Data di pubblicazione: 19/10/2010
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Riconversione della Casa di cura Villa Jolanda. Le indispensabili risposte


Fabio Ragaini, Gruppo solidarietà

La riclassificazione della Casa di Cura neuropsichiatria “Villa Jolanda”. Una riflessione su riconversioni, diritti degli utenti e ruolo delle istituzioni

L’interrogazione consiliare  37/2010 del consigliere regionale Massimo Binci (Gruppo Sinistra ecologia e libertà), riguardante la “riconversione” della Casa di cura Villa Jolanda di Maiolati Spontini (AN), offre l’occasione per ulteriori approfondimenti[1] in merito al significato della riclassificazione di alcuni dei posti della struttura. La riflessione che segue, a partire dai contenuti degli atti di riconversione (Dgr 703/2009 e 1578/2009), prende spunto dalla risposta, del 20 settembre 2010, dell’assessore alla Salute della regione Marche, Almerino Mezzolani e dalle relazioni della Zona sanitaria 5 (territorio in cui risiede la struttura) e della stessa Casa di cura. Esse vengono riportate di seguito insieme (allegato 1) alla scheda,  Le residenze protette per anziani con forme di demenza nelle Marche. Un nuovo serbatoio per la residenzialità psichiatrica? contenente anche due lettere sui contenuti della riconversione, del Comitato associazioni tutela (CAT) alla regione Marche. La riflessione affronta anche il problema del ruolo delle residenze protette rivolte a soggetti con “forme di demenza senza rilevanti disturbi comportamentali” che rischiano, se non lo sono già, di diventare il nuovo contenitore per la residenzialità psichiatrica di soggetti ultrasessantacinquenni (riclassificati in dementi).

        L’interrogazione pone due distinte questioni:

A) il significato del processo di riconversione della casa di Cura e dunque che cosa si intenda per riconversione.

B) La possibilità che per via amministrativa malati “ex manicomiali e lungodegenti a tempo indeterminato” possano essere considerati con processo automatico “soggetti dementi senza rilevanti disturbi comportamentali”.

       Entrambe le questioni appaiono di estrema rilevanza. Si pongono i seguenti problemi:

- se la riconversione promuove e produce deistituzionalizzazione oppure è funzionale al mantenimento dello status quo (tutto cambi perché nulla cambi) attraverso formali riclassificazioni.

- Il cambiamento dello status dei ricoverati: da malati  psichiatrici a soggetti “geriatrici” (anziani con forme di demenza senza rilevanti disturbi comportamentali); persone che dopo decenni di istituzionalizzazione si vedrebbero mutato sia il quadro diagnostico che quello clinico.

            Le risposte della Regione e le relazioni della Zona 5 di Jesi e della Casa di Cura

Vediamo ora come la regione Marche – supportata dalle relazioni del Dipartimento salute mentale della Zona 5 di Jesi  e della Casa di cura Villa Jolanda – ha risposto alle obiezioni formulate nell’interrogazione.

Nella risposta dell’assessore Mezzolani si fa confusione rispetto alla formulazione della prima domanda. La stessa viene riformulata al contrario: la richiesta del criterio  “sulla base del quale malati ex manicomiali e lungodegenti possano essere classificati come dementi senza rilevanti disturbi comportamentali”; viene così riscritta:  “sulla base di quale criterio malati ex manicomiali e lungodegenti senza rilevanti disturbi comportamentali possano essere classificati come dementi”. Nella risposta non viene riportata la domanda ma la sua errata riformulazione. Si afferma che la demenza colpisce anche molti anziani e tra questi anche quelli con disagio mentale. Per questo motivo viene indicata la possibilità di realizzare diverse  tipologie di risposte assistenziali che “tiene conto del fabbisogno di strutture sociali e sanitarie del territorio di riferimento”. Che la demenza colpisca soprattutto persone anziane è risaputo anche dall’uomo della strada; la questione a cui purtroppo non si è data risposta è quella dei malati che sono così da decenni a causa di malattie mentali diagnosticate da moltissimi anni. Non si tratta quindi di sessantenni o settantenni che soffrono di un declino cognitivo più o meno importante, ma di utenti ai quali all’effetto della malattia mentale si è sovrapposto, spesso peggiore del male, l’effetto della istituzionalizzazione e che ora a causa dell’età divengono “geriatrici” così da poter essere  riclassificati come “dementi senza rilevanti disturbi comportamentali”, potendo così diventare utenti in una RP demenze[2]. Disturbi comportamentali che invece, giova ribadirlo, i lungodegenti o ex manicomiali possono avere. Questo passaggio determina  a loro carico un’assunzione di oneri  pari al 50%  del costo (considerato che la tariffa fissata dalla Regione è di 80 euro; 40 a carico dell’utente o del Comune di residenza).

