Data di pubblicazione: 05/10/2025
Numero accessi: 891

indietro

La contenzione nelle residenze sociosanitarie per anziani e demenze. Sui dati delle Aziende sanitarie


Gruppo Solidarietà - Osservatorio Marche, n. 165 del 5 ottobre 2025.

 Il numero delle persone contenute nelle residenze sociosanitarie per anziani nella regione Marche sono un importante indicatore di come “funzionano” queste strutture? Sono un indicatore di qualità del servizio? Riteniamo di sì. E per questo abbiamo cercato di capire quale fosse la situazione nelle residenze della regione Marche. Nelle strutture della provincia di Pesaro e Ascoli Piceno il livello di contenzione oscilla tra il 75 e l’85%. Dal dato di Fermo non si riesce a desumere una percentuale che presumibilmente può essere assimilabile alle altre due. Non sono presenti i dati dell’AST di Ancona e Macerata. La prima ha ritenuto la richiesta non adeguatamente formulata; la seconda, invece, non ha proprio risposto (nell’allegato pdf le schede )

Lo scorso 23 gennaio ci siamo, allora, rivolti alla regione Marche con questa richiesta: “Nelle strutture residenziali per anziani (sociali e sociosanitarie) che accolgono persone non autosufficienti e con demenza a quante persone sul totale, in ogni residenza,  viene applicata la contenzione meccanica”. Non avendo ricevuto risposta abbiamo chiesto ai  consiglieri regionali di effettuare un accesso agli atti. Il 10 marzo il consigliere Antonio Mastrovincenzo inoltrava la richiesta. Il Dipartimento Salute, il 18 marzo, rispondeva che il dato “non è ricavabile dai flussi istituzionali per l’area residenziale e semiresidenziale gestiti dallo scrivente Dipartimento”. Non aveva il dato e non ha ritenuto di chiederlo alle Aziende sanitarie che hanno rapporti convenzionali con le residenze sociosanitarie.

Il 7 aprile la stessa richiesta, da parte del consigliere, è stata inoltrata alle cinque aziende sanitarie della regione Marche. Hanno fornito i dati 3 Aziende (Pesaro/Urbino, Fermo e Ascoli Piceno). Ancona, ha risposto che non era possibile “riscontrare il quesito posto laddove esso non specifica in quale arco temporale si debba riferirsi la la rilevazione del dato”; Macerata, nonostante solleciti, non ha risposto (i testi delle risposte sono nell’allegato pdf).

Alcune indicazioni di contesto

La richiesta riguardava tutte le residenze per anziani che accolgono persone non autosufficienti. Le risposte riguardano solo le residenze sociosanitarie convenzionate con le Aziende sanitarie. Il dato quindi non contempla la situazione dei posti autorizzati ma non convenzionati, né quello delle residenze per autosufficienti (Case di Riposo) nelle quali si può stimare risiedano per circa il 50/60% anziani non autosufficienti. Nelle risposte, inoltre, non si fanno distinzioni tra posti per non autosufficienti e per demenze. È opportuno ricordare (vedi, Persone con demenza nelle residenze. Quante, dove, con quale assistenza) che nei posti convenzionati il 41% dei residenti viene “certificato” con demenza. Il 7% risiede, formalmente, in posti dedicati. In realtà, il numero è ancora inferiore.

Chi ha risposto ha specificato che il termine contenzione include situazioni diverse (ad esempio dalla “spondina” del letto alla “polsiera”) caratterizzate dalla limitazione dei movimenti volontari. Per quanto riguarda la tipologia di strutture va segnalato che nelle Marche le RSA anziani gestiscono anche la fase post acuta (in particolare quelle a gestione diretta) con degenze sia a termine (prevalenti in quelle pubbliche) che permanenti a differenza delle Residenze protette (RP) nelle quali invece, salvo eccezioni, la degenza è permanente.

Per quanto riguarda le singole risposte.

