Le cure intermedie nella riconversione dei piccoli Ospedali delle Marche
Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà, 13 maggio 2025. Vedi anche gli approfondimenti dell’’Osservatorio del Gruppo Solidarietà sulle politiche sociali nelle Marche
La proposta della giunta regionale di riconversione dei piccoli ospedali, apporta modifiche significative al precedente documento, Marche. Alcune domande sul Piano di riconversione dei piccoli ospedali, nel quale si definivano le Case della salute a valenza territoriale, presidi che non prevedevano più posti ospedalieri e quelle a valenza territoriale e di lungodegenza che invece mantenevano anche le funzioni di post acuzie.
La proposta, passata in questi giorni al vaglio della Commissione, introduce una nuova tipologia di posti letto, quelli per le cosiddette cure intermedie, localizzati in alcune delle strutture oggetto di riconversione. La lettura della proposta mi ha riportato indietro di due decenni e precisamente al luglio 1992, quando la Regione approvò la riconversione “dei presidi disattivati e riorganizzazione della rete ospedaliera a stralcio del Piano sanitario regionale”. Successivamente 15 strutture furono riconvertite in Residenze sanitarie assistenziali (RSA).
Credo che quella vicenda possa essere foriera di insegnamenti.
La riconversione del 1992
In quella occasione la riorganizzazione ospedaliera fu obbligata dalla legge 412/1991 (che rivedeva i parametri della legge 595-1985), che prevedeva una dotazione complessiva di 6 posti letto per mille abitanti di cui lo 0,5 destinato alla post acuzie, insieme alla riconversione degli ospedali con meno di 120 posti letto (secondo la Regione a quel tempo erano eccedenti 2601 posti).
Il Consiglio regionale (deliberazione n. 99), stabilì, nell’occasione, la disattivazione dalla funzione ospedaliera di 15 strutture (Macerata Feltria, Mondolfo, Urbania, Corinaldo, Ostra, Arcevia, Cupramontana, Filottrano, Montecarotto, Castelfidardo, Corridonia, Sarnano, Montefiore Aso, Ripatransone, Offida) che furono trasformate in RSA per complessivi 280 posti.
Vale la pena citare alcuni passi della delibera - anche se non interessano ai fini di questa scheda – nella quale si da mandato alla giunta di “verificare la validità della funzione ospedaliera svolta nei presidi di Pergola, Cingoli, Matelica, Sassoferrato, Loreto, Treia, Montegranaro, Montegiorgio, e Porto San Giorgio”, per i quali si prevede la riconversione in una seconda fase; di mantenere invece a funzione ospedaliera nei presidi di “Novafeltria, Sassocorvaro, Cagli, S. Elpidio a Mare Amandola”.
Ma qui ci interessa mettere in relazione la trasformazione in RSA dei 280 posti (in 15 presidi) con quella, di cui ci occupiamo ora, in cure intermedie di 195 posti (in 13 strutture).
RSA e Cure intermedie
Prima di ricordare che a più di venti anni dalla riconversione, non siamo in grado di dire come operano le RSA anziani nelle Marche, considerato che i circa 900 posti attivi funzionano in assenza di definizione dello standard di personale (per un approfondimento vedi, Le residenze sanitarie per anziani nelle Marche. L’improcrastinabile regolamentazione), è opportuno evidenziare alcune differenze ed analogie.
La differenza più importante è che nella riconversione del 1992, le strutture ospedaliere disattivate, assumevano un’altra funzione attraverso la trasformazione di tutti i posti presenti. In quella odierna invece 5 presidi avranno solo posti di cure intermedie (Fossombrone, Chiaravalle, Sassoferrato, Montegiorgio, S. Elpidio a Mare); anche se nei primi 3, sono presenti anche posti di Hospice ed RSA. In tutti gli altri, sono “aggiunti” a posti per acuti e/o di lungodegenza.
I 195 posti di cure intermedie sono collocati nei seguenti presidi: Sassocorvaro (5), Cagli (5), Fossombrone (40), Chiaravalle (24), Cingoli (10), Sassoferrato (20), Loreto (6), Recanati (5), Tolentino (20), S. Severino (10) Matelica (10), Montegiorgio (20), Sant’Elpidio a Mare (20).
Riguardo invece alle certezze: i posti di cure intermedie (0,12 per mille abitanti), appartengono all’extraospedaliero (come le RSA) e non sappiamo con quali regole funzioneranno: quale standard di personale (che è quello che poi va a definire la tipologia di utenza), quanta e che tipo presenza medica. Cosa distinguerà poi un posto di cure intermedie da uno di lungodegenza o di RSA e forse anche di Medicina?
Le indicazioni, che riportiamo, contenute nella delibera regionale non consentono di sciogliere tali nodi. Vedi nelle allegato pdf
Ma, soprattutto, nelle strutture nelle quali qualche (da 5 a 10) posto di CI è “attaccato” a quelli di lungodegenza, come sarà possibile diversificarne la funzione? Una dotazione di 5 o 10 posti, non potrà, infatti, mai essere un modulo autonomo (figure professionali) con funzione definita.
L’ultraventennale ibrido delle Rsa anziani sarebbe il caso che non venisse riproposto da queste nuove strutture. Sarebbe inoltre opportuno ricordare che i cosiddetti “Ospedali di comunità”, più volte citati, non sono mai stati regolamentati nella nostra Regione e che i due indicati (Arcevia e Castelfidardo) in realtà sono due RSA anziani.
