Data di pubblicazione: 09/01/2015
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Raccontiamo l’inclusione. Assistere, da sola, un figlio con grave disabilità

di Zelinda Giampaoletti. In “Appunti sulle politiche sociali”, n. 6/2014

Vedova a 39 anni con un figlio affetto da una grave malattia neuromuscolare. Una storia nella quale si intreccia tragedia e speranza; disperazione e fiducia. Ascoltando il racconto di una madre e dell’amministratore di sostegno, è difficile non chiedersi come abbia potuto farcela (a cura di Gloria Gagliardini e Sibilla Giaccaglia)

Mi chiamo Zelinda, ho 72 anni, abito a Rosora[1], da sola. Abito in campagna, a 1 km dal centro del paese. I miei compagni sono i cani, i gatti, e l’orto che ho intorno casa. Qui, non c'è quasi mai nessuno; negli ultimi anni quasi tutti i vicini hanno lasciato le abitazioni. Chi per andare in Paese, chi dai figli o in Casa di riposo.

Come passi la giornata?

Ho sempre tante cose da fare, non ho mai il tempo di annoiarmi. Ad esempio la mattina mi alzo e vado a custodire gli animali [cani, gatti e animali da cortile come polli, galline e conigli]; poi devo pulire, ci sono tante cose da fare in una casa per tenerla in ordine; infine devo occuparmi dell’orto. Qualche volta inoltre vado a fare la spesa. Insomma, non sto mai ferma. Vado sempre a piedi fino al paese, una volta guidavo ma ora non più. Presi la patente da giovane, dopo la morte di mio marito, ma poi ho avuto dei problemi di salute e non sono più riuscita a portare la macchina. Ho guidato per un breve periodo; usavo la macchina per lavoro, per portare le scarpe che cucivo.

Che significa cucivi le scarpe?

Era il mio mestiere, cucivo le scarpe a mano, precisamente i mocassini. Lavoravo da casa per una ditta di Castelplanio Stazione[2]. Una volta completato il lavoro commissionato, lo riconsegnavamo: portavo il sacco pesante di scarpe finite a piedi fin là... Andavo insieme ad una vicina di casa che svolgeva lo stesso lavoro. Soltanto diverso tempo dopo, siamo andati in macchina con un’altra signora del paese e alcune volte, quando pioveva, prendevamo la corriera. Ho fatto questo lavoro per molti anni, tanto che ho versato abbastanza contributi per poter prendere la pensione. In totale per più di venti anni, ho cominciato da giovane poi quando mio marito è morto il lavoro si è intensificato e ho smesso quando le condizioni di Sandro[3] si sono aggravate e non sono riuscita più a fare questo lavoro. I primi anni mi occupavo del campo insieme a mio marito e ai suoceri. Noi abitavamo in campagna ed eravamo contadini. Mi sono sposata a 23 anni, e lo sono stata per 17 anni dal 1965 al 1982. Io e mio marito abitavamo in questa casa dove abito anche oggi, insieme ai miei suoceri, facevo quello che loro mi dicevano di fare; cucivo le scarpe, ma se c’era da fare in campagna, andavo con loro in campagna.

Chi era Sandro?

Sandro era mio figlio, il mio unico figlio perchè prima che nascesse lui ho avuto un aborto. Dopo soli otto mesi che eravamo sposati. In quella circostanza sono stata molto male e sono andata  in ospedale, ma l'operazione non è andata molto bene e sono sopravvissuta per miracolo!

Quando è nato, Sandro stava bene, da piccolo correva come il vento! Ma verso gli 8-9 anni cadeva spesso, si rompeva sempre tutti i pantaloni sulle ginocchia. In seguito a questi episodi, abbiamo deciso di andare ad una visita e lo hanno ricoverato ad Ancona e lì abbiamo capito di cosa si trattava. Sandro soffriva della malattia di  Friedreich o  atassia spinale. All'inizio siamo andati anche da Pasqualina, una signora di Civitanova famosa per avere poteri di guaritrice e lei ci aveva detto che dovevamo andare in ospedale ad Ancona; aveva indovinato il problema. Sandro ogni mese veniva ricoverato, una volta ha preso anche l’influenza e siamo dovuti rimanere per più di due mesi; c’era ancora mio marito in quell’occasione.

Fino a che età è andato a scuola?

