Articolo di Appunti (Accesso libero)
Articolo pubblicato sul numero 238, 1/2022
gennaio-marzo 2022
Volontariato, solidarietà, democrazia
Tiziano Vecchiato
Tipologia: Articolo
La Costituzione non vuole un volontariato accomodante ma un volontariato esigente. Il volontariato non ha paura delle scelte controcorrente, sa che le sfide minoritarie aiutano ad affrontare i problemi, come avviene per le gemme in primavera, quando si fanno strada nel freddo, con tutta la forza che la pianta mette a loro disposizione.
Un problema di coscienza
Nella seconda metà del Novecento i volontari hanno testimoniato una socialità generosa e solidale, denunciando le contraddizioni, le criticità e chiedendo a tutti di farsi carico dei problemi. Lo hanno fatto per ragioni costituzionali «l’adempimento degli inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale» (arti. 2). Era il loro modo di immaginare il futuro sociale, testimoniandolo e mantenendo la giusta distanza dal potere. Nasceva da una diffusa domanda di lotta alle disuguaglianze e da una cultura di pace, che insieme incoraggiavano la possibilità di obiettare e rivendicare nuovi modi di essere solidali, partecipativi, democratici.
La spinta veniva anche dall’art. 4 della Costituzione: «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». L’appello non riguardava solo i volontari ma tutti. Il volontariato ha cercato di anticipare la strada, perché altri potessero percorrerla, contrastando il degrado sociale e ambientale. La scelta di essere minoranze attive ha significato pagare di persona. Ma negli anni, la politica ha imparato a coesistere con queste domande e a sedurle offrendo risorse, che avrebbero potuto rendere tutto più accomodante e meno indipendente.
I profeti del nuovo volontariato hanno prefigurato questo rischio e allertato i centri di responsabilità interessati. Ma, come i torrenti che diventano fiumi, anche le acque impetuose del volontariato, dopo la fase iniziale di asperità e creatività, hanno dovuto affrontare le criticità del diventare fiumi più lenti e di pianura. Per molti giovani la miscela di impegno politico e volontariato ha significato pensare diversamente per cambiare, crescendo in altrettante palestre di cittadinanza e partecipazione. Don Giovanni Nervo insisteva sull’importanza di questa esperienza, che anticipava il futuro allenando le nuove generazioni a costruirlo con stili di vita condivisi. Le norme sul volontariato e sul terzo settore dagli anni 90 del Novecento hanno dato riconoscimento a questa energia sociale, accettando il rischio di standardizzarla e mettendo alla prova la sua vitalità sociale.
Solidarietà da armonizzare
Giacomo Panizza (2021) nel volume “L’azione volontaria. Dono fraternità e bellezza” (Vecchiato 2021) ha descritto il percorso che dagli anni ‘70 del 900 ha visto il nuovo volontariato condividere valori, strategie e rappresentanza. Si è posizionato nell’area dei beni comuni, dei bisogni umani fondamentali, della tutela ambientale e culturale. Sapeva che l’impegno nato da tante storie di umanità avrebbe potuto interpretare una carità molto particolare, quella che prepara la giustizia. Il bilanciamento delle capacità è nel tempo diventata questione strategica. L’aveva evidenziata secoli prima san Francesco, descrivendo la gratuità e la fraternità come capitali di partenza, doni fruttuosi, beni non cumulabili che generano amore e ricchezza più grande. È un capitale che non si presta allo scambio equo, perché il dono è conveniente per chi lo effettua, per chi lo riceve e per quanti lo rendono possibile.
Nei dialoghi che compongono la “Carta dei valori dell’azione volontaria” (Vecchiato 2021) molti hanno espresso l’esigenza di ripartire da questi fondamentali, mettendo al centro il rapporto tra volontariato e gratuità. La gratuità è forza per rivendicare giustizia, umanità donata. Quando il volontariato è così, non è più una specie sociale posizionabile in un settore, ma un modo di vivere e di essere inclusivi. Non è una parentesi di bontà, ma umanità che si riproduce nei gesti quotidiani, rigenerando la vita di tutti, rendendola più bella e sostenibile. Ma bisogna affrontare il difficile passaggio dall’io al noi. Inizia nel volontariato per proseguire nella cittadinanza fraterna. Giuliano Amato (2020, p. 380) ne parla così: «Il volontariato si prende cura dei deboli e finirebbe per privare di senso la propria missione se, potendolo fare, non si prendesse cura di una debolezza della sua stessa democrazia, che, non curata, potrebbe aprire la strada a una torsione maggioritaria e quindi autoritaria, con conseguenti intolleranze e discriminazioni che di tale missione sarebbero la negazione radicale.»
