Data di pubblicazione: 25/10/2023
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Alunni con disabilità. Il cambio di prospettiva dei nuovi modelli di PEI

Angelo Lascioli professore di pedagogia speciale Università degli Studi di Verona, In  Appunti sulle politiche sociali, n. 3/2021 (236).

Il modello biopsicosociale dell’ICF, ridefinisce il significato di disabilità come questione che riguarda l’interazione individuo-ambiente, per cui le disabilità non vanno più concepite come “dis-abilità”, ossia limitazioni delle abilità personali, ma come “problemi di funzionamento”, che derivano dal modo con cui determinate condizioni di salute entrano in relazione con i contesti di vita della persona.

L'articolo è stato scritto a ridosso (2021) dell'approvazione dei nuovi modelli PEI,  operativi, dopo le modifiche apportate dal Decreto interministeriale 153/2023, dall'anno scolastico 2023-24. 


Quando non esisteva un “modello di PEI” unico nazionale

A partire dal prossimo anno scolastico 2021/2022, le scuole di ogni ordine e grado saranno tenute ad adottare le nuove modalità per l'assegnazione delle misure di sostegno, previste dal decreto legislativo 66/2017, e i modelli di piano educativo individualizzato (PEI)[1], come previsto dal decreto interministeriale del 29 dicembre 2020, n. 182. L’introduzione di un modello di PEI su base nazionale unico per tutti gli ordini di scuola, rappresenta un evento senza precedenti nella storia dell’integrazione scolastica degli alunni/e con disabilità, iniziata negli anni Settanta del XX secolo. Infatti, per quanto la normativa precedente inerente al tema dell’integrazione/inclusione degli alunni/e con disabilità prevedesse specifiche indicazioni riguardanti il PEI, non era previsto per le scuole l’obbligo di adottare un “modello di PEI”. Facendo riferimento alle Legge 104/1992 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), ciò che le istituzioni scolastiche dovevano tener presente nella redazione del PEI, consisteva nell’acquisizione della documentazione risultante dalla Diagnosi funzionale e dalla definizione del Profilo dinamico-funzionale (art. 12, comma 5), e sulla base di tale documentazione redigere il PEI. Per quanto attiene ai contenuti, secondo l’Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle Unità Sanitarie Locali in materia di alunni portatori di handicap (DPR del 24/02/1994), il PEI doveva riportare la descrizione degli «interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l’alunno in situazione di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione» (art. 5), tenendo presenti «i progetti didattico-educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché le forme di integrazione tra attività scolastiche ed extrascolastiche» (comma 3). La normativa sull’integrazione, pertanto, non fissava per legge un “modello di PEI”. In assenza di un modello unico nazionale, al fine di assolvere all’obbligo della redazione del PEI, nelle scuole di ogni ordine e grado si sono sviluppate una serie di buone prassi consistenti nell’elaborazione, in proprio, dei vari modelli di PEI, talvolta concepiti come trasversali ai diversi ordini di scuola, in altri casi pensati in modo diverso per ordine di scuola. Seppur nelle differenze presenti tra i molteplici modelli di PEI diffusi a livello nazionale, l’elemento unificante dei diversi documenti era il riferimento alla struttura e ai contenuti della Diagnosi funzionale e del Profilo dinamico-funzionale, i cui modelli sono allegati al DPR del 24/02/1994. In particolare, in ogni PEI erano descritti gli obiettivi e gli interventi educativi per l’alunno/a con disabilità, in relazione ai seguenti “assi” (o parametri o aree) della Diagnosi funzionale: cognitivo, affettivo-relazionale, comunicazionale, linguistico, sensoriale, motorio-prassico, neuropsicologico, dell’autonomia e dell’apprendimento. I PEI, così formulati, risultavano “modellati” sulla base della struttura della Diagnosi funzionale, riflettendone per certi aspetti anche gli scopi.

