Politiche sanitarie. Qualche considerazione sul libro di Rosy Bindi "Una sanità uguale per tutti. Perché la salute è un diritto" Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà “Tutelare la salute come un bene comune è possibile solo con un sistema pubblico, esso stesso organizzato e concepito come bene comune, come una grande impresa di solidarietà. E non si dica che rafforzare il primato della sanità pubblica equivale a mortificare le aziende private, il mondo del terzo settore o del volontariato. Al contrario si tratta di imprimere alla cooperazione tra pubblico, privato e privato sociale quell’orientamento al bene comune indicato nella nostra Costituzione. Se la salute è un diritto fondamentale dell’individuo e un interesse della comunità può essere garantito soltanto da una sanità concepita come bene comune non come un affare privato. Spetta alla politica esercitare un governo autorevole che corregga le distorsioni di un rapporto sempre asimmetrico tra chi domanda salute, soprattutto se è fragile e povero, e chi è deputato ad assicurare la cura. Il medico, anche il più dedicato alla propria professione, è sempre più forte del suo paziente, tanto più lo sono le case farmaceutiche, le grandi holding private e spesso non lo sono meno le tutele e le garanzie di una burocrazia pubblica autoreferenziale.” Questo passaggio (p. 143) del libro di Rosy Bindi “Una sanità uguale per tutti. Perché la salute è un diritto” (Solferino 2025) ben sintetizza il pensiero dell’ex ministra della sanità (1996-2000) e assume la veste di un vero e proprio appello alla mobilitazione per salvaguardare una delle conquiste più importanti della nostra società: il servizio sanitario nazionale. Un servizio che non deve dimenticare di avere come riferimento l’articolo 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività attraverso il servizio sanitario nazionale”. Il libro nei diversi capitoli affronta uno ad uno i nodi cruciali del nostro sistema sanitario. Il finanziamento (o meglio il sottofinanziamento), il ruolo del pubblico e del privato, la crescita del privato speculativo che vede nella sanità un mercato sempre più redditizio, i mercati assicurativi, la visione ospedalocentrica della sanità. Richiama al contempo la trascuratezza delle politiche di prevenzione, la inaccettabile disattenzione nei confronti dei servizi territoriali con l’incapacità di affrontare i problemi della cronicità e non autosufficienza nonostante il crescente e rapido invecchiamento della popolazione. Lo scarso e inadeguato sostegno alla domiciliarità con il conseguente scarico sulle famiglie dei compiti di assistenza e di cura. Tutti questi temi sono affrontati mettendo insieme analisi e dati a supporto. Vorrei riprendere alcuni temi affrontati nel libro rileggendoli anche a partire dalla mia esperienza di volontario in una organizzazione che cerca di tenere insieme il rapporto con le persone, in particolare con disabilità e non autosufficienza, ed un lavoro di promozione e tutela. - Il ruolo dei Comuni nella promozione e tutela della salute. La spinta che con il D. lgs 229/1999 si è voluta dare ed è stata data per un recupero della centralità dei Comuni nella programmazione sanitaria in rappresentanza delle esigenze dei territori ha dovuto fare i conti con l’aumento delle dimensioni delle Aziende e dei distretti sanitari. Un’ampiezza che se ha comportato una difficoltà dei Comitati dei sindaci di rappresentare le esigenze dei territori. Difficoltà si sono moltiplicate per l’incapacità delle stesse municipalità di farsi davvero portavoce delle necessità dei territori superando logiche strettamente campanilistiche. Laddove sono stati capaci di adempiere al loro ruolo hanno esercitato una funzione importantissima a tutela della comunità. Quando le Istituzioni si sono messe in ascolto delle necessità, espresse o inespresse, dei cittadini, hanno promosso partecipazione che si è potuta tradurre in analisi, proposte cui le articolazioni locali delle Aziende sanitarie non potevano non tener conto. Ricordiamo il ruolo importante dei Comitati dei Sindaci nella programmazione distrettuale. Il programma delle attività territoriali per la parte sociosanitaria deve essere approvato d’intesa con Il Comitato dei Sindaci. Comitati che concorrono al raggiungimento dei risultati di salute definiti nel Piano delle attività territoriali (Art. 3, quater, D. lgs 229/1999) Sarebbe interessante, al proposito, verificare come davvero queste indicazioni siano state attuate. - Gli standard di offerta dei servizi territoriali, la loro regolamentazione ed i sistemi di autorizzazione e accreditamento. Nella programmazione sanitaria, a differenza del livello ospedaliero, nei servizi territoriali non è stato definito lo standard di offerta. I livelli essenziali di assistenza (LEA), del 2001 e poi del 2017, indicano “tipologie di prestazioni”, chi li paga e se a compartecipazione sociale in quali percentuali. Alle regioni spetta il compito di definire il “quanto” e il “come”. Ovvero: l’offerta, attraverso, in genere, Piani di fabbisogno, insieme al contenuto (ad esempio standard organizzativi: personale e di che tipo, dimensioni, tariffe). Il “come” viene