Assistenza residenziale agli anziani in Lombardia. A che punto siamo? Un breve recap sulla questione “rette” in Lombardia LombardiaSociale torna ad occuparsi delle rette nelle strutture residenziali per la non autosufficienza a oltre un anno dal cosiddetto provvedimento di “blocco” (DGR 1513/2023), per fare il punto sugli sviluppi intercorsi da dicembre 2023 ad oggi e sulle previsioni per il 2025. L’articolo si concentra prevalentemente sul caso delle RSA, perché è il servizio più rilevante e rappresentativo in termini numerici; le questioni affrontate si pongono però per tutti i servizi residenziali e semiresidenziali per anziani e persone con disabilità. Il tema delle rette in Lombardia affonda le radici in un decennio, quello tra il 2010 e il 2020, caratterizzato da un vuoto normativo a livello regionale che ha avuto pesanti ripercussioni sulla residenzialità a sostegno della non autosufficienza e sui suoi ospiti. Da un lato, risalgono al 2010 i provvedimenti (DGR 399/2010 e DGR 937/2010) sulla base dei quali è per anni stata definita la cosiddetta “quota sanitaria” a sostegno delle strutture residenziali, quella cioè coperta dal Sistema Sanitario Nazionale (SSN). L’assistenza residenziale (di lungoassistenza[1]) alle persone non autosufficienti rappresenta un LEA per il quale il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) copre il 50% dei costi, mentre la restante quota rimane a carico dell’utente o, in alcuni casi, del Comune. Fino al 2020 in Lombardia la quota sanitaria è rimasta così congelata, mentre i costi delle strutture aumentavano. A questo si aggiunge una peculiarità tipica lombarda, ovvero il fatto che Regione Lombardia ha storicamente permesso agli enti gestori delle strutture residenziali di determinare in autonomia le rette (la cosiddetta “quota alberghiera”), senza porre vincoli circa, ad esempio, gli importi massimi applicabili piuttosto che la loro modulazione in base alle disponibilità economiche degli utenti. Altre Regioni italiane hanno fatto scelte diverse, impedendo quindi alle strutture di decidere in piena autonomia e senza vincoli le rette da applicare. Il combinato disposto di questi “vuoti” normativi ha fatto sì che negli anni siano progressivamente aumentate le rette a carico degli ospiti delle strutture, arrivando nel 2023 – per le RSA – al valore medio di 72,93 euro giornalieri, circa 14 euro in più rispetto a dieci anni prima[2] e con differenze territoriali anche molto marcate (dai 62,05 di ATS Montagna e i gli 89,34 di ATS Milano). Cosa cambia a partire dal 2020 Nel 2020 avviene un’inversione di rotta, seppur parziale, rispetto al vuoto normativo in tema di assistenza residenziale agli anziani e compartecipazioni caratterizzante il decennio precedente. Con la DGR 3782/2020 Regione dispone infatti l’aggiornamento tariffario per le unità di offerta residenziali e semi-residenziali per anziani e persone con disabilità, una svolta attesa e invocata da oltre un decennio. Si tratta di una manovra di adeguamento in funzione del peggioramento delle condizioni clinico-assistenziali degli utenti, ulteriormente aggravate dalla pandemia, e attraverso un mero adeguamento percentuale delle tariffe (+ 2,5%). L’occasione per una svolta più coraggiosa, di riorganizzazione anche qualitativa del sistema residenziale – a partire dall’appropriatezza dei criteri utilizzati nella distribuzione dei fondi sanitari – non viene colta. Pur tuttavia si tratta di un passo avanti, seguito poi da altri simili negli anni successivi: Quello che tuttavia in questi provvedimenti continua a mancare sono le garanzie di tutala, per gli utenti delle strutture, rispetto alle compartecipazioni. Quelli del triennio 2020 – 2022 sono infatti stati aumenti incondizionati di sostegno alla rete di offerta dei servizi, peraltro senza nemmeno un vincolo di utilizzo degli aumenti in questione in favore della remunerazione della forza lavoro. Un ulteriore cambio di rotta viene però fatto a fine 2023, quando con la DGR 1513 la previsione di aumenti tariffari aggiuntivi – 40 milioni di euro aggiuntivi per le sole RSA[3] – è accompagnata per la prima volta dal tentativo, da parte regionale, di tutela delle famiglie rispetto a possibili ulteriori incrementi delle rette. Con la DGR 1513 Regione Lombardia infatti non solo aumenta le tariffe che possono essere riconosciute alle RSA ma introduce anche un vincolo: l’impossibilità, per i gestori, di aumentare le rette nei confronti di utenti e famiglie se queste sono superiori del 2% rispetto alla retta media dell’ATS di ubicazione. Un passo in una direzione attesa e invocata da più fronti da altre un decennio che però si è scontrato con l’avversione da parte di alcune Associazioni degli Enti gestori che – in base a quanto riportato dal Sindacato unitario dei pensionati SPI-FNP e UILP – hanno contestato a Regione Lombardia proprio il vincolo al “blocco delle rette”; sostenendo che, nell’attuale