Data di pubblicazione: 20/04/2009
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Residenze sanitarie per anziani. L’improcrastinabile regolamentazione


Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà - Osservatorio Marche20 aprile 2009

Perché la regione Marche non ha mai definito le regole fondamentali di funzionamento delle Rsa anziani quali lo standard assistenziale e la contestuale retta? Come è possibile che il programmatore regionale possa lasciare in un sostanziale vuoto normativo strutture - presenti in tutte le Zone territoriali eccetto una, che funzionano da 17 anni, con una offerta pari a 877 posti[1] - poste a cavallo tra la post acuzie e la residenzialità a “basso impegno sanitario”[2] (le residenze protette della legge 20/2002 prevedono uno standard infermieristico di 20 minuti al giorno sia per i nuclei per anziani non autosufficienti che quelli con forme di demenza)? Si tratta di una precisa volontà, di inconsapevolezza o di incapacità?

Nel sintetico testo che segue cercherò di spiegare perché è indilazionabile la loro regolamentazione.

Una breve storia

Le Rsa nelle Marche nascono nel 1992 a seguito della disattivazione dalla funzione ospedaliera di alcuni presidi ospedalieri[3]. I posti complessivi sono 280, distribuiti in 15 ex ospedali - che nella gran parte dei casi mantenevano il solo reparto di Medicina -. Si tratta sostanzialmente di un cambio di cartello finalizzato al passaggio dei posti dalla funzione ospedaliera a quella extraospedaliera[4]. Le regole di funzionamento sono dettate dalla Dgr 3240-92 che prevede, in questa prima fase, la gratuità della degenza per i primi 90 giorni e successivamente una contribuzione giornaliera a carico dell’utente pari a 40.000 lire. In realtà queste strutture ospitano per la grandissima parte malati in dimissione ospedaliera che avrebbero dovuto afferire al sistema della post acuzie (riabilitazione-lungodegenza).  Posti, carenti nel 2009, quasi assenti nel 1992. Nella prima fase si prevedeva una copertura giornaliera di 12 ore da parte di un medico dell’Asl e si davano indicazioni per lo standard di personale. Sostanzialmente fino alla fine degli anni 90 nelle Marche i posti di Rsa anziani rimangono quelli derivanti dalla disattivazione della funzione ospedaliera del 1992. Le norme rimangono invariate e le RSA sono a tutti gli effetti dei reparti di post acuzie con la tipica organizzazione ospedaliera (tanto che in molti luoghi non vengono chiamate  Rsa ma lungodegenze). Nel 2000 con la legge 20 sulle autorizzazioni sanitarie e i successivi atti (standard e fabbisogno) le Rsa sono costrette a prendere una fisionomia. In realtà  ciò non accade,  perché viene stralciata la parte sullo standard assistenziale (ogni ipotesi di standard, infatti,  risultava incompatibile con la funzione assunta dalle Rsa attive, la maggior parte delle quali continuava ad avere, considerata la tipologia di utenza, una presenza medica a  copertura diurna) e per quanto riguarda i requisiti strutturali si cerca di “salvare” gli ex ospedali attraverso blande indicazioni (ad esempio si può avere nel 50% dei posti camere da 4 letti). Intanto con grande lentezza procede la realizzazione di nuove RSA attraverso l’utilizzo dei fondi della legge 67/1998 (art. 20)[5] che finanziava in Italia la costituzione di 140.000 posti di Rsa attraverso uno stanziamento di 30 mila miliardi di lire[6].

Gli ultimi anni

La normativa non varia, il problema continua ad essere ignorato nonostante le sollecitazioni ad intervenire da parte delle associazioni[7]. Si attivano altre Rsa con il quadro normativo descritto. Intanto vengono autorizzate anche alcune Rsa private (ad es., “Abitare il tempo” Loreto, “Anni azzurri” Ancona) che non derivano dalla disattivazione della funzione ospedaliera e seppur lentamente si attivano posti nell’area della post acuzie in particolare di lungodegenza (codice 60). Nonostante il Piano sanitario del 2003 definisca con precisione la funzione delle  Rsa (gestione di pazienti non autosufficienti, non curabili a domicilio, che si trovano in una condizione stabilizzata ma che richiedono una intensità assistenziale alta a causa della presenza di patologie croniche multiproblematiche. La durata della degenza è prolungata e può essere permanente, previa valutazione periodica delle UVD), non vengono ancora definiti lo standard di assistenza, il conseguente costo retta e la relativa ripartizione tra quota sanitaria e quota sociale. Sempre il Piano sanitario 2003-2006 prevedeva all’interno dei 1320 posti di RSA da realizzare nel triennio anche l’attivazione di “nuclei Alzheimer” per i quali “coerentemente”  non è stato indicato alcun fabbisogno, né ovviamente definito lo standard assistenziale.

Le Rsa delle Asl continuano così  a funzionare come sempre hanno fatto (ognuna con i propri standard), per quelle private ogni Asl (poi Zone) deve definire (in mancanza di regolamentazione regionale) l’entità della quota sanitaria da corrispondere, lo standard assistenziale ed il  conseguente costo retta complessivo (la quota a carico degli utenti rimane, o meglio rimarrebbe, disciplinata dalla Dgr 3240/1992).

