Di Franco Pesaresi.
Il quadro normativo
Della gestione associata dei servizi sociali già ne parlava la L. 328/2000. L’art. 8 comma 3 disponeva infatti che “Alle regioni spetta la: a) determinazione, tramite le forme di concertazione con gli enti locali interessati, degli ambiti territoriali, delle modalità e degli strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete. Nella determinazione degli ambiti territoriali, le regioni prevedono incentivi a favore dell’esercizio associato delle funzioni sociali in ambiti territoriali di norma coincidenti con i distretti sanitari già operanti per le prestazioni sanitarie, destinando allo scopo una quota delle complessive risorse regionali destinate agli interventi previsti dalla presente legge”.
Poi il D. Lgs. 147/2017 con l’art. 23 è stato ancora più puntuale disponendo che “Le regioni individuano specifiche forme strumentali per la gestione associata dei servizi sociali a livello di ambito territoriale, compresi iconsorzi, finalizzate ad assicurare autonomia gestionale, amministrativa e finanziaria e continuità nella gestione associata all’ente che ne è responsabile”. Dunque il D. Lgs. 147/2017 vuole un ente autonomo per ogni Ambito territoriale sociale (ATS). Le forme strumentali per la gestione associata dei servizi sociali devono essere:
- - previste a livello di ambito territoriale;
- - finalizzate ad assicurare autonomia gestionale, amministrativa e finanziaria e continuità nella gestione associata all’ente che ne è responsabile. Ovvero, la gestione associata deve essere affidata ad un ente che abbia autonomia gestionale, amministrativa e finanziaria.
La convenzione dell’Ambito territoriale sociale (ATS), pertanto, non è più rispondente ai dettami di legge e va superata. Gli ambiti sociali hanno svolto un ruolo decisivo per la crescita e la modernizzazione del welfare locale ma hanno perso spinta propulsiva. Non possono però continuare a pianificare tutto il sociale e gestirne solo una parte. La programmazione si annulla. Se non c’è una evoluzione rischiano di inaridire la loro attività e di perdere l’interesse degli enti locali. Occorre aggiungere alla pianificazione di Ambito anche la gestione associata di Ambito.
La gestione associata dei servizi sociali è molto vantaggiosa per:
- - Garantire una distribuzione uniforme dei servizi in tutto il territorio;
- - Garantire un’unica gestione al piano di zona;
- - Garantire la gestione dei LEPS e la loro garanzia in tutti comuni compresi quelli più piccoli;
- - Sviluppare economie di scala;
- - Innalzare la qualità organizzativa;
- - Migliorare i servizi sociali nel territorio.
Le forme associative e gli enti strumentali
Il quadro normativo ma soprattutto la necessità di una gestione più strutturata degli interventi e dei servizi, e di una risposta alle istanze dei cittadini improntata a criteri di efficacia e di efficienza, ha comportato già in molte realtà la scelta di forme gestionali, previste dal D. Lgs. 267/2000.
Il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 considera sei, tra forme associative ed enti strumentali:
- - la convenzione,
- - l’unione di Comuni,
- - la comunità montana,
- - il consorzio,
- - l’istituzione,
- - l’azienda speciale.
Fra queste va esclusa l’”Istituzione” a cui la norma non affida la capacità di gestire servizi per più comuni ma va invece aggiunta l’azienda pubblica di servizi alla persona prevista dal decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207 in materia di riordino del sistema delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.
L’esercizio associato dei servizi sociali nelle regioni
La maggioranza delle Regioni ha disciplinato in modo esplicito la gestione associata, utilizzando però una formulazione normativa non sempre omogenea e lineare, che a volte rende difficile l’interpretazione della effettiva prescrittività della norma. Altre Regioni, invece, sono intervenute sulla materia della gestione associata nell’ambito della più generale disciplina di riorganizzazione delle funzioni attribuite ai comuni, su base sovracomunale, che trova applicazione anche nell’ambito dei servizi sociali. Il risultato complessivo è quello di una sostanziale adesione al profilo della gestione associata, diffuso in tutto il Paese, conseguito però con l’adozione di modelli giuridici e organizzativi significativamente differenti e in molti casi poco efficaci.
Per quanto concerne la previsione di una forma associativa specifica, le norme regionali, nella gran parte dei casi (12), riservano la scelta all’autonomia dei comuni, rinviando alle previsioni del D.lgs. 267/2000 (TUEL) o, in modo più generico, alla legislazione vigente. Altre quattro regioni (Lombardia, Sardegna, Umbria e Valle d’Aosta) non forniscono nessuna indicazione. Le due province autonome di Trento e Bolzano stabiliscono invece che la gestione dei servizi sociali deve avvenire rispettivamente con le Comunità e le Comunità comprensoriali che sono sostanzialmente delle Unioni dei Comuni.