sistema di accreditamento, l’ammontare riconosciuto da Regione Lombardia ai gestori rimane comunque al di sotto delle soglie necessarie per garantire i LEA[4], anche a causa di un aumento dei costi di gestione dovuto all’inflazione, alla crescita dei costi energetici e di quelli del personale. Forse è proprio in ragione di questa “frenata” da parte degli stessi gestori, o almeno di alcuni di questi, che a poco più di un mese di distanza dalla DGR 1513, Regione inserisce nella Delibera delle Regole per il 2024 (DGR 1827/2024) due precisazioni, sul tema rette, che di fatto riducono sensibilmente per l’annualità l’impatto della svolta introdotta dalla DGR 1513. Il fatto cioè che: 2024: la situazione di stand-by degli aumenti “vincolati” Il 2024 ha visto tre ulteriori provvedimenti di sostegno alla rete di offerta dei servizi residenziali e semi-residenziali in Lombardia: Rispetto invece al tema delle compartecipazioni, e quindi del collegamento degli aumenti tariffari disposti ad un sistema di regolazione e contenimento delle rette pagate da famiglie/Comuni, questo viene ripreso solo a fine anno – sempre in data 30 dicembre – coi nuovi indirizzi programmatori del sistema sanitario e sociosanitario lombardo per il 2025 (la DGR 3720/2024). In particolare, il Capitolo 5 relativo al polo territoriale contiene un paragrafo (5.11) in cui si proclama di proseguire con “l’adeguamento della remunerazione delle UdO sociosanitarie residenziali, conciliando la sostenibilità economica dei rinnovi contrattuali con il contenimento delle compartecipazioni”. Di fatto però lo stesso paragrafo annulla quanto previsto sia dalla DGR 1513/2023 sia dalla precedente Delibera delle regole (DGR 1827/2023), ovvero il tentativo – già allora timido – di governare, da parte di Regione e a fronte di una serie di oggettivi incrementi di quota sanitaria riconosciuta alle strutture, gli aumenti indiscriminati delle rette nei confronti di utenti e famiglie (o Comuni laddove previsto). Ci saremmo aspettati un passo avanti, invece su questo tema i nuovi indirizzi sociosanitari sembrano marcare una ritirata o comunque una situazione di stand-by che immaginiamo destabilizzante sia per i gestori sia per le famiglie. Anche la previsione dello stesso paragrafo 5.11 di avviare, nel primo trimestre del 2025, “un dialogo con gli enti erogatori per sviluppare le modalità di definizione delle rette nel rispetto del principio di equità nell’accesso alle cure” ci sembra assolutamente limitante. La sostenibilità del sistema residenzialità deve valere per tutti i soggetti coinvolti: utenti, famiglie, soggetti gestori, Comuni e Regione. Non prevedere di coinvolgere – nel dialogo per la futura definizione delle rette – i rappresentanti di tutti questi soggetti, dai Sindacati all’Anci regionale, crediamo possa comportare il ripetersi di una storia già vista: quella che fino ad oggi ha scaricato prevalentemente sulle famiglie l’onere di sostenere gli aumenti dei costi di gestione delle strutture residenziali (e semi-residenziali). A sostegno di questa preoccupazione riportiamo, in conclusione, la denuncia di Spi Cgil Lombardia circolata su alcune testate locali e riguardante la spedizione, da parte di diverse strutture residenziali ai propri ospiti / relative famiglie, di lettere comunicanti un aumento, per il 2025, delle rette di degenza a seguito del rinnovo del CCNL delle cooperative. “È inaccettabile che le strutture facciano intendere che l’elevato costo a carico delle famiglie sia dovuto al rinnovo di un contratto nazionale atteso da tempo” ha commentato Daniele Gazzoli, Segretario Generale di SPI CGIL Lombardia. Anche perché, aggiungiamo noi, come abbiamo visto tali costi sono già stati almeno in parte coperti da Regione. Diverso sarebbe stato dire che è auspicabile un meccanismo regolatorio che permetta la possibilità di eventuali aumenti delle rette per la quota di incremento dei costi del lavoro non già coperta dall’incremento del fondo sanitario. O ancora, che serve un meccanismo oggettivo per la definizione sia della quota sanitaria che di quella sociale. Peraltro, quello della definizione di “costi standard” è un impegno ripreso da Regione – anche in questo caso dopo anni di attesa – nella Delibera delle regole del 2024 (DGR 1827/2023) e richiamato poi in quella del 2025 (DGR 3720/2024). Staremo a vedere. Vedi anche Non autosufficienza e Residenze sociosanitarie in Lombardia. Rapporto 2023 Non autosufficienza e residenze sociosanitarie in Lombardia 2022 Sulla situazione marchigiana vedi Quaderni Marche, L’assistenza residenziale anziani nelle Marche. 2010-2025 ------------------------ LA RICHIESTA DI SOSTEGNO del Gruppo Solidarietà La gran parte del lavoro del Gruppo è realizzato da volontari, ma non tutto. Se questo lavoro ti è utile PUOI SOSTENERLO CON UNA DONAZIONE. Tutti gli approfondimenti di Osservatorio Marche. Clicca qui per ricevere la nostra newsletter.