Virtù sociali
L’azione solidale nasce da scelte personali libere da condizionamenti. Le virtù sociali mettono radici in questa umanità, unificano i tempi della vita senza separarli tra attività quotidiane e tempo del volontariato. Il volontariato non ha paura delle scelte controcorrente, sa che le sfide minoritarie aiutano ad affrontare i problemi, come avviene per le gemme in primavera, quando si fanno strada nel freddo, con tutta la forza che la pianta mette a loro disposizione. Il principale ostacolo non è il freddo ma la freddezza che sterilizza e scoraggia la socialità. Serve solidarietà calda, fatta di intelligenza condivisa con risposte originali per affrontare le difficoltà umane. Per molti giovani queste esperienze nascono da assaggi di umanità. Nel tempo diventano prove di solidarietà e scelte di vita. Nei loro racconti emerge l’interesse per la gratuità, quella già sperimentata in famiglia. Le virtù dell’azione volontaria sono espresse nei quattro dialoghi della Carta dei valori su giustizia, carità, fraternità, generazioni per costruire il passaggio dall’io al noi.
Sono virtù imperfette, nascono dal riconoscimento che “da soli non è possibile”, non è un limite ma un vantaggio perché l’incontro con l’altro diventa conveniente e umanamente generativo. È come un vaccino che aiuta a contrastare i modi conflittuali di affrontare i problemi. Molti volontari hanno descritto gli incontri liberati dalla diffidenza, dalle dinamiche di superiorità/inferiorità, da quello che separa. La riduzione del potere nelle relazioni fa spazio alla prossimità, al condividere la bellezza umana e sociale. Il volontariato non è esente dalle relazioni conflittuali che emergono anche tra organizzazioni di volontariato quando competono per accedere ai fondi. La politica aspetta questi momenti per sedurre con le proprie risorse. Ma sono difficoltà che aiutano a comprendere lo stretto legame che collega l’impegno sociale con l’impegno politico (Pasini 1995).
Futuro da costruire
Molti volontari dicono che le loro domande sono ostacolate dalla scarsità di risorse. Nello stesso tempo sanno che questa giustificazione nasconde la possibilità di diventare strumenti che riducono le inefficienze pubbliche. Così facendo il volontariato diventa un mezzo e non un soggetto. La Corte Costituzionale ha considerato questo problema nella sentenza n. 131 del 2020: «… Si è identificato così un ambito di organizzazione delle ‘libertà sociali’ (sentenze n. 185 del 2018 e n. 300 del 2003) non riconducibile né allo Stato, né al mercato, ma a quelle ‘forme di solidarietà’ che, in quanto espressive di una relazione di reciprocità, devono essere ricomprese ‘tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente» (sentenza n. 309 del 2013).
Sono parole che esprimono una chiamata alla cittadinanza rivolta ad ogni persona, non parlano a un settore ma all’intera società (Vecchiato 2020). Le capacità da ogni persona mettono a disposizione le volontà necessarie per vincere la sfida. Non è una chiamata all’eroismo sociale, ma ad aggregare responsabilità per traguardi condivisi di bene comune. I volontari mentre alimentano la partecipazione criticano chi è si preoccupa di fare senza proporre. Ammettono che l’indebolimento dell’azione politica del volontariato è un grande problema. Sono convinti che non bisogna diventare conniventi con la politica e anche con il terzo settore, se utilizza impropriamente il volontariato. Sono preoccupazioni che l’associazione Luciano Tavazza sintetizza in una domanda «La solidarietà è un reato? Le nuove profezie del volontariato» (Frisanco 2020). Segnala in questo modo i rischi di burocratizzazione dei centri di servizio e i rischi di collateralismo e subalternità. Anzi denuncia il neoliberismo culturale e l’adattamento alle pratiche che riproducono anche nel terzo settore, vecchie forme di para-stato.
Sono parole forti, che evidenziano la difficoltà di essere ascoltati. Chi le propone le associa a quattro grandi potenzialità: la cultura della solidarietà sociale radicata nei territori; l’impegno per la profezia che anticipa le innovazioni possibili; il bilanciamento tra scelte identitarie e scelte organizzative più flessibili; le nuove forme di rappresentanza e di tutela dei più deboli. Sono quattro punti cardinali che compongono la bussola del volontariato attuale. Sono arricchiti dalla grande cultura del dono fonte di dignità e umanità, che chiede ad ogni cittadino di promuovere l’incontro tra diritti e doveri “a tempo pieno”. In questa luce, l’azione volontaria ha gli stessi problemi delle migrazioni. I migranti, quando arrivano in nuove terre, possono incontrare persone poco disposte a dare accoglienza e cittadinanza ai diversi da loro. Succede ai volontari, quando lottano per l’innovazione sociale. Non sempre vengono capiti e ascoltati per quello che propongono. Sperimentano cosa succede ai socialmente diversi quando chiedono di migrare verso nuovi modi di essere società. Per loro significa costruire mondi nuovi, più inclusivi. Per quelli che non li capiscono significa difendersi dai diversi e da quello che propongono. Ma la solidarietà non è un reato, per i volontari è la costante fatica quotidiana di proporre anche senza essere compresi, facendo e testimoniando.
Perché una nuova carta dei valori?
