Data di pubblicazione: 07/11/2010
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La programmazione perduta. I centri diurni per disabili nelle Marche


Gruppo Solidarietà - Osservatorio Marche, 5 novembre 2010

Nelle Marche sono presenti due tipologie di centri diurni rivolti a persone con disabilità. Attualmente l’offerta è di circa 1370 posti in 82 strutture, con una media di 16,7 utenti per Centro ed un’offerta di circa 1 Centro ogni 19.000 abitanti. Ma le differenze tra i due servizi impediscono una comparazione omogenea ed è dunque necessario, pur tenendo conto del dato complessivo, analizzare le caratteristiche e l’offerta singolarmente.

I centri diurni degli istituti ex art. 26/833

Ricompresi all’interno delle strutture sanitarie e sociosanitarie regolamentate dalla legge 20/2000 sull’autorizzazione e accreditamento, sono quelli meno conosciuti ma non meno importanti a riguardo dell’offerta. Sono attivi 323 posti in 13 strutture (utenza media di circa 25 per Centro). La delibera 1789/2009 di determinazione del fabbisogno ne prevede l’autorizzazione di altri 67, per un complessivo di 390. La loro regolamentazione si caratterizza per la scarsità di indicazioni. La dgr 2200/2000 (applicativa della legge 20/2000 sulle autorizzazioni e accreditamento delle strutture sanitarie e sociosanitarie) di determinazione dei requisiti li inserisce all’interno dei “Presidi di riabilitazione funzionale dei soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche, sensoriali”. Né in questo atto, né all’interno degli accordi tra Regione e Centri privati di riabilitazione è stato definito lo standard assistenziale e la capacità recettiva. Collocati, nella maggior parte dei casi,  all’interno di strutture residenziali (ex art. 26/833) che erogano prestazioni riabilitative in regime residenziale - e dunque con retta a totale carico del fondo sanitario - vengono genericamente definiti come erogatori di prestazioni per il “recupero funzionale e sociale di soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche, sensoriali o miste dipendenti da qualunque causa”. Si specifica che il Centro deve funzionare per almeno 5 giorni alla settimana e per un minimo di 6/7 ore al giorno. Pur in assenza di standard assistenziali è stata identificata la retta. Sono previste 3 tariffe; per l’anno 2009 sono le seguenti: medio livello (79,47 euro); alto livello (103 euro); Unità plurisensoriali (131,34). Questi ultimi posti sono collocati all’interno della Lega del Filo d’oro. Vale la pena segnalare come tra la tariffa di un semiresidenziale alto livello e un residenziale (Rsa disabili) ci sia una differenza di 12 euro al giorno (103 contro 115). Interessante la terminologia usata nell’identificazione di questi servizi: non si parla di centro diurno ma di semiresidenziale e quando vengono definite le tariffe, di seminternato (differenziandosi così dal residenziale che secondo logica dovrebbe essere definito come “internato”). Linguaggio  - internamento - figlio della logica istituzionale. Ciò che stupisce, anche per le evoluzioni di molte di queste strutture e servizi, è l’uso di una terminologia e di un linguaggio fortemente datato.  Ma, come è noto, il linguaggio mutua il contenuto.

Il Centro diurno socio educativo riabilitativo

E’ il servizio diurno per disabili più conosciuto e diffuso sul territorio;  erogato dai Comuni, si sviluppa a partire dal 1982 attraverso una specifica legge di settore (legge 18) che prevede da parte della Regione il finanziamento per interventi all’interno di centri  di animazione e socializzazione per persone con “handicaps gravi e gravissimi”; nel 1996 la legge viene abrogata da una nuova legge di settore (sempre n. 18), tuttora in vigore, modificata nel 2000 (legge n. 28). Al centro diurno la nuova legge dedica uno specifico articolo (art. 13): Al fine di proseguire il processo d'integrazione, i soggetti portatori di un handicap grave per i quali nei piani educativi individualizzati stilati durante la frequenza scolastica non è stata ritenuta utile una prosecuzione degli studi, possono frequentare i Centri socio-educativi diurni o residenziali(..)  I Centri socio-educativi diurni sono strutture aperte alla comunità locale per svolgere funzioni di sostegno e socializzazione mediante iniziative e momenti educativi, ricreativi, sportivi e di pre-formazione professionale. Con la modifica del 2000 il Centro socio educativo viene così ridefinito: Al fine di promuovere lo sviluppo dell'autonomia personale e il processo di integrazione sociale delle persone in situazione di handicap grave che hanno terminato il percorso scolastico, la Regione sostiene e disciplina l'attivazione e il funzionamento di strutture diurne. (….) . I Centri socio-educativi diurni sono servizi territoriali integrati aperti alla comunità locale per svolgere funzioni di accoglienza, sostegno socio-educativo e riabilitativo integrati e socializzazione, idonei a incrementare e mantenere i livelli di autonomia funzionale, a contrastare i processi involutivi e a favorire percorsi occupazionali di formazione al lavoro e di supporto all'inserimento lavorativo. (…). I requisiti strutturali e funzionali dei Centri socio-educativi sono disciplinati dalla Regione.