AST Pesaro/Urbino. È l’unica che indica per ciascuna residenza il numero di persone contenute. All’interno della rilevazione (42 residenze) vengono inserite anche alcune (3) residenze di post acuzie e riabilitazione (Cure intermedie e Riabilitazione intensiva/estensiva) che accolgono persone non necessità diverse da quelle delle altre strutture e tutte con degenza a termine. Il tema contenzione si pone qui in maniera strutturalmente  diversa rispetto alle altre (e infatti la percentuale è molto più bassa). Rispetto ai dati forniti, le persone contenute sono complessivamente, circa il 75%. In quattro strutture la contenzione riguarda il 100% dei residenti; in 8 tra il 90e il 100%.

AST Fermo. Viene fornito il numero delle persone contenute. 493 su 582. Circa l’85%

AST Ascoli Piceno. Al dato delle persone residenti: 721, vengono affiancate le modalità di contenzione. Contenzione letto (521). Contenzione sedia: 253. Contenzione segmenti corporei. 40 (si specifica chi riguarda); Contenzione per postura obbligata: 57. Dalle indicazioni non si evince la percentuale complessiva, considerato che una stessa persona può essere contenuta nelle diverse situazioni indicate.

Come detto, AST Ancona ha ritenuto la domanda fuorviante (vedi risposta) e non ha ritenuto di fornire il dato, mentre AST Macerata non ha proprio risposto.

Come lo si voglia guardare il dato è “sufficientemente impressionante”. Si tratta di un indicatore estremamente significativo che una volta accertato e soprattutto evidenziato richiederebbe analisi (è un problema di modello organizzativo? gli standard sono inadeguati? la paura di contenziosi legali? ecc..) accurata delle cause e urgenti interventi finalizzati ad una significativa riduzione.

L’auspicio e l’augurio che la pubblicazione di questi dati, possa stimolare accanto ad analisi e riflessioni azioni volte a cambiare questa situazione. L’impressione è che troppe volte “una cinta non la si neghi a nessuno”.  Un dato che come ben evidenziato da Letizia Espanoli , al pari di cadute ed infezioni dovrebbe diventare un indicatore di qualità pubblico e trasparente. 

Auspichiamo l'apertura di un dibattito. Disponibili ad ospitare ulteriori contributi.


Il  commento di quattro esperti

Abbiamo voluto cercare di capire meglio chiedendo un breve commento ai dati a due esperti ed amici del Gruppo Solidarietà. Letizia Espanoli, Consulente e formatrice, esperta servizi persone con demenza, https://letiziaespanoli.com/sente-mente/, di cui spesso ospitiamo contributi nella nostra rivista “Appunti sulle politiche sociali”. Vedi nel nostro ultimo numero, ultimo numero (3/2025),  “La contenzione, un gesto “brutale” e il mito della sicurezza”, e Pietro Landra, geriatra, già direttore della struttura complessa “Geriatria Territoriale” a Torino. Attualmente è direttore sanitario della RSA “Il Trifoglio” di Torino. Vedi il suo contributo nella nostra rivista, Persone malate e non autosufficienti. Presa in carico e continuità assistenziale, nel numero 5/2014.

Successivamente (22 ottobre 2025) abbiamo ricevuto il commento di Antonio Guaita, geriatra, drettore della Fondazione Golgi Cenci che si occupa di studi e ricerche sull’invecchiamento cerebrale e la demenza. Anche a Lui avevamo chiesto di commentare i dati. Anche di Guaita segnaliamo un articolo, Bisogni degli anziani e ruolo delle Unita Valutative Geriatriche. Proposta di un modello consultoriale delle UVG, pubblicato nel n. 2/2002 (139) di "Appunti sulle politiche sociali". Infine (4 novembre) quello di Natascia Belardinelli, neurologa, ha lavorato sia in ospedale e nei servizi territoriali nella regione Marche.


Le riflessioni di Letizia Espanoli. Contenzione: una prassi o una scelta?

Quando la cura diventa prigionia. In alcune case per anziani oltre l’80% dei residenti è contenuto. In altre, molto meno. Non è il bisogno clinico a decidere, ma la cultura organizzativa. La contenzione non protegge: mortifica. La vera sicurezza nasce da ambienti adattati, formazione e relazione. La domanda resta: perché in certi luoghi si sceglie di legare e in altri di liberare?