Il problema non è sostituire il bello e il buono della storia del volontariato. Non è riducibile a questioni identitarie e di primogenitura dei custodi dell’ortodossia, ma di attualizzazione dei valori nella storia attuale e futura. I giovani infatti hanno espresso la convinzione che «identità» non significa «identico», ma interpretabile riconoscendo ad ogni generazione questa responsabilità. Non si tratta di modificare i valori fondativi del volontariato, ma di attualizzarli e rilanciarli. Servono, come in passato, palestre di nuova cittadinanza. Da molti sono state vissute come chiamata costituzionale a reinterpretare il rapporto tra solidarietà e giustizia. I quattro dialoghi che compongono la Carta dei valori sui temi della giustizia, carità, fraternità, generazioni esprimono il senso di una ricerca che durante il 2020 ha parlato anche di democrazia scossa da spinte populiste e divisive.
Perché allora una nuova carta dei valori? L’anno di Padova capitale europea del volontariato è diventato l’anno inaspettato per una riflessione nazionale sul futuro del volontariato. I dubbi li ha dissolti il presidente Mattarella, il 7 febbraio 2020 a Padova: “Il volontariato è una energia irrinunziabile della società. Un patrimonio generato dalla comunità, che si riverbera sulla qualità delle nostre vite, a partire da coloro che si trovano in condizioni di bisogno, o faticano a superare ostacoli che si frappongono all’esercizio dei loro diritti… Al contrario, la dimensione della gratuità, unita alla responsabilità civica e a un forte desiderio di condivisione, produce riflessi e crea interrelazioni con ogni altro ambito della vita sociale… È stato ricordato Monsignor Giovanni Nervo, padre della Caritas Italiana, e poi della Fondazione Zancan: con lui ha lavorato a lungo un altro padovano mite e instancabile, Monsignor Giuseppe Pasini. Per loro, e per tanti intorno a loro, carità e giustizia sono sempre state un binomio inscindibile e l’aver posto al centro del loro impegno il contrasto alla povertà ha aiutato tutto il volontariato italiano a sentirsi costruttore incessante di quella solidarietà sociale che è iscritta nei principi di fondo della Costituzione repubblicana”.
Come sottrarsi a un invito così chiaro e forte? I dubbi avrebbero evidenziato che il volontariato non era pronto per questa sfida, che la sua rappresentanza era titubante, che si sarebbe persa un’occasione irripetibile. La natura del volontariato è libertà e coraggio. Nicolò Lipari quarant’anni fa lo aveva sostenuto: il volontariato non è uno status da codificare ma qualcosa di vitale, che non si può regolamentare e cristallizzare in un presente senza futuro.
Come bilanciare il giuridico con il valoriale? Come bilanciare i valori di vent’anni fa con quelli dei prossimi anni? In passato tutto questo è avvenuto come un torrente impetuoso di fraternità e giustizia, dove i protagonisti hanno condiviso principi e valori fondativi. Dopo vent’anni tante cose sono cambiate. I valori del volontariato sono nella sua costituzione e in quella italiana, non cambiano ma chiedono di essere reinterpretati ricordandosi che il volontariato non è un sottoinsieme di un settore, ma un genoma di nuova socialità
La Costituzione non vuole un volontariato accomodante ma un volontariato esigente. Don Giovanni Nervo ci ha insegnato a valorizzare i dubbi che aiutano a trovare soluzioni, riconoscendo le gemme del cambiamento sociale. Li ha espressi con domande provocatorie: Ha un futuro il volontariato? (Nervo 2007); Obiettori: imboscati o profeti? Contengono sfide che hanno messo al mondo qualcosa di nuovo. Per il volontariato vitalità è gratuità, è innaturale metterla in discussione, è il suo fondamento. I tentativi di sostituire la gratuità con “l’esclusivo scopo di solidarietà sociale” hanno messo in luce la necessità di ripartire dal questo valore integrale, chiedendo di mettere in discussione le remunerazioni che mortificano la dignità del lavoro e la dignità del volontariato. La nuova carta dei valori dell’azione volontaria riparte da queste radici. Con le sue proposte le ha rinvigorite e incoraggiate a investire in un futuro più inclusivo per tutti.
Riferimenti bibliografici
- Amato, G. (2020), Ma cosa è successo alla democrazia?, Rivista di scienze dell’educazione, 3, pp. 370-381.
- Frisanco, R., (2020) a cura di, La solidarietà è reato? Le nuove profezie del volontariato, Associazione Luciano Tavazza, Roma, CSV Lazio.
- Nervo, G. (2007), Ha un futuro il volontariato?, Bologna, EDB.
- Panizza, G. (2021), Lo spartiacque è la solidarietà in Vecchiato T. (2021) a cura di, L’azione volontaria. Dono fraternità bellezza sociale, Bologna, il Mulino pp. 21-35.
- Papa Francesco (2020), Enciclica «Fratelli tutti» sulla fraternità e l’amicizia sociale, Città del Vaticano, Libreria Vaticana.
- Pasini, G. (1995), Cosa intendiamo per ruolo politico del volontariato, in «Servizi Sociali», 1, pp. 21-25.
- Vecchiato, T. (2020), Il welfare generativo: modellizzazione e realizzazione, in Moruzzi M. e Prandini, R. (2020), Modelli di welfare. Una discussione critica, Milano, Angeli, pp. 113-132.
- (2021) a cura di, L’azione volontaria. Dono fraternità bellezza sociale, Bologna, il Mulino