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Articolo pubblicato sul numero 237, 4/2021
ottobre-dicembre 2021

Ieri, oggi e domani del volontariato

Fabio Ragaini

Gruppo Solidarietà

Tipologia: Articolo


Qual è lo stato di salute del volontariato? E' capace di di portare con convinzione all'attenzione pubblica temi, istanze e problemi? E' capace di tenere insieme analisi, proposta, valutazione delle politiche, capacità di mobilitazione e coinvolgimento della comunità in cui opera? Mantiene una sua caratterizzazione e specificità all'interno del "terzo settore"?

Il testo con leggeri riadattamenti è stato pubblicato nel volume curato da Tiziano Vecchiato, L’azione volontaria. Dono, fraternità bellezza sociale; Il Mulino 2021. Si tratta del contributo del Gruppo Solidarietà al percorso che ha portato alla costruzione della Carta dell’azione volontaria (2021). Vedi anche, T. Vecchiato, Ripartire dai valori, Studi Zancan, n. 1/2023, pag. 23.


In premessa, ritengo che la Carta dei Valori 1 mantenga intatta la sua validità, in particolare tutta la parte relativa ai “Principi fondanti”. Ciò che forse è cambiato, in questi anni, è la nostra capacità di essere fedeli, come associazioni 2, a quelle indicazioni e quei principi ispiratori.
Gratuità, giustizia, partecipazione, cittadinanza, radicamento territoriale, bene comune, tutela dei diritti e della dignità delle persone, lotta alla disuguaglianza, centralità della persona, nell’orizzonte dei valori della Costituzione. Sono ancora gli obiettivi caratterizzanti le organizzazioni di volontariato?
Rispetto a questi “valori e prospettive” qual è lo stato di salute del volontariato? E’ capace di stimolare il pensiero pubblico e di portare con convinzione all’attenzione temi, istanze e problemi? E’ capace di tenere insieme analisi, proposta, valutazione delle politiche, capacità di mobilitazione e coinvolgimento della comunità in cui opera? Mantiene una sua caratterizzazione e specificità all’interno del “terzo settore”? Non si tratta di questioni nuove, ma di domande che, credo, ci debbano interrogare permanentemente.
Quali condizioni sono necessarie per esercitare queste funzioni? Come si possono raggiungere questi obiettivi nel momento in cui ogni organizzazione deve confrontarsi anche con la “debolezza strutturale”, determinata dall’attività volontaria degli aderenti?

Alcuni aspetti

La configurazione giuridica delle associazioni e delle singole persone, l’essere volontari, non determina automaticamente che gli obiettivi siano comuni. Sui contenuti si vanno a definire le alleanze. Ieri come oggi, si possono praticare “attività”, sganciate da obiettivi di giustizia sociale, pari opportunità, uguaglianza, promozione dei diritti. Si può appartenere alla stessa “categoria giuridica”, avendo visioni della società, della cittadinanza, del ruolo delle istituzioni radicalmente diverse. Ci si può rapportare con le Istituzioni esclusivamente per chiedere sostegno per le proprie attività e iniziative, ma non per sollecitare maggiore attenzione ed impegno nei confronti delle persone, per una migliore qualità di vita e per l’attuazione di una diffusa giustizia sociale.
La peculiarità del volontariato, impegnato nella prospettiva del bene comune, dovrebbe essere quella - sganciato da interessi specifici, ad esempio gestionali, di tipo più o meno pesante - di promuovere risposte adeguate alle esigenze delle persone. In questo senso il radicamento nella comunità è caratteristica fondante della sua azione. E’ impegnato a tessere reti nella consapevolezza che una comunità attenta e partecipe è condizione per il benessere di tutti. Il lavoro associativo nasce e si nutre nel rapporto, non paternalistico, con le persone. Intercetta istanze ed esigenze, stimola le persone, quando possono, a rappresentarsi e le rimette all’attenzione della comunità. In questo il volontariato può rappresentare un formidabile promotore nella difesa dei diritti dei più deboli. Per l’esercizio di questa funzione occorre che il rapporto con le istituzioni sia libero da vincoli economici o che comunque quelli presenti non intacchino l’autonomia della organizzazione. Se la vita delle associazioni dipende dal finanziamento pubblico, diventa difficile mantenere la libertà necessaria nella interlocuzione istituzionale.

