Articolo di Appunti (Accesso libero)
Articolo pubblicato sul numero 233, 3-4/2020
luglio-dicembre 2020
Raccontiamo noi l'inclusione.
M.L.
Tipologia: Intervista
Quando faceva le medie l'avevano portata ad Andalo mi pare. L'insegnante di sostegno mi disse che l'avrebbe tenuta vicino a lei, mi rassicurò. Ancora all'età di 13 anni per addormentarla le cantavo la ninna nanna, anche se dormiva insieme alla sorella, cantavo la ninna nanna a tutte e due, io in mezzo e loro ai lati. Allora, ricordo che la maestra mi disse - con mia grande sorpresa - che M. lassù si addormentava tranquilla nella stanza vicino a lei, anche senza nessuno che le cantasse. Così dissi alla sorella che da quando sarebbe tornata non l'avremmo cantata più. Quell'esperienza è stata importante, prima non si era mai allontanata da me. Solo quella volta lì, poi queste vacanze non le ha fatte più (intervista a cura di Gloria Gagliardini).
Intervista realizzata a Giugno 2019.
Mi chiamo M.L., ho 73 anni a novembre, vivo con mia figlia M. di 50 anni a Jesi, provincia di Ancona.
Come passi la giornata?
Le solite cose, le pulizie, la spesa e quello che c’è da fare. Due volte a settimana viene mia figlia a pranzo, e mi porta i panni da stirare. Il pomeriggio quando M. torna dal centro diurno, sto con lei.
La mattina ci alziamo tra le 5 e le 6, dipende da come si sveglia, poi le devo fare tutto: la devo lavare, le preparo da mangiare, tutto.
Per alcune cose è autonoma, a casa va da sola in bagno, quando sente lo stimolo prende e parte. Se invece siamo in un locale che non conosce mi rendo conto perché inizia ad aprire le porte alla ricerca di un bagno. Un’abitudine che ha è quella di vedere tutto in ordine, appena ci alziamo la mattina vuole rifare il letto, allora prende la coperta, il lenzuolo e dice: “Mmmh”, per comunicarmi che c’è da rifare il letto, a volte finché non vede il letto riordinato non vuole venire a colazione. Alle 9 circa passa il pulmino, allora prima ci prepariamo, poi scendiamo le scale, aspettiamo davanti al portone. Al centro resta fino alle 16.
Quindi, hai un tuo tempo fino al pomeriggio
Sì, la sera se non è stanca o arrabbiata può darsi che usciamo a fare una passeggiata, o cerco di lasciare la spesa piccola per la sera per farla insieme… Io ancora guido la macchina. Fare la spesa le piace molto, prende le buste, strappa i biglietti dei numeri per le file ecc…
Il sabato e la domenica che fate?
D’inverno viene la sorella a pranzo e il sabato sera spesso e volentieri andiamo alla messa. Quando era in vita mamma andavamo sempre a trovarla, un’oretta, le piaceva andare dalla nonna anche se non parlava più. D’estate invece andiamo al mare di solito una quindicina di giorni a luglio. Vado in un villaggio turistico, mi danno un monolocale dove c’è tutto. Quest’anno non so bene se andare perché mi è capitato di dover gestire una crisi di rabbia di M. tempo fa e mi sono trovata davvero in difficoltà. Era nervosa, piangeva, urlava, abbiamo dovuto chiamare il dottore perché non sapevamo che cosa avesse. Eravamo al mare, di giorno era stata tranquilla. Erano le 21.45 e si stava quasi per addormentare, ad un certo punto sentiamo un gran chiasso: c’era una festa fuori. Andiamo allora anche noi, la musica le piace molto e così ci buttiamo nella mischia per fare uno di quei trenini di gruppo. Fermata la musica M. inizia un pianto inconsolabile. Torniamo in camera, cerco di consolarla, di rassicurarla, si stava per riaddormentare quando alle 23.30 ancora di nuovo gran chiasso. M. infuriata scende dal letto, nervosa alla ricerca di qualcosa da tirare, non sapevo cosa, non riuscivo a capire cosa volesse comunicare. Non riuscivo da sola a gestire questa crisi di rabbia e le diedi alcune gocce per tranquillizzarla e poco dopo una tachipirina, perché a volte non capisco se c’è anche del dolore fisico, ma forse si trattava di altro. Apriva le porte, tirava in modo ossessivo lo sciacquone del gabinetto. Gestire da sola queste crisi sta diventando difficile. D’estate poi ho anche l’altra figlia che si trasferisce di casa a Marcelli 1, mia nipote insiste di andare da loro, ma lì M. fa un po’ fatica perché può stare solo sotto l’ombrellone, dato che la spiaggia è di sassi e l’acqua del mare è subito alta anche alla riva.
