Articolo di Appunti (Accesso libero)
Articolo pubblicato sul numero 253, 4/2025
ottobre-dicembre 2025
La contenzione meccanica nelle residenze per anziani della regione Marche
Gruppo Solidarietà
Tipologia: Articolo
Il numero delle persone contenute nelle residenze sociosanitarie per anziani nella regione Marche è un importante indicatore di come “funzionano” queste strutture? Sono un indicato-re di qualità del servizio? Riteniamo di sì. E per questo abbiamo cercato di capire quale fosse la situazione nelle residenze della regione Marche. Di seguito una contestualizzazione dei dati delle Aziende sanitarie accompagnati dal commento di tre esperti.
Lo scorso 23 gennaio ci siamo rivolti alla regione Marche con questa richiesta: “Nelle strutture residenziali per anziani (sociali e sociosanitarie) che accolgono persone non autosufficienti e con demenza a quante persone sul totale, in ogni residenza, viene applicata la contenzione meccanica”. Non avendo ricevuto risposta ci siamo rivolti ai consiglieri regionali chiedendo di effettuare un accesso agli atti. Il 10 marzo il consigliere Antonio Mastrovincenzo inoltrava la richiesta. Il Dipartimento Salute, il 18 marzo, rispondeva che il dato “non è ricavabile dai flussi istituzionali per l’area residenziale e semiresidenziale gestiti dallo scrivente Dipartimento”. Non aveva il dato e non ha ritenuto di chiederlo alle Aziende sanitarie che hanno rapporti convenzionali con le residenze sociosanitarie.
Il 7 aprile la stessa richiesta, da parte del consigliere, è stata inoltrata alle cinque aziende sanitarie della regione Marche. Hanno fornito i dati 3 Aziende (Pesaro/Urbino, Fermo e Ascoli Piceno). Ancona, ha risposto che non era possibile “riscontrare il quesito posto laddove esso non specifica in quale arco temporale si debba riferirsi la rilevazione del dato”; Macerata, nonostante solleciti, non ha riscontrato. QUI, si possono consultare le risposte ricevute.
Alcune indicazioni di contesto
La richiesta riguardava tutte le residenze per anziani che accolgono persone non autosufficienti. Le risposte riguardano solo le residenze sociosanitarie convenzionate con le Aziende sanitarie. Il dato quindi non contempla la situazione dei posti autorizzati ma non convenzionati, né quello delle residenze per autosufficienti (Case di Riposo) nelle quali si può stimare risiedano per circa il 50/60% anziani non autosufficienti. Nelle risposte, inoltre, non si fanno distinzioni tra posti per non autosufficienti e per demenze. È opportuno ricordare (vedi, Persone con demenza nelle residenze. Quante, dove, con quale assistenza) che nei posti convenzionati il 41% dei residenti viene “certificato” con demenza. Il 7% risiede, formalmente, in posti dedicati. In realtà, il numero è ancora inferiore.
Chi ha risposto, ha specificato che il termine contenzione include situazioni diverse (ad esempio dalla “spondina” del letto alla “polsiera”) caratterizzate dalla limitazione dei movimenti volontari. Per quanto riguarda la tipologia di strutture va segnalato che nelle Marche le RSA anziani gestiscono anche la fase post acuta (in particolare quelle a gestione diretta) con degenze sia a termine (prevalenti in quelle pubbliche) che permanenti. Nelle Residenze protette (RP), invece, salvo eccezioni, la degenza è permanente.
Per quanto riguarda le singole risposte.
AST Pesaro/Urbino. È l’unica che indica per ciascuna residenza il numero di persone contenute. All’interno della rilevazione (42 residenze) vengono inserite anche alcune (3) residenze di post acuzie e riabilitazione (Cure intermedie e Riabilitazione intensiva/estensiva) che accolgono persone con necessità diverse da quelle delle altre strutture e tutte con degenza a termine. Il tema contenzione si pone qui in maniera strutturalmente diversa rispetto alle altre (e infatti la percentuale è molto più bassa). Rispetto ai dati forniti, le persone contenute sono complessivamente, circa il 75%. In quattro strutture la contenzione riguarda il 100% dei residenti; in 8 tra il 90 e il 100%.
AST Fermo. Viene fornito il numero delle persone contenute. 493 su 582. Circa l’85%
AST Ascoli Piceno. Al dato delle persone residenti: 721, vengono affiancate le modalità di contenzione. Contenzione letto (521). Contenzione sedia: 253. Contenzione segmenti corporei. 40 (si specifica chi riguarda); Contenzione per postura obbligata: 57. Dalle indicazioni non si evince la percentuale complessiva, considerato che una stessa persona può essere contenuta nelle diverse situazioni indicate.
