Data di pubblicazione: 22/12/2025
Numero accessi: 6

indietro

Perché l’avvocato specializzato in materia di disabilità è un “traduttore” tra la norma e la vita

Massimo RollaAvvocato. Garante dei diritti delle persone con disabilità della Regione Umbria; Centro Studi Giuridici della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie); Disability manager; Consulente giuridico dell’Intergruppo Parlamentare sulla Disabilità della Camera e del Senato; Patrocinante in Cassazione. In, superando.it. 19 dicembre 2025.

C’è un dato che chi lavora ogni giorno con la disabilità conosce bene: i diritti, da soli, non “camminano”. Esistono in Costituzione, nelle leggi ordinarie, nei decreti di riforma e nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ma diventano effettivi solo quando qualcuno li traduce in scelte amministrative, prassi organizzative e soluzioni concrete. E quando questo non accade – o accade a metà – la persona con disabilità resta spesso intrappolata in un labirinto di competenze frammentate: scuola, sanità, servizi sociali, lavoro, trasporti, casa, digitale. Proprio per questo, nel momento storico che stiamo attraversando, il ruolo dell’avvocatura specializzata in materia di disabilità, è decisivo.
“Specializzata”, però, non può voler dire soltanto “aggiornata sulle norme”. Significa anche conoscere i contesti reali in cui quelle norme vivono (o non vivono): i territori, le reti dei servizi, le prassi degli uffici, le soluzioni praticabili, le criticità ricorrenti. Significa – prima di tutto – saper ascoltare le persone con disabilità e le loro famiglie, riconoscendo che spesso la discriminazione non si presenta come un diniego esplicito, ma come una somma di ostacoli, rinvii, moduli, silenzi, accessi impossibili, “si è sempre fatto così”.

Un quadro normativo robusto (ma sempre più complesso)
La base resta costituzionale: il principio di eguaglianza sostanziale e il dovere della Repubblica di rimuovere gli ostacoli che limitano libertà e uguaglianza (articolo 3), insieme alle tutele sociali e ai diritti di educazione e avviamento professionale (articolo 38).
In questo impianto si innesta la già citata Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge 3 marzo 2009, n. 18: è un passaggio fondamentale perché sposta il baricentro dal modello “assistenziale” a quello dei diritti umani e include espressamente il rifiuto di un accomodamento ragionevole tra le forme di discriminazione.
Sul versante interno, alcune norme-chiave sono ormai “strutturali”: la Legge 5 febbraio 1992, n. 104, come legge-quadro su assistenza, integrazione sociale e diritti; la Legge 12 marzo 1999, n. 68, sul diritto al lavoro e sul collocamento mirato; la Legge 1° marzo 2006, n. 67, che offre una tutela giudiziaria specifica contro le discriminazioni fondate sulla disabilità, definendo anche discriminazione diretta e indiretta.
Nel lavoro, inoltre, è centrale il Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216 (attuazione della Direttiva 2000/78/CE), che richiama l’obbligo di predisporre accomodamenti ragionevoli per garantire la parità di trattamento delle persone con disabilità.
Nella scuola, la cornice dell’inclusione è delineata dal Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 66 e, sul piano operativo, dai modelli e dalle linee guida del PEI (Piano Educativo Individualizzato), adottati con il Decreto Interministeriale 182/20 e poi corretti dal Decreto Interministeriale/Decreto Ministeriale 153/23.
E poi c’è un capitolo sempre più rilevante: l’accessibilità, anche digitale. La Legge 9 gennaio 2004, n. 4 (cosiddetta “Legge Stanca”) tutela il diritto di accesso ai servizi informatici; e il Decreto Legislativo 27 maggio 2022, n. 82 ha recepito la Direttiva (UE) 2019/882 (European Accessibility Act), con obblighi che dal 28 giugno 2025 incidono in modo significativo su prodotti e servizi, anche privati, legati alla vita quotidiana.

La riforma in corso e il bisogno di “traduttori” dei diritti
La fase attuale è segnata dalla Legge Delega 22 dicembre 2021, n. 227, che ha tracciato il percorso di revisione e riordino complessivo della materia. In attuazione di quel percorso, il Decreto Legislativo 3 maggio 2024, n. 62 ha introdotto un impianto innovativo: definizioni, valutazione di base, valutazione multidimensionale e – soprattutto – l’elaborazione e attuazione del “progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato”, con entrata in vigore dal 30 giugno 2024.
La stessa riforma procede anche tramite sperimentazioni territoriali e progressiva estensione (fino all’applicazione definitiva su tutto il territorio nazionale a partire dal 1° gennaio 2027), elemento che rende ancora più importante conoscere come, concretamente, i sistemi locali stanno applicando (o interpretando) le nuove regole.
In parallelo, il Decreto Legislativo 5 febbraio 2024, n. 20 ha istituito l’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, con entrata in vigore il 20 marzo 2024 e un ruolo esplicito nel contrasto ai fenomeni discriminatori.
In un quadro così articolato, l’avvocato “generalista” rischia di perdere pezzi: perché la tutela dei diritti delle persone con disabilità raramente si esaurisce in una singola norma o in un solo giudice. Spesso richiede infatti strategie ibride, lettura sistemica e capacità di prevenire il contenzioso attraverso soluzioni ragionevoli, tempestive, sostenibili.