Alle radici del nuovo PEI

Con la pubblicazione del D. Lgs. del 13 aprile 2017, n. 66 (Norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107) e la successiva pubblicazione del D. Lgs. del 7 agosto 2019, n. 96 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66), oltre ad essere stata prevista l’adozione di un modello di PEI unico nazionale, è stato profondamente modificato il modo di concepire l’azione inclusiva della scuola a favore degli alunni e delle alunne con disabilità e, coerentemente a tale innovazione, sono stati concepiti la struttura e i contenuti del nuovo PEI. Ma quali sono le novità fondamentali apportate dai Decreti Legislativi 66/2017 e 96/2019? Innanzi tutto è cambiato l’iter di certificazione della disabilità in età evolutiva, in particolare è stato superato quanto previsto dalla L. 104/1992, art. 12, comma 5, laddove si stabiliva che «all'individuazione dell'alunno come persona handicappata ed all'acquisizione della documentazione risultante dalla  diagnosi funzionale, fa seguito un profilo dinamico-funzionale ai  fini  della formulazione  di  un  piano  educativo  individualizzato». Infatti, nel D. Lgs. 66/2017 tale articolo è stato sostituito con il seguente: «Successivamente  all'accertamento  della  condizione  di  disabilità delle bambine e dei bambini,  delle  alunne  e  degli  alunni,  delle studentesse e degli studenti ai sensi dell'articolo 3, è redatto  un profilo   di   funzionamento   secondo   i   criteri   del    modello bio-psico-sociale   della    Classificazione    Internazionale    del Funzionamento,  della  Disabilità  e  della  Salute  (ICF)  adottata dall'Organizzazione Mondiale  della  Sanità  (OMS),  ai  fini  della formulazione del progetto individuale di cui  all'articolo  14  della legge 8 novembre 2000, n. 328, nonché  per  la  predisposizione  del Piano Educativo Individualizzato (PEI)» (art. 5, comma 2, lettera b). Sono molteplici le novità introdotte da questo articolo. Innanzitutto la scelta di adottare un nuovo documento, denominato “Profilo di funzionamento”, per descrivere la condizione di disabilità dell’alunno/a. Il Profilo di funzionamento dovrà essere redatto dalle Unità di Valutazione Multidisciplinari  “secondo  i   criteri   del    modello bio-psico-sociale   della    Classificazione    Internazionale    del Funzionamento,  della  Disabilità  e  della  Salute  (ICF)”, a cui è previsto che partecipino, oltre alle specifiche figure professionali stabilite per legge (Neuropsichiatra infantile o esperto nella patologia più almeno due tra terapista della riabilitazione, psicologo e assistente sociale o rappresentante dell’Ente Locale), i genitori, l’alunno/a con disabilità (nella massima misura possibile) e la scuola nella persona del dirigente scolastico o di un docente specializzato nel sostegno didattico (D. Lgs 96/2019, art. 4: modifica all’art. 5 del D. Lgs 66/2017, c. 3). Il “Profilo di funzionamento”, una volta redatto, diviene il riferimento fondamentale ai fini della predisposizione del PEI (oltre che per la formulazione del Progetto individuale, di cui all’art. 14 della Legge 328/2000), andando a sostituire la Diagnosi funzionale e il Profilo dinamico-funzionale. Con il superamento della Diagnosi funzionale/Profilo dinamico-funzionale, avviene anche il superamento del “vecchio” PEI, il quale faceva proprio riferimento alla struttura di questi due documenti, in quanto ne “ricalcava” le caratteristiche (suddivisione per “assi”) e l’implicita concezione. A marcare la distanza da questa impostazione, interviene l’art. 7 del D. Lgs. 66/2017, laddove si stabilisce che il nuovo PEI dovrà individuare «strumenti, strategie e modalità per realizzare un ambiente di apprendimento nelle dimensioni della  relazione,  della socializzazione,     della      comunicazione,      dell'interazione, dell'orientamento e delle autonomie» (art. 7, comma 2, lettera c). Il lettore potrà notare che il nucleo del nuovo PEI, come concepito dal D. Lgs. 66/2017, non sono più gli “assi” della Diagnosi funzionale né del Profilo dinamico-funzionale, bensì la realizzazione di  un “ambiente di apprendimento” (l’enfasi viene posta sul ruolo degli ambienti nel promuovere i processi d’inclusione, coerentemente a quanto stabilito dall’ICF e dalla Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità). I nuovi “assi” su cui va costruita la progettazione del PEI, sono dati da una serie di “dimensioni” (il termine fa parte di un linguaggio non clinico, ampiamente utilizzato per descrivere il significato di “Qualità di Vita” e nel linguaggio ICF), che in parte ricalcano proprio le “dimensioni di Attività e Partecipazione” dell’ICF. 

