. Quando è iniziato il progetto di Casa Sollievo 1 ho capito invece che avevo bisogno di lasciarlo per lavorare sul distacco con lui e capire come noi potevamo stare senza di lui e fidarci di altre persone che lo accudivano, poi anche per concederci qualche piccola libertà. Ho avuto una risposta da questa esperienza che stare senza Lucio senza avere altro da fare mi ha lasciata disorientata. Vorremo imparare a lasciarlo in una struttura non solo perché sono malata o per un bisogno in un momento di criticità, ma entrare nell’ottica che ne abbiamo bisogno per noi, come persone, come coppia e non solo come genitori.



1 Casa Sollievo, progetto di Co-housing (Lg. 112/2016, Dopo di Noi) della Cooperativa Papa Giovanni XXIII Ancona.


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