Rispetto invece alla necessità di posti di Rp demenze, ad oggi – fatto assai grave - è solo la Regione Marche a non riconoscerne il bisogno, considerato che attivi non ci sono neanche 100 posti su una popolazione di non autosufficienti ricoverati nelle RP e Case di Riposo  di 4200/4500. I 40 posti che si realizzeranno servono (senza ombra di dubbio!) considerato che  nel solo territorio della Zona di Jesi ci sono oltre 550 anziani non autosufficienti ricoverati nelle strutture con soli 70 posti di RP a 100 minuti. Dunque con una lista di attesa stimabile di 480 posti. Il punto è se quei 40 posti vadano messi all’interno di una Casa di cura neuropsichiatrica – seppur in un settore separato – oppure all’interno dei posti delle Rp del territorio dove sono ricoverati decine e decine di soggetti con demenza (anche con rilevanti disturbi comportamentali).

La risposta della Zona 5 di Jesi, sede della Casa di cura, cui la Regione aveva chiesto una relazione, offre un quadro preoccupante se si tiene conto che al DSM della Zona competerebbe (si usa il condizionale perché la Zona 5, nella sua nota, specifica che il Dsm ha delle competenza rispetto ai posti di RP. Competenze non indicate nelle delibere di riconversione)  la valutazione degli accessi. Vedremo comunque meglio questa parte nelle valutazioni finali.

Nella nota del DSM che risponde alle due domande della interrogazione viene affermato che i criteri con i quali gli ex manicomiali e lungodegenti possono essere trasferiti nelle RP (in quanto divenuti dementi senza rilevanti disturbi comportamentali) sono di competenza specialistica neurologica/psichiatrica. Dunque rispetto ad una richiesta di chiarimento in merito, sibillinamente  viene risposto che la questione riguarda gli specialisti; come se gli stessi fossero soggetti sopra ogni parte e dunque la loro valutazione possa prescindere da ogni criterio. Si tratta di una affermazione molto grave in quanto non possono essere le opinioni di un singolo professionista a determinare scelte che hanno ricadute importantissime nella vita delle persone. La storia ci insegna che la valutazione discrezionale del professionista non garantisce nelle scelte, soprattutto quando chi valuta è parte in causa: quella decisione determina, infatti, quanti oneri (interi o parziali) dovrà assumere il Dipartimento salute mentale della Zona. Diversamente solo l’applicazione di criteri cui ogni professionista deve attenersi può essere garanzia nella scelta.

Preoccupazione aggravata dalle affermazioni successive che pare opportuno riportare per intero: “Sottolineato che la maggior parte di tali degenti non eseguono ricoveri e non richiedono interventi/consulenze  urgenti specialistiche dal nostro servizio da moltissimi anni, condizione questa che li compara alle degenze di tipo geriatrico con assistenza di base inquadrabile nella tipologia di utenza non psichiatrica”. Dunque secondo il DSM della Zona 5 di Jesi, un malato ricoverato in una Casa di cura psichiatrica convenzionata con il servizio sanitario nazionale è utente psichiatrico solo nel momento in cui richiede consulenza urgente specialistica o interventi al DSM. Se non lo fa, ovvero se non si presentano problematiche tali da richiedere questo intervento, siamo in presenza di utenza non psichiatrica. Dovrebbero, a questo punto,  essere accertate  le responsabilità per il ricovero ed il mantenimento  presso una struttura neuropsichiatrica (fino a ieri addirittura con posti ospedalieri) di soggetti “non psichiatrici”.  Non è difficile intuire le ragioni delle nostre  preoccupazioni.

La relazione dello stesso DSM aggiunge di conseguenza che il nuovo modulo (le RP) sarà quindi equiparabile a qualunque altra struttura sociale che prevede una quota a carico del Ssn e dell’utente. Si specifica successivamente: “le due quote saranno negoziate tra le Zone territoriali di provenienza degli ospiti e la Casa di cura tramite opportuna convenzione. Gli invii fatti dai vari servizi sanitari devono avere il nulla osta del DSM di codesto dipartimento. Quanto suddetto è già prassi consolidata nella nostra Zona 5 con due strutture autorizzate con la stessa legge ‘Soteria’ dal 1993 e ‘Villa Ricci’  specifiche per soggetti che necessitano di interventi di tipo residenziale/riabilitativo”.