Fino ai 18! Ha frequentato le scuole superiori, l'Istituto tecnico commerciale, che quella volta si chiamava "Ragioneria", a Jesi. Per arrivarci finché c'è stato mio marito lo portava lui, poi quando sono rimasta vedova lo caricavo io sulle mie spalle da casa fino alla fermata della corriera e poi lo facevo salire. Ha cominciato a usare la carrozzina a 14 anni e l’avevamo comprata noi.

 

Come è cambiata la tua vita rispetto anche alle fasi di malattia di Sandro?

Io forse non me ne sono neanche  accorta! Perchè quando ci stai dentro, vai avanti non ci pensi, non pensi a quello che può venire, non conoscendo la malattia non sapevo quello a cui saremmo andati incontro... perché le cose sono venute gradualmente, prima è cominciato a calare di peso poi finita la scuola non parlava più ecc... ma tutto lentamente. Non ho visto mai Sandro abbattuto o scoraggiato; solo una volta mi ha detto che se avesse potuto avrebbe voluto giocare a pallavolo. Mi ricordo un professore che gli aveva consigliato di andare a fare una visita a Milano e lui ha risposto che non ci voleva andare perché temeva che avrebbe potuto peggiorare. Soltanto quando ha iniziato a peggiorare si lamentava spesso e quando ha perso l’uso della parola era nervoso.

Fabio[4]: C'è da dire che all'età di 15 anni il padre di Sandro è morto; questo è stato un passaggio delicatissimo. Noi ci conosciamo in questa fase, poco prima della morte del marito.

Sì mio marito è stato ricoverato all'ospedale di Jesi per un tumore che lo ha fatto morire in 38 giorni. Per noi è stato un duro colpo, mi sono dovuta accollare tutte le fatiche che riguardavano l'assistenza a mio figlio e ai suoceri che avevo a casa.

A quel tempo Sandro stava in carrozzina, non deambulava quasi più e comunicava già con difficoltà. iniziava a usare la macchina da scrivere anche a scuola aiutato dai compagni.

La scuola elementare e media Sandro l'ha frequentata ad Angeli[5], quella volta non c’era il pulmino e da casa partivamo a piedi. Invece alle superiori, come dicevo, usava la corriera e io portavo prima la carrozzina, poi caricavo a lui sulle spalle e l'autista della corriera caricava prima la carrozzina e poi lui … e poi c’erano gli amici che lo aiutavano ma quella volta ancora un pò si sosteneva. Una volta arrivati alla scuola di Jesi c'erano degli obiettori di coscienza della Caritas che lo aiutavano a scendere e entrare a scuola. In classe non aveva nessun aiuto fisico e nessun insegnante di sostegno.

Siamo negli anni '81- '82.

In questo tempo conoscete il Gruppo Solidarietà…

Si. Sono stati gli amici che mi hanno aiutato ad affrontare tutte le difficoltà! Non ce l’avrei fatta da sola, con i suoceri che poi si sono anche ammalati. Sì, penso che qualcuno mi ha aiutato anche dal cielo, perché io da sola non ce l’avrei mai fatta. Avere gente intorno mi faceva star bene; anche perché Sandro era contento e invitava  sempre gente a casa! quando c’era qualcuno inoltre lo invitava sempre a fermarsi a cena; a me non pesava perché vedevo lui contento. Andavano spesso in giro e Sandro partecipava sempre, tranne i casi in cui stava male.

In quel periodo Sandro era abbastanza autonomo quindi per uscire non c’erano tante difficoltà; noi lo prendevamo in braccio … E’ importante anche la descrizione della casa, che era una casa di campagna, per capire i problemi di mobilità di Sandro.

La casa era a due piani, con una rampa di scale ripida e stretta, io e mio marito mangiavamo al piano di sotto, in una stanzetta, ma la camera di Sandro era nel piano superiore e lui dall’età di 15 anni non riusciva più a fare le scale..

Finita la scuola superiore Sandro si trova a casa tutto il giorno e come passa la giornata?

Guardava la televisione, soprattutto il calcio; ascoltava le canzoni, non stava mai senza far niente. Poi c’era la nonna con la quale giocava sempre a carte.