Pur rimanendo in vigore la normativa di settore dopo l’approvazione della legge 20/2002 sulle autorizzazioni sociali e sociosanitarie e soprattutto con il regolamento 3/2006 (di modifica dell’1/2004) che fissa i requisiti di tali servizi, i centri diurni vengono ridefiniti secondo queste ultime indicazioni. Si definisce:  la tipologia di utenza, gli obiettivi del servizio, le caratteristiche strutturali, gli standard organizzativi e funzionali. Ci siamo dilungati nel descrivere l’evoluzione di  questo servizio in quanto l’offerta territoriale è condizionata dalla definizione e dagli obiettivi  che dal 1982 al 2000 hanno caratterizzato i centri diurni. I notevoli cambiamenti apportati dalla più recente normativa non hanno infatti, in molti - probabilmente troppi - casi modificato approcci e contenuti del servizio contraddicendo le indicazioni cui invece gli stessi devono riferirsi.

Con la legge 20/2002 si introduce la nuova denominazione di questo servizio che diventa Centro diurno socio-educativo-riabilitativo (Cser) rivolto a “soggetti in condizioni di disabilità, con notevole compromissione delle autonomie funzionali, che hanno adempiuto l’obbligo scolastico e per i quali non è prevedibile nel breve periodo un percorso di inserimento lavorativo o formativo”. La capacità ricettiva è di norma pari ad un massimo di 18 presenze giornaliere, elevabili ad un massimo di  25 in  presenza di soggetti con maggiori livelli di autonomia. Per quanto riguarda lo standard assistenziale si prevede la presenza di un coordinatore (per 15 ore settimanali), di personale educativo, “di norma, non inferiore a 1:2 nelle ore più significative della giornata ed almeno per il 50% dell’orario di funzionamento del servizio” e personale socio-sanitario “in misura adeguata ad assicurare le funzioni tutelari e di supporto al personale educativo: è comunque presente almeno un operatore nelle ore più significative della giornata”. Gli interventi previsti sono di assistenza tutelare ed educativo- riabilitativi integrati. Il Cser è aperto per almeno 48 settimane  all’anno (la chiusura non deve superare le due settimane consecutive, con l’assicurazione di interventi di sostegno alternativi - domiciliari o altri centri territoriali -  per i soggetti più gravi) con una apertura giornaliera non inferiore a  7 ore al giorno.

Secondo i dati regionali, riferiti al 2007, nelle Marche sono attivi 68 Cser per complessivi 1036 utenti (media di circa 15 utenti per Centro). Di questi: 30 hanno un’età compresa tra 8 e 18 anni (dunque in età scolare); 81 utenti con disabilità fisica, 15 con disabilità sensoriale (dati che andrebbero approfonditi per verificare come mai, nel primo caso, soggetti in obbligo scolastico frequentino un servizio destinato a soggetti che dovrebbero averlo  adempiuto e nel secondo, poco meno del 10% degli utenti non sembrerebbe avere i requisiti previsti per l’accesso).

Se appare evidente come questo servizio sia maggiormente regolamentato (obiettivi, personale, modalità organizzative e strutturali) rispetto all’altra tipologia di centro diurno, manca invece la definizione di fondamentali aspetti di sistema.

Non sono infatti stati definiti: tariffa, ripartizione dei costi tra sanità e sociale, fabbisogno (previsto dal 2002).

Dunque come operano i 68 Cser attivi nelle Marche? Non è facile saperlo: così come non è chiaro quale sia il loro standard di personale (esso è comunque fortemente difforme se si prende a riferimento i  costi dichiarati dagli enti locali  al fine di accedere al finanziamento regionale). Per quanto riguarda gli oneri di funzionamento quasi tutti i Cser sono a completo carico dei Comuni (per certo solo ad Ancona e Pesaro le Zone sanitarie compartecipano il 50%), alcuni sono parte di gestioni associate. La Regione Marche finanzia i Cser ai sensi della legge 18, sopra citata, con un contributo ai Comuni pari al 50% del costo del personale, cui si aggiunge una modesta cifra riguardo le spese di funzionamento, per una  spesa (dato 2007) di poco superiore a 5 milioni di euro. Va fatto notare che in assenza di delibera di fabbisogno è possibile ancora oggi aprire centri diurni avendo certezza di finanziamento; a ciò va aggiunto che tale contributo regionale  è parte del finanziamento annuale per gli interventi previsti dalla legge 18 (trasporto, assistenza domiciliare, assistenza scolastica, ecc ….), determinando così una riduzione del fondo (circa 10 milioni) per gli altri interventi.

