Goffredo Fofi. Ricordo di Alex Langer Se si dovesse chiudere in una formula cio' che Alex Langer ci ha insegnato, essa non potrebbe che essere: piantare la carita' nella politica. Proprio piantare, non inserire, trasferire, insediare. E cioe' farle metter radici, farla crescere, difenderne la forza, la possibilita' di ridare alla politica il valore della responsabilita' di uno e di tutti verso "la cosa pubblica", il "bene comune", verso una solidarieta' tra gli umani e tra loro e le altre creature secondo il progetto o sogno di chi "tutti fra se' confederati estima/ gli uomini, e tutti abbraccia/ con vero amor, porgendo/ valida e pronta ed aspettando aita/ negli ultimi perigli e nelle angosce/ della guerra comune". Dico carita' nel preciso senso evangelico, poiche' Alex era un cristiano, dei non molti che cercavano di attenersi agli insegnamenti evangelici che era possibile conoscere in quegli anni nel "movimento" (e oggi sono ancora di meno) e non, come tanti di noi che gli fummo contemporanei e amici, di fragilissime convinzioni "marxiste" oppure, al meglio, mossi confusamente da una visione solo etica del cristianesimo. La "diversita'" di Alex, la sua superiorita' sui suoi amici e compagni, gli veniva anche da una storia famigliare piu' ricca, a cavallo tra lingue e culture, tra Germania e Italia e tra ebraismo e cattolicesimo, ma nessuno vide mai in questo il marchio del privilegio, poiche' essa era caratterizzata in lui da una convinzione di umilta' reale e non esibita, non appariscente, dalla propensione all'ascolto degli altri, di tutti, dalla liberta' dei collegamenti e dalla scelta di "far da ponte".