L’hai nominata già spesso, chi è M., come la descriveresti a chi non la conosce?
Io ho due figlie, M. compie 50 anni ad agosto, l’altra è più piccola, a dicembre ne fa 43. Tra loro due ho avuto un altro figlio, ma l’ho perso, la differenza di età sarebbe stata di poco. Dopo la gravidanza di M. avevo desiderio di averne un altro, m’avevano detto di aspettare e invece sono rimasta incinta prima del previsto. Avevo 23 anni quando è nata M. Due anni prima mi ero sposata e a soli 41 anni sono rimasta vedova: M. aveva 17 anni e la sorella 11. Una brutta malattia ha colpito mio marito e in poco tempo è morto, è stata durissima. Per fortuna quella volta avevo i genitori e anche i miei fratelli mi hanno aiutata tanto, quello più grande specialmente perché era andato in pensione. Sono stati d’aiuto anche per le visite, che dopo la morte di mio marito, da sola non sarei riuscita a portarla, perché per tanti anni M. è stata seguita da Bollea 2 a Roma.
Quando facevamo queste visite la sorella restava con i nonni, era gelosa mi diceva: “Tu mamma pensi sempre a M.”, ma io non potevo lasciarla, anche se da piccola era meno problematica.
Bollea ha seguito M. da quando aveva un anno e 4 mesi, non camminava. Ricordo che subito disse a me e mio marito: “Signora sia per lei che per sua figlia è una medicina avere un altro figlio”. Ci mandò alla clinica universitaria di Roma a fare tutti gli accertamenti per capire se potevamo avere altri figli e lì confermaronoo che il problema di mia figlia era una lesione da parto.
Come presenteresti M. a chi non la conosce?
Non saprei! È una ragazza con tanti problemi, è pure affettuosa ma quando gli prendono “cinque minuti” e pensa di fare una determinata cosa la fa e basta. Non la puoi convincere, ad esempio per vestirla: se il vestito non le piace o non le si abbina alle scarpe non lo mette. O per uscire: se non vuole andare, non c’è verso. Alcune parole le pronuncia ma non riesce a fare un discorso, non dice: “Mamma sono stanca, mamma ho sonno”. Spesso emette la ripetizione delle parole che sente dagli altri. Ieri, ad esempio, chiamava il cognato, mentre lo guardava in foto diceva: “Mario non lo vedo, non c’è”, secondo me voleva dire: “Oggi Mario non c’è, perché lavora”. Rispetto alle sue autonomie personali, io l’aiuto abbastanza. Nel mangiare le taglio a pezzetti il cibo e poi lei usa la forchetta per portare alla bocca, mentre per lavarsi l’aiuto completamente. Chi non la conosce e non è abituato alla sua comunicazione forse non la comprenderebbe.
Tu hai mai lavorato?