Quando nel 1982 muore il marito, Sandro ha 15 anni e Zelinda 39. Lei rimane coi suoceri: il suocero nell’ultimo anno non era più autonomo e muore nel 1988. Sandro ha già perso molta autonomia e ha difficoltà nel linguaggio. Bisogna inoltre tener presente che Sandro era alto oltre un metro e ottanta,  non era facile spostarlo da soli.  Dal 1988 vivono insieme alla suocera che più tardi si  ammalerà e andrà in Casa di Riposo.  Sandro patisce questa partenza,  la nonna era per Lui un punto di riferimento.. Noi abbiamo cercato di stimolare Zelinda nel rendersi autonoma, anche perché facendo le scarpe, aveva necessità di muoversi. Per questo, abbiamo insistito perché prendesse la patente.

Alla fine degli anni ’80 sono stata male per due mesi ed ho fatto un ricovero in ospedale di quasi due mesi. Avevo lo streptococco alla gola che mi aveva causato anche un’infezione. In quel periodo Sandro è stato ospitato da alcuni amici del Gruppo Solidarietà. 

Finite le scuole, Sandro non ha avuto sostegno dai servizi?

Aveva 10 ore a settimana di assistenza domiciliare,  me lo ricordo bene contribuivamo alla spesa anche noi come famiglia.

Sandro usufruisce dell’assistenza dal 1987 (aveva 20 anni), quando prese avvio il servizio. 2h al giorno per 5 giorni; poi quando si è aggravato aumentarono a  12 ore quando con il servizio anche di sabato; infine 15 ore. C’è una fase in cui Sandro ha bisogno di aiuto per vestirsi e poche altro e interagisce bene senza difficoltà; poi c’è la fase in cui le difficoltà a comunicare aumentano. Fino a quando non è stato realizzato il montascale, per parecchio tempo, per uscire aveva bisogno di qualcuno che lo prendeva e una persona sola era difficile perché era pesante, poi per portarlo su anche più di due. Per l’assistenza ci ha pensato sempre la mamma, noi andavamo solo per compagnia o quando stava male lui o quando stava male Zelinda, poi abbiamo iniziato ad aiutarla per  il bagno anche  perché la casa è rimasta sempre con grandi barriere architettoniche.

Sandro comunque ha sempre vissuto con gli amici, con i volontari del gruppo di Moie e di Castelplanio. Ovviamente però gli amici e i volontari gli facevano solo compagnia, ad esempio quando uscivano; altrimenti ero sempre da sola.

Nel corso di tutti questi passaggi di Sandro tu ti sei sempre trovata da sola ad affrontare questa situazione. Però tu dici sempre che hai vissuto questa esperienza in modo naturale.

Sì … io stavo in piedi, era lui in carrozzina! Quindi quello che stava peggio era lui ed ero io che dovevo affrontare le cose. Non mi potevo far vedere che stavo male per lui. Dovevo essere sempre allegra. Se io stavo male, lui ad esempio tutta la notte mi chiamava.

Sandro infatti aveva problemi di insonnia notturna. Anche quando stava bene risposava poco. Quindi da sempre lei la notte si doveva alzare molte volte. All’inizio poteva chiamare 3 o 4 volte per notte. Dopo c’è stata una fase molto lunga nella quale lui chiamava molte più volte e molto spesso anche a distanza ravvicinata, quindi Zelinda si doveva  alzare continuamente. Nell’ultimo periodo non articolava più la voce ed emetteva un urlo e poteva chiamare anche a distanza di mezz’ora anche per girarsi sul letto, per urinare; la madre che lo conosceva lo spostava nella posizione che riteneva per lui più comodo e lui annuiva se la posizione era gradita. Questo a volte non bastava e magari dopo poco richiamava e voleva ancora essere spostato o chiedeva qualcosa che nemmeno la madre riusciva a capire.

Lui in quel periodo come comunicava: con gli occhi?

Io sillabavo le lettere A, B, C, e lui annuiva quando le lettere erano giuste.

