Data di pubblicazione: 31/08/2011
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Servizi disabilità Ambito 9. I nuovi regolamenti


Le riflessioni del Gruppo Solidarietà sui Regolamenti (testi nel pdf allegato)

Lo scorso 22 luglio sono stati approvati i nuovi regolamenti (in allegato) dei servizi territoriali sociosanitari e socio educativi rivolti a persone con disabilità e gestiti in forma associata dalla maggior parte dei Comuni facenti parte dell’Ambito sociale territoriale n. 9, avente Jesi per capofila. I Regolamenti riguardano due tipologie di servizi domiciliari (aiuto alla persona ed educativi)  e i Centri diurni (centri socio educativi riabilitativi). Riguardo i servizi residenziali è operativo dal settembre 2010 il regolamento d’Ambito (in allegato). Per l’integrazione  scolastica è attualmente vigente l’accordo di programma sottoscritto nel 2006 (In fase di approvazione un accordo provinciale con successivo recepimento a livello locale).

I regolamenti dei servizi integrano e modificano quelli approvati del 2004, ai quali si aggiunge il Regolamento generale dei servizi (analogo,  ma sostanzialmente mai applicato,  a quello approvato nel 1998 insieme all’accordo di programma scaduto è non più rinnovato). I tre servizi (insieme a quello dell’educativa scolastica) sono gestiti in forma associata (dal 1986 dai Comuni del territorio senza Jesi e dal 1997 con Jesi capofila)[1]  da 17 dei 21 comuni dell’Ambito, per una popolazione complessiva di circa 90.000 abitanti.

Per quanto riguarda invece i servizi residenziali, l’unica comunità presente nel territorio è a gestione diretta (si tratta della stessa cooperativa che gestisce gli altri servizi) e ad oggi gli utenti sono tutti dell’Ambito territoriale 9. Segnaliamo, per questo ultimo servizio, l’importanza che oltre al Regolamento dell’ente titolare della comunità, l’Ambito 9 abbia approvato un proprio regolamento per l’accesso ai servizi residenziali per tutti i soggetti del territorio che verranno inseriti in questa specifica tipologia di comunità.

Scopo di questa introduzione è evidenziare alcune peculiarità di tali regolamenti. Non si persegue invece l’obiettivo di entrare, se non per accenni, nello specifico delle problematiche dei singoli servizi[2]. Per chi volesse approfondire il “dato quantitativo” rimandiamo al Report 2010, redatto dalla Cooperativa Cooss Marche, ente gestore degli interventi, dati importanti sui quali sarebbe necessario riflettere ed approfondire urgentemente.

Pare importante segnalare in premessa che, a differenza dei servizi diurni e residenziali, per i quali la regione Marche ha definito i requisiti di autorizzazione e dunque le regole di funzionamento, per quelli domiciliari nulla è stato definito e dunque a fissare le modalità di erogazione sono i singoli Comuni[3]. Appare pertanto estremamente apprezzabile lo sforzo dei Comuni della gestione associata di regolamentare tale tipologia di servizi (le prime regolamentazioni di questi servizi sono state approvate a fine anni ’90). Per quanto riguarda l’anno 2010 (dati desunti dal Report)  gli utenti dall’AE sono stati 125 (con erogazioni da 3 a 30 ore settimanali), per una spesa (2009) di circa 540.000 euro; l’aiuto alla persona (Sap) è stato fruito nel 2010 da 43 utenti (spesa 2010, 131.000 euro); del servizio per l’autonomia e la comunicazione hanno fruito (2010) 90 utenti (spesa 2009, circa 600.000 euro); nei 5 centri diurni (Cser) attivi nel territorio accedono 53 utenti.

Prima di segnalare alcune specificità dei servizi pare opportuno ricordare che essi sono stati oggetto di costante confronto con le associazioni (Gruppo Solidarietà, Mosaico, Anffas Jesi), che hanno portato a modifiche significative[4], rispetto ai testi iniziali; il ruolo delle associazioni assume particolare rilievo sia per evitare rigidità amministrative, sia per introdurre regolamentazioni di aspetti che altrimenti rischiano di essere confinati nella discrezionalità. In particolare si è cercato di perseguire un duplice obiettivo: chiarezza delle finalità e delle tipologia di utenza dei servizi; centralità della programmazione individualizzata (che ovviamente deve avere per base, ciò non è scontato,  la conoscenza delle necessità delle persone). Ruolo delle associazioni che assume importanza soprattutto quando queste mantengono un forte contatto con i bisogni delle persone, si muovono nell’ottica della esigibilità, conoscono il funzionamento dei servizi; si pongono rispetto agli interventi in un’ottica di sistema.

