Introduzione NUOVO LIBRO Gruppo Solidarietà, L'INTOLLERABILE DISTANZA. Persone non autosufficienti e servizi nelle Marche
L'INTRODUZIONE del nuovo libro del Gruppo Solidarietà, L’INTOLLERABILE DISTANZA. Persone non autosufficienti e servizi nelle Marche, 2025, p. 88, Euro 13.00.
Il nuovo Quaderno[1] (l’undicesimo sulle politiche regionali) raccoglie parte del lavoro del Gruppo Solidarietà nell'ultimo biennio (giugno 2023-maggio 2025), la sua pubblicazione coincide con la fine della legislatura regionale, la prima a guida centro destra. In quattro capitoli il libro approfondisce ed analizza temi legati tra loro. In particolare:
1) Il rapporto tra esigenze delle persone (la cosiddetta domanda) e l’offerta di sostegni, interventi, servizi.
2) Come si sostanzia il sostegno alla domiciliarità.
3) Quanto pagano e quanto dovrebbero pagare le persone che vivono nelle strutture residenziali per anziani.
4) La situazione delle liste di attesa nei servizi territoriali.
La domanda e l’offerta
Abbiamo cercato di analizzarla, facendo riferimento sia al territorio regionale che ad un Ambito territoriale sociale. Il dato che emerge è abbastanza eloquente: circa l’85% delle persone che hanno necessità di assistenza continuativa, vive a casa. Solo il 25% di queste (con una differenza significativa tra persone con meno di 65 anni e più di 65) riceve, oltre all’indennità di accompagnamento, una qualche forma di sostegno, che può tradursi anche in qualche ora settimanale di assistenza domiciliare o in pochi euro al giorno di contributo economico a sostegno del lavoro di cura. Un dato che, se conferma ancora una volta che grava sulle famiglie il “carico dell’assistenza”, allo stesso modo ribadisce che le stesse ricevono pochissimi sostegni di qualsiasi tipo. L’altro dato che evidenziamo in questo capitolo è quello delle persone con demenza che vivono all’interno delle residenze per anziani. Sulla base dei dati regionali se ne possono stimare circa 3.000, con solo il 15% che vivono in posti/luoghi specificatamente dedicati e sperabilmente capaci di offrire alle persone una migliore qualità di vita.
Perché ci è parso necessario mettere in relazione domanda con offerta? Perché troppo spesso siamo inondati di dati, che documentano quello che le istituzioni offrono, ma con estrema difficoltà riusciamo a capire in quale contesto si situi questa offerta. Così come con enorme difficoltà (è il tema che affrontiamo nel quarto capitolo) in tutta l’area dei servizi territoriali riesce ad emergere, o meglio viene reso pubblico, il dato delle liste di attesa.
Se dunque è indispensabile porre con forza l’attenzione sulla straordinaria distanza tra necessità delle persone e sostegni, non meno necessario è indagare su tipologia e adeguatezza dell’offerta.
Non basta, dunque, verificare il quanto: occorre anche analizzare il come. Ovvero, se le risposte siano adeguate alle esigenze delle persone e ne migliorino la qualità di vita o siano concepite all’interno di modelli standardizzati e prestazionali, spesso esclusivamente concentrati sulla redditività dell’investimento. Ce ne occupiamo nell’ultimo contributo del capitolo quando ci soffermiamo sulla nascita di una nuova struttura residenziale di 175 posti rivolta a persone con disabilità, demenza, disturbi psichici. Non siamo purtroppo di fronte ad eccezioni ma a prassi sempre più consolidate: la nascita e lo sviluppo di grandi contenitori. Se continuano a prosperare, vuol dire che al di là degli artifici regolamentari e normativi che li promuovono, supportano e giustificano, sono accolti con benevolenza o indifferenza anche dalle nostre comunità e soprattutto dalla gran parte dei cosiddetti “addetti ai lavori”.
Il sostegno alla domiciliarità
Abbiamo cercato di analizzare se e come nella nostra regione viene sostenuta la domiciliarità. Da un lato si è in presenza di interventi caratterizzati da una forte disomogeneità, in termini di criteri di finanziamento, erogazione, destinatari. Sostegni che in alcuni casi si sommano in altri si escludono. Il modello è, per lo più, di natura amministrativa. La personalizzazione, è oramai di patrimonio comune nei.. documenti istruttori. Dall’altro, un’offerta sottodimensionata (lo abbiamo già ricordato: solo il 25% delle persone che hanno bisogno di assistenza continuativa riceve una qualche forma di sostegno) che negli ultimi anni paga un forte disinvestimento regionale per quanto riguarda gli interventi finanziati dal fondo nazionale non autosufficienze. A partire dall’annualità 2022 la regione Marche ha infatti azzerato per intero il suo fondo, ad integrazione di quello nazionale di 5,5 milioni di euro, sostituendolo con fondi europei. Non sembra, purtroppo, che la scelta abbia destato particolari proteste.