Diverse regioni all’interno di questo quadro individuano delle forme gestionali da preferire (e dunque non vincolanti). La più diffusa è la forma del consorzio che viene indicato come forma preferenziale dal Piemonte e dal Lazio. A queste si aggiungono le due tipologie delle società della Salute della Toscana e delle aziende consortili del Veneto. Almeno tre regioni (Basilicata, Molise, Sicilia) indicano come forma gestionale preferita la convenzione ex art. 30 (Cfr. Tab. 1).
Tab.1. Previsione della gestione associata e forme preferenziali previste
REGIONE
|
Obbligo di esercizio associato dei servizi sociali previsto
dalla normativa
|
Forme associative previste e/o
preferenziali
|
ABRUZZO |
SI |
rinvio al TUE L |
BASILICAT A |
SI |
Convenzione |
CALABRIA |
SI |
rinvio al TUE L |
CAMPANIA |
SI |
rinvio al TUE L |
EMILIA-ROMAGNA |
NO (1) |
rinvio al TUE L (1) |
FRIULI VENEZIA
G IULIA
|
SI |
rinvio al TUE L |
L AZIO |
SI |
rinvio al TUE L,
preferenza per i consorzi
|
LIGURIA |
SI |
rinvio al TUE L |
LOMBARDIA |
SI |
Nessuna indicazione specifica |
MARCHE |
SI
(ma formulazione incerta)
|
rinvio al TUEL + Az. Pubbl. Servizi alla persona (ASP) |
MOLISE |
SI |
rinvio alla legislazione vigente ma suggerendo la convenzione |
PIEMONTE |
S I |
rinvio alla legislazione vigente
con indicazione preferenziale per la forma consortile (3)
|
BOLZANO |
SI |
Comunità comprensoriali (Unioni) |
TRENTO |
SI |
Comunità (Unione di Comuni) |
PUGLIA |
NO |
rinvio al TUE L |
S ARDEGNA |
SI |
Nessuna indicazione specifica |
SICILIA |
NO |
Preferenza per la convenzione |
TOSCANA |
SI |
rinvio alla legislazione vigente con forte preferenza per le Società della salute |
UMBRIA |
NO |
Nessuna indicazione specifica |
VALLE D’AOSTA |
SI |
|
VENETO
|
SI
|
rinvio al TUE L nelle forme con
personalità giuridica (indicazione perferenziale per Azienda Speciale Consortile e possibile
Convenzione ex art. 30 per Comuni Capoluoghi)
|
Note: (1) Sulla riorganizzazione delle funzioni amministrative intercomunali è intervenuta la LR 21/2012 che incentiva le Unioni dei Comuni.
Fonte: nostra elaborazione di dati tratti da Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (2025)
Forme di incentivazione alla gestione associata
La legge 328/2000 “legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, all’art. 8, affida alle Regioni, tramite forme di concertazione con gli enti locali interessati, non solo la determinazione di ambiti territoriali, di modalità e di strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi a rete, ma anche l’istituzione di “incentivi a favore dell’esercizio associato delle funzioni sociali in ambiti territoriali di norma coincidenti con distretti sanitari, destinando allo scopo una quota complessiva delle risorse regionali destinate agli interventi previsti dalla legge”.
Un passo in avanti rispetto alla individuazione di forme strumentali per la gestione associata dei servizi sociali a livello di ATS avviene sostanzialmente dal 2017 con il D.lgs. 147, istitutivo di una misura nazionale di contrasto alla povertà (ReI). La norma infatti dedica l’intero Capo IV al “Rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali”. In particolare l’art. 23 elenca una serie di interventi funzionali al “Coordinamento dei servizi territoriali e alla gestione associata dei servizi sociali” affidando, tra le altre cose, alle Regioni e alle Province autonome il compito di individuare “specifiche forme strumentali per la gestione associata dei servizi sociali a livello di ambito territoriale sulla base della legislazione vigente (comma 5) e “strumenti di rafforzamento della gestione associata … anche mediante la previsione di meccanismi premiali nella distribuzione delle risorse”.