definito attraverso i sistemi di autorizzazione e accreditamento. Nel libro (pag. 33) viene richiamato il significato e gli obiettivi di questi strumenti volti a garantire qualità degli interventi e a tutelare le persone che ne usufruiscono. Dobbiamo chiederci come sta funzionando oggi questo sistema, nel quale ogni singola Regione definisce il contenuto di questi interventi. Situazione che peggiorerebbe drammaticamente se dovessero essere approvate le norme sull’autonomia differenziata (sul punto vedi da pag. 119). Come detto, le Regioni, fatta salvo il rispetto della normativa sui Livelli Essenziali di Assistenza, definiscono il “quanto” e il “come”. Un quanto che spesso è abissalmente distante dalla domanda (e anche qui dobbiamo chiederci se e come la stiamo registrando e analizzando) che (vedi, da p. 77 del libro) ha determinato, soprattutto negli ultimi anni, un forte ingresso ed investimento del privato speculativo interessato soprattutto ad autorizzarsi per “vendere prestazioni” in regime privatistico. Ma c’è un altro aspetto dei nostri sistemi di autorizzazione/accreditamento che andrebbe analizzato ed è quello riguardante gli esiti. I nostri sistemi si concentrano sull’ex ante ma non sull’ex-post. Facciamo le “pulci” prima, indifferenti al “dopo”. Continuiamo, riguardo ai sistemi “residenziali” a ragionare in termini di struttura e non di abitazione, di utente e non di residente. Da ultimo, su questo aspetto, i nostri sistemi autorizzativi si sono innamorati della multimodularità. Palazzine ed edifici che accolgono “nuclei” e moduli” con un crescente di artifici amministrativi che possono o fanno intendere piccole dimensioni che in realtà nascondono villaggi. - Prima e dopo la pandemia. Il libro in più passaggi torna sulla lezione dimenticata della pandemia (vedi in particolare, ma non solo, p. 95). Sembra richiamare l’immagine dei pellegrini di “Emmaus” … noi speravamo. È invece arrivata potente la disillusione. Abbiamo ricominciato … come prima. Non abbiamo cambiato i nostri modelli, i nostri approcci. Prevale il modello prestazionale. Il libro mette in luce non solo e non tanto le difficoltà realizzative delle Case di comunità, il rischio evidente che una volta costruite le mura non ci sia il personale, ma soprattutto paventa il rischio di quello che potranno diventare: un poliambulatorio diversamente denominato. Il libro riprende l’esperienza della Casa della Comunità delle Piagge, alla periferia di Firenze, un luogo effettivamente della comunità nel quale si cerca di “abbattere le barriere di accesso al servizio sanitario nazionale”. Assumere la prospettiva della comunità è la sfida che sembra perduta. Le attività distrettuali in molti casi si caratterizzano per approcci prestazionali: attendiamo che le persone vengano da noi, quand’anche sappiamo che nei loro luoghi di vita hanno bisogno di noi. E possono venire da noi quando hanno “un danno”; non è concepito che noi andiamo da loro per prevenirlo: su questo potrebbe reggersi la “parabola” degli infermieri di comunità. Un’illusione, sostanzialmente, durata qualche mese. Rispetto agli insegnamenti del Covid chiudo con un riferimento alla mia Regione. A luglio 2020 al termine della prima drammatica ondata, la regione ha approvato i nuovi requisiti di autorizzazione dei servizi diurni e residenziali. Nelle RSA anziani ha permesso che fino al 40% delle camere potessero essere (o restare) a 3 e 4 letti. Torna la domanda: cosa abbiamo imparato di quella terribile esperienza? Le conclusioni possiamo a questo punto, consegnarle direttamente all’autrice: “Se la politica è distratta, debole e magari compiacente nei confronti delle parti più forti, se rinuncia a svolgere con autorevolezza e libertà il suo compito di programmatore e regolatore del sistema, si rende responsabile più e prima di tutti della sua decadenza. Al contrario di quanti affermano «fuori la politica dalla sanità» pensando così di risolvere i problemi, ritengo che la sanità sia un settore che più di altri invoca la responsabilità della politica. Non certo la spartizione partitica delle nomine o la ricerca del consenso elettorale clientelare, come spesso avviene. La sanità italiana ha bisogno della politica come governo della cosa pubblica, come tutela dell’interesse generale.” 30 settembre 2025 Per approfondire i temi trattati vedi anche L’appello: “Non possiamo restare in silenzio. La società civile per la sanità pubblica” Sulle politiche nella regione Marche Gruppo Solidarietà, L’INTOLLERABILE DISTANZA. Persone non autosufficienti e servizi nelle Marche, 2025 Gruppo Solidarietà (a cura di), TUTTO COME PRIMA? Politiche e servizi nelle Marche, 2023 Gruppo Solidarietà (a cura di), NON COME PRIMA. L'impatto della pandemia nelle Marche, 2021 Vedi anche la sezione Osservatorio Marche in www.grusol.it ----------------------------------------------- LA RICHIESTA DI SOSTEGNO del Gruppo Solidarietà Altri materiali nella sezione documentazione politiche sociali. La gran parte del lavoro del Gruppo è realizzato da volontari, ma non tutto. Se questo lavoro ti è utile PUOI SOSTENERLO CON UNA DONAZIONE e CON IL 5 x 1000. 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