Sono sufficienti questi brevi cenni per comprendere che il linguaggio con cui è scritto il D. Lgs. 66/2017 non fa più riferimento al linguaggio della precedente normativa in materia d’integrazione/inclusione scolastica e sociale delle persone con disabilità, il cui asse portante è stata la L. 104/1992, unitamente al DPR del 24/02/1994. Il massimo elemento di discontinuità tra la precedente legislazione e le novità introdotte dal D. Lgs. 66/2017 è il riferimento al modello bio-psico-sociale   della    Classificazione    Internazionale    del Funzionamento,  della  Disabilità  e  della  Salute  (ICF). Infatti, è proprio il modello biopsicosociale dell’ICF che, se applicato all’analisi del significato di disabilità, colloca l’approccio all’inclusione scolastica degli alunni/e con disabilità oltre il “vecchio” PEI, ossia al di là della concezione di scuola e di educazione che aveva caratterizzato gli anni dell’integrazione scolastica fin dagli esordi, negli anni Settanta del XX secolo, superando anche le novità introdotte dalla L. 104/1992 e dalla normativa ad essa ispirata. Il modello biopsicosociale dell’ICF, infatti, ridefinisce il significato di disabilità come questione che riguarda l’interazione individuo-ambiente, per cui le disabilità non vanno più concepite come “dis-abilità”, ossia limitazioni delle abilità personali, ma come “problemi di funzionamento”, che derivano dal modo con cui determinate condizioni di salute entrano in relazione con i contesti di vita della persona. Pertanto, coerentemente al modello biopsicosociale dell’ICF, l’azione sui contesti, finalizzata a ridurre le limitazioni che le persone con problemi di salute possono incontrare in essi, unitamente all’azione di miglioramento dei contesti stessi attraverso l’introduzione di facilitatori al fine di renderli accessibili, è ciò che viene richiesto alle istituzioni scolastiche per promuovere  il diritto all’inclusione scolastica e sociale degli alunni e delle alunne con disabilità.

Questo modo di concepire la questione mette in discussione, superandolo, il modello interpretativo della disabilità che ha operato sia nella “vecchia” definizione di disabilità (art. 3, L. 104/1992), che nell’elaborazione dei documenti finalizzati all’individuazione della persona con disabilità e alla redazione del PEI, dalla Diagnosi funzionale al Profilo dinamico-funzionale.

Oltre l’integrazione, l’inclusione

Il modello dell’integrazione scolastica sviluppatosi in Italia a partire dagli anni Settanta, giunge alla sua piena maturazione con la L. 104/1992, che a sua volta nasce e si sviluppa nel solco di una concezione di disabilità che trova la sua massima definizione con la promulgazione dell’International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps, ICIDH, a cura dell’OMS (1980). La concezione di disabilità presente in questo documento dell’OMS risulta influenzata da una visione del problema di tipo medico, per cui le disabilità vengono concepite come “effetti” derivanti da condizioni cliniche invalidanti (menomazioni, deficit, quadri sindromici, ecc.). In questo modo di “guardare” alla questione, la disabilità risulta essere un problema “in capo alla persona”, un suo “modo d’essere”, che come tale non può essere modificato se non attraverso il ripristino delle normali condizioni di salute. Manca qui completamente la “visione” della disabilità come condizione che deriva dal prodotto/effetto dell’interazione individuo-ambiente. Nella definizione di “persona handicappata” di cui all’art. 3 della L. 104/1992, si può rilevare la presenza di questo impianto teorico; pertanto, anche nei documenti finalizzati all’individuazione della disabilità previsti dalla L. 104/1992 si riflette la concezione in base alla quale il problema per cui si manifesta una condizione di disabilità non riguarda l’ambiente, ma le condizioni cliniche del soggetto, ossia i suoi “malfunzionamenti” individuali. Ciò lo si può constatare andando a leggere in cosa consiste la Diagnosi funzionale in base quanto stabilito dal DPR del 24/02/1994, ossia una «descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato psicofisico dell'alunno in situazione di handicap» (art. 2,), che è «finalizzata al recupero del soggetto portatore di handicap» (art. 4). L’impianto normativo, in quanto ispirato a un modello di welfare di tipo assistenziale, concepisce l’azione a favore della persona con disabilità come azione “risarcitoria” (accesso a servizi e sostegni di varia natura, compresi quelli economici), finalizzata a ridurre l’impatto della disabilità sui processi d’integrazione, per evitare il rischio che si creino condizioni di “svantaggio e di emarginazione sociale” (vedasi il significato di handicap nell’ICIDH e nella L. 104/1992). Considerato che l’ICIDH è rimasta in uso fino al 1999 e che la nuova classificazione dell’OMS, l’International Classification of Functioning, Disability and Health, ICF, è del 2001, si può comprendere che non è da molti anni che è cambiato il modo di “guardare” alla disabilità. Inoltre, la sostituzione della Diagnosi funzionale e del Profilo dinamico-funzionale con il Profilo di funzionamento, prevista dal D. Lgs. 66/2017, non risulta di fatto ancora attiva perché mancano le Linee guida, previste da tale decreto, le quali dovranno contenere «a) i criteri, i contenuti e  le  modalità  di  redazione  della certificazione  di  disabilità  in   età   evolutiva,   (ai   fini dell'inclusione  scolastica,  tenuto  conto   della   Classificazione internazionale  delle  malattie   (ICD)   e   della   Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità  e  della  salute (ICF) dell'OMS); b) i criteri, i contenuti e le modalità di redazione del Profilo di  funzionamento,  tenuto  conto   della   classificazione   ICF dell'OMS» (art. 5, comma 6).