Non rendendosi conto di quale utenza veniva e viene accolta nelle RSA della Regione, nel 2005, a seguito dell’accordo Regione-sindacati[8], è stata emanata la Dgr 323/2005[9], che disciplina le modalità di aumento di assistenza (la cosiddetta riqualificazione) all’interno delle residenze protette[10] insieme ai criteri tariffari sia delle RP che delle RSA. Pensando, forse, di mettere fine ad un insopportabile privilegio, Regione e sindacati stabiliscono che nelle Rsa la compartecipazione scatterà dopo 45 giorni[11]. La quota giornaliera a carico dell’utente diventerà   di 33 euro (le vecchie 40.000 lire del 1992 erano intanto diventate circa 25 euro) che potrà essere maggiorata o diminuita del 25%. La maggiorazione del 25% va incontro alle tariffe delle Rsa private che già richiedevano agli utenti cifre più alte[12]; Le Rsa pubbliche aumentano la quota e si adeguano ai 33 euro. Così molti malati, che sono costretti  a  ricoverarsi in una RSA invece che in una struttura ospedaliera di post acuzie, vedono assoggettarsi dopo 45 giorni una richiesta anche nella fase intensiva della malattia di 33 euro al giorno. A seguito delle numerose proteste[13], con la DGR 704/2006 la Regione, dopo 16 mesi,  modifica i criteri tariffari prevedendo la gratuità per i primi 60 giorni e la possibilità a determinate condizioni (permanenza fase intensiva-estensiva) di una ulteriore proroga della esenzione dopo valutazione della Unità valutativa distrettuale.

Per quanto riguarda standard e costo retta tutto resta immutato.

Intervenire con urgenza

Come risulta evidente dalla rapida analisi, continuare a mantenere l’incoerenza tra classificazione e funzione determina un quadro di grossa confusione che coinvolge ciò che sta a monte (riabilitazione e lungodegenza ospedaliera) e a valle (Residenze protette). La Regione in questi 17 anni non è stata capace  di intervenire, bloccata (vedi stralcio dello standard assistenziale nel 2000) dal fatto che qualsiasi regolamentazione delle Rsa rendeva impossibile per la stragrande maggioranza delle stesse continuare a funzionare così come stava facendo.

Il risultato è l’incancrenimento della situazione che non può essere più tollerato. I motivi sono diversi:

- man mano che nei territori si adegua la dotazione dei posti di post acuzie ci si trova in una duplicazione di funzione;

- l’autorizzazione di Rsa, che non derivano dalla disattivazione della funzione ospedaliera, pone problemi del tutto diversi con l’accoglienza non più di post acuti ma di soggetti “stabilizzati”;

- aumenta la richiesta di residenzialità permanente per malati gravi a cui non si può pensare di rispondere con meno di 400 posti su tutto il territorio regionale di residenza protetta a 100-120 minuti di assistenza[14];

- cresce la consapevolezza da parte degli utenti rispetto alla ambiguità della struttura (e con aumento dei conflitti) con richieste, da un lato,  di indirizzo verso il sistema della post acuzie e dall’altro, ovvero nei casi di stabilizzazione del quadro clinico e impossibilità di rientro a domicilio, verso la residenzialità permanente[15].

La soluzione deve essere pertanto trovata al più presto, collocando le RSA anziani nel ruolo assegnato dalla normativa nazionale (da ultimo DPR 14.1.1997) e dalle indicazioni regionali (PSR 2003-2006). La definizione della funzione della Rsa permetterà così di chiarire il ruolo della post acuzie ospedaliera, della riabilitazione intensiva extraospedaliera e della residenzialità permanente. In questa area si collocano (oltre alle strutture rivolte alle persone in stato vegetativo o con gravissime insufficienze respiratorie) anche le Rsa e le Rp destinate ad accogliere entrambe malati non autosufficienti stabilizzati, ma con differenti bisogni assistenziali, che giustificano un differente standard, una maggiore quota sanitaria ed una differente retta. Vanno conseguentemente identificati gli standard assistenziali che la caratterizzano come struttura a più alta protezione sanitaria (compreso la standard dei nuclei Alzheimer), modificati i requisiti organizzativi, funzionali e strutturali della DGR 2200/2000 e ridefinito un effettivo fabbisogno aumentando di gran lunga i 1320 posti previsti.

Rimane il problema del numero dei posti di RSA collocato all’interno degli ospedali disattivati nel 1992. La situazione deve essere affrontata con determinazione e competenza.  Laddove si verifichi, ma deve essere davvero fatto,  l’impossibilità di adeguamenti strutturali (bisognerebbe peraltro capire lo stato di attuazione degli interventi previsti con i finanziamenti dell’art. 20 della legge 67/1988) che impediscono cambiamenti organizzativi tali da renderli compatibili con una effettiva RSA,  dovrebbe esserne definita la funzione e riveduta la collocazione (autorizzazione). In ogni caso il cambio di funzione non dove andare a discapito dei posti complessivi di Rsa. In alcuni casi si può anche ipotizzare  che i posti possano concorrere a determinare quelli di lungodegenza, operando però con le stesse regole della post acuzie (standard e oneri a completo carico del fondo sanitario), destinando i posti riclassificati in Rsa.