Come detto, AST Ancona ha ritenuto la domanda fuorviante (vedi risposta) e non ha ritenuto di fornire il dato, mentre AST Macerata non ha proprio risposto.
Come lo si voglia guardare, il dato è “sufficientemente impressionante”. Si tratta di un indicatore estremamente significativo che una volta accertato e soprattutto evidenziato richiederebbe analisi (un modello organizzativo? standard sono inadeguati? paura di contenziosi legali? ecc..) accurata delle cause e urgenti interventi finalizzati ad una significativa riduzione.
L’auspicio e l’augurio che la pubblicazione di questi dati, possa stimolare accanto ad analisi e riflessioni, azioni volte a cambiare questa situazione. L’impressione è che troppe volte “una cinta non la si neghi a nessuno”.
Un dato che come ben evidenziato da Letizia Espanoli, al pari di cadute ed infezioni dovrebbe diventare un indicatore di qualità pubblico e trasparente.
Il commento di tre esperti
Abbiamo voluto cercare di capire meglio chiedendo un breve commento ai dati a tre esperti.
- Letizia Espanoli, formatrice, esperta nei servizi rivolti a persone con demenza, https://letiziaespanoli.com/sente-mente/, di cui spesso ospitiamo contributi nella rivista. Vedi nel numero 3/2025, “La contenzione, un gesto “brutale” e il mito della sicurezza”.
- Pietro Landra, geriatra, già direttore della struttura complessa “Geriatria Territoriale” a Torino. Attualmente è direttore sanitario della RSA “Il Trifoglio” di Torino. Vedi, il suo contributo, Persone malate e non autosufficienti. Presa in carico e continuità assistenziale, nel numero 5/2014.
- Antonio Guaita, geriatra, direttore della Fondazione Golgi Cenci che si occupa di studi e ricerche sull’invecchiamento cerebrale e la demenza. Anche di Guaita segnaliamo l’articolo, Bisogni degli anziani e ruolo delle Unita Valutative Geriatriche. Proposta di un modello consultoriale delle UVG, pubblicato nel n. 2/2002 (139) di "Appunti sulle politiche sociali".
Letizia Espanoli
Quando la cura diventa prigionia. In alcune case per anziani oltre l’80% dei residenti è contenuto. In altre, molto meno. Non è il bisogno clinico a decidere, ma la cultura organizzativa. La contenzione non protegge: mortifica. La vera sicurezza nasce da ambienti adattati, formazione e relazione. La domanda resta: perché in certi luoghi si sceglie di legare e in altri di liberare?
I dati più recenti sulle residenze per anziani della regione Marche parlano chiaro: in molte strutture la contenzione fisica non è l’eccezione ma la regola. Ci sono realtà dove oltre l’80% dei residenti viene contenuto. Non sappiamo quanti per 24 ore continuate finché morte non verrà. In alcuni casi, la percentuale sfiora il 100%.
La domanda è inevitabile: davvero tutte queste persone hanno un bisogno clinico che giustifica la contenzione? O è la cultura organizzativa ad averla trasformata in prassi?
Il confronto tra strutture dello stesso territorio mostra una variabilità sconcertante: laddove alcune case contengono quasi tutti, altre limitano la pratica a pochi casi.
Questo significa che non è il “bisogno” a decidere, ma il modo in cui l’organizzazione interpreta la cura.
La contenzione è antitetica alla cura: riduce libertà, cancella dignità, mortifica la relazione. Non è una misura di protezione, ma una dichiarazione di impotenza organizzativa. Eppure esistono alternative. Ambienti adattati, formazione continua, strategie relazionali, monitoraggi non invasivi, bellezza terapeutica: strumenti concreti e già sperimentati che permettono di ridurre drasticamente la contenzione senza aumentare i rischi.
Dovremmo allora chiederci:
- Perché in alcune strutture quasi nessuno è contenuto e in altre quasi tutti?
- Esiste in questo territorio una linea guida per tutte le residenze in grado di accompagnarle alla migliore cura?
- Quale immagine della cura stiamo trasmettendo alle famiglie e alla comunità?
- Può una casa per anziani definirsi “luogo di cura” se la libertà è negata come routine?
Forse è tempo che il tasso di contenzione diventi un indicatore pubblico e trasparente di qualità, così come lo sono cadute e infezioni. Perché la vera sicurezza non si costruisce legando, ma liberando.
