Data di pubblicazione: 20/09/2024
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Il grande equivoco del sostegno alla natalità

Sergio Pasquinelliwelforum.it. 17 settembre 2024

Attenta alla natalità: così viene presentata la prossima manovra finanziaria nelle dichiarazioni degli esponenti della maggioranza. Un’attenzione che fa leva principalmente sul fisco, con meno tasse e più agevolazioni alle famiglie con figli.

Ma davvero si pensa di correggere la devastante crisi demografica con un fisco più leggero? E perché favorire chi ha già un figlio e non chi (ancora) non ce l’ha? In Italia l’ostacolo vero non sta tanto nel secondo o terzo figlio, ma nella creazione di nuovi nuclei desiderosi di diventare genitori.

Una giovane coppia è più o meno motivata a fare un figlio in base alle tasse che pagherà l’anno prossimo? Pensarlo è frutto di un misto di demagogia e di ingenuità, perché se la leva fiscale può marginalmente aiutare (tranne i milioni di incapienti), non è comunque la variabile discriminante, il perno di una scelta, di un piano per la natalità. Che deve essere il frutto di un ampio ventaglio di misure stabili, strutturali, coordinate tra loro.

E invece la misura preferita continua a essere quella dei bonus, da almeno trent’anni a questa parte, e non ce n’è uno che sia stato valutato nei suoi esiti netti. Senza andare troppo in là nel tempo, la scorsa legge di bilancio ha puntato su due di essi: l’aumento di quello per l’asilo nido, e il cosiddetto “bonus mamme”, ossia la riduzione dei contributi previdenziali per le madri lavoratrici, dipendenti a tempo indeterminato. In entrambi i casi ci si rivolgeva solo a chi ha già due o più figli. Quante famiglie hanno usato queste misure? Nel caso del bonus nido, il tasso di utilizzo supera di poco un terzo dei bambini sotto i tre anni d’età1

un dato legato alla limitata presenza dei nidi (soprattutto al Sud). Al bonus mamme non è andata molto meglio: sono state 485mila le domande presentate su una platea di circa 800mila, un flop dovuto al taglio del cuneo fiscale, non cumulabile con questa agevolazione. Quanto queste misure hanno favorito nuove nascite? Non lo sapremo mai.

La vera priorità è favorire il primo figlio. Il secondo e il terzogenito appartengono a un orizzonte troppo remoto, in un paese con tassi di fecondità particolarmente bassi prima dei 30 anni e con un continuo rinvio delle nascite lungo l’arco di vita della donna. Occorre facilitare i processi di autonomia delle giovani coppie, di transizione alla vita adulta, sostenendo le scelte procreative su diversi piani. Tre in particolare.

Primo, va sviluppata una rete di servizi per la prima infanzia estesa, capillare (ma l’ultima versione del PNRR, rispetto al progetto iniziale, toglie 1,4 miliardi di euro per asili nido e scuole per l’infanzia2)

Secondo, le giovani coppie vivono condizioni di precariato diffuso, sottopagate: vanno pensate politiche del lavoro più incisive nei confronti dei giovani, in particolare delle donne. È noto come la partecipazione femminile al mercato del lavoro aumenti, e non riduca, i tassi di fecondità. Ciò implica salari non discriminanti, flessibilità negli orari, congedi, crediti fiscali. Terzo, l’accesso a un’abitazione: per troppi giovani è sempre più costoso e incide ancora in modo pesante la classe sociale di provenienza. Sia per l’acquisto sia per la locazione esiste una gamma di strumenti possibili per sostenere le giovani coppie: prestiti d’onore, mutui agevolati e così via. Su tutti questi fronti siamo circondati da paesi con pratiche e interventi collaudati ed efficaci, in Francia, Spagna, Gran Bretagna per esempio, da cui possiamo imparare molto.

Si tratta di costruire un’intera famiglia di interventi – oltre a quelli esistenti, s’intende –  in grado di creare un contesto nuovo, un clima favorevole, se si vuole un ecosistema, amico e vicino alle scelte procreative. Se è vero che “non si induce direttamente una ripresa demografica come non si comanda al vento”3almeno non illudiamoci di farlo per via fiscale.

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