Fondo regionale di solidarietà. Perchè occorre ridefinirne gli obiettivi
Il Fondo regionale di solidarietà nasce all’indomani delle delibere del 2013 e 14 (in particolare vedi Dgr 1331/2014) che danno applicazione alla normativa sui LEA, introducendo per alcuni servizi contribuzioni a carico degli utenti precedentemente assenti. L’obiettivo è sostenere utenti e Comuni che si trovano a dover compartecipare ai costi del servizio. Successivamente, la Regione ridefinisce l’obiettivo e si propone di sostenere le spese dei Comuni nel pagamento delle rette. Il Fondo non riguarda tutti i servizi ma, inizialmente, solo quelli riguardanti la salute mentale e dal 2019 la disabilità. Si introduce un meccanismo per il quale la regolamentazione regionale non vale per tutte le persone che si trovano nelle condizioni indicate dalla delibera regionale ma solo per quelle (nei soli servizi residenziali per persone con disabilità e salute mentale) per le quali i Comuni attivano il percorso di accesso ai contributi.
Se il Comune non presenta la domanda l’utente non accede al beneficio nonostante sia nella condizione di riceverlo sulla base delle disposizioni regionali. Un meccanismo contorto e distorto che ha anche determinato, in tutti questi anni, un avanzo sui fondi in bilancio. E’ evidente che la norma deve essere cambiata, non solo in termini procedurali ma anche ridefinendo con chiarezza l’obiettivo del Fondo. A partire dall’assunto che i beneficiari sono i Comuni se assumono i costi delle rette, altrimenti devono essere gli utenti a prescindere se i Comuni attivano il percorso di accesso al Fondo. Non dimenticando, infine, che il criterio di accesso non può essere categoriale (persone ricoverate in strutture per disabili e salute mentale si, in tutte le altre no) se si vuole evitare una discriminazione tra persone che si trovano in identiche condizioni.
Vedi (10 luglio 2023), Che fine ha fatto il Fondo regionale di solidarietà?
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