Pietro Landra
Scrivo dopo aver preso visione dei dati richiesti dal “Gruppo Solidarietà” ad enti pubblici e privati concernenti la contenzione in strutture destinate ad una popolazione anziana. La contenzione è uno di quegli argomenti che favorisce l’emergere di schieramenti contrapposti, probabilmente anche perché non c’è una corretta informazione sull’argomento. Ben venga quindi un tentativo di raccogliere dati sulla effettiva diffusione della pratica.
Occorre subito rimarcare che la contenzione in ambito geriatrico, pur avendo aspetti in comune, ha connotazioni assai diverse rispetto a quella in psichiatria; nell’anziano gravemente non autosufficiente e con problemi cognitivi la contenzione meccanica ha spesso (non sempre!) una valenza ortesica, tesa a allineare o sostenere il corpo evitando scivolamenti e cadute.
Quindi i dati riscontrati nelle varie strutture marchigiane, assai disomogenei ma caratterizzati da percentuali mediamente molto alte di contenzione, riflettono probabilmente questo aspetto: realtà che assistono soggetti non confusi e con piccole limitazioni dell’autonomia avranno un uso parco della contenzione, realtà con soggetti molto compromessi la useranno massicciamente. Questo dato purtroppo non è verificabile dalle tabelle fornite che nulla dicono sulla tipologia dei residenti. Nelle RSA del Piemonte, di anno in anno, la popolazione è caratterizzata dal fatto di essere sempre più vecchia, più dipendente e con più patologie. Penso che nelle Marche la situazione non sia dissimile.
Un breve commento sul fatto che qualcuno affermi di non poter rispondere perché nella richiesta mancano indicazioni temporali. In realtà bastava fare una “fotografia” della situazione in un dato momento (come penso abbiano fatto gli altri); qui il defilarsi tradisce un certo fastidio ad affrontare l’argomento.
Sarebbe inoltre interessante poter distinguere tra sponde al letto e cinture in carrozzina, rispetto a polsiere, cavigliere e cinture al letto, molto più impattanti sulla qualità della vita della persona e spesso futili ed evitabili. Personalmente ritengo non etico legare per settimane, mesi, anni una persona demente affinché non si rimuova il sondino naso-gastrico o la PEG. Ulteriori domande che si potrebbero formulare sono:
- “Quali risorse sono attivate in RSA per evitare/limitare la contenzione?”. Mi riferisco a bascule, letti bassi, ecc.. .
- “Un aumento del minutaggio degli OSS potrebbe ridurre il ricorso alla contenzione? “(ovviamente viene coinvolta l’ASL e le sue valutazioni).
- “Sarebbe utile, sempre parlando del personale di cura, una revisione della loro formazione e/o un loro aggiornamento continuo con crediti ECM?”
- “L’inserimento di soggetti affetti da demenza ed ancora deambulanti in un nucleo dedicato a loro, ben strutturato architettonicamente e con personale formato in approcci specifici (gentle care, validation) potrebbe abolire la contenzione.
L’attenzione è stata giustamente focalizzata sulla contenzione meccanica, non dimentichiamo tuttavia che esistono altri tipi di contenzione, in particolare quella farmacologica, meno visibile ma diffusissima. In ambito psichiatrico, la scoperta negli anni ‘50 della Clorpromazina (primo farmaco antipsicotico) aveva permesso di ridurre l’uso della contenzione meccanica; nelle nostre RSA ho la sensazione che ciò non avvenga, il farmaco purtroppo non sostituisce le cinture e le sponde ma si affianca a loro.
Antonio Guaita
Da una indagine italiana risulta che nelle residenze per anziani il 68,7% (4599/6690 ospiti), sono soggetti a contenzione (Zanetti E, Castaldo A, Gobbi P. Superare la contenzione: si può fare. I Quaderni dell’infermiere, Federazione Nazionale dei collegi IPASVI, L’infermiere 2009;3. Zanetti E, Castaldo A, Miceli R, Magri M, Mariani L, Gazzola M, Gobbi P, Carniel G, Capodiferro N, Muttillo G. L’utilizzo della contenzione fisica negli ospedali e nelle residenze sanitarie assistenziali: indagine multicentrica di prevalenza. Federazione Nazionale Collegi IPASVI, L’infermiere 2012;2. Citati in: Anna Castaldo: ”La tutela della sicurezza degli assistiti attraverso metodi alternativi alla contenzione” I luoghi della cura, n° 2-2013). Questi dati delle Marche riportano una percentuale media 73,5 %, range da 5,5 al 94,4 %; con differenze di zona ATS non significative (anova: F 0,757; non significativa; p= 0,587)
Certamente di fronte a questi dati pare che si sia di fronte ad una tragedia, che certamente vivono gli anziani residenti nelle strutture di ricovero ma che coinvolge anche famigliari e personale e di cura.