Gli atti discriminatori “di tutti i giorni”: riconoscerli prima di combatterli
Uno dei contributi più importanti di un avvocato competente in materia di disabilità è saper dare un nome giuridico a esperienze che le persone raccontano, da anni, come “disagi” o “mancanze di attenzione”. La Legge 67/06 è chiarissima: la discriminazione può essere diretta (trattamento meno favorevole) o indiretta (una prassi apparentemente neutra che produce svantaggio). E la Convenzione ONU ricorda che anche il rifiuto di accomodamenti ragionevoli può integrare discriminazione.
Nella pratica, questo può tradursi in situazioni ricorrenti: nel lavoro, quando la persona è esclusa di fatto perché non si valutano (davvero) adattamenti organizzativi, tecnici o di mansione, pur possibili; nella scuola, quando l’inclusione resta formale e non diventa partecipazione effettiva (accesso ai materiali, strumenti, assistenza, tempi, comunicazione), nonostante l’impianto dell’inclusione scolastica e gli strumenti del PEI; nei servizi essenziali e nel digitale, quando prenotazioni, modulistica, piattaforme o informazioni sono inaccessibili e di fatto impediscono l’esercizio di diritti, anche alla luce delle norme su accessibilità e dei nuovi requisiti europei; nei servizi territoriali, quando la persona viene letteralmente “rimbalzata” tra enti e uffici e il progetto di vita rischia di ridursi a un documento senza presa in carico reale, mentre la riforma punta proprio a integrazione e personalizzazione.
Qui l’avvocato specializzato diventa un presidio di realtà: perché può ricostruire i fatti, distinguere tra disfunzione e discriminazione, individuare la norma applicabile, ma anche capire quali interlocutori attivare e in che ordine, evitando che la persona venga schiacciata dai tempi.

Perché serve anche “conoscere il territorio”
La competenza territoriale non è un dettaglio: è una parte della tutela. Sapere come funziona una ASL, quali sono i percorsi effettivi di presa in carico, come si muove un Ambito Sociale, quali sono le prassi di una scuola o di un ufficio, quali servizi esistono davvero e quali sono solo sulla carta, significa poter impostare richieste realistiche e puntuali (anche in termini di accomodamenti); prevenire il conflitto quando una soluzione è possibile subito, costruire prove e documentazione con metodo, scegliere il percorso più efficace (dialogo istituzionale, diffida, ricorso), senza lasciare la persona sola davanti a un muro di adempimenti. E soprattutto significa rispettare un principio non negoziabile: la persona con disabilità non è “un caso”, ma è titolare di diritti. E quei diritti, oggi, devono essere difesi dentro un cambiamento profondo: riforma, sperimentazioni, nuove autorità di garanzia, nuovi standard di accessibilità, nuovi obblighi di accomodamento.
In questo scenario, l’avvocato specializzato in materia di disabilità è – a tutti gli effetti – un “traduttore” tra la norma e la vita. Non sostituisce i servizi, non fa politica al posto delle Istituzioni, non può risolvere da solo ciò che è strutturale. Ma può fare la differenza nel punto più delicato: trasformare cioè un diritto astratto in una tutela effettiva, tempestiva e rispettosa della persona. E, quando serve, chiamare le Istituzioni alle proprie responsabilità, con gli strumenti che l’ordinamento già prevede.

Vedi anche

Rapporto 2024 dell’Osservatorio Giuridico Permanente sui Diritti delle Persone con disabilità Human Hall

Rapporto 2023 dell’Osservatorio Giuridico Permanente sui Diritti delle Persone con disabilità Human Hall

--------------

Leggi LA RICHIESTA DI SOSTEGNO del Gruppo Solidarietà 

Altri materiali nella sezione documentazione politiche sociali

La gran parte del lavoro del Gruppo è realizzato da volontari, ma non tutto. Se questo lavoro ti è utile  PUOI SOSTENERLO CON UNA DONAZIONE e CON IL 5 x 1000.

Clicca qui per ricevere la nostra newsletter.


Adempimenti legge 4 agosto 2017, n. 124


Il nostro Bilancio


60030 Moie di Maiolati (AN), via Fornace, 23


(+39) 0731 703327


grusol@grusol.it

Il materiale elaborato dal Gruppo Solidarietà presente nel sito può essere ripreso a condizione che si citi la fonte

-


IBAN IT90 V050 1802 6000 0002 0000 359 (Banca Etica)


Iscrizione al RUNTS, decreto n. 212 del 14/09/2022