Lavoravo da casa, avevo una macchina che confezionava maglioni, lavoravo un po’ a casa negli orari in cui lei era occupata. Da ragazza ho imparato a fare la sarta, mi piaceva tanto, poi sono andata a lavorare in un maglificio a Jesi e mi hanno fatto comprare la macchina per lavorare da casa. Da quando è morto mio marito, ho provato alcuni lavori. Per tre mesi ho lavorato come bidella. M. la lasciavo a volte con mia suocera, ma era anziana e non riusciva ad accudirla. Ho avuto altre proposte come assistente ai pulmini, in casa di riposo, ma come facevo? Mi aiutava mia madre e un po’ mia suocera. È stata davvero dura. Ringraziando Dio ce l’ho fatta, devo dire che per un periodo mi sono fatta aiutare da uno psichiatra che mi ha prescritto psicofarmaci, ma poi ho lasciato volevo farcela da sola.
Quando hai scoperto il deficit di M.?
A cinque mesi di età mi sono accorta - confrontandola con la figlia di mio fratello che aveva la stessa età - che non aveva ancora la capacità di tenere diritta la testa, allora chiesi al pediatra, che, però continuava a dirmi che non aveva niente di strano. Una volta disse: “Signora quando sarà grande la faccio fidanzare con mio figlio, vedrà che non ha niente”. Il mese dopo chiesi di fare un controllo, e dopo un ricovero hanno confermato che aveva un ritardo psicomotorio. Devo dire che, appena dopo il parto, mia mamma disse: “Questa monella 3 mi pare che non sta bene”. Avevo fatto il parto naturale, ma molto difficile e l’hanno fatta uscire con la ventosa, mancava ancora qualche giorno dalla data presunta. Un altro medico pediatra, mesi dopo, ci disse che non era da escludere il trauma da parto e che forse la bambina non aveva avuto le cure necessarie i primi tre giorni di vita.
M. è nata di domenica a mezzogiorno. Io mi ricoverai il sabato mattina, perché avevo visto segni già dal venerdì. Secondo il medico non doveva nascere ancora, perché la data presunta era il 9 settembre. Lei nacque il 31 agosto. La notte del sabato iniziarono i dolori e l’ostetrica di turno mi disse: “Mi dispiace solo che stamattina smonto, e la collega che viene è alle prime armi” … queste parole me le ricorderò per sempre! Effettivamente questa ostetrica si lamentava molto e oltre a seguire me ne assisteva un’altra. Quando le dicevo che la bambina spingeva e io non ce la facevo più mi rispondeva con toni poco gentili, che le avevo stufato. Finché ad un certo punto del travaglio, va a chiamare il medico perché non sentiva più i battiti della bambina. Allora mi mandarono di corsa in sala parto, la bambina doveva nascere, ma ormai il cesareo era tardi. Appena nata mi accorsi subito che M. era scura. L’hanno messa nel lettino del nido insieme agli altri, invece, forse, sarebbe dovuta andare in incubatrice. Passarono altri tre giorni, in cui mia mamma diceva alle ostetriche che questa bambina secondo lei non stava bene e loro rispondevano che eravamo troppo apprensive, ricordo questa frase: “Quanto avete stufato, sembra sia nata la figlia del Padreterno!” Quella volta non c’era il telefono e mamma la sera si precipitò a casa del primario. Il mercoledì mattina M. fu trasferita in incubatrice sotto osservazione, dalla domenica che era nata, ti rendi conto?
Per fortuna sono comunque riuscita ad allattarla.
Com’è cambiata la tua vita?
È cambiata tanto, i problemi sono cresciuti. È cambiata, perché dd un figlio faresti di tutto, quando vedi che ha dei problemi gli daresti ancora più cure a attenzioni perché siamo come gli altri, invece non ce la fai. M. ha iniziato a camminare a 4 anni, ti rendi conto? Ricordo ancora quando ha lasciato la mia mano per fare passi da sola: eravamo al mare. La sorella invece a 10 mesi e mezzo già camminava.
Dei primi rapporti con i servizi territoriali che ricordi?
