Data di pubblicazione: 15/06/2025
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Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB). Rapporto sulla politica di bilancio – giugno 2025

11 giugno 2025 | È stato presentato oggi presso il Senato della Repubblica, Sala Zuccari, il Rapporto sulla politica di bilancio dell’UPB. In tale occasione, dopo i saluti istituzionali, la Presidente dell’UPB, Lilia Cavallari, ha illustrato la sua Relazione e i consiglieri Valeria De Bonis e Giampaolo Arachi hanno descritto alcuni approfondimenti tematici. I lavori si sono conclusi con l’intervento del Ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti. Il Rapporto dell’UPB illustra, con cadenza annuale, le tendenze recenti e le prospettive dell’economia italiana e della finanza pubblica, presentando approfondimenti che quest’anno hanno riguardato la spesa per la difesa, il mercato del lavoro dopo la pandemia e l’efficacia degli incentivi Industria/Transizione 4.0.

Il Testo integrale; La Relazione della Presidente; - Sintesi; - Comunicato stampa; - Video

Il commento in, pressenza.comDiminuiscono i salari reali e i benefici della nuova Irpef sono erosi dal fiscal drag. Il Rapporto dell’UPB

Anche l’Ufficio Parlamentare di Bilancio-upB nel suo ultimo Rapporto sulla politica di bilancio, giugno 2025 pone l’accento sulla diminuzione negli ultimi anni dei salari reali, a causa di un aumento dell’inflazione più rapido rispetto alle retribuzioni nominali: l’incremento delle retribuzioni nominali orarie tra il 2019 e il 2024 è stato la metà di quello dei prezzi al consumo. Non solo, ma l’UPB sottolinea anche il continuo consolidamento del lavoro povero: Nel periodo successivo alla pandemia, si legge nel documento, si è registrata una significativa transizione di persone, soprattutto inattive, verso un’occupazione con bassi salari; i flussi sono stati intensi soprattutto per donne (53 per cento dei nuovi occupati), giovani e individui con istruzione elevata.

É soprattutto nel Mezzogiorno che vi è stata l’attivazione maggiore di nuova occupazione (la quota è superiore di circa 10 punti percentuali rispetto a quella di chi già lavorava) e nel settore del turismo (alloggio, ristorazione, trasporti), ma per tale occupazione il ricorso all’uso di contratti a tempo determinato è stato marcato, in particolare nei servizi legati al turismo (commercio, servizi di alloggio e trasporti, servizi immobiliari).

L’upB certifica la bassa produttività dell’industria tra il 2020 e il 2024, risultata negativa in quattro anni su cinque, evidenziando un riassorbimento dell’occupazione in settori a bassa produttività e bassa remunerazione. Un’analisi micro-econometrica delle caratteristiche individuali dei lavoratori e delle imprese, si legge nel Rapporto, indica che l’istruzione ha un ruolo preminente nello spiegare la produttività marginale. Dei 2,4 punti percentuali di variazione della produttività nel periodo 2014-23 che il modello spiega, una quota preponderante è ascrivibile all’impiego di occupati con studi universitari o superiori, nelle fasce d’età più mature, nelle professioni intellettuali e nelle imprese grandi. L’istruzione appare come la variabile che maggiormente ha contribuito all’incremento di produttività sia per il suo forte impatto diretto sia per l’aumento degli occupati qualificati; al contrario, la diffusione dei contratti a tempo determinato ha fornito un contributo negativo.

Il Rapporto pone l’accento anche sul drenaggio fiscale nell’ambito dell’imposta personale sul reddito, evidenziando come l’incremento del drenaggio fiscale si concentri prevalentemente sui lavoratori dipendenti, anche se in misura differenziata tra le diverse categorie. Infatti, il maggiore prelievo per l’insieme degli operai passa da 800 a 942 milioni; quello per gli impiegati è ancora più marcato, aumentando da 989 a 1.205 milioni. Particolarmente significativo è l’impatto in termini di incidenza sull’imposta pagata: la variazione percentuale dell’imposta dovuta al drenaggio fiscale passa dal 3,2 al 5,5 per cento per gli operai e dall’1,7 al 2,3 per cento per gli impiegati.

Questi effetti, si legge nel rapporto dell’upB, sono direttamente riconducibili alle nuove detrazioni introdotte per il lavoro dipendente, che contribuiscono ad accrescere l’aliquota marginale effettiva. Ciò è confermato dall’evidenza che le altre categorie di contribuenti, non interessate da tali modifiche, registrano variazioni del drenaggio fiscale pressoché irrilevanti: pensionati, autonomi, percettori di redditi da fabbricati e di altri redditi mostrano infatti incrementi minimi o nulli.
Tale accresciuta sensibilità del sistema 2025 al drenaggio fiscale, da un lato, aumenta l’elasticità del gettito Irpef agli incrementi nominali del reddito da lavoro dipendente, con effetti positivi sul bilancio pubblico, dall’altro, solleva criticità relativamente all’evoluzione in termini reali del reddito disponibile di questi contribuenti. In un contesto in cui la dinamica retributiva è risultata già di per sé insufficiente a compensare l’inflazione, l’intensificazione del prelievo fiscale derivante dall’interazione tra inflazione e progressività rischia di erodere in misura significativa gli incrementi nominali delle retribuzioni con rilevanti conseguenze sulla loro dimensione reale. Inoltre, in generale, anche in periodi di inflazione moderata, le elevate aliquote marginali in corrispondenza di redditi medio-bassi, su cui è elevata l’incidenza dei lavoratori dipendenti, rischia di limitare gli effetti dei rinnovi contrattuali in termini di recupero del potere d’acquisto, con potenziali ricadute negative sui consumi e sulla domanda interna.

Il Report svolge, infine, alcune considerazioni di policy sulle modalità di sostegno dei redditi bassi, sottolineando che se questo è realizzato attraverso il sistema fiscale piuttosto che mediante strumenti dal lato della spesa, occorre prestare particolare attenzione al loro disegno e alle conseguenze che ne derivano. Interventi come quelli introdotti con la legge di bilancio per il 2025, si legge nel documento, aumentano la progressività dell’Irpef e accrescono la sua sensibilità al drenaggio fiscale. A lungo andare, quindi, in assenza di un’indicizzazione dei parametri, l’effetto combinato dell’inflazione e della maggiore progressività dell’imposta tende a erodere i benefici che si intendevano apportare con le misure di sostegno al reddito, rendendole progressivamente meno efficaci.


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