Dalle affermazioni si evince che l’accesso ai posti di RP demenze – che la normativa assegna alle Unità Valutative Distrettuali (UVD) – deve passare attraverso autorizzazione del DSM di Jesi e che gli oneri di tali ricoveri verranno negoziati tra le Zone territoriali invianti e la Casa di Cura. Se così fosse saremmo di fronte ad una ulteriore anomalia rispetto alla regolamentazione delle RP (comprese quelle per demenze), la quale prevede che l’accesso sia disposto dalle UVD – senza previa autorizzazione di chicchessia – e che la retta sia pagata al 50% tra Zona di residenza e utente (se i redditi sono insufficienti interviene il Comune; è forse anche il caso di non utilizzare impropriamente il termine “ospite”, richiamando più realisticamente quello di utente o ricoverato).

Ritorna il problema di fondo: gli utenti che accederanno a questa struttura sono difficilmente compatibili con quelli di una RP demenze. Non è un caso che lo standard assistenziale di questi posti sia diverso da quello previsto per questa tipologia di residenza; si prevede infatti: uno standard infermieristico giornaliero quasi doppio rispetto a quello per le RP: 36 minuti  invece di 20; la presenza di 18 minuti di educatore al giorno, sostanzialmente una presenza diurna continuativa;  una riduzione cospicua della figura dell’Oss: 54 invece di 100. La RP si avvarrà inoltre - seppur senza indicazione di standard - di psicologo e di psichiatra.

 Ritorna il problema della coerenza tra autorizzazione e funzione che evidentemente si tenta di superare con ibridi se non subdoli escamotage. Ciò è rinforzato dal riferimento alla convenzione della Zona 5 con le due strutture citate. Il Dsm e la Zona 5 non sanno, o dimenticano, che quelle comunità non sono destinate a soggetti che necessitano di interventi residenziali di tipo riabilitativo (altre sono le strutture previste per quella funzione nella nostra Regione) come erroneamente viene detto. Sono comunità alloggio “con funzione di accoglienza abitativa caratterizzate da bassa intensità assistenziale e sono destinate a soggetti autosufficienti privi di un valido supporto familiare”. Nello specifico, le comunità alloggio per persone con disturbi mentali “si caratterizzano per essere rivolte a soggetti con un alto livello di autosufficienza ed un residuo minimo di bisogno assistenziale di tipo sanitario; le comunità sono parzialmente autogestite, collegate se necessario con un servizio di assistenza a carattere domestico e con i servizi territoriali del DSM”. Come si può verificare anche in questo caso siamo in presenza di incoerenza tra classificazione e funzione. Un quadro di confusione incoraggiato e alimentato dalla incapacità programmatoria della Regione Marche e sostenuta dalle prassi di molte Zone territoriali. Quella di Jesi ne è capofila[3]. Una prassi che crediamo, quindi, non vada presa a modello.

Infine nella relazione della Casa di Cura Villa Jolanda[4], si specifica che i 40 posti di RP (per un’analisi dei posti complessivi precedenti e successivi alla riconversione, vedi allegato 1. I posti accreditati erano 72, sembrerebbero ora diventare 80: 40 + 40) ricomprenderanno “in primo luogo anche l’ex residuo manicomiale e situazione a tempo indeterminato assimilabili con retta di lungodegenza”. Si specifica inoltre che questi pazienti (indicati in numero di 30) anche se “stabilizzati e quindi con degenza a tempo indeterminato sono tutti di una gravità tale da non poter essere ospitati né in Case di Riposo[5] o in strutture residenziali analoghe, tanto che il livello assistenziale è identico a quello dei post acuti. Normalmente vengono ricoverati in questo Settore tutti quei pazienti di natura psichiatrica che non possono trovare una diversa sistemazione altrove. Ovviamente la valutazione circa l’ammissibilità di tali pazienti è di stretta competenza del DSM di provenienza, ai quali finora ha fatto carico l’intera retta di degenza, così come sarà di loro competenza in futuro la valutazione della distinzione tra dementi e pazienti psichiatrici e quindi la determinazione dell’eventuale quota sociale  a carico degli stessi”.

         Anche in questa relazione emergono aspetti già presenti nella relazione del DSM riferiti al ruolo di quest’ultimo per l’ammissione alla RP; la struttura aggiunge inoltre che attualmente il livello assistenziale dei cosiddetti “lungodegenti” che diverranno utenti delle RP è lo stesso di quello dei post acuti (dovrebbe però spiegare perché le rette differiscono di circa 45 euro, quasi il 30% in meno).