Sì, in quel periodo comunicava con una tabella alfanumerica e lui indicava le lettere con gli occhi. Questa tabella è stata fatta dagli amici, c’erano lettere e numeri quindi Sandro apriva e chiedeva gli occhi nelle lettere giuste e così si costruiva la frase voluta. Sandro, a causa delle difficoltà di comunicazione, aveva di molto ridotto le relazioni con gli altri perché la comunicazione era molto problematica e questo è durato per molti anni. Anche le persone che andavano spesso a fargli compagnia hanno avuto difficoltà perché non riuscivano più a comunicare. Una situazione sempre più complicata, sia per gli operatori che per gli amici e questo è durato per anni. Le comunicazioni erano semplici ad esempio sul mangiare, su sue necessità contingenti che si potevano intuire. Ma quando voleva fare un discorso completo era difficile completarlo, costruendo il discorso, magari lungo, sillaba per sillaba con l’uso della tabella. Quando non riusciva a farsi comprendere si innervosiva ed tutto era ancora più difficile.. Questi problemi di comunicazione hanno comportato progressivamente il venir meno della presenza di tante persone che non riuscivano più ad interagire. Gli ultimi 5 anni, in cui è stato a casa, sono stati  particolarmente  difficili; quasi  tutte le notti erano in bianco perché lui chiamava in continuazione. Tanto che Zelinda non dormiva più in camera sua ma aveva messo una poltrona letto nella camera di Sandro per stargli vicino. Noi del Gruppo in quel periodo andavamo a turno a fare le notti per dare sollievo alla madre, che intanto aveva anche periodici forti mal di schiena. In alcuni periodi Sandro non dormiva quasi mai. Una situazione difficilissima da gestire, anche per le sue dimensioni.

Io lo sollevavo da sola. Lo mettevo in carrozzina e lo portavo al bagno. Poi lo riportavo a letto.

Sandro chiedeva di fare i suoi bisogni non nel letto ma al bagno quindi Zelinda doveva sollevarlo dal letto, metterlo in carrozzina, sistemarlo al bagno con l’ausilio di una comoda sopra al water; anche di notte chiedeva spesso di andare al bagno. Quindi gli sforzi di questo ultimo periodo sono stati devastanti anche come fatica fisica.

Però quando sei in quelle situazioni, vedi che lui soffre tanto e tu riesci a fare tutto anche al di sopra delle tue forze fisiche.

Quando ha cominciato ad avere problemi anche di deglutizione, problemi per mangiare?

Fin dalla metà degli anni ‘90 Sandro inizia ad avere problemi per mangiare. Per molti anni è stato problematica l’assunzione di liquidi (bere); l’assunzione dei pasti era sempre più difficile. Parliamo degli ultimi 10 anni di vita di Sandro in cui le sue condizioni sono andate sempre aggravandosi. Poi c’era il problema della gestione della giornata; non avendo quasi mai riposato la notte, la mattina aveva il problema del risveglio, voleva dormire a lungo; questo era anche il suo periodo di maggiore tranquillità e durante il quale Zelinda poteva fare le sue faccende di casa e gestire anche gli animali e la sua campagna e persino ad uscire un po’.

In quel periodo comunque l’assistenza domiciliare aumentava.

Sì, come dicevo prima … Aveva comunque un grande giro di amici, forse un volta o due alla settimana stava da solo, altrimenti aveva a casa sempre un gran numero di amici. Spesso usciva. Aveva una buona vita di relazione con amici anche il dopo cena. Un altro passaggio riguardo l’assistenza  è stato l’aumento da 15 a  18 ore di assistenza per l’aiuto alla madre, con l’assistenza di pomeriggio. L’assistenza di mattino e pomeriggio comportava non avere sempre lo stesso operatore e questo per Zelinda era un problema perché i nuovi operatori non conoscevano bene Sandro e avevano difficoltà a gestire le sue esigenze. Zelinda preferiva a volte non avere l’operatore se non era all’altezza della situazione. Sandro ormai comunicava solo con la tabella e capire le sue necessità era difficilissimo. Resistenze ci furono anche da parte di Sandro e non erano blande, lui se non si trovava bene urlava.

Nella fase che non riusciva più a comunicare Sandro stava tranquillo se aveva a fianco un operatore che riusciva a capirlo altrimenti si arrabbiava molto ed urlava continuamente.

Ancora non siamo arrivati al periodo della comunità, anno 2005.

In questo periodo Sandro è a casa, ha 18 ore settimanali di assistenza domiciliare ma  gli operatori cambiano spesso, la madre è stanca e fa difficoltà per l’assistenza, la gestione è difficile. Ogni cosa è difficile ad esempio una semplice visita medica: c’è bisogno di chi lo accompagna, di chi lo capisce ecc. Complicandosi la situazione anche gli operatori cambiano spesso creando ancora maggiori difficoltà anche a Sandro ed a Zelinda. Si creano inevitabilmente forti tensioni e la situazione si complica. Oltre allo stato fisico, Sandro soffre anche per questa situazione[6].