L’azione volontaria è sempre politica. Un esercizio che si può declinare in maniere del tutto diverse. C’è un lavoro con la comunità e con le istituzioni, finalizzato da un lato a far crescere la consapevolezza rispetto alle necessità, dall’altro a promuovere e sollecitare risposte adeguate alle esigenze. “Ieri, oggi e domani” questo rimane uno snodo delicatissimo nel rapporto tra volontariato e istituzioni. Se l’Istituzione non risponde e si mostra disattenta, al volontariato è chiesto di porre con forza le istanze delle persone con cui lavora, promuovendo risposte che si sviluppino all’interno di politiche inclusive. In questa prospettiva il “lavoro locale” apre orizzonti più ampi: il riferimento non sono più solo le persone con le quali operi, ma quanti possono vivere la medesima condizione, anche se non vi è un contatto diretto. Il riferimento passa dalle istituzioni territoriali a quelle regionali e nazionali. Le politiche praticate sono nell’orizzonte dell’inclusione o in quello della separazione? Promuovono servizi aperti e incardinati nella comunità o sostengono modelli custodialistici e istituzionalizzanti? Si investe nei servizi territoriali di presa in carico e accompagnamento o si alimentano modelli prestazionistici, disinteressati ai contesti ed all’orizzonte inclusivo?
Una scuola di cittadinanza. L’esperienza di volontariato può dunque diventare per le persone un’importantissima scuola di cittadinanza. Un luogo di reciprocità, nel quale salta la dinamica tra chi dà e chi riceve. Si sviluppa piuttosto un contesto relazionale che aiuta tutti (sia come persone che come organizzazioni) a crescere. Per le organizzazioni il riferimento non sono “le attività”, ma le persone con cui e per cui si lavora. Un aspetto su cui porre molta attenzione mi pare quello del coinvolgimento e della partecipazione dei giovani. Se ripensiamo all’inizio del nostro percorso di volontariato, comprendiamo bene quanto i giovani abbiano necessità di fare esperienza: si avvicinano alle organizzazioni con il desiderio di “fare qualcosa”, di mettersi a disposizione, ma anche di sperimentare dinamiche partecipative. Allo stesso modo hanno necessità di accompagnamento. Sono percorsi non semplici, per motivi diversi, sia per le grandi che piccole organizzazioni. A ciò si aggiunga un altro aspetto, caratteristico degli ultimi anni: la precarietà lavorativa dei giovani. Difficile organizzare il proprio tempo libero, quando non solo il lavoro non è definitivo, ma è anche caratterizzato da una strutturale instabilità oraria. Se ripenso alla nostra storia, la stabilizzazione delle “attività” del Gruppo negli anni ottanta è avvenuta di pari passo con la stabilità lavorativa di molti di noi.

Le competenze. L’attenzione alle persone fa crescere anche le competenze. Non di tipo tecnico, ma come capacità di cercare e costruire soluzioni rispettose del contesto e delle persone stesse. Quando si instaurano dinamiche di attenzione, si è impegnati a cercare soluzioni ed avanzare proposte. Scatta la ricerca di competenze al fine di affinare la capacità di lettura e la percorribilità di proposte e intuizioni. Si sviluppa una maturazione che produce, di conseguenza, reti, collegamenti che possono sfociare in coordinamenti o comitati su obiettivi specifici (ad esempio la risposta a determinate esigenze) o più generali (lavoro di analisi, valutazione) ai diversi livelli territoriali.
In occasione del trentennale della nostra associazione 3 nel tentativo di ripercorre il nostro percorso così concludevamo la nostra riflessione: “Abbiamo dunque tentato di apprendere ad essere dei cittadini; perché un buon cittadino è anche un buon volontario; colui che fa politica, quella limpida ed autentica esclusivamente orientata al bene comune. In questo senso speriamo che questo lavoro con le persone, ci abbia reso migliori, più attenti, più capaci di ascolto, più consapevoli dei nostri limiti, più certi che dietro alcune supposte mancanze si celano grandi possibilità. In una parola più umani”. Un auspicio che, mi sembra, continua a rimanere valido.   