I dati più recenti sulle residenze per anziani della regione Marche parlano chiaro: in molte strutture la contenzione fisica non è l’eccezione ma la regola. Ci sono realtà dove oltre l’80% dei residenti viene contenuto. Non sappiamo quanti per 24 ore continuate finché morte non verrà. In alcuni casi, la percentuale sfiora il 100%.

La domanda è inevitabile: davvero tutte queste persone hanno un bisogno clinico che giustifica la contenzione? O è la cultura organizzativa ad averla trasformata in prassi?

Il confronto tra strutture dello stesso territorio mostra una variabilità sconcertante: laddove alcune case contengono quasi tutti, altre limitano la pratica a pochi casi. Questo significa che non è il “bisogno” a decidere, ma il modo in cui l’organizzazione interpreta la cura.

La contenzione è antitetica alla cura: riduce libertà, cancella dignità, mortifica la relazione. Non è una misura di protezione, ma una dichiarazione di impotenza organizzativa. Eppure esistono alternative. Ambienti adattati, formazione continua, strategie relazionali, monitoraggi non invasivi, Bellezza Terapeutica: strumenti concreti e già sperimentati che permettono di ridurre drasticamente la contenzione senza aumentare i rischi. Dovremmo allora chiederci:

- Perché in alcune strutture quasi nessuno è contenuto e in altre quasi tutti?

- Esiste in questo territorio una linea guida per tutte le residenze in grado di accompagnarle alla migliore cura?

- Quale immagine della cura stiamo trasmettendo alle famiglie e alla comunità?

- Può una casa per anziani definirsi “luogo di cura” se la libertà è negata come routine?

Forse è tempo che il tasso di contenzione diventi un indicatore pubblico e trasparente di qualità, così come lo sono cadute e infezioni. Perché la vera sicurezza non si costruisce legando, ma liberando.


Le riflessioni di Pietro Landra

Scrivo dopo aver preso visione dei dati richiesti dal “Gruppo Solidarietà” ad enti pubblici e privati concernenti la contenzione in strutture destinate ad una popolazione anziana. La contenzione è uno di quegli argomenti che favorisce l’emergere di schieramenti contrapposti, probabilmente anche perché non c’è una corretta informazione sull’argomento. Ben venga quindi un tentativo di raccogliere dati sulla effettiva diffusione della pratica.

Occorre subito rimarcare che la contenzione in ambito geriatrico, pur avendo aspetti in comune, ha connotazioni assai diverse rispetto a quella in psichiatria; nell’anziano gravemente non autosufficiente e con problemi cognitivi la contenzione meccanica ha spesso (non sempre!) una valenza ortesica, tesa a allineare o sostenere il corpo evitando scivolamenti e cadute.

Quindi i dati riscontrati nelle varie strutture marchigiane, assai disomogenei ma caratterizzati da percentuali mediamente molto alte di contenzione, riflettono probabilmente questo aspetto: realtà che assistono soggetti non confusi e con piccole limitazioni dell’autonomia avranno un uso parco della contenzione, realtà con soggetti molto compromessi la useranno massicciamente. Questo dato purtroppo non è verificabile dalle tabelle fornite che nulla dicono sulla tipologia dei residenti. Nelle RSA del Piemonte, di anno in anno, la popolazione è caratterizzata dal fatto di essere sempre più vecchia, più dipendente e con più patologie. Penso che nelle Marche la situazione non sia dissimile.

Un breve commento sul fatto che qualcuno afferma di non poter rispondere perché nella richiesta mancano indicazioni temporali. In realtà bastava fare una “fotografia” della situazione in un dato momento (come penso abbiano fatto gli altri); qui il defilarsi tradisce un certo fastidio ad affrontare l’argomento.

