Data di pubblicazione: 11/11/2025
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Assistenti all’autonomia e alla comunicazione: ma la statalizzazione è mai stata un’opzione?

Paola Di Michele, Insegnante di sostegno, già assistente all’autonomia e alla comunicazione. in, superando.it.

«Forse davvero – scrive Paola Di Michele -, la statalizzazione delle figure degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione, per gli studenti e le studentesse con disabilità, non è mai stata nei piani. L’unico aspetto, infatti, che emerge dai più recenti passaggi legislativi è il demansionamento, lo sfruttamento, un inquadramento che certifica come chi si occupa di assistenza e comunicazione è praticamente un collaboratore scolastico destinato a rimanere appaltato all’esterno e senza tutele»

Prologo
Con il Disegno di Legge 236, presentato nel 2022, la senatrice Carmela Bucalo, dall’alto di una maggioranza politica che ha tutti i numeri per poterlo fare, promette che finalmente chi si occupa di assistenza all’autonomia e comunicazione otterrà finalmente la tanto agognata statalizzazione all’interno del Ministero dell’Istruzione. Ovvero: diritti e inclusione lavorativa per 80.000 professionisti che ormai da quarant’anni sono letteralmente i gastarbeiter (“lavoratori ospiti”, da un’espressione di pieno sfruttamento utilizzata per i migranti italiani in Germania negli Anni Sessanta) della Scuola italiana; coloro che sarebbero emanazione degli Enti Locali che però hanno sempre appaltato e delegato il servizio; coloro che, pur lavorando a scuola, non sono considerati personale scolastico, con tutto ciò che ne consegue, a livello di diritti, di considerazione, di esclusione da ogni procedura e da ogni riconoscimento. E invece…

Gli ultimi sei mesi: ricapitoliamo
1 Con Atto del 7 maggio 2025, la Conferenza Unificata delle Regioni e delle Province Autonome emana, in forza della propria capacità giuridica di deliberare sui repertori di formazione professionale, le Linee guida per la descrizione della qualificazione di assistente all’autonomia e alla comunicazione personale degli alunni e degli studenti con disabilità, definendo la professione (ASACOM), la formazione richiesta (corso da 600 ore) e il livello formativo (EQF4, diploma); questo accade perché, nonostante il Decreto Legislativo 66/17 avesse assegnato alla Conferenza Unificata Stato-Regioni il compito di uniformare il profilo professionale, nessuno si è mai sognato di prendere seriamente in carico la questione, evidentemente ritenuta inutile o troppo noiosa.
– Il 3 giugno successivo, con la Deliberazione di Giunta Regionale n. 4498, la Regione Lombardia recepisce e applica il regolamento (valido per tutte le Regioni) e istituisce i corsi ASACOM, anche se, da sempre, in molti Comuni di quella stessa Regione la formazione richiesta è la laurea L19; a tal proposito giova ricordare che finora i nomi, la formazione richiesta e l’inquadramento di chi si occupa di assistenza all’autonomia e comunicazione sono stati lasciati alla fantasiosa iniziativa di ogni possibile ente territoriale, oltreché ai suoi magri bilanci, come testimoniato dalla vasta mole di Sentenze che condannano gli enti territoriali per tagli all’assegnazione di risorse per il servizio.
3 – Atto finale, luglio 2025: il Disegno di Legge 236 “perde per strada” la statalizzazione in forza di un accordo tripartisan fra Fratelli d’Italia, Lega e Partito Democratico. Nei giorni scorsi sono stati discussi gli emendamenti (89, sic!) ed è emerso, nel testo praticamente definitivo, che:
° quella che era una funzione svolta da molte diverse professionalità con tanti percorsi e titoli di studio diverso, diventa dovunque “Assistente per l’autonomia e comunicazione-ASACOM”, dovunque;
° non si tratta di figura educativa, ma di operatore socio-educativo, ovvero afferente al sociale e basta, senza caratteristiche psico-pedagogiche né educative in senso proprio (disconoscendo, di fatto, tutti i passi avanti che si sono fatti, dal 1992 ad oggi, sul versante della de-medicalizzazione in direzione di una vera relazione educativa);
° il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) della categoria dovrà ricomprendere e inserire questa figura e inquadrarla in modo specifico, ovvero, il citato livello EQF4 (diploma), come previsto dal regolamento delle Regioni, che si richiama alle modifiche della Legge 104/92 e del Decreto Legislativo 66/17 che il nuovo testo NT1 (già DDL 236) va a modificare, esattamente con l’articolo 5 bis del testo, ovvero, se l’inquadramento è questo, anche i bandi dovranno prevedere una voce di spesa proporzionata e mai maggiore.