Considerazioni e proposte

Dall’analisi dei due Centri si evidenziano diversi aspetti:

- nel primo Servizio (gli ex art. 26 regolamentati dalla legge 20/2000) sono definiti aspetti essenziali come tariffa, fabbisogno, competenza finanziaria degli enti (in questo caso la sanità), ma si è in presenza di un servizio sostanzialmente privo di regolamentazione e di obiettivi (vedi mancata definizione di standard, capacità recettiva e di tipologia di figure professionali). I 323 posti sono all’interno di un vecchio contenitore chiamato, genericamente, disabilità.    

- Nel secondo ad una pregevole definizione degli obiettivi e del Servizio, della tipologia di utenza e dei criteri di funzionamento, è contrapposta la mancanza di fondamentali atti di sistema: quanto costa (tariffa), chi lo paga (ripartizione tra Comuni e Asl), quanti ne servono (fabbisogno). Come risultato si ha che i 68 Centri operanti nel territorio regionale non si sa bene come operino. A ciò si aggiunge che è rimasto in vigore il meccanismo di finanziamento della legge 18 che destina ai Comuni titolari dei Centri, e ogni anno potrebbero aggiungersene altri,  un contributo fisso (50% costo del personale). Inoltre alcune norme regolamentari (vedi orario di coordinamento) sono all’interno dei criteri applicativi della legge di settore e non nei requisiti autorizzativi:

- La programmazione dei due servizi è completamente slegata; il primo lo gestisce la sanità, il secondo i servizi sociali (situazione identica riguarda la residenzialità); ognuno va totalmente per la sua strada (la destra non sa quello che fa la sinistra e viceversa). Ad esempio non si riesce a capire con quale criterio la dgr 1789/2009 sul fabbisogno delle strutture sanitarie e sociosanitarie ha previsto un aumento di circa 70 posti del Centro ex art. 26/833 e perché non si è mai riusciti a definire un fabbisogno congiunto di questo Servizio a partire dalla definizione (per il primo) e distinzione della tipologia di utenza. Ragione difficile da identificare se si tiene conto che l’attuale offerta dei Cser è pari a circa 1 ogni 22.000 abitanti (anche se non esiste indicazione di ripartizione territoriale).  Un’offerta questa, già da sola da ritenersi adeguata.

Ne dovrebbe conseguire la necessità di mettere all’ordine del giorno, con prontezza, tali questioni (definizione tipologia di utenza, obiettivi del Servizio, standard di assistenza e definizione delle figure professionali, capacità recettiva, tariffa, definizione degli oneri a carico degli enti, fabbisogno).  Necessità che, stando ai fatti, non pare, purtroppo,  sia avvertita dalla regione Marche.    

Riferimenti normativi[1]

- L.R., 18/1996, Promozione e coordinamento delle politiche di intervento in favore delle persone in condizioni di disabilita;

- L.R. 28/2000, n. 28. Modifiche ed integrazioni alla Legge regionale 4 giugno 1996, n. 18 "Promozione e coordinamento delle politiche di intervento in favore delle persone handicappate";

- L.R., 20/2000,  Disciplina in materia di autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio, accreditamento istituzionale e accordi contrattuali delle strutture sanitari e sociosanitarie pubbliche e private;

- D.G.R., 2200/2000, Determinazione dei requisiti minimi richiesti per l’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio di strutture sanitarie e sociosanitarie;

- L. R.,  n. 20/2002, Disciplina in materia di autorizzazione e accreditamento delle strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale;

- Regolamento regionale 1/2004,  Disciplina in materia di autorizzazione delle strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale;

- Regolamento regionale n. 3/2006, Modifiche al regolamento regionale 8 marzo 2004. n. 1/2004,  in materia di autorizzazione delle strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale;

- D.G.R., 98/2008, Piano sociale 2008-2010. Partecipazione, tutela dei diritti, programmazione locale in un processo di continuità, stabilizzazione e integrazione delle politiche di welfare;

- D.G.R. 1789/2009, Criteri  per la definizione del fabbisogno sanitario nella regione Marche.

Per approfondire

- Gruppo Solidarietà, I dimenticati. Politiche e  servizi per i soggetti deboli nelle Marche, 2010;

- Gruppo Solidarietà, Quelli che non contano. Soggetti deboli e politiche sociali nelle Marche, Gruppo Solidarietà, 2007;

- F. Ragaini, I servizi per la disabilita grave dopo la scuola dell’obbligo,  in “Appunti sulle politiche sociali”, n. 2-2005;

- F. Ragaini, Si dovrebbe fare così ma si può fare diversamente. A proposito dei nuovi requisiti delle strutture sociosanitarie nelle Marche, In “Appunti sulle politiche sociali”, n. 1/2007;

- F. Ragaini, La programmazione dei servizi sociosanitari per persone disabili nelle Marche in “Appunti sulle politiche sociali”, n. 5-2008;

- F. Ragaini, Un commento ai recenti criteri di definizione del fabbisogno sanitario e sociosanitario nella regione Marche.

5 novembre 2010


[1] La gran parte delle norme e degli approfondimenti sono consultabili nel sito del Gruppo Solidarietà, www.grusol.it


 

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