         Alcune sottolineature

            Segnaliamo alcuni punti, molti già presenti nei precedenti regolamenti, che riteniamo significativi:

  1. Il regolamento generale di accesso che definisce le modalità di erogazione dei servizi, con essi i criteri di accesso, di permanenza e di eventuale dimissione;
  2. I servizi sono rivolti con priorità a quelli con disabilità grave. Per quanto riguarda l’AE e il SAP, fermo restando questo criterio, su proposta motivata dell’Unità multidisciplinare, possono essere fruiti anche da soggetti non in situazione di gravità;
  3. Per gli utenti già inseriti nei servizi non vi è sospensione al compimento dei 65 anni;
  4. Non si può fruire – erano rimasti pochissimi utenti – sia del Centro diurno che dell’AE; mentre c’è compatibilità, proprio per le differenze dei servizi, tra CD e SAP;
  5. Opportunamente il criterio di finanziamento della legge regionale 18/96, non viene preso a riferimento come parametro per l’assegnazione delle ore.
  6. L’AE viene sempre più definito come servizio rivolto alla fascia in età scolare; mentre il CD per i soggetti che abbiano adempiuto tale obbligo;
  7. Rispetto all’ingresso nel Centro diurno si introduce la novità di una Commissione integrata (Zona – Comune – Coordinatore Centro) a garanzia dell’appropiatezza dell’intervento;
  8. Viene normata la possibilità e modalità di fruire del servizio in caso di ricovero ospedaliero;
  9. Si disciplina la modalità di assicurazione della continuità assistenziale o educativa; questione comunque che mantiene significative criticità e che richiede un adeguato monitoraggio;
  10. La definizione delle modalità di attivazione del SAP nel caso di situazioni di urgenza;
  11. L’obbligo, per le situazioni di particolare complessità, che la sostituzione sia effettuata da personale che già conosce l’utente (previsto anche obbligo di compresenza);
  12. Nel caso di utente che fruisce del SAP e capace di autodeterminarsi, su progetto, è possibile la trasformazione delle ore assegnate in contributo economico ai fini della autogestione della assistenza (modello vita indipendente);

Le criticità

         Nonostante il percorso fatto rimangono nell’attuale offerta di servizi criticità molto serie di natura strutturale che attengono alla organizzazione degli stessi. Criticità da tempo poste all’attenzione delle amministrazioni.

         - La prima questione riguarda il governo dei servizi da parte dei Comuni. Un sistema così ampio e complesso (basti vedere i dati quantitativi del Report che peraltro non includono la residenzialità) viene governato da un coordinatore non a tempo pieno. Nessuno è riuscito a rispondere alla domanda come, in queste condizioni, possa  esercitarsi un minimo di governo.

         - La seconda attiene ad un effettivo investimento sul versante dell’inserimento lavorativo; purtroppo su questo aspetto  sono stati fatti passi indietro con lo spostamento dell’assistente sociale che se ne occupava ad altro incarico. Ciò a dimostrazione che non si coglie l’importanza della necessità di investire in quest’area. Un mancato investimento che si traduce: nella diminuzione delle opportunità per le persone che possono lavorare; nel venir meno del loro diritto a percorsi lavorativi; nell’aumento di richiesta, impropria, di servizi sociosanitari.

         - La terza attiene alla situazione della gestione associata. Un quadro di crescente  criticità[5], nella quale i Comuni sentono sempre meno questo vincolo; non ne capiscono l’importanza e si rapportano nei confronti dei servizi come se fossero in gestione autonoma. Una situazione cui si deve assolutamente porre rimedio al fine di evitare uno stato di continuo  sfilacciamento e di perenne messa in discussione (formale e sostanziale) della forma associata.