Tu non hai mai pensato di farti aiutare da qualcuno per la notte, anche a pagamento?

No!!

Lei ha fatto sempre resistenza, un po’ perché lei conosceva bene le necessità di Sandro ed un’altra persona sarebbe stata in difficoltà. Zelinda ha avuto un periodo di grande apertura in una fase della vita di Sandro, poi quando la situazione è diventata più complicata lei ha opposto tante resistenze ad ogni cambiamento, con il timore che i cambiamenti e gli aiuti esterni potessero peggiorare la situazione e comportare addirittura più problemi, non conoscendo Sandro come lei.

Come è arrivato il periodo dell’ingresso nella comunità residenziale?

Ricordo che è venuta l’assistente sociale, io avevo forti mal di schiena e si ragionava che non era possibile più la gestione in casa. Ogni giorno andava in questa comunità, partiva la mattina …

Zelinda non voleva sentir parlare né di sollievo diurno (fuori da casa)  né di comunità residenziale. Ma la permanenza di Sandro a domicilio era oramai insostenibile.  Intanto da poco tempo  aveva aperto un comunità non lontano dalla loro abitazione. Noi quindi le abbiamo proposto di far domanda di ingresso, ma lei non ne voleva sentir parlare, non si fidava della complicata gestione di Sandro. Abbiamo allora ipotizzato un avvicinamento con un’esperienza di presenza diurna, che allora la comunità nemmeno prevedeva. Siamo riusciti, insieme ai servizi territoriali, a fargli accettare  una prova. Inizialmente c’è stata anche la resistenza di Sandro che rifiutava di alzarsi presto, vista l’insonnia notturna. Zelinda poi  era terrorizzata dal freddo e dunque una situazione ogni giorno difficile. Problemi ci sono poi stati per organizzare il trasporto.  Ad ogni modo il programma prevedeva il trasporto con taxi sanitario,  accompagnato da un operatore che prima andava a casa per alzarlo, poi tornava a casa alle 17. Nel trasferimento alla comunità Sandro aveva lo stesso operatore di casa che lo conosceva bene e con cui si trovava bene per cui anche Zelinda stava tranquilla e riusciva anche a riposare dopo anni in cui lei non si allontanava mai.

Inizialmente il diurno, poi la presenza  fissa in comunità fino al fine settimana …  tu eri contenta quando tornava a casa?

Io ho sofferto tanto quando ha iniziato anche a dormire in comunità poiché lui voleva dormire a casa. Andavo ogni mercoledì. Lui lì stava bene ma non ci voleva comunque stare. Sì anche Sandro era contento di tornare per il fine settimana, io avevo un operatore che mi aiutava il sabato. Ma era dispiaciuto quando doveva ripartire. Quando si è trasferito in comunità io non avevo più nessuno a casa e mi sentivo sola, stavo sempre in pensiero che mi chiamassero per i suoi problemi.

A gennaio 2008 è stato ricoverato in ospedale e non ha fatto più ritorno in comunità per problemi di salute, ha avuto un grave scompenso cardiaco. Anche nel corso del 2007 la situazione si è complicata con continui accessi al pronto soccorso e ripetuti  ricoveri in ospedale. Sempre più grandi i problemi di deglutizione, e sfinterici.  Zelinda era ormai consapevole che da sola non poteva gestire quel tipo di problematiche. Dopo il ricovero Sandro non riesce più ad alimentarsi, viene applicata la PEG.. Si valuta che  non ci sono più le condizioni per il ritorno in comunità.. Sandro esce dall’ospedale dopo 40 giorni di ricovero e a fine febbraio 2008, viene trasferito in reparto di  lungodegenza in una struttura del territorio. La situazione, pur complessa, si va stabilizzando e oramai era necessario pensare al futuro.

Chi si prende il compito di pensare al futuro di Sandro?

In questa fase di gestione nei due ospedali Zelinda è naturalmente presente e con lei ragioniamo sul futuro. E’molto provata, sia a causa delle condizioni del figlio che per il pensiero di come accudirlo. Ormai si affida completamente a noi; con lei ragioniamo sulle possibilità che ci sono per Sandro e decidere quello che è meglio fare. Bisognava risolvere il problema dell’assistenza continua anche di tipo sanitario. La casa non poteva essere più quella di prima altrimenti non ci potevano essere le condizioni per rientrare, quindi, se si voleva rientrare, la casa andava risistemata.