L’utilizzo del “meccanismo premiale nella distribuzione delle risorse”, quale strumento individuato dalle Regioni e dalle Province autonome per il rafforzamento della gestione associata, sembra essere, almeno nella fase iniziale della riforma, caratterizzata da un impegno delle Regioni a dotarsi innanzitutto di una normativa specifica, oggetto di relativo interesse da parte delle stesse e, successivamente, laddove utilizzato, ciò è avvenuto in maniera estremamente diversificata. Gli incentivi per la gestione associata dei servizi sociali è prevista dalla normativa nazionale e da diverse norme regionali ma sono effettivamente finanziati ed erogati solo da 4 regioni (Lazio, Sardegna, Toscana, Veneto). A queste regioni si aggiunge l’Emilia Romagna che però incentiva solamente le Unioni dei comuni.
Le motivazioni della scelta di non procedere alla previsione ed erogazione degli incentivi per la gestione associata sono diversi: si passa da Regioni rimaste ancorate allo strumento della “convenzione” senza essersi poste l’obiettivo di un rafforzamento organizzativo degli ATS a Regioni che, pur consapevoli del ruolo di pilastro centrale per la governance e per l’erogazione dei servizi degli ATS, hanno preferito impegnarsi su percorsi di accompagnamento limitandosi ad attività di monitoraggio. Altre Regioni ancora hanno proceduto direttamente al rafforzamento del sistema con lo specifico obiettivo di superare forme associative e/o di gestione quali la convenzione ex art. 30 a favore di forme istituzionali più forti quali Consorzi, Aziende consortili o Unione dei Comuni. Questo è avvenuto in un caso attraverso contributi straordinari trasferiti ai distretti sociosanitari per garantire la continuità dell’erogazione dei servizi socioassistenziali nella fase di transizione al consorzio o in altri casi mettendo a disposizione dei Comuni capofila contributi per attivare studi di fattibilità finalizzati ad individuare la soluzione istituzionale migliore.
Tab.2. Quadro delle incentivazioni regionali a sostegno della gestione associata degli ATS
Regione |
Stato attuale della situazione in ordine agli incentivi regionali a sostegno della gestione associata degli ATS |
Abruzzo |
Nessuna indicazione in ordine a incentivi o meccanismi premiali per la gestione associate. |
Basilicata |
Indicazioni a carattere generale con accenno a incentivi mai però concretamente attuati. |
Calabria
|
La Legge regionale n. 23/2003 prevede all’art. 11, c. 2., lett. b), incentivi a favore degli Enti locali che si associano. A tal fine viene prevista nel Piano Sociale regionale una quota senza però entrare nel merito della quantità e tipologia delle risorse. Ad oggi il dispositivo di incentivazione non è stato attivato. |
Campania
|
È prevista una premialità di natura finanziaria a favore degli Ambiti che costituiscono forme associative e/o di gestione diverse dalla convenzione ex art. 30. Nelle ultime annualità la premialità non è più prevista per questo obiettivo. |
Emilia-Romagna
|
La Regione incentiva, tramite i programmi di riordino territoriale (L.R. 21/2012), l’esercizio associato delle funzioni sociali e sociosanitarie degli Enti locali in Ambito Distrettuale attraverso la forma dell’Unione dei Comuni. Per l’annualità 2024 sono stanziati circa 9,7 Milioni di € di risorse regionali alle quali si aggiungono circa 9,2 Milioni di € di contributi statali regionalizzati. |
Friuli Venezia Giulia |
Non esiste un fondo specifico per incentivare il rafforzamento degli ATS. |
Lazio
|
Previsto un contributo straordinario ai distretti socio sanitari per garantire la continuità dell’erogazione dei servizi socio assistenziali nella fase di transizione al consorzio sociale, fino ad esaurimento delle risorse disponibili (copertura nell’esercizio finanziario 2024 per euro 240.000,00; per il 2025 euro 2.040.000,00). |
Liguria |
Non esistono forme di incentivazione. |
Lombardia |
La Regione non prevede forme di incentivazione della gestione associata |
Marche |
Risorse non previste. |
Molise |
Risorse non previste |
Piemonte
|
La Regione prevede incentivi finanziari a favore dell’esercizio associato delle funzioni e della erogazione della totalità delle prestazioni essenziali entro gli ambiti territoriali ottimali, ma non risultano attivate tali forme. |
Puglia |
Sono state previste forme di incentivazione alla gestione ma non attivate |
Sardegna
|
Non sono previste forme di incentivazione in senso stretto, ma una quota del Fondo regionale per i servizi integrati alla persona è destinata alla gestione associata. L’art. 26 della l.r. 23/2005 prevede che una quota economica sia assegnata ai comuni, tenendo conto delle modalità di gestione unitaria associata prescelta; la stessa è erogata all’ente gestore da essi individuato. |
Sicilia |
Non sono previsti incentivi. |
Toscana |
La Regione Toscana ha promosso diverse forme di finanziamento e sostegno per incentivare la collaborazione tra comuni e altri enti locali |
Provincia di Bolzano |
Non sono previste forme di incentivazione alla gestione associata. |
Provincia di Trento |
Non sono previste e forme di incentivazione alla gestione associata. |
Umbria |
La Regione non offre incentivi specifici o premi economici per la gestione associata. |
Valle d’Aosta |
La Regione non prevede forme di incentivazione della gestione associata. |
Veneto |
La normativa regionale affida alla Giunta regionale il compito di disciplinare le modalità di incentivazione delle forme di esercizio associato con una disponibilità complessiva pluriennale di 5,5 milioni di Euro. |
Fonte: ns. elaborazione su dati del MLPS (2025)
Nelle Marche per esempio…
Il sistema dei servizi sociali delle Marche si articola in 23 Ambiti territoriali di modesta dimensione demografica (6 ATS superano i 100mila abitanti).
