Data di pubblicazione: 08/11/2025
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In Lombardia arriva la “super intramoenia” per dare il colpo di grazia al SSN universalistico

A cura di Marco Caldiroli – Presidente di Medicina Democratica, vedi in medicinademocratica.org

La delibera della Giunta Regionale Lombarda del 15 settembre 2025 obbliga gli ospedali e i servizi diagnostici/ambulatoriali delle ASST a mettere a disposizione delle assicurazioni, mutue e welfare aziendale le proprie prestazioni come già oggi avviene con la sanità privata, con qualche respiro ai propri bilanci ma senza dubbio per confermare l’ideologia privatizzatrice lombarda che prevede la totale “equivalenza […] delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate”. La delibera definisce le linee guida da seguire e propone un “contratto tipo” sicuramente già concordato con i principali operatori del settore assicurativo/mutualistico.

Chi ha reddito da “investire” in sanità “integrativa” (in realtà sempre più sostitutiva) o lavora in un comparto con un contratto nazionale collettivo che include (alcune) prestazioni sanitarie, potrà “saltare la fila” avendo a disposizione anche strutture pubbliche e non solo private (si aumenta la possibilità di “bullismo sociale”). Gli operatori sanitari, attratti dalla nuova carota di compensi extra, con prestazioni meglio pagate rispetto a quelle “ordinarie” e anche alla libera professione intramuraria esistente, finiranno per dare maggiore attenzione e impegno a queste ultime. In questo modo si avrà l’ennesima scusa per non attivare un piano di assunzioni straordinarie nelle strutture pubbliche, se non , più facilmente, in relazione all’appesantimento burocratico che sarà conseguente alla gestione dei rapporti contrattuali ed economici con le diverse tipologie di assicurazioni, mutue e compagnie simili. Di fatto, chi non ha strumenti di sanità integrativa subirà un ulteriore peggioramento (allungamento) nelle liste d’attesa.
E’ evidente a tutti che questo è l’ultimo tassello per la totale cancellazione del SSN universalistico e il ritorno al precedente sistema mutualistico differenziato fra le varie persone definendo canali separati a seconda delle possibilità dei singoli.

 Per chi vuole approfondire, raccontiamo la storia per filo e per segno come segue.

E’ noto che le scelte politiche in sanità della Regione Lombardia influenzano le altre regioni e spesso anche le scelte governative: le giunte regionali con il consenso della maggioranza del consiglio regionale, ha inanellato dall’era Formigoni una serie di leggi regionali e provvedimenti che hanno spogliato la sanità pubblica e aperto al privato “a piacere” raccontando queste scelte sotto la favola della “equivalenza” pubblico privato a tal punto che gli utenti non capiscono da chi effettivamente stanno ricevendo la prestazione come pure chi è effettivamente il responsabile di eventuali ritardi, in questo modo vengono spinti con sistemi non sempre legittimi a utilizzare prestazioni private in regime privato (“solvente”) per ovviare in particolare all’allungamento delle liste d’attesa. E si è perso ben di più nei servizi territoriali.

Questo ha causato un accesso ai servizi diversificato in relazione al reddito e alla possibilità di accedere a forme cosiddette integrative (spesso sostitutive) costituite da fondi, mutue e assicurazioni (inclusi i cosiddetti “welfare aziendali” introdotti in molti contratti collettivi nazionali … compreso quello della sanità pubblica), proprio quegli strumenti giudicati fallimentari (ricordiamo che il sistema mutualistico negli anni ’70 è realmente fallito) – sia economicamente sia per l’inadeguato e diversificato livello di tutela delle persone – messi da parte con la riforma sanitaria del 1978 e tornati in auge con il dlgs 502/1992 (e seguenti).

In questo contesto di accesso sempre più diversificato al SSN, si perde il “senso” delle funzioni che sono affidate, per legge, al servizio pubblico,  ben più ampie della messa a disposizione di prestazioni diagnostiche e/o di cura in tempi decenti, perdendo di vista i propri diritti, affrontando i problemi in modo individuale per risolvere gli effetti di questa situazione anzichè lottare collettivamente per intervenire sulle cause (delle liste d’attesa ma non solo) ma soprattutto per pretendere che il pubblico faccia quello per cui è principalmente nato : intervenire sui determinanti di salute per prevenire per quanto possibile o allontanare nel tempo le condizioni di malattia.

Recentemente la Giunta Regionale (DGR 4986 del 15.09.2025) ha imboccato convintamente la strada per mettere ancora una volta in concorrenza il servizio pubblico con il privato (peraltro in Lombardia considerati “equivalenti”) anche tramite la “sanità integrativa” invocata e invitata nella ultima revisione della legge sanitaria regionale, con le modifiche operate con la LR 22/2021. Sanità integrativa prevista anche a partire dalle prime bozze di “regionalismo differenziato”.

Il “cappello politico” della delibera ha due postulati. Il primo, la “presa d’atto” che vi è “un largo ricorso da parte della popolazione a forme integrative di assistenza sanitaria, derivanti sia da opzioni assicurative individuali/familiari, che da pacchetti di welfare aziendale che offrono la possibilità di accedere a prestazioni specialistiche ambulatoriali e di ricovero erogate in regime privatistico  a tariffe agevolate”, ovviamente senza porsi la domanda se tale tendenza è “nell’ordine naturale delle cose” o un modo per sopperire – per chi può – alla progressiva auto spoliazione del servizio pubblico.