            Questioni che necessiterebbero di risposte esaurienti

L’interrogazione, così come le richieste, mai riscontrate, delle associazioni riportate nell’allegato 1, chiedeva chiarimenti in merito al cosiddetto processo di riconversione, così come definito dalle dgr 730/2009 e 1578/2009.

La risposta della Regione - supportata dalle relazioni della Zona territoriale 5 di jesi e della Casa di cura – appare incapace di rispondere alle due questioni poste dalla interrogazione: effettiva riconversione e criteri sulla base dei quali soggetti psichiatrici (di competenza del Ssn) diventano per via amministrativa geriatrici con trasferimento di competenze al settore sociale attraverso un servizio sociosanitario (retta a carico degli utenti per il 50% del costo).

A seguito della risposta data si pongono le seguenti considerazioni e domande:

- non è chiaro, a riconversione ultimata, con quale regole avverrà il passaggio dei 30/32 “lungodegenti”, nelle RP (indicata nella dgr 1578/2009, ma non sufficientemente chiara). Per questi in automatico scatterà il pagamento della quota sociale al 50% oppure saranno le Zone di appartenenza a definire – a seguito di valutazione – se questi rimarranno pazienti psichiatrici (retta intera a loro carico) o geriatrici (retta compartecipata al 50% tra Zona e utente/comune)? La relazione della Zona 5 sembra ipotizzare che per ogni utente vi sarà negoziazione circa la quota a carico che potrebbe essere, nel caso dei geriatrici,  anche diversa da ripartizione al 50%.

- I Comuni che, presumibilmente, si troveranno a dover assumere oneri per malati che fino a ieri erano di esclusiva competenza sanitaria, ritengono di dover subire passivamente questa situazione o ritengono che la questione non li riguardi?

- Nella relazione del Dsm della Zona 5, confermata anche da quella della Casa di cura, si specifica che per ogni nuovo accesso nel modulo RP, dovrà esserci nulla osta da parte dello stesso. Nessuna norma stabilisce  - né potrebbe farlo a meno che non si tratti di strutture psichiatriche, come non è una RP demenze -  che per accedere in queste strutture sia necessario il nulla osta del Dsm proprio perché non vengono accolti soggetti con patologia psichiatrica. O forse per il Dsm di Jesi, il cosiddetto “secondo settore” rimane pur sempre una residenzialità psichiatrica ora ridenominata Rp demenze? Quale sarebbe dunque il ruolo delle UVD nell’ammissione dei malati? Cambiano le regole stabilite dalla dgr 1578/2009?

- E’ stata già fatta notare l’anomalia riguardante lo standard assistenziale che dimostra che i posti di questa struttura non possono considerarsi assimilabili a quelli di una Rp demenze;  e infatti – a conferma di quanto scritto nelle relazioni – questi posti continueranno ad essere occupati da pazienti psichiatrici: inizialmente, in maggior parte dai cosiddetti “lungodegenti” e successivamente, con grande probabilità, da quelli che ricoverati negli altri moduli (Rst e Srr) della Casa di cura necessiteranno ancora di ricovero allo scadere dei tempi massimi di permanenza previsti (circa un anno).

 Per tutte  le altre questioni (diritti degli utenti, riconversione e deistituzionalizzazione)  rimandiamo ai contenuti dell’allegato 1 insieme alle considerazioni esposte nella presentazione delle parti più significative ogni singola relazione (Regione, Zona 5, Casa di Cura). Pare evidente che situazioni di questo tipo possono cambiare nella sostanza (effettive riconversioni) solo se sostenute e alimentate da significative spinte dal basso. Non è questo il caso.

La riconversione nasce, infatti,  dalla esclusiva necessità della Regione di riclassificare (riteniamo giustamente) immotivati posti ospedalieri in extraospedalieri. Non certo per promuovere percorsi di deistituzionalizzazione. Processi, che quando si avviano, tendono a ledere interessi forti e consolidati. Devono dunque essere supportati da grande motivazione che chi amministra la cosa pubblica non sembra possedere in maniera adeguata. Motivazioni che non paiono abbondare nei servizi di psichiatria, anche quelli che vorrebbero porsi come avanguardia. O forse si ritiene che di questi “residui” non sia poi così importante occuparsi e magari preoccuparsi. Ed anzi che questi indifferenziati contenitori in definitiva siano utili.