Va aggiunto un altro aspetto non marginale: se solo un quarto delle persone con necessità di assistenza continuativa che vivono a casa riceve una qualche forma di sostegno, per una quota consistente di questi, stimabile in almeno il 50%, l’impegno dei servizi territoriali è solo di tipo amministrativo e si traduce sostanzialmente nella raccolta delle domande ai fini dell’erogazione di alcuni benefici di tipo economico finalizzati al riconoscimento del lavoro di cura (ad esempio: assegno di cura anziani, disabilità gravissima, contributo caregiver, vita indipendente, sostegno caregiver malati di SLA e malattia rara).
In sintesi: all’interno di una ridottissima platea di beneficiari, una parte consistente di questi, riceve una qualche forma di sostegno economico, ma può essere, di fatto, sconosciuta ai servizi. D’altra parte, come documentiamo anche nel capitolo 3, l’ultraventennale abbandono, sia in termini di personale che programmatorio, dei servizi territoriali (le cosiddette “unità multidisciplinari”) di “accoglienza, valutazione e presa in carico”, non può che determinare questi effetti.[2] In molti casi si tratta di équipe (disabilità/ anziani-demenze) composte di due sole figure professionali.
Il capitolo si conclude con una scheda che documenta (anche in questo caso i dati sono stati recuperati attraverso risposte ad interrogazioni consiliari) l’inadeguatezza dei servizi di cure domiciliari in termini di figure professionali, tipo di interventi, loro dotazione oraria e con una storia dalla quale emerge con chiarezza che le risposte, troppo spesso, non nascono dal bisogno rilevato, ovvero dalla personalizzazione dei sostegni, ma dalla rigidità dell’offerta, quand’anche sia del tutto non rispondente alle esigenze della persona. È evidente che non si è in presenza solo di un problema normativo (che ne è forse l’effetto) quanto di uno culturale, che investe direttamente anche gli operatori che si trovano a lavorare in servizi, che così si dimostrano disinteressati agli esiti degli interventi.
Le rette a carico degli utenti nelle residenze sociosanitarie per anziani
Il tema dei sostegni alle persone anziane non autosufficienti (definizione alquanto generica), è al centro del lavoro del Gruppo Solidarietà da molto tempo (vedi anche i capitoli 2 e 4 in questo Quaderno). Questa volta il focus è incentrato sul tema delle quote sociali, che si traduce, anche se non si dovrebbe, quasi automaticamente in rette a carico dei residenti e dei loro familiari. Nelle Marche ci sono due tipologie di residenze sociosanitarie per anziani: le residenze protette (RP) e le residenze sanitarie assistenziali (RSA). Nel primo caso le disposizioni regionali stabiliscono che alla quota sociale base possa essere sommata, per determinate prestazioni, su richiesta e per un tetto massimo, anche una quota aggiuntiva. Nel secondo caso invece la quota è determinata. Per entrambe le residenze è inoltre definita la quota sanitaria a carico delle aziende sanitarie. Nei materiali che pubblichiamo abbiamo confrontato ed identificato, attraverso l’analisi delle singole convenzioni, a quanto ammontano le quote a carico dei residenti nelle province di Pesaro e Ancona nel triennio 2022-2024. All’interno di queste, anche quali tipi di servizi compongono quelle aggiuntive.
La sottostima della tariffa e l’inadeguatezza degli standard offerti rispetto ai bisogni reali delle persone, hanno come effetto il sottodimensionamento della quota sanitaria (lontana dal coprire il 50% del costo giornaliero) ed il conseguente aumento delle quote sociali. Quote che negli ultimi anni sono aumentate in maniera sempre più imponente e che stanno diventando, in molti casi, un ostacolo all’accesso.
L’analisi evidenzia come una parte significativa delle quote aggiuntive è determinata da prestazioni di tipo sanitario e sociosanitario (infermieristiche, riabilitative, tutelari) che dovrebbero piuttosto gravare in tutto o in parte sul servizio sanitario Nel caso delle RSA, nonostante la Regione abbia stabilito l’ammontare della quota sociale, alcune strutture for profit, elevano tale quota fino ad oltre il 40% di quella stabilita.
In questo quadro, come si evince dal materiale pubblicato, eccelle per indifferenza la regione Marche, incapace di attuare misure di governo a tutela delle persone. Inadeguatezza che si palesa non solo con riguardo alla situazione tariffaria, ma anche nell’assenza di azioni volte a qualificare questi servizi ed anche a premiare chi promuove benessere e qualità di vita.