Protagonista di tale spoliazione, che spinge “la popolazione” verso forme integrative di assistenza sanitaria, la Giunta ora dichiara la volontà di superare “il tradizionale paradigma secondo cui le assicurazioni, TPA e fondi di assistenza sanitaria integrativa rispondano alle esigenze dei propri iscritti rivolgendosi quasi esclusivamente alla sanità privata”. Tra i motivi della nostra contrarietà alla sanità integrativa, in particolare al welfare aziendale, vi era proprio che quella conduceva i lavoratori/lavoratrici nelle braccia della sanità privata contraddicendo una politica sindacale di tutela dei lavoratori/lavoratrici, indirizzata alla estensione dei diritti di salute di tutti/e principalmente tramite la funzione preminente della sanità pubblica.

Questo appunto, che cercava di far leva nei confronti dei sindacati per rivedere tali scelte, è utilizzato proprio per sostenere, dal lato pubblico, la sanità integrativa privata, e rappresenta una ulteriore palata di terra nella fossa ove si vuole seppellire del tutto il servizio sanitario universale voluto dai movimenti e dai sindacati, ottenuto, non senza fatica, nel 1978.

Qui la delibera e le linee guida applicative Testo della delibera di giunta e Linee guida per l'attività in regime di sanità integrativa

Va ricordato che questi “strumenti” di sanità integrativa interessano oggi, in misura diversa, oltre 10 milioni di persone, in costante aumento. E ‘ proprio su questa crescita che la Giunta lombarda “ravvede” la necessità sia della integrazione di queste prestazioni nel SSN e dall’altro intende “governare il percorso di valorizzazione e sviluppo professionale del personale del SSL”, in altre parole insistere ed ampliare le possibilità di extra salariali dei singoli operatori sanitari pubblici in luogo di incrementi salariali collettivi e migliori condizioni di lavoro.

Sotto il profilo “tecnico”, infatti, la delibera si pone in continuità con la regolamentazione delle prestazioni in libera professione “intramuraria” da parte dei dirigenti medici dipendenti del Servizio Sanitario Lombardo (SSL). Attività volontaria, formalmente fuori dall’orario di lavoro, con responsabilità esclusiva del professionista sanitario, extra programmazione istituzionale ma contestualmente “di natura istituzionale erogate in regime di solvenza nell’ambito della missione pubblica della Struttura” (agli “ircocervi” normativi siamo da tempo abituati, in Lombardia). In caso di ricoveri si prevede l’ “utilizzo di letti accreditati non attivi in regime istituzionale laddove non previsti letti accreditati solventi” (una nuova voce nell’articolazione organizzativa …). Sono, bontà loro, escluse alcune attività come quella di “emergenza, terapia intensiva e/o rianimazione”.

La definizione del “prezzo di vendita delle singole prestazioni offerte in convenzione ai fondi, mutue e assicurazioni” viene definito dal singolo ente sulla base di un contratto tipo definito dalla Giunta regionale e scaricabile qui. Schema tipo di convenzione

Inutile dire che, nella migliore abitudine privatistica, la convenzione prevede una serie di “benefit” come la possibilità di prestazione “anche in assenza di prescrizione medica nei casi in cui questa non sia obbligatoria”,

La convenzione tipo si preoccupa di garantire ai gestori della sanità integrativa di “non proporre agli assistiti l’effettuazione di prestazione sanitarie aggiuntive rispetto a quelle strettamente richieste dagli stessi e autorizzate dal convenzionante” quindi di svincolarle da ogni piano terapeutico o di “presa in carico”, di applicare tariffe “sempre e comunque inferiori al tariffario privato della struttura sanitaria, anche per le prestazioni non rimborsabili” e di evitare vicendevolmente “conflitti di interesse” dei rispettivi dipendenti/collaboratori.

Il menù “à la carte” messo nero su bianco dalla Giunta lombarda, lo definiamo una “super intramoenia” anche perchè è da aspettarsi che sarà più “appetitosa” rispetto a quella “normale”.

Il Dottor Silvio Garattini ha definito le assicurazioni e l’intramoenia come fonti di diseguaglianza, l’intramoenia come una vergogna per la professione medica e il relativo regime come la prima cosa da cambiare  del Servizio Sanitario Nazionale per salvare la sanità pubblica. Garattini: l’intramoenia è una vergogna da cambiare – JUORNO.it / IL GIORNO

La Giunta della regione Lombardia non lo ascolta come non ascolta le associazioni e le realtà sociali che chiedono da tempo un cambio di rotta. Ancora una volta, tira la volata ad iniziative che vanno nella direzione della distruzione della sanità pubblica e sono pericolosi precedenti ed esempi per altre regioni, tali da indebolire l’accesso universale ai servizi sanitari e intaccare ulteriormente anche l’esigibilità del diritto alla salute e spingere ancora di più verso la privatizzazione di fatto del servizio sanitario.

Se non li fermiamo la fine del servizio sanitario nazionale pubblico come è stato voluto e come l’abbiamo conosciuto sarà ancora più vicina, eppure chi ha maggior peso nelle decisioni e a parole teme questa deriva, al più, lamenta i pur esistenti problemi di sottofinanziamento senza aggredire dove spendere proficuamente le risorse sempre più scarse.

Sul tema, Super intramoenia. Ecco perché siamo contrari alla delibera della Lombardia

Vedi anche, La concorrenza in sanità e la garanzia della tutela della salute del cittadino

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