L’obiettivo del Profilo di funzionamento, da quanto si può comprendere analizzando la nuova normativa sull’inclusione scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità, non avrà come scopo la descrizione delle condizioni di salute da cui dipende la condizione di disabilità, ma la descrizione delle modalità con cui, in un certo contesto, particolari condizione di salute entrano in relazione con determinate situazioni di vita che rappresentano, per l’alunno/a con disabilità, le circostanze in cui egli fa esperienza della disabilità. L’obiettivo, in questo caso, è d’individuare se e come tali contesti impattino sul suo funzionamento, in una prospettiva biopsicosociale, ossia idonea a dar ragione non solo dei limiti di salute ma anche del funzionamento di altre variabili, di tipo ambientale e personale, in quanto anch’esse decisive nel determinare la qualità del funzionamento umano. Attraverso il Profilo di funzionamento è dunque possibile pervenire a un’accurata descrizione della qualità dell’interazione individuo-ambiente (Pasqualotto, Lascioli, 2020), funzionale alla redazione del PEI se idonea a supportarne il processo di progettazione (Lascioli, Pasqualotto, 2021).

La constatazione che al fine di interpretare correttamente la disabilità sia necessario acquisire un “approccio ecologico” (Bronfenbrenner, 1986), ossia idoneo a rilevare come l’ambiente e i diversi contesti di vita in cui ciascuno è inserito influenzano il comportamento delle persone, ha spostato anche il “focus” dell’azione a favore degli alunni e delle alunne con disabilità, rimodulando il significato di “integrazione” in quello di “inclusione”. L’inclusione, infatti, rappresenta un nuovo paradigma, che va oltre l’integrazione in quanto ne cambia il quadro epistemologico: «Da un “dato” in cui inserirsi a un “divenire” al quale partecipare”» (Canevaro, 2013, pp. 183-184). L’inclusione, osserva Cottini (2017), non rinnega l’integrazione «ma la orienta, di fatto, verso una visione più sociale e contestuale, in grado di organizzare e attivare tutte le risorse disponibili nell’ambiente con l’obiettivo di promuovere una scuola delle differenze» (p. 29). Concepire l’educazione degli alunni e delle alunne con disabilità secondo logiche inclusive, osserva Pavone (2004, p. 127), «richiede di transitare dall’idea di una scuola che incarna un sistema duale unificato (nella stessa classe convivono senza interazioni reciproche la programmazione disciplinare di classe e il piano educativo individualizzato per l’allievo/gli allievi in difficoltà), all’idea di una scuola a sistema unico (in cui la classe identifica un gruppo di allievi naturalmente eterogeneo, e le differenze si convertono nel modus vivendi naturale dei processi d’aula)». Ciò comporta, continua Cottini (2017), iniziare a pensare all’azione didattica rivolta agli alunni e alunne con disabilità non solo nei termini di un’azione speciale, a loro esclusivamente rivolta, ma come a una ricerca che sia «orientata all’ambiente, al clima, alla differenziazione didattica, alla progettazione condivisa, alle strategie collaborative, allo sviluppo di capacità cognitive e metacognitive, alla formazione di competenze assertive e prosociali, alla conoscenza e gestione delle emozioni, all’impiego funzionale delle tecnologie» (p. 393).