         - La quarta - per altri aspetti rimandiamo ai contenuti dei documenti segnalati nella nota 3 -  riguarda il rapporto con La Zona sanitaria 5 (altri problemi dovranno essere affrontati, nei prossimi mesi, con la scomparsa delle Zone) sia in merito al finanziamento dei servizi che alla integrazione professionale. La Zona 5 assegna ai Comuni da tre anni un finanziamento annuo pari a circa 600.000 euro (580.000 effettivo). Si tratta di un contributo forfettario che copre, indicativamente, intorno al 30% dei costi dei servizi domiciliari e diurni. E’ urgente, pur in assenza di indicazioni regionali, che tale contributo passi dalla quota forfettaria a quota fissa per gli specifici servizi, passando dalla logica di “contributo compassionevole” a cofinanziamento così come previsto dalla normativa vigente (dpcm 14.2.2001, e dpcm 29.11.2001). Per quanto riguarda l’integrazione professionale il problema, non nuovo, necessita di un rinnovato impegno da parte sia dei Comuni che della Zona. Rimane in ogni caso la questione che per essere tale  necessita di personale adeguato. La carenza di personale riguarda  sia il versante comunale che quello della Zona soprattutto in riferimento ai servizi per l’età adulta (basti solo questo dato riguardo la Zona 5: 1 assistente sociale per 100.000 abitanti).

         In conclusione accenniamo solamente all’aspetto della qualità degli interventi e in particolare di quello educativo rivolto a soggetti con disabilità intellettiva. Tema non nuovo, ma non per questo meno urgente. I Regolamenti sono importanti e necessari perché definiscono gli obiettivi dei servizi, le modalità di erogazione, i diritti ed i doveri per ciascuno degli attori.

Ma poi è necessario che quelle indicazioni vengano tradotte in modo sostanziale e non formale nella quotidianità degli interventi. Significa declinare nel lavoro quotidiano il significato di socializzazione, autonomia, inclusione, intervento educativo …. Inutile far finta di non vedere che il problema c’è, è evidente e che bisogna affrontarlo con rigore. Se c’è consapevolezza è omissivo ritardare le soluzioni.  Se il lavoro è per obiettivi (qualunque essi siano) le ore assegnate devono servire al loro raggiungimento. Troppo spesso appare invece che l’obiettivo (nel caso del domiciliare) sia  il numero di ore da assegnare a prescindere da quello per le  quali servono. Un rischio che ha come conseguenza una inaccettabile e insostenibile cronicità assistenziale le cui conseguenze sono pagate dagli utenti che non ricevono ciò di cui hanno necessità. E’ necessario che di questo i servizi sentano e  assumano, senza alibi, fino in fondo la responsabilità.

        Gruppo Solidarietà

30 agosto 2011

Vedi anche, Osservazioni e proposte ai Regolamenti dei servizi. Rif vs nota del 30 marzo 2011.

[1] Per una storia dei primi dieci anni dei servizi rimandiamo al quaderno del Gruppo Solidarietà (1996), Abitare il territorio. Cronaca di 10 anni di lavoro per promuovere diritti e servizi (1986-1995)

[2] Per un approfondimento vedi anche il seminario frutto di un lavoro congiunto di approfondimento Politiche e servizi per la disabilità nel territorio dell’Ambito territoriale sociale 9 realizzato in collaborazione tra Ambito 9 e Gruppo Solidarietà sui servizi territoriali, https://www.grusol.it/apriSocialeN.asp?id=337. Un peccato che non sia poi dato seguito alle indicazioni emerse nell’incontro. 

[3] Sul tema vedi, La programmazione perduta. I servizi domiciliari nelle Marche. Più in generale sulla situazione marchigiana, vedi: F. Ragaini, La programmazione dei servizi sociosanitari per persone disabili nelle Marche, in “Appunti sulle politiche sociali”, n. 5-2008

[5] Vedi su questo punto il comunicato stampa del 29 gennaio 2011, in www.grusol.it/vocesociale/29-01-11.PDF.


Per approfondire vedi da ultimo, Persone con disabilità e servizi nell'ATS 9. Alcune tracce per un cambiamento. 

I materiali dei corsi di formazione del Gruppo Solidarietà. Altri materiali in Osservatorio Marche.

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