Chi si aspettava nel post Covid interventi in questa direzione ha potuto solo constatare il deserto programmatorio.
I dati che abbiamo presentato, frutto di un lavoro di analisi degli accordi tra residenze e aziende sanitarie, dovrebbero aiutare non solo una maggiore presa di coscienza ma anche interventi di pressione da parte di tutti gli attori sociali nei confronti della regione Marche e delle Aziende sanitarie. Non avremmo lavorato in questa direzione se non continuassimo a sperare nella possibilità del cambiamento.
Le liste di attesa nei servizi territoriali
L’ultimo capitolo è dedicato al tema delle liste di attesa o meglio alla loro assenza e/o all’incapacità o non volontà di renderle disponibili. Si tratta di un aspetto strettamente legato al rapporto tra domanda e offerta che abbiamo indagato nel primo capitolo.
Quanto più ampia è la forbice tra domanda e offerta, tanto più si cerca di impedire che questa condizione sia conosciuta e diventi patrimonio pubblico. Più è conosciuta più le Istituzioni sono chiamate a doverne dar conto.
I materiali documentano il lavoro del Gruppo volto a conoscere la situazione di minori con disturbi di apprendimento, bisogni educativi speciali o disabilità, in attesa di una prima valutazione da parte delle Unità multidisciplinari. Tempi rispetto ai quali, se esisteva la testimonianza inequivocabile delle persone in attesa, al contempo erano assenti dati ufficiali.
Anche in questo caso, attraverso l’accesso agli atti di un consigliere regionale, dopo una lunga attesa siamo riusciti ad ottenere la fotografia della situazione. Un tempo per la valutazione che può arrivare fino a 5 anni e che riguarda a livello regionale poco meno di 2.000 minori. Tempi di attesa che pregiudicano l’effettuazione di interventi educativi, riabilitativi e l’avvio di adeguati percorsi di inclusione scolastica. Non meno pesante il quadro riguardante il numero di persone anziane non autosufficienti in attesa di un posto in residenza. Due casi emblematici che indicano quanto siano sottovalutate le esigenze di intere fasce di popolazione.
Ci siamo chiesti nel titolo del capitolo se “le liste non sono tutte uguali”, con riferimento al non meno grave tema delle liste per una visita o un esame strumentale, sui quali però non manca l’attenzione pubblica e mediatica. Problemi che non sembrano meno importanti, eppure pochissimo tematizzati dalle stesse amministrazioni comunali che dovrebbero rappresentare le esigenze dei cittadini. Sullo specifico delle liste riportiamo anche l’analisi riferita all’Ambito sociale di Jesi.
Tra le diverse questioni affrontate dal Gruppo in questo ultimo biennio ne abbiamo tematizzate quattro. Abbiamo cercato di svilupparle dettagliatamente attraverso dati e analisi. Un materiale a disposizione di quanti, a partire dalle Istituzioni ad ogni livello, vogliano affrontare con rigore e sperabilmente con una certa passione, esigenze spesso vitali di molte persone. Condizioni che potrebbero riguardare, in un domani assai vicino, ciascuno di noi.
Questo nuovo Quaderno, come i precedenti, ha l’ambizione di essere uno strumento utile per tutti coloro che lavorano per il rispetto e la dignità di ogni persona.
Gruppo Solidarietà, L’INTOLLERABILE DISTANZA. Persone non autosufficienti e servizi nelle Marche, 2025, p. 88, Euro 13.00.
Informazioni e ordini: Gruppo Solidarietà, Via Fornace 23, 60030 Moie di Maiolati (AN). Tel. 0731.703327, e-mail: centrodoc@grusol.it, www.grusol.it. Bonifico bancario, Banca Popolare Etica: IBAN IT90 V050 1802 6000 0002 0000 359 (specificare nella causale).
[1] Hanno contribuito alla realizzazione: Giuseppe Alberti, Elisa Cesaroni, Margherita D’Ignazio; Gloria Gagliardini, Vittorio Ondedei, Fabio Ragaini, Paolo Urbani.
[2] Vedi in proposito, Fondo non autosufficienze e LEPS di Processo. I nodi vengono al pettine?, in, www.grusol.it.
I soggetti deboli nelle politiche sociali della regione Marche (2003); Quelli che non contano (2007); I dimenticati (2010); La programmazione perduta (2011); Trasparenza e diritti (2013); Dove sono i forti, dove i deboli (2015); Le politiche perdute (2017); Le politiche necessarie (2019), Non come prima. L’impatto della pandemia nelle Marche (2021). Tutto come prima? Politiche e servizi nelle Marche (2023).