Dei 23 ATS uno solo è mono-ambito (quello di Ancona capoluogo di regione); un ATS è organizzato in Azienda Servizi alla persona (ASP) istituita sulla base della l.r. 5/2008 di riordino delle IPAB che prevede all’art. 10 la possibilità di istituire anche nuove aziende; 8 ATS (tutti dell’entroterra marchigiano) utilizzano l’istituto dell’Unione Montana; 2 ATS utilizzano l’istituto dell’Unione dei comuni; 11 gestiscono i servizi sociali territoriali tramite Convenzione (art. 30 del TUEL 267/2000) (Cfr. Tab. 3).
Tab. 3 – Regione Marche. Le forme di gestione degli Ambiti territoriali sociali (ATS)
Forme di gestione |
numero |
Convenzione |
11 |
Unione montana |
8 |
Unione dei comuni |
2 |
Azienda servizi alla persona (ASP) |
1 |
Comune di Ancona (ATS monocomunale) |
1 |
TOTALE ATS |
23 |
Fonte: MLPS (2025)
Qualche valutazione
Nonostante vi sia una legislazione nazionale ultradecennale che riguarda la gestione associata dei servizi sociali le regioni italiane hanno prestato poca attenzione a questo aspetto privilegiando il ruolo delle autonomie locali e puntando sulle autonome determinazioni dei Comitati dei Sindaci. Non a caso, la grande maggioranza delle regioni ha fatto un generico riferimento alla normativa vigente sull’associazionismo dei comuni o addirittura non trattando proprio l’argomento. Solo una minoranza delle regioni ha fornito indicazioni sulla preferenza (non vincolante) della forma gestionale da realizzare seppur, in qualche caso, mantenendo nel quadro normativo forme gestionali come la Convenzione ex art. 30 che la normativa nazionale non ritiene più adatta alla gestione associata dei servizi sociali e all’attuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali.
La conferma del quadro ci viene fornita con forza dall’analisi delle Regioni che, in attuazione delle norme nazionali, hanno previsto e finanziato degli incentivi. Ebbene solo 5 regioni hanno effettivamente previsto ed erogato degli incentivi economici per quei territori che si sono misurati con la realizzazione di enti gestionali in linea con il dettato del D. Lgs. 147/2017.
Proprio per accompagnare gli ATS e le Regioni in questo percorso per la gestione associata dei servizi sociali che non è nuovo ma che finora ha coinvolto solo una parte minoritaria del territorio italiano sono state appena approvate da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (2025) le “Linee guida per la definizione dei modelli organizzativi omogenei degli Ambiti Territoriali Sociali per l’Attuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni”. Il documento si occupa, in gran parte, proprio dei profili e delle forme giuridiche per la gestione associata di funzioni e servizi sociali. L’auspicio è che queste Linee guida possano aprire una nuova fase di discussione e di azioni che possa portare al rafforzamento degli ATS in modo che siano messi in condizione di affrontare le nuove sfide che si prospettano.
Bibliografia
Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Linee guida per la definizione dei modelli organizzativi omogenei degli Ambiti Territoriali Sociali per l’Attuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni, Roma, 2025.
Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, World Bank, Ricognizione in materia di gestione associata dei servizi sociali, Roma, 2025.
Precedente articolo sulla coincidenza territoriale degli ATS e dei distretti sanitari: https://francopesaresi.blogspot.com/2025/06/la-coincidenza-territoriale-fra.html
Per approfondire
Corte Costituzionale. Piccoli Comuni e gestione associata dei servizi
Gestione associata dei servizi sociali in Italia. Quadro e prospettive
Camera. Indagine conoscitiva Gestione associata Comuni
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