Risultano evidenti nei nuovi modelli di PEI anche gli influssi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (ONU, 2006), in particolare dove si specifica la centralità del valore dell’accessibilità nel perseguimento dell’inclusione scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità. L’art. 1 della Convenzione, infatti, riconosce nell’accessibilità (all’ambiente fisico, sociale, economico e culturale, alla salute, all’istruzione, all’informazione e alla comunicazione) il nucleo fondamentale dell’azione di promozione umana e sociale delle persone con disabilità. Nel D. Lgs. 66/2017 si dedica ampio spazio a questo argomento fin dai Principi generali e, a seguire, negli artt. 3 e 4 dove si fa riferimento all’accessibilità e alla fruibilità «degli spazi fisici delle istituzioni scolastiche statali» (art. 3, comma 5°, lett. c), «dei sussidi didattici e degli strumenti tecnologici e digitali necessari per l’inclusione scolastica » (art. 3, comma 6°), «delle risorse, attrezzature, strutture e spazi e, in particolare, dei libri di testo adottati e dei programmi gestionali utilizzati dalla scuola» (art. 4, comma 2°, lett. f). Soprattutto laddove si specifica che nel processo di redazione del PEI «è assicurata la partecipazione attiva degli studenti ai fini dell’inclusione scolastica nel rispetto del principio di autodeterminazione» (D. Lgs. n. 96/2019, art. 9, comma 11).

Le logiche dell’inclusione caratterizzano e permeano il D.I. 182/2020 e le annesse Linee guida al PEI (allegato B del Decreto n. 182/2020), nei quali si stabilisce che nel PEI oltre a descrivere i punti di forza/debolezza dell’alunno/a con disabilità, vanno precisate «le condizioni di contesto che possono ostacolare o favorire lo sviluppo della persona e degli apprendimenti» (Ministero dell’Istruzione, ministero dell’Economia e delle Finanze, 2020, p. 6).

Il nuovo PEI: brevi riferimenti per l’approfondimento

Da quando è uscito il D. Lgs. 66/2017 si sono susseguiti diversi scritti di vari autori e esperti, che hanno dapprima definito un possibile modello di PEI che fosse coerente con i dettami del decreto (Lascioli, Pasqualotto, 2018; Centra, 2018; Chiappetta Cajola, 2019; Ianes, Cramerotti, Scapin, 2019; Pinnelli, Fiorucci, 2020; Cottini, De Caris, 2020). Il nucleo di questi interventi è la definizione di un possibile modello di PEI coerente con l’approccio ICF, ossia in linea con il modello biopsicosociale dell’OMS, a cui hanno fatto esplicito riferimento i decreti 66/2017 e 96/2019 (Cappello, Bellacicco, 2021). Successivamente all’uscita del D.I. 182/2020 e alla pubblicazione dei nuovi modelli di PEI su base nazionale, il Ministero dell’Istruzione ha promosso una serie di webinar nazionali rivolti agli/alle insegnanti di ogni ordine e scuola e finalizzati a illustrare come compilare i nuovi PEI (https://www.istruzione.it/inclusione-e-nuovo-pei/att_form.html). Sono stati pubblicati anche specifici manuali per guidare gli insegnanti nella compilazione del nuovo PEI, coerentemente a quanto stabilito dalle Linee guida del Ministero (Lascioli, Pasqualotto, 2021; Ianes, Cramerotti, Fogarolo, 2021), a cui si rinvia per gli approfondimenti.

Successivamente alla pubblicazione dei nuovi modelli di PEI non sono mancate anche voci critiche[2], che hanno evidenziato alcune fragilità esistenti nell’impianto stesso dei nuovi PEI, dovuto prevalentemente al disallineamento attuale tra quanto richiesto alle istituzioni scolastiche, che fin dal prossimo a.s. 2021-2022 sono tenute a redigere il nuovo PEI, e quanto richiesto alle Unità di Valutazione Multidisciplinari (UVM), presso le ASL, che in assenza delle Linee guida per la redazione del Profilo di  funzionamento, previste dal D. Lgs. 66/2017 (art. 5, comma 6), dovranno continuare a fornire alle scuole le vecchie Diagnosi funzionali. Il problema è che in assenza di un “Profilo di funzionamento”, il compito di redigere il PEI come indicato dal D.I. 182/2020 risulta tutt’altro che semplice e scontato. Si tratta di un “gap” che potrebbe se non compromettere, sicuramente rendere meno efficace l’auspicato cambiamento nella qualità dell’inclusione scolastica degli alunni/e con disabilità per cui il D. Lgs. 66/2017 era stato concepito.