Mantenere inalterata questa situazione richiama una duplice responsabilità: politica e tecnica. L’inconsapevolezza e l’incapacità, se di questo si tratta, non è compatibile con le funzioni, le competenze e la responsabilità di una Regione. Se si tratta invece di precisa volontà, dovrebbe essere dichiarata e coraggiosamente motivata.

In tutti i casi si attende un segnale.


[1] Vedi, F. Ragaini,  Considerazioni sull’Atto di ricognizione delle strutture ospedaliere ed extraospedaliere della regione Marche, in www.grusol.it/vocesociale/17-03-09.PDF

[2] In questa sede non si affronta il tema della situazione degli anziani non autosufficienti ospiti delle Case di riposo e delle Residenze protette. Si ricorda soltanto che, scandalosamente,  degli oltre 4000 malati non autosufficienti ricoverati meno del 10% ricevono l’assistenza socio sanitaria prevista dalla normativa regionale. O per essere più precisi solo per questi il servizio sanitario paga, come da normativa, la metà del costo della retta. Per tutti gli altri o l’assistenza non viene erogata oppure l’utente paga anche parte delle prestazioni sanitarie che per legge sono gratuite. Non più dunque il 50% del costo ma il 75-95%. Per un dettagliata analisi del problema F. Ragaini, Acuzie, post acuzie, servizi residenziali e domiciliari nel sistema sanitario della regione Marche, in “Appunti sulle politiche sociali”, n. 2/2009; Nota informativa sui ricoveri in residenza protetta (RP) e residenza sanitaria assistenziale (RSA) per anziani nelle Marche, in www.grusol.it/vocesociale/17-02-09.PDF.

[3] Si elencano di seguito gli estremi delle principali norme regionali riguardanti le RSA: Del. n. 99/1992, DGR 3240/92, l.r. 36/95, Psr 1998-2000,  l.r. 20/2000, DGR 2090/2000, DGR 2200/2000, Psr 2003-2006, DGR 323/2005, DGR 704/2006. Per un’analisi complessiva: Cfr., F. Ragaini, Acuzie, post acuzie, servizi residenziali e domiciliari nel sistema sanitario della regione Marche,  in “Appunti sulle politiche sociali”, n. 2/2009; Presente e futuro delle Rsa nelle Marche, in “Appunti sulle politiche sociali”, n. 4-1999.

[4] Cfr, F. Ragaini, Le Rsa nella regione Marche, in “Appunti sulle politiche sociali”, n. 6-1996.

[5] F. Ragaini, Le residenze sanitarie assistenziali. Analisi della normativa, in “Appunti sulle politiche sociali”, n. 1-1997.

[6] Sulla situazione marchigiana si veda in particolare l’analisi della Corte dei Conti delle Marche. Si tratta del completamento dell’indagine sulla gestione del sistema sanitario della Regione Marche esercizio 2004 e primi risultati 2005. Misure consequenziali alla delibera n. 5/2005/g. La deliberazione del 13 luglio 2006 è consultabile in www.grusol.it. Si veda anche, F. Ragaini,  Sistema sanitario delle Marche e soggetti deboli. Considerazioni sull'indagine della Corte dei Conti,  in, www.grusol.it/informazioni/18-01-07.PDF.

[7]  Numerosissime sono le richieste in questo proposito da parte del Gruppo Solidarietà e del Comitato Associazioni Tutela. Tutte consultabili in  www.grusol.it/vocesociale.asp.

[8] Dgr 1322-2004, “Protocollo d’intesa regionale sulla non autosufficienza”.

[9] “Accordo con le organizzazioni sindacali sulle residenze sociali e adozione degli atti relativi alla riqualificazione delle residenze socio-sanitarie per anziani non autosufficienti”

[10] Vedi, Nota informativa sui ricoveri in residenza protetta (RP) e residenza sanitaria assistenziale (RSA) per anziani nelle Marche, in www.grusol.it/vocesociale/17-02-09.PDF.

[11] Tranne alcune eccezioni, (dopo 30 giorni se proveniente dal reparto di lungodegenza; dopo 60 se non esistono posti di lungodegenza nella Zona territoriale, ecc..)

[12] Vedi, Rsa anziani “Anni Azzurri”. Dove sono i forti, dove sono i deboli, in www.grusol.it/vocesociale/19-02-09.PDF.

[13] Vedi, RSA anziani nelle Marche. A pagamento le prestazioni anche nelle fasi intensive della malattia, www.grusol.it/vocesociale/04-03-2006.asp, Regione Marche. Aumenti delle quote alberghiere Rsa anziani, www.grusol.it/vocesociale/27-02-2006.asp.

[14]  Vedi nota  2.

[15] Sul tema dei diritti degli utenti, rimandiamo alla Guida ai diritti e alle prestazioni sanitarie e sociosanitarie predisposta dal Comitato Associazioni Tutela (CAT); scaricabile in www.grusol.it/informazioni/guida 2008.pdf.

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