L’asilo dalle suore del mio territorio, meglio non pensarci! Bollea insisteva di mandarla all’asilo, di inserirla 4. La suora a cui feci la richiesta disse: “Perché no, ci mancherebbe!”, pagai anche l’iscrizione, comprai la stoffa per cucirle il vestitino. Mancavano due tre giorni per iniziare, servivano i documenti, allora andai dalla suora superiora che invece rispose: “No, per carità, porta pure gli occhiali, se mi cade?”. Le dissi che l’avrei tenuta solo un paio d’ore di mattina e che gli occhiali erano infrangibili, non sarebbe successo nulla, ma niente da fare, non la presero più. Allora mi rivolsi al Bignamini 5, la venivano a prendere alle 7.30 con il pulmino, andavo pure io, e mio padre poi ci veniva a riprendere alle 12,30. Dopo questa esperienza, iniziò invece in un asilo a Jesi; ancora capita che le maestre la salutano se la incontrano. La portavo io, ci pranzava e poi tornavo a riprenderla. Il periodo delle elementari, peggio; andavo io a riprenderla prima di pranzo e vedevo che stava sempre fuori dalla classe con il bidello. Aveva il sostegno, erano quattro i bambini con problemi in classe. La maestra diceva pure alle altre bambine di andare incontro a M., ma gli altri genitori non volevano. M. è così, tuttora, ti abbraccia forte appena ti vede, ma non è aggressiva. Alle medie aveva il sostegno ma le ore non “coprivano” tutte le materie. Ricordo questo episodio in cui sono tornata a riprenderla e mi dissero: “Signora ha detto la professoressa che quando sua figlia ha le mestruazioni è meglio che resti a casa”. Era successo qualcosa nell’orario in cui M. non aveva il sostegno, in quel frangente ho capito che aveva aperto la sua cartella e aveva tirato fuori un assorbente pulito, così gli altri ragazzini sono scoppiati a ridere: questo era stato il problema! Ti rendi conto? Finite le medie, avevamo ottenuto alcune ore del servizio dell’educatore comunale per un “inserimento lavorativo” in un nido, in cui il suo compito era sparecchiare la tavola, le piaceva molto. Anche quell’esperienza lì fu difficile, lei non voleva indossare il grembiule, non lo tollerava e dopo un controllo dei NAS non l’hanno più accolta, così mi hanno proposto di inserirla in un centro diurno a tempo pieno. Mi chiamò l’assessore di allora, risposi però che l’idea di un centro a tempo pieno non mi piaceva.
Quanti anni aveva?
Aveva sicuro più di venti anni. Iniziò gradualmente, prima solo alcuni giorni a settimana, poi fino al pranzo, ora sono cinque anni che resta fino alle 16. Ho sempre avuto resistenze per il centro perché secondo me e secondo Bollea, doveva stare in mezzo alla gente che stava bene.
Quindi tu il centro diurno come lo vedi?
Lo vedo come una soluzione per non stare a casa, può darsi che le faccia bene, oppure no, questo non so ancora. A casa con me si annoia, quindi è un’alternativa, il sabato andiamo a fare spesa ma la settimana è lunga. Quando arriva il pulmino è felice, però dei giorni viene a casa stanca … Al ritorno, leggo la scheda degli operatori, c’è scritto sempre che fa le cose “con molto aiuto”. Fa la sua ginnastica, ma “collabora poco”. Fanno qualche uscita ma, ad esempio, durante quest’estate andranno al mare un giorno … Le fa bene uscire ma gli utenti sono tanti, i pulmini sono caldi, e in questi casi torna tutta sudata.
Adesso ha 50 anni, è una signora adulta. L’hai vista in questo tempo cambiare, diventare una donna?