 Ciò che infine, deve far riflettere è l’assenza di un associazionismo di “categoria” determinato a battersi per questi temi. Il silenzio – o peggio le giustificazioni - di tutti i soggetti che a vario titolo si occupano di questi temi (associazioni di familiari in testa) è emblematico della stagione che viviamo.

In ogni caso non è un buon motivo per non continuare ad impegnarsi per ciò che si ritiene giusto.

18 ottobre 2010


Al Presidente del Consiglio Regionale

S e d e

DGR 1578-2009. Riconversione casa di cura Villa Jolanda.

I N T E R R O G A Z I O N E

Il sottoscritto consigliere regionale,

Premesso che

- con dgr 730-2009 la Regione ha definito un percorso di riconversione della Casa di cura neuropsichiatrica “Villa Jolanda” che prevedeva la riclassificazione di alcuni posti  che venivano trasformati in residenza protetta per soggetti con forme di demenza secondo le disposizioni della legge 20/2002

- Con  dgr 1578-2009 è stato stilato un protocollo d’intesa con la stessa struttura nel quale si definisce la riorganizzazione della stessa prevedendo che o pazienti ex manicomiali e lungodegenti a tempo indeterminato verranno trasferiti nel modulo che trasformato in residenza protetta

considerato che

- la residenza protetta (legge 20/2002) è destinata a soggetti con forme di demenza senza rilevanti disturbi comportamentali, che in queste strutture la tariffa fissata dalla regione è di 80 euro al giorno suddivisa al 50% tra servizio sanitario e utente  e/o Comune di residenza

- non appare assolutamente assimilabile la condizione dei pazienti ex manicomiali e lungodegenti a tempo indeterminato con quella di soggetti anziani con forme di demenza senza rilevanti disturbi comportamentali tanto che lo standard assistenziale previsto nella delibera è nettamente diverso da quello di una RP demenze

ritenuto che

- tale decisione lede i diritti dei malati psichiatrici alle cure sanitarie trasformando gli stessi con un atto amministrativo in dementi (si veda la nota in proposito del Comitato associazioni tutela del 19 ottobre  2009)

- tale scelta produrrà importanti ricadute sui malati e loro familiari che si vedranno assoggettare oneri mensili di circa 1200 euro

- tale processo di riconversione non muta nella sostanza il modello istituzionale della struttura non prevedendo alcun processo di effettiva riconversione e deistituzionalizzazione

interroga il Presidente della Giunta Regionale

- per sapere sulla base di quale criterio malati ex manicomiali e lungodegenti possano essere classificati come dementi senza rilevanti disturbi comportamentali

- per  chiedere se non ritenga opportuno rivedere gli atti sopra citati nella logica di effettivi percorsi di riconversione e deistituzionalizzazione.

 

[1] Il tema è stato già affrontato in diverse occasioni. Per un approfondimento vedi anche  Le residenze protette per anziani con forme di demenza nelle Marche. Un nuovo serbatoio per la residenzialità psichiatrica?, in www.grusol.it/vocesociale/10-06-09.PDF; il testo e le lettere inviate alla Regione a seguito della riconversione dal Comitato associazioni tutela (Cat), sono riportate in appendice al seguente testo.

[2] Ricordiamo che la fortemente  lacunosa normativa marchigiana prevede nuclei Alzheimer (la cui tipologia di utenza insieme agli standard assistenziali non  sono mai stati definiti) all’interno delle Rsa anziani.

[3] Non è questa la sede per approfondire la questione. Rimandiamo ad una nostra precedente analisi “Nulla osta. Le norme e le prassi. A proposito delle comunità alloggio per persone con disturbi mentali”, in www.grusol.it/vocesociale/13-05-10.PDF; vedi anche,  “La programmazione perduta. Le comunità protette per persone con disturbi mentali nelle Marche”, www.grusol.it/vocesociale/02-07-10.PDF.

[4] Secondo le risultanza della dgr 1334/2010 il costo dei 72 posti della struttura per l’anno 2010 è pari a 4.017.034 euro. Per 42 posti la tariffa è di 171,60 euro al giorno; per i restanti 30 (residuo manicomiale/lungodegenti) è di 126,42 euro.

[5] Alla direzione della struttura forse ancora non è noto, ma lo dovrebbe visto che deve autorizzare posti di residenza protetta per anziani ai sensi della legge 20/2002, che la stessa legge disciplina anche i requisiti delle Case di Riposo destinate ad anziani autosufficienti (art. 6, comma 3).


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