Il rischio evidente è che nella difficoltà di ridurre i posti e nella impossibilità di ricollocare gran parte della riconversione in post acuzie, l’escamotage dei letti di cure intermedie collochi, come è accaduto e accade per molti posti di RSA, nell’extraospedaliero una funzione ospedaliera. Da qui la difficoltà di darne precisa definizione, di qui l’esito di avere strutture con identico nome ma con funzione, nei diversi territori, assai differenti. Di qui, anche (forse la cosa che più interessa il legislatore regionale) la difficoltà ad immaginare una effettiva riduzione delle spese (che probabilmente si realizzerà come accaduto in questi anni attraverso lo strumento della riduzione, più o meno lineare, del personale).
Cosa serve davvero? Di cosa abbiamo bisogno?
Forse bisognerebbe, al di la degli obblighi imposti dal livello nazionale chiedersi cosa serve davvero nella nostra Regione. Di cosa abbiamo bisogno e, se lo abbiamo capito, verificare se lo abbiamo fatto o no e in quest’ultimo caso interrogarci sul perché. Ad esempio:
- capire di che “tipologia” di offerta extraospedaliera abbiamo bisogno,
- di quali e quante cure domiciliari assicuriamo,
- di quali modelli organizzativi ci siamo dotati (a partire dalle lungodegenze che abbiamo potenziato)[1],
- dello stato dell’offerta di servizi (qualitativi e quantitativi) che si garantisce nella cosiddetta fase della “stabilizzazione” della malattia. Quanto dell’extrospedaliero è sbilanciato nell’area della post e (come alcuni ora aggiungono) sub acuzie a danno (?) del cosiddetto mantenimento (che non dovrebbe essere ricondotto alle sole residenze protette che, nel migliore dei casi, prevedono una assistenza infermieristica di 20 minuti al giorno per persona)?
L’impressione è invece che non ci sia chiarezza rispetto a “cosa serve davvero”; altrimenti in questi anni si sarebbe lavorato, ovvero investito, in aree particolarmente carenti a partire dall’area delle cure domiciliari. Non si sarebbe mantenuto un così ampio tasso di deregolamentazione (che significa mancata chiarezza nella identificazione degli obiettivi dei servizi) in un’amplissima parte dell’offerta (dalle lungodegenze, alle strutture di riabilitazione intensiva ed estensiva, dalle ricordate Rsa anziani, fino, come detto, al sistema delle cure domiciliari).
Vedremo, con l’auspicio che non si seguano le orme delle disattivazioni del 1992, quale sarà il futuro dei neonati posti di cure intermedie.
Per approfondire, Alcune pubblicazioni del Gruppo Solidarietà
- Gruppo Solidarietà (2013), Trasparenza e diritti. Soggetti deboli, politiche e servizi nelle Marche, prefazione di Tiziano Vecchiato
- Gruppo Solidarietà (2011), La programmazione perduta. I servizi sociosanitari nella regione Marche, prefazione di Nerina Dirindin
- Gruppo Solidarietà (2010), I dimenticati. Politiche e servizi per i soggetti deboli nelle Marche, prefazione di Giovanni Nervo
- Gruppo Solidarietà (2007), Quelli che non contano. Soggetti deboli e politiche sociali nelle Marche, prefazione di Roberto Mancini.
Vedi anche
Trasparenza e diritti. Campagna per la regolamentazione dei servizi socio sanitari e applicazione dei Lea nelle Marche, http://leamarche.blogspot.it/
L’appello di avvio del la Campagna, http://www.grusol.it/apriInformazioni.asp?id=2892
Marche. Osservatorio sulle politiche sociali, http://www.grusol.it/vocesociale.asp
21 maggio 2013
[1] Sulle questioni riguardanti il complessivo della post acuzie ospedaliera abbiamo già avuto modo di porre alcune questioni, http://www.grusol.it/apriSociale.asp?id=692, che di seguito riportiamo: “le due funzioni sono diverse ed è pertanto indispensabile definirne per ciascuna la quantificazione; i posti ospedalieri di riabilitazione sono collocati soprattutto in alcune aree della regione, per questi motivi è presente una importante mobilità passiva; la Regione non ha definito alcun modello organizzativo né per la lungodegenza, né per la riabilitazione. Ad esempio non è stato stabilito alcun “modulo minimo” di degenza; il Progetto obiettivo riabilitazione-lungodegenza non è stato mai approvato; per quanto riguarda la lungodegenza, la frammentata offerta, vede moduli anche di poche unità, attigui a reparti di medicina. Difficile pensare che per quei posti si riesca improvvisamente ad abbandonare un modello ospedaliero centrato esclusivamente su diagnosi, cura farmacologia e degenza a letto. Senza un lavoro volto al mantenimento o al recupero della massima autonomia, le post acuzie rischiano di trasformarsi in un’area di sosta; le tariffe riconosciute alle case di cura private per il codice 60 sono di circa 170 euro/giorno; con abbattimento del 40% dopo 60 giorni sia per la riabilitazione che la lungodegenza; il modello organizzativo della riabilitazione è completamente diverso da quello della lungodegenza; nel primo caso cambiano le figure professionali e sono necessari importanti adeguamenti strutturali (palestre); nel secondo le figure professionali (ridotte), rimangono le stesse. Per quanto riguarda la riabilitazione ospedaliera, l’abbattimento della tariffa pone problemi in relazione ai tempi di recupero. Ragione, che motiva spesso l’invio direttamente alla riabilitazione intensiva extraospedaliera o in strutture accreditate che hanno moduli sia ospedalieri che extra ospedalieri; permane grande ambiguità rispetto alla funzione, non definita, dei posti di riabilitazione estensiva (RSR) extraospedaliera, che da residenzialità permanente per disabili gravi si stanno trasformando in presidi di riabilitazione a termine per soggetti che necessitano di un trattamento non intensivo”.
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