… Non ci posso pensare! Mi pare sempre una ragazzina… perché in realtà fa sempre le stesse cose solo con un po’ più di stanchezza, oltre che di problemi. Nel novembre 2017 è caduta al centro diurno, ed è stata ferma un anno. Avevo in casa con me una badante che mi aiutava e una ragazza del comune (un’assistente) che veniva di pomeriggio. Al sabato mattina mi aiutava a farle la doccia, M. era contenta di questa presenza. La convivenza con la badante è stata difficile, io stavo male, non mi sentivo più padrona di casa mia, non ce la facevo più. È rimasta 4 mesi. Mi mancavano gli spazi, le avevo dato una stanzetta dove di solito gioca M. Il giorno dopo che se n’è andata, ho ceduto, ho avuto un calo di pressione e sono stata male io, riadattarmi per me non è facile a questa età.
M. è seguita ormai da tanto tempo, che rapporto hai coi servizi?
Il rapporto si è intensificato quando c’è stata la caduta, ho dovuto chiedere un aiuto a casa 6, fino ad allora in questi anni il rapporto era al rinnovo del PEI annuale. Visite domiciliari dell’assistente sociale mai avute. Con gli educatori del centro diurno mi trovo bene, non ho confidenza con tutti, ma sono gentili, ecco il rapporto è con loro, più che con altri.
Il progetto educativo di tua figlia sai qual è?
C’è un progetto? Per mia figlia non penso, lavorano in gruppo, loro scrivono “individualizzato” ma quello che fa non lo so. Magari un giorno scrivono: “M. ha fatto questo con aiuto” e poi “progetto individualizzato”. Ma cosa vuol dire, non lo so. La ginnastica dicono che la fa una volta a settimana. Ho sempre detto agli educatori che ho faticato tanto per “metterla in piedi” e non vorrei che lì resti seduta. Su questo c’è anche un certificato del fisiatra e so che con le operatrici sociosanitarie, M. un po’ cammina. Lei ha questo particolare che deve essere sempre vestita abbinata, e poi ha la sua borsetta che non lascia mai. Ad esempio stanotte ha dormito con me, quando si è svegliata la vedevo che cercava qualcosa, ed era proprio la borsa che non si ricordava dove l’aveva lasciata la sera prima. Quando la ritrova è felicissima: dentro ha un pacchetto di crackers, che ogni tanto cambio. Quando torna a casa dal centro le ci mettono la scheda del giorno, senza che lei se ne accorga e io la leggo.
L’affetto per la sua borsa è iniziato, dopo le media, quando cominciò le prime uscite con l’educatrice; ci mettevamo un fazzoletto e un piccolo cambio. Inizialmente nemmeno la voleva, poi è diventata una cosa ossessiva. A volte mi capita di pensare se davvero sta bene quando resta al centro diurno, la sorella mi sgrida, dice che mi preoccupo troppo…
Con l’altra figlia ne parlate insieme del futuro?
Ci pensiamo tante volte, ma sono confusa. In istituto non ci penso proprio.
A cosa pensi quando dici “istituto”? Ci sei stata mai in una delle comunità residenziali della zona? Non sono istituti.
No, ma so dai genitori quanto si soffre. Non mi dire che coi genitori questi figli non stanno meglio, perché io non ci credo. Ma un domani toccherà pure a lei.
Prima che andasse in pensione, avevo preso confidenza con la psicologa dell’Unità multidisciplinare; c’avevo parlato molto anche per inserire M. al centro fino al pomeriggio. Mi aveva proposto di fare qualche fine settimana di “sollievo”, e portare M. in comunità. Ma io oggi come oggi senza M. non ce la farei. Magari sbaglio. Quando faceva le medie l’avevano portata ad Andalo mi pare, l’insegnante di sostegno mi disse che l’avrebbe tenuta vicino a lei, mi rassicurò. Ancora all’età di 13 anni io per addormentarla le cantavo la ninna nanna, anche se dormiva insieme alla sorella, cantavo la ninna nanna a tutte e due, io in mezzo e loro ai lati. Allora ricordo che la maestra mi disse - con mia grande sorpresa - che M. lassù si addormentava tranquilla, nella stanza vicino a lei, anche se nessuno le cantava. Così, dissi alla sorella che da quando sarebbe tornata non l’avremmo cantata più. Quell’esperienza è stata importante, prima non si era mai allontanata da me. Solo quella volta lì, poi queste vacanze non le ha fatte più.