Per approfondire
- L. Fazzi, Ha senso un terzo settore senza un’idea di giustizia?, Appunti sulle politiche sociali, n. 3/2016.
- F. Ragaini, Advocacy e volontariato, Studi Zancan, n. 5/2011.
- C. Gori (a cura), Fare advocacy nel welfare in Italia. L’esperienza del Gruppo Solidarietà, Welfare oggi, n. 4/2011.
- G. Panizza, La crisi, i deboli, le istituzioni, la società, Appunti sulle politiche sociali, n. 5/2012.
- G. Panizza, I rischi e le sfide. Politiche sociali e ruolo del terzo settore, Appunti sulle politiche sociali, n. 5/2010.
- Comunità Progetto Sud, Far bene il bene nel lavoro sociale e nel volontariato, Lamezia Terme 2007.
- G. Pasini, Quale volontariato per la nostra società, Appunti sulle politiche sociali, n. 4/1999.
- G. Nervo, Le sfide del volontariato attore dello sviluppo locale, n. 1/2006.

 

 

Servizi sociosanitari diurni e residenziali.
Continua l’emarginazione dei più deboli con l’indegno percorso di concentrazione e istituzionalizzazione

L’emergenza coronavirus di questo anno e mezzo non ha fermato il percorso volto alla concentrazione dei servizi diurni e residenziali ed alla conseguente emarginazione dei soggetti più deboli (disabilità, salute mentale, persone con demenza, anziani non autosufficienti). Il tracciato, avviato dalla giunta Ceriscioli, con le delibere sui nuovi requisiti di autorizzazione del luglio 2020, prosegue con perfetta continuità con la nuova giunta Acquaroli.
L’ultima perla è la dichiarazione di compatibilità, ai fini dell’autorizzazione, da parte della regione Marche (Decreto 48 del 23 settembre), di una struttura sita a Rapagnano (provincia di Fermo) per la realizzazione, da parte della società di costruzioni Castellani e Gelosi con sede a Terni, di un “complesso sanitario” di 3 palazzine  per complessivi 175 posti (75+60+40): 155 residenziali e 20 diurni. Destinatari: anziani non autosufficienti e con demenza, disabili, persone con disturbi mentali.
I posti sono così distribuiti: 70 di Cure intermedie (30+40), 6 di riabilitazione intensiva, 39 di Rsa disabili, 20 di diurno per persone con demenza. Per la salute mentale: 21 di riabilitazione intensiva e 19 di comunità protetta. Non ci interessa in questa fase entrare in alcuni aspetti regolamentari sui quali avremo occasione di ritornare. Chi riteneva che il problema riguardasse la possibilità di accorpamenti illimitati per le strutture già attive è servito. Il diabolico meccanismo che determina la possibilità di attivare posti autorizzabili secondo il fabbisogno, e la sostanziale mancanza di regole dettate dalla totale assenza di orizzonti di politica sociale, determina un sistema ad incastri che porta a mostri come questi.
Prospettive di questo genere possono essere assunte solo da chi concepisce le politiche sociali al pari di una qualunque attività commerciale. Una deriva vergognosa e inaccettabile. Qualcuno magari dirà che autorizzare non significa contrattualizzare, ma gran parte di questi posti potranno esserlo e, comunque, solo chi è capace di assemblare matematicamente, ma è lontano dalla realtà dei servizi, può concepire l’autorizzazione di 70 posti di cure intermedie (una sostanziale post acuzie) in un unico territorio, o 39 posti di residenza sanitaria per disabili.
Presidente Acquaroli e assessore Saltamartini, non è bastata la lezione della pandemia con gli effetti drammatici riscontrati in molte strutture residenziali per avviare una rigorosa riflessione su questo settore? Le Marche e le persone che necessitano di sostegni e servizi non meritano politiche di questo tipo. Chi le promuove dovrebbe essere consapevole della gravissima responsabilità che si sta assumendo.

ANGSA Marche, ACLI Marche, Fondazione Paladini, Ancona, Cooperativa Papa Giovanni XXIII, Ancona, Gruppo Solidarietà, Moie di Maiolati (An), UILDM Ancona

 



1 Fondazione Italiana per il Volontariato (FIVOL), Carta dei valori del volontariato, 2002, http://www.grusol.it/informazioni/cartavolontariato.asp.

2 Il Gruppo Solidarietà è una associazione di volontariato che opera da oltre 40 anni nella regione Marche. Qui, http://www.grusol.it/chisiamoN.asp?m=2, una sintesi della nostra storia. 

3 Volontariato e politiche sociali nell’esperienza del Gruppo Solidarietà,  Jesi 27 marzo 2010, In, Appunti sulle politiche sociali, n. 3-4/2020.


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