Sarebbe inoltre interessante poter distinguere tra sponde al letto e cinture in carrozzina, rispetto a polsiere, cavigliere e cinture al letto, molto più impattanti sulla qualità della vita della persona e spesso futili ed evitabili. Personalmente ritengo non etico legare per settimane, mesi, anni una persona demente affinché non si rimuova il sondino naso-gastrico o la PEG. Ulteriori domande che si potrebbero formulare sono:

  • - “quali risorse sono attivate in RSA per evitare/limitare la contenzione?”. Mi riferisco a bascule, letti bassi, ecc.
  • - “un aumento del minutaggio degli OSS potrebbe ridurre il ricorso alla contenzione? “(ovviamente viene coinvolta l’ASL e le sue valutazioni)
  • - “sarebbe utile, sempre parlando del personale di cura, una revisione della loro formazione e/o un loro aggiornamento continuo con crediti ECM?”
  • - “l’inserimento di soggetti affetti da demenza ed ancora deambulanti in un nucleo dedicato a loro, ben strutturato architettonicamente e con personale formato in approcci specifici (gentle care, validation) potrebbe abolire la contenzione?

L’attenzione è stata giustamente focalizzata sulla contenzione meccanica, non dimentichiamo tuttavia che esistono altri tipi di contenzione, in particolare quella farmacologica, meno visibile ma diffusissima. In ambito psichiatrico la scoperta negli anni ‘50 della Clorpromazina (primo farmaco antipsicotico) aveva permesso di ridurre l’uso della contenzione meccanica; nelle nostre RSA ho la sensazione che ciò non avvenga, il farmaco purtroppo non sostituisce le cinture e le sponde ma si affianca a loro.


Le riflessioni di Antonio Guaita

Da una indagine italiana  risulta che nelle residenze per anziani il 68,7% (4599/6690 ospiti), sono soggetti a contenzione (Zanetti E, Castaldo A, Gobbi P. Superare la contenzione: si può fare. I Quaderni dell’infermiere, Federazione Nazionale dei collegi IPASVI, L’infermiere 2009;3. Zanetti E, Castaldo A, Miceli R, Magri M, Mariani L, Gazzola M, Gobbi P, Carniel G, Capodiferro N, Muttillo G. L’utilizzo della contenzione fisica negli ospedali e nelle residenze sanitarie assistenziali: indagine multicentrica di prevalenza. Federazione Nazionale Collegi IPASVI, L’infermiere 2012;2.  Citati in:   Anna Castaldo: ”La tutela della sicurezza degli assistiti attraverso metodi alternativi alla contenzione”  I luoghi della cura, n° 2-2013).  Questi dati delle Marche riportano  una percentuale media 73,5 %, range  da 5,5 al 94,4 % ;  con differenze di zona  ATS non significative  (anova: F 0,757; non significativa; p= 0,587)

Certamente di fronte a questi dati pare che si sia di fronte ad una tragedia, che certamente vivono gli anziani residenti nelle strutture di ricovero ma che coinvolge anche famigliari e personale e di cura.

E’ fin troppo facile citare le ricerche che dimostrano come quello che le contenzioni dovrebbero garantire, non lo garantiscono affatto ma alle volte lo provocano. Ad esempio , le contenzioni del tronco erano associate a un rischio maggiore di cadute (odds ratio aggiustato [AOR] 1,66, IC 95%: 1,21-2,27) e di fratture (AOR  2.77, 95% CI: 1.35-5.68) (Luo H, Lin M, Castle N. Physical restraint use and falls in nursing homes: a comparison between residents with and without dementia. Am J Alzheimers Dis Other Demen. 2011 Feb;26(1):44-50. doi: 10.1177/1533317510387585. PMID: 21282277; PMCID: PMC10845417). Diversi studi hanno dimostrato che la prevalenza della contenzione può essere ridotta senza un aumento significativo delle cadute o degli infortuni correlati alle cadute (Goethals S, Dierckx de Casterl B, Gastmans C. Nurses' decision making in cases of physical restraint: A synthesis of qualitative evidence. Journal of Advanced Nursing 2012;68(6):1198–210.). Esistono prove che l'uso di contenzione fisica può avere effetti avversi, ad esempio lesioni dirette, riduzione della mobilità e riduzione del benessere psicologico (Castle NG, Engberg J. The health consequences of  using physical restraints in nursing homes. Medical Care 2009;47(11):1164-73). Pertanto, un ambiente di assistenza infermieristica privo di contenzione è stato raccomandato come standard di cura (Flaherty J. Zero tolerance for physical restraints: difficult but not impossible. Journal of Gerontology 2004;59A:919-20). Tutto ciò è stato ribadito nelle recenti linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS Linea Guida Diagnosi e trattamento di demenza e Mild Cognitive Impairment [Internet]. www.demenze.it. 2024 Jul 31. schede-18-documentazione_sulle_demenze, raccomandazione 50).