Tua figlia ha mai avuto un gruppo di amici?
No. La sorella poi si è fidanzata presto e s’è sposata. Mio marito ricordo che le diceva: “Gioca con tua sorella, falle questo e quest’altro”, ma io pensavo che lei dovesse crescere per conto suo, non metterle addosso un peso come questo. Non posso neanche dirle per un domani di prendersela in carico.
Come ti senti oggi?
Ringrazio Dio, sono sincera. Certo c’è l’età, ma ancora guido la macchina, sono autonoma.
Che ruolo ha avuto tua madre?
Mamma è morta pochi anni fa, aveva 101 anni. Ha avuto un ruolo importante, perché mi ha aiutata tanto. Quando rimasi vedova, veniva a casa anche tutti i giorni per stare con le nipoti. Il sabato prima della sua morte, l’avevano ricoverata e c’avevano detto che era grave; quando le dissi che dovevo rientrare a casa, con voce flebile mi chiese dove fosse M., con chi l’avevo lasciata. Era lucida e si preoccupava ancora.
Adesso qual è la cosa più difficile e qual è il ricordo bello?
Il ricordo bello è quando eravamo tutti insieme anche col padre, andavamo in giro insieme, anche i problemi li dividevamo. Il problema più grosso è il futuro, che mi mette paura, la paura di non sapere M. dove andrà a finire. Perché se va bene io mi invecchio, se non andasse bene lei rimarrebbe sola ed è pure peggio. Ma la vita è così.
Te la sentiresti di parlarne con qualcuno che ti possa aiutare?
Non me la sento. Ragiono così, anche se sbaglio: finché ci sono perché devo “metterla” in un posto lontana da me? Anche gli anziani vanno al ricovero e nessuno ce li abitua prima. Non so come sia meglio. Non so che santo pregare!
Prima mi dicevi che quando vedi le mamme con i figli disabili piccoli stai male…
Sì, anche se oggi è diverso, però quando vedo dei giovani genitori con figli disabili penso a quanto avranno ancora da fare, le battaglie da sudare ...
Ora vedo che per noi anziani, magari un’oretta in cui qualcuno ti dà la mano oltre al centro diurno, sarebbe importante, le madri conoscono i figli come nessun altro. Mio fratello dice che lui non ce la farebbe al mio posto. Io vado avanti, ci sono dei periodi in cui si accumulano tante cose, tanti pensieri e dopo è un po’ come quando mangi troppo, stai male per giorni. Ci sono dei momenti in cui prego tanto, altri che proprio me ne scordo.
2 Giovanni Bollea (5 dicembre 1913 – 6 febbraio 2011) è stato uno psichiatra italiano, considerato il padre della moderna neuropsichiatria infantile (NPI).
3 Termine dialettale per indicare “bambina”.
4 Ricordiamo che gli eventi di cui parla la signora si riferiscono agli anni ’70.
5 Istituto di Riabilitazione Bignamini (Falconara) https://www.dongnocchi.it/@strutture/centro-bignamini-don-gnocchi.
6 SAP (Servizio Aiuto alla Persona): il servizio si propone il superamento delle difficoltà connesse allo svolgimento dei fondamentali atti della vita quotidiana, fornisce prestazioni cura ed igiene della persona: aiuto nel lavarsi, nel vestirsi e nell’assunzione dei pasti, sostegno per l’autosufficienza della persona nelle attività giornaliere: aiuto nella deambulazione e negli spostamenti, utilizzo degli ausili per la motricità globale ecc.. http://www.aspambitonove.it/disabili/34-area-disabili/117-servizio-di-aiuto-alla-persona-s-a-p.html.