Data di pubblicazione: 22/06/2025
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Analisi comparata dei piani sociali nazionali dal 2001 al 2024 e dei piani nazionali di lotta alla povertà 2018-2026

Di Luigi Colombini - Testo integrale nell'allegato pdf. 

PARTE PRIMA - LA PROGRAMMAZIONE  SOCIALE NAZIONALE

L’avvio

Il primo tentativo di programmazione socio-assistenziale si può fare risalire al cosiddetto “Progetto ‘80’ del 1969, nell’ambito del quale, nel disegno di definire attraverso un quadro di programmazione, il futuro dell’Italia  degli anni ’80, furono individuate le prime politiche sociali articolate sull’unità Locale dei Servizi Sanitari e Sociali. A tale riguardo si sottolinea che nel contesto del complesso  percorso di riforma  dello Stato e della Pubblica Amministrazione, avviato con i Governi di Centro-Sinistra negli anni ’60-70, con l’istituzione delle Regioni, della individuazione  delle competenze fra Stato, Regioni ed Enti locali,  con  la legge n. 382/75,  con i susseguenti DPR n. 616/1977 e DPR n. 617/77, è stato definito il quadro  istituzionale che ha delineato il ruolo dello Stato, in quanto a legislazione e programmazione, indirizzo e coordinamento, il ruolo delle Regioni quanto a legislazione regionale e conseguenti provvedimenti  di alta amministrazione, nonché programmazione regionale, e il ruolo degli Enti locali, associati obbligatoriamente nel distretti,  per la gestione dei servizi sanitari, sociali e scolastici.

Nel corso degli anni ’80 le Regioni, nella perdurante assenza della legge sull’assistenza, hanno emanato specifiche leggi regionali di “riordino” dell’assistenza e dei servizi sociali, e avviato una propria programmazione sociale.

Dal 1985  al 2000 si è venuta a determinare da una parte una programmazione sanitaria (con le legge n. 595/85) con successivi piani sanitari (il primo Piano sanitario risale al 1994), e dall’altra una sorta di azioni programmatiche individuate in specifiche leggi di settore (tossicodipendenti, persone don disabilità, handicappati, minori, immigrati, ecc.).

In  relazione a quanto disposto dalla legge 328/2000, a livello statale con il DPR maggio 2001 fu emanato il Piano Nazionale per gli Interventi ed i Servizi Sociali, che, a distanza di diciassette anni ha avuto il suo seguito con il Piano nazionale sociale 2018-2020, e successivamente  il Piano Sociale nazionale 2021-2023.

Per inciso, con la legge n. 328/00 e con il PNISS (Piano nazionale integrato dei servizi sociali) si è pertanto concretamente definita la programmazione  “sociale”, che trova il suo corrispondente interfaccia, per ciò che concerna la sanità, nella programmazione sanitaria, istituita con la ricordata legge n. 595/95 e poi riconfermata con il d. lgs. n. 502/92 e s. m. i. (con particolare riferimento alle modifiche apportate dal d. lgs. n. 229/99).

In tal modo la programmazione sociale è uscita dal limbo delle teorizzazioni e delle enunciazioni, per assurgere a norma giuridica che in quanto tale deve essere osservata e realizzata nel percorso normativo che presuppone, e  che è finalizzata alla    costruzione del sistema integrato dei servizi sociali e del sistema nazionale, regionale e locale del welfare.

La stessa programmazione sociale, peraltro, si collega a tutta la tradizione metodologica e deontologica propria del Servizio Sociale Professionale, che fin dall’inizio, assumendo in sé stesso le conquiste e i risultatati  scientificamente validati delle scienze sociali (sociologia, antropologia culturale, statistica, psicologia sociale, medicina sociale,  economia politica, ecc.)  ha trovato il terreno già fertile per definire il percorso metodologico necessario.

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