Caregiver. La sentenza della Corte di giustizia Europea a tutela di una caregiver che lavora Simona Lancioni. Vedi in, Informare un’h - Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa). Una recente Sentenza della Corte di Giustizia Europea ha stabilito che le disposizioni antidiscriminatorie contenute nella Direttiva 2000/78/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, si applichino anche al lavoratore o alla lavoratrice che, pur non essendo disabile, si senta svantaggiato/a sul lavoro a causa del ruolo di caregiver di un figlio disabile. Costoro possono far valere in giudizio il principio del divieto di discriminazione indiretta fondata sulla disabilità, mentre il datore di lavoro di tale caregiver è tenuto ad adottare gli accomodamenti ragionevoli necessari alla conciliazione dell’attività di assistenza con quella lavorativa. Con la Sentenza C-34/24 (resa pubblica l’11 settembre 2025) la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che le disposizioni antidiscriminatorie contenute nella Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, si appicchino anche al lavoratore o alla lavoratrice che, pur non essendo disabile, si senta svantaggiato/a sul lavoro a causa del ruolo di caregiver di un figlio disabile. Costoro possono far valere in giudizio il principio del divieto di discriminazione indiretta fondata sulla disabilità, mentre il datore di lavoro di tale caregiver è tenuto ad adottare gli accomodamenti ragionevoli necessari alla conciliazione dell’attività di assistenza con quella lavorativa. In specifico, la Corte di Giustizia Europea è stata chiamata a pronunciarsi sul caso di una madre caregiver che presta assistenza al figlio gravemente disabile (attualmente si direbbe con necessità di sostegni molto elevati o intensivi), che ha accusato il proprio datore di lavoro di aver adottato un comportamento discriminatorio nei suoi confronti rifiutandosi di accogliere la sua richiesta di essere assegnata stabilmente a un turno fisso al mattino per lo svolgimento delle sue funzioni, al fine di consentirle di prestare al figlio l’assistenza e la parte essenziale delle cure di cui questi ha bisogno, e, contestualmente di continuare a svolgere la propria attività lavorativa in condizioni di parità rispetto agli altri dipendenti. In tale contesto, la Corte Suprema di Cassazione italiana ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea, in particolare, se la Direttiva 2000/78/CE debba essere interpretata nel senso che una persona quale la madre ricorrente, che non è essa stessa disabile, possa invocare in giudizio il principio del divieto di qualsiasi discriminazione indiretta sul luogo di lavoro fondata sulla disabilità. In caso affermativo, è chiesto che venga stabilito se il datore di lavoro del/lla caregiver sia tenuto ad adottare nei suoi confronti degli accomodamenti ragionevoli, ai sensi di tale Direttiva, al fine di porre rimedio alla situazione discriminatoria. Come abbiamo visto, la Corte di Giustizia Europea ha accolto entrambe le istanze. Questo quanto stabilito nelle conclusioni: Vedi anche Rapporto CNEL. Il valore sociale del caregiver Costituzione, non autosufficienza e nuove vulnerabilità: il caso dei caregiver familiari Altri materiali nella sezione documentazione politiche sociali. La gran parte del lavoro del Gruppo è realizzato da volontari, ma non tutto. Se questo lavoro ti è utile PUOI SOSTENERLO CON UNA DONAZIONE e CON IL 5 x 1000.
«1) L’articolo 1 e l’articolo 2, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, devono essere interpretati nel senso che:
un lavoratore che, pur non essendo egli stesso disabile, sostenga di essere vittima di un particolare svantaggio sul lavoro, a causa della disabilità del proprio figlio, al quale presta l’assistenza e la parte essenziale delle cure di cui egli ha bisogno, può far valere in giudizio il principio del divieto di qualsiasi discriminazione indiretta fondata sulla disabilità previsto da tali disposizioni.
2) L’articolo 5 della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che:
qualora un lavoratore che, pur non essendo egli stesso disabile, sia il «caregiver» del figlio disabile, il datore di lavoro di tale «caregiver» è tenuto ad adottare, a titolo delle «soluzioni ragionevoli» previste da tale articolo, provvedimenti appropriati, in particolare per quanto riguarda l’adattamento dei ritmi di lavoro e la modifica delle mansioni da svolgere, al fine di consentirgli, in funzione delle esigenze della situazione concreta, di prestare l’assistenza e la parte essenziale delle cure di cui il figlio ha bisogno, purché tali provvedimenti non richiedano a tale datore di lavoro un onere sproporzionato».