È fin troppo facile citare le ricerche che dimostrano come quello che le contenzioni dovrebbero garantire, non lo garantiscono affatto ma alle volte lo provocano. Ad esempio, le contenzioni del tronco erano associate a un rischio maggiore di cadute (odds ratio aggiustato [AOR] 1,66, IC 95%: 1,21-2,27) e di fratture (AOR 2.77, 95% CI: 1.35-5.68) (Luo H, Lin M, Castle N. Physical restraint use and falls in nursing homes: a comparison between residents with and without dementia. Am J Alzheimers Dis Other Demen. 2011 Feb;26(1):44-50. doi: 10.1177/1533317510387585. PMID: 21282277; PMCID: PMC10845417). Diversi studi hanno dimostrato che la prevalenza della contenzione può essere ridotta senza un aumento significativo delle cadute o degli infortuni correlati alle cadute (Goethals S, Dierckx de Casterl B, Gastmans C. Nurses' decision making in cases of physical restraint: A synthesis of qualitative evidence. Journal of Advanced Nursing 2012;68(6):1198–210). Esistono prove che l'uso di contenzione fisica può avere effetti avversi, ad esempio lesioni dirette, riduzione della mobilità e riduzione del benessere psicologico (Castle NG, Engberg J. The health consequences of using physical restraints in nursing homes. Medical Care 2009;47(11):1164-73). Pertanto, un ambiente di assistenza infermieristica privo di contenzione è stato raccomandato come standard di cura (Flaherty J. Zero tolerance for physical restraints: difficult but not impossible. Journal of Gerontology 2004;59A:919-20). Tutto ciò è stato ribadito nelle recenti linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS Linea Guida Diagnosi e trattamento di demenza e Mild Cognitive Impairment [Internet]. www.demenze.it. 2024 Jul 31. schede-18-documentazione_sulle_demenze, raccomandazione 50).
Si può pensare che esistono metodi efficaci e validati per ridurre al minimo l’uso delle contenzioni?
Dalla Cochrane review, 2023 “Interventi organizzativi volti a ridurre l'uso delle contenzioni attraverso la modifica delle politiche e delle pratiche nelle case di cura sono probabilmente efficaci nel ridurre il numero di persone trattenute in generale, e in particolare con le cinture. La riduzione delle contenzioni non ha portato a un aumento del numero di persone con cadute. Non siamo certi che semplici interventi educativi riducano l'uso delle contenzioni e gli interventi che forniscono informazioni sul rischio di caduta degli ospiti potrebbero avere scarso o nullo effetto sull'uso delle contenzioni. …” (Möhler R, Richter T, Köpke S, Meyer G. Interventions for preventing and reducing the use of physical restraints for older people in all long-term care settings. Cochrane Database Syst Rev. 2023 Jul 28;7(7): CD007546. doi: 10.1002/14651858.CD007546.pub3. PMID: 37500094; PMCID: PMC10374410.).
Solo interventi multifattoriali e multipli, non solo educativi, possono avere effetto sulla riduzione delle contenzioni. Si tratta quindi di intervenire sugli atteggiamenti (quello che il personale pensa), ma anche e soprattutto sui comportamenti (quello che il personale fa). Questo comporta adeguamenti organizzativi e anche strutturali, compreso l’attenzione alla sicurezza degli ambienti fisici di vita delle strutture di ricovero (assicurare spazio sicuro= assicurare spazio di libertà). Per meglio capire bisognerebbe fare nuove ricerche che distinguano i diversi tipi di contenzione, che non sono affatto tutti uguali per tipo e gravità di restrizione (ad esempio le spondine sono una cosa diversa da una fascia addominale o pelvica), potendo metterli in relazione alle variabili ambientali, assistenziali (compresa la “cultura” assistenziale) e di organizzazione quotidiana della struttura.
In finale sono sempre valide le parole di Spinoza: “Sedulo curavi humanas actiones non ridere, non lugere, neque detestari, sed intelligere". "Ho fatto molta attenzione a non ridere delle azioni umane, a non piangerle, a non detestarle, ma a comprenderle."