Educatore “di plesso”. Le famiglie vigilino per evitare discriminazioni Per le famiglie di bambini e ragazzi con disabilità l’inizio di ogni anno scolastico può essere un momento particolarmente delicato a causa della lentezza con cui vengono attivate le figure professionali che favoriscono l’inclusione degli alunni con disabilità e li sostengono nel loro percorso di apprendimento. Tra queste, un ruolo fondamentale viene svolto da chi fornisce il servizio di Assistenza educativa scolastica (Aes): figure professionali che hanno assunto un ruolo cruciale per garantire la piena inclusione scolastica e partecipazione degli alunni con disabilità alla vita della classe. Gli assistenti educativi, infatti, lavorano sullo sviluppo delle autonomie sociali e relazionali di bambini e ragazzi con disabilità, con lo scopo di favorire la loro comunicazione e interazione con i compagni. Ricordiamo che ogni studente con disabilità ha diritto a un progetto educativo individualizzato, costruito sui propri bisogni specifici e garantito da risorse adeguate. La crescente domanda di questo servizio, unita alla carenza di figure professionali specializzate, ha portato negli ultimi mesi diversi istituti a sperimentare modelli di gestione che prevedono la presenza del cosiddetto “educatore di plesso”, ovvero un singolo professionista che può gestire più alunni e studenti con disabilità all’interno di un istituto o plesso scolastico. Si tratta di progetti e sperimentazioni che possono avere esiti positivi se inseriti in un percorso educativo mirato e previsto all’interno di progetti specifici, nonché disciplinato nel Piano educativo individualizzato (PEI) dell’alunno o dell’alunna con disabilità o se previsto come figura di coordinamento e ponte tra la scuola e l’ente comunale. Ma di fronte a una situazione articolata e in evoluzione è importante che le famiglie di alunni con disabilità vigilino attentamente sulle modalità con cui il servizio di assistenza educativa e sull’uso corretto della figura dell cosiddetto "educatore di plesso”. Infatti si corre il rischio che vengano ridotte le ore di assistenza o si creino gruppi separati di alunni con disabilità e potenziali forme di discriminazione. All’interno della scuola, ad esempio, un educatore può gestire un gruppo di alunni per svolgere un’attività specifica fuori dalla classe. Questo tipo di attività non è necessariamente problematica, ma diventa discriminatoria se il gruppo è composto solo da bambini e ragazzi con disabilità, poiché crea una separazione dal resto della classe. La situazione peggiora ulteriormente se questa modalità si protrae per l’intero anno scolastico oppure occupa gran parte dell’orario scolastico, compromettendo i principi di inclusione. È importante, quindi, ricordare che la normativa non prevede la figura dell’educatore “di gruppo” o “di plesso” e che eventuali delibere comunali e verbali di Consigli di istituto che ne disciplinino l’impiego non possono derogare ai principi sanciti dalla legge, né sostituirsi ad essa. In altre parole, non hanno forza di legge, e non possono limitare o modificare i diritti individuali degli studenti con disabilità. Ricordiamo che il diritto all’assistenza per l’autonomia è sancito dalla Legge 104/1992 (art. 13) e ribadito dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (art. 24, Legge 18/2009). Ogni alunno ha diritto a un intervento personalizzato, non standardizzato o raggruppato, in base al proprio PEI. Le due situazioni a cui le famiglie devono quindi prestare particolare attenzione e che potrebbero configurarsi come discriminazioni si verificano quando: Queste situazioni, infatti, non rispondono alle esigenze educative degli studenti ma solo a logiche di risparmio e organizzative. L’impiego di un 'educatore che segue contemporaneamente più minori con disabilità, magari al di fuori della classe, compromette il legame personale che dovrebbe caratterizzare questo ruolo, snaturandone la funzione educativa e inclusiva, sacrificando la personalizzazione per il contenimento dei costi. Invitiamo le famiglie che si trovano in una situazione di questo tipo a rivolgersi al Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA. “Potete farlo anche se il servizio non è stato attivato o se l’educatore non è stato assegnato correttamente - esorta Laura Abet, responsabile del servizio -. Vi aiuteremo a capire se si tratta di una violazione del diritto all’inclusione scolastica e ad attivarvi per difendere i diritti di vostro figlio”. Potete scrivere a antidiscriminazione@ledha.it o chiamare il numero 02-6570425 dal martedì al giovedì, dalle 9.30 alle 13 In sintesi, ricordiamo: Per approfondire ISTAT. L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità - Anno scolastico 2023-2024 Alunni con disabilità. Dietro ogni barriera c’è un facilitatore: strumenti per il PEI LA RICHIESTA DI SOSTEGNO del Gruppo Solidarietà Altri materiali nella sezione documentazione politiche sociali. La gran parte del lavoro del Gruppo è realizzato da volontari, ma non tutto. Se questo lavoro ti è utile PUOI SOSTENERLO CON UNA DONAZIONE e CON IL 5 x 1000. Clicca qui per ricevere la nostra newsletter.