E tu, Zelinda, questa cosa come l’hai vissuta?

Bene, io ero contenta di fare tutto quello che c’era da fare, ma le cose andavano fatte in fretta. Ora posso dire che nei tre mesi nei quali è tornato a casa sono stata bene. Lui era sereno, era tornato anche in carrozzina, poi è peggiorato.

E’ stata una fase con  diversi e complessi passaggi: per primo la ristrutturazione della casa. Bisognava creare uno spazio veramente funzionale e non pensare più agli spazi di prima. Cambiava anche la condizione di Sandro rispetto a quando era entrato in comunità. C’era poi la necessità di un’assistenza nelle 24 ore per cui lei doveva accettare la presenza continua di una persona a casa. Cambiano quindi radicalmente le condizioni familiari: di giorno - riusciamo ad ottenerlo - ci sono gli operatori della cooperativa, ma c’è la necessità di un’assistenza continua con i problemi anche sanitari: gestione della PEG ecc… Zelinda sa che deve fare alcune cose ma non può gestire completamente la situazione come aveva fatto per tanti anni. In realtà questo periodo è breve: Sandro torna a casa il 3 Luglio e muore ad Ottobre. Lui sta bene tutto il mese di luglio poi comincia a star male dal mese di Agosto a causa di un’infezione urinaria e da lì la situazione peggiora.

In quel periodo sono stata bene anche con i ragazzi che facevano gli operatori della cooperativa che sono stati tutti bravi. Io mi ritengo fortunata di aver avuto vicino sempre tanta gente e questo fino alla fine. Gli amici del Gruppo Solidarietà e gli operatori, mi sono stati sempre vicini ed ancora lo sono, praticamente sono la mia famiglia. Io ho fratelli ma loro non erano nemmeno capaci di gestire le problematiche di Sandro. 

Oggi Zelinda come stai? E che ricordi di Sandro porti nel cuore?

Io sto bene a parte alcuni malanni invernali, mi curo con …. l’acqua di Lourdes senza prendere le medicine. Ci andrò fino a quando ce la farò, poi mi porteranno gli altri in carrozzina! I ricordi più belli sono legati a quando facevamo le feste, quando lo vedevo contento, quando stavamo insieme, quando andava in parrocchia, quando partiva col padre, lui lo portava sempre in giro! Anche quando stava all’ospedale ed era comunque contento, stavamo anche due mesi all’ospedale. Il ricordo più bello è il suo sorriso, non gli è mancato mai niente, quando camminava, correva. Forse i momenti belli sono stati pochi, ma lui ha sempre partecipato a tutto, è venuto tante volte anche a Lourdes.

Adesso manca Sandro a casa?

Certo, ora ho tutti i ricordi. Ma devo sapere che non c’è più. Ogni cosa che vedo mi fa ripensare a lui, ma devo dire con grande gioia che da allora ogni giovedì a pranzo viene a casa mia Federico (uno degli operatori di Sandro) e mangiamo insieme!

 


[1] Rosora è un piccolo paese della provincia  di Ancona, circa 2.000  abitanti.

[2] Castelplanio Stazione dista da Rosora circa 6 km.

[3] Vedi anche, F. Ragaini, Cosa Sandro può avere insegnato ai servizi”, In “Appunti sulle politiche sociali”, n. 2/2009.

[4] Da questo punto in poi interviene anche Fabio Ragaini alla spiegazione di alcuni passaggi importanti rispetto al percorso sociale e assistenziale di Sandro. I suoi interventi sono in corsivo. Fabio è stato amico e amministratore di sostegno di Sandro.

[5] Angeli è una frazione del comune di Rosora, e dista circa 3 km.

[6] Sul percorso di questi ultimi anni, vedi la nota 3.


Il libro del Gruppo Solidarietà (2014), Raccontiamo noi l’inclusione. Storie di disabilità, riprende alcune parti delle interviste con persone con disabilità e familiari realizzate dal Gruppo Solidarietà e curate da Gloria Gagliardini. La sua introduzione e la postfazione di Roberto Mancini. Qui un contributo di Andrea Canevaro Successivamente alla pubblicazione del libro abbiamo continuato a raccogliere “storie di disabilità” che man mano abbiamo proposto nella rivista e che qui ripresentiamo. 

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