Il finale (?) di partita
Forse, davvero, la statalizzazione non è mai stata nei piani. L’unico aspetto che emerge è il demansionamento, lo sfruttamento, un inquadramento che certifica come chi si occupa di assistenza e comunicazione è praticamente un collaboratore scolastico destinato a rimanere appaltato all’esterno e senza tutele. Chi può, esattamente come ho fatto io anni fa, scappa. Chi non può, lascia. Perché non ci si può sognare di tutelare qualcuno (gli studenti con disabilità) se non si è tutelati.
L’intento, forse, per alcune Associazioni che hanno sostenuto il Disegno di Legge iniziale, era avere il profilo che interessava loro in base alle singole disabilità (ipotesi ancora adesso sostenuta da chi fino a ieri portava la senatrice Bucalo in processione “come la Madonna di Loreto”, illudendosi di avere trovato qualcuno disposto davvero a salvarli). Ipotesi, però, rivelatasi fuori dal mondo, dalla storia, dalla sostanza pedagogica dell’ICF [Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, N.d.R.] e della persona da considerare prima dell’etichetta di disabilità. Su questo ho sempre sostenuto la necessità di un profilo unico e formato, almeno basilarmente, su tutte le disabilità e con una formazione universitaria adattata allo scopo.
Ma la cosa che lascia veramente basiti è questa imposizione, già praticamente legge, il cui unico effetto sarà inquadrare tutti i futuri “assistenti all’autonomia e comunicazione-ASACOM” come diplomati con relativo inquadramento. Ovvero, demansionamento generalizzato, anche per chi ha ottenuto con fatica il D2, ovvero, il riconoscimento del titolo universitario.
Questa prospettiva è tanto più vergognosa perché ignora il fatto che il 50% degli attuali professionisti ha una laurea e la restante parte (per esempio chi ha il titolo LIS) ha almeno tre anni di formazione aggiuntiva. Per non dire dei corsi ABA (Analisi Applicata del Comportamento), CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa) e compagnia cantante, che sono imposti a professionisti che guadagnano (anche grazie i tagli), non più di 1.000/1200 euro al mese e per soli nove mesi l’anno (per confrontare i dati, si veda una ricerca svolta da chi scrive a questo link).
Viene ufficializzato, dunque, che questi professionisti sono dei jolly che fanno un po’ i bidelli un po’ i sostituti dei sostegni, a meno che non servano a nessuno perché l’alunno è assente, considerati e inquadrati ufficialmente come l’ultima ruota di riserva dell’ultimo carro!
E tutto questo accade in un silenzio e in una mancanza di interesse assolutamente assordante. 80.000 lavoratori fantasma, di cui nessuno parla, lasciati allo sbando da decenni.

Conclusione
Se c’è quindi un momento di alzare la testa, è questo, tornando ad affermare forte e chiaro che la statalizzazione è e resta l’unica opzione, senza possibilità di alternative. Esattamente come fu fatto per 180.000 collaboratori scolastici prima nel 2000 e poi nel 2019 (segno evidente che è possibile, si-può-fare).
Tutti coloro che affermano di avere a cuore l’inclusione scolastica, senza esclusioni, dovrebbero prendere posizione. Adesso, non c’è più tempo.

Vedi anche, Alunni con disabilità. La crisi del sostegno didattico: un processo irreversibile?

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