Prima dell’inizio dell’anno scolastico 2021/2022, in linea con quanto previsto dall’art. 21 del D.I. n. 182/2020 è probabile che ci sia una revisione dei modelli di PEI, che ci si augura possa guidarne  la ompilazione per le scuole seppur in assenza del “Profilo di funzionamento”. Sicuramente saranno introdotte, a cura del Ministero dell’Istruzione, le “misure di accompagnamento” definite con il D.D. n. 75/2021, che prevedono una diffusa formazione sul PEI su tutto il territorio nazionale. Tutto ciò induce a ritenere che nel prossimo anno scolastico 2021-2022, a seguito dell’obbligo d’introduzione dei nuovi PEI, le scuole di ogni ordine e grado dovranno riqualificare il proprio personale, non solo di sostegno, al fine di rispondere adeguatamente alle novità previste dal nuovo PEI nell’ottica dell’innalzamento della qualità dei processi d’inclusione scolastica

Bibliografia

Cappello, S., Bellacicco, R. (2021). Tutti uguali, tutti diversi: progettazione di PEI su base ICF. Confronto e sintesi dei principali modelli sperimentati sul piano nazionale. In D. Ianes, H. Demo (a cura di). Non uno di meno. Didattica e inclusione scolastica (pp. 132-153). Milano: Franco Angeli.

Centra R. (2018), Profilo di Funzionamento, PEI e Progetto Individuale secondo l'ICF. Roma: Laboratorio Apprendimento.

Chiappetta Cajola, L. (2019). Il PEI con l’ICF: ruolo e influenza dei fattori ambientali. Processi, strumenti e strategie per la didattica inclusiva. Roma: Anicia.

Cottini L., (2017), Didattica speciale e inclusione scolastica. Roma: Carocci.

Cottini L., De Caris M. (2020). Il progetto individuale dal profilo di funzionamento su base ICF al PEI. Firenze: Giunti.

Ianes F., Cramerotti S., Fogarolo F. (2021), Il nuovo PEI in prospettiva bio-psico-sociale ed ecologica. Trento: Erickson.

Ianes F., Cramerotti S., Scapin C. (2019), Profilo di funionamento su base ICF-CY e Piano educativo individualizzato. Trento: Erickson.

Lascioli A., Pasqualotto L. (2018), Il piano educativo individualizzato su base ICF. Strumenti e prospettive per la scuola. Roma: Carocci.

Pasqualotto L. Lascioli A. (2021), Il nuovo PEI nazionale, tra luci e ombre. In “RicercAzione”, Vol. 13, n. 1, Giugno 2021, pp. 21-33.

Lascioli A., Pasqualotto L. (2021), Il piano educativo individualizzato su base ICF. Strumenti e prospettive per la scuola. Nuova edizione aggiornata ai modelli nazionali. Roma: Carocci.

ONU (2006), Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, Assemblea Generale dell’onu, 13 dicembre 2006.

Pasqualotto L., Lascioli A. (2020). Il profilo di funzionamento su base ICF: esiti di una sperimentazione, in “Journal of Advanced Health Care”, 2, 1, pp. 43-48.

Pavone M. (2004), La formazione degli insegnanti per gestire l’eterogeneità in seno al gruppo classe, in “L’integrazione scolastica e sociale”, 3, 2, pp. 127-38.

Pinnelli, S., & Fiorucci, A. (2020), Progettazione educativa individualizzata su base ICF. Dai costrutti alla pratica didattica. Lecce: Pensa MultiMedia.

World Health Organization. (1980). ICIDH. International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps. Geneva.

World Health Organization. (2001). ICF. International Classification of Functioning, Disability and Health. Geneva.


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[1] I modelli di PEI sono qui scaricabili: https://www.istruzione.it/inclusione-e-nuovo-pei/decreto-interministeriale.html.

[2] Per un approfondimento rispetto alle voci critiche, si rinvia all’articolo: Pasqualotto L. Lascioli A. (2021), Il nuovo PEI nazionale, tra luci e ombre, RicercAzione, Vol. 13, n. 1, Giugno 2021.

Sui nuovi PEI vedi anche:

Modelli nazionali di PEI aggiornati già a partire dall’a.s. 2023/24

Alunni con disabilità. Modificati i modelli dei PEI (Decreto 153/2023)

Alunni con disabilità e partecipazione delle famiglie alla stesura del PEI

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