Si può pensare che esistono metodi efficaci e validati per ridurre al minimo l’uso delle contenzioni?

Dalla  Cochrane review, 2023 “..Interventi organizzativi volti a ridurre l'uso delle contenzioni attraverso la modifica delle politiche e delle pratiche nelle case di cura sono probabilmente efficaci nel ridurre il numero di persone trattenute in generale, e in particolare con le cinture. La riduzione delle contenzioni non ha portato a un aumento del numero di persone con cadute. Non siamo certi che semplici interventi educativi riducano l'uso delle contenzioni e gli interventi che forniscono informazioni sul rischio di caduta degli ospiti potrebbero avere scarso o nullo effetto sull'uso delle contenzioni. …” (Möhler R, Richter T, Köpke S, Meyer G. Interventions for preventing and reducing the use of physical restraints for older people in all long-term care settings. Cochrane Database Syst Rev. 2023 Jul 28;7(7):CD007546. doi: 10.1002/14651858.CD007546.pub3. PMID: 37500094; PMCID: PMC10374410.).

Solo interventi multifattoriali e multipli, non solo educativi, possono avere effetto sulla riduzione delle contenzioni. Si tratta quindi di intervenire sugli atteggiamenti (quello che il personale pensa), ma anche e soprattutto sui comportamenti (quello che il personale fa). Questo comporta adeguamenti organizzativi e anche strutturali, compreso l’attenzione alla sicurezza degli ambienti fisici di vita delle strutture di ricovero (assicurare spazio sicuro= assicurare spazio di libertà). Per meglio capire bisognerebbe fare nuove ricerche che distinguano i diversi tipi di contenzione, che non sono affatto tutti uguali per tipo e gravità di restrizione (ad esempio le spondine sono una cosa diversa da una fascia addominale o pelvica), potendo metterli in relazione alle variabili ambientali, assistenziali (compresa la “cultura” assistenziale)  e di organizzazione quotidiana della struttura.

In finale sono sempre valide le parole di Spinoza: “Sedulo curavi humanas actiones non ridere, non lugere, neque detestari, sed intelligere". "Ho fatto molta attenzione a non ridere delle azioni umane, a non piangerle, a non detestarle, ma a comprenderle."


Le riflessioni di Natascia Belardinelli

Dalla mia esperienza e dalla letteratura sull’argomento ritengo di confermare come la contenzione, fisica e/o farmacologica che sia, sia il risultato di un errore di programmazione del percorso assistenziale e di tutela degli utenti. A ciò aggiungo come gli standard di personale siano, per lo più inadeguati e pensati quasi esclusivamente per attività di assistenza e non ludico-relazionali/emozionali. In ultimo - per cultura retrograda e per prassi consolidata - non si pensa alle persone affidate  come persone che, con  varie difficoltà e di differente grado, possono ancora fruire di quelle che sono le soddisfazioni quotidiane, il sentire emotivo, la partecipazione alla società, pur ristretta in quattro mura. Si da molta enfasi a che non succedano eventi dannosi, tralasciando di inserire in queste modalità..  il soggetto stesso.

Una considerazione a parte per  gli utenti affetti da demenza, non sempre accolti  in nuclei che effettivamente sono organizzati secondo  le loro necessità di cura rispetto a specifici bisogni, con ambienti strutturalmente non idonei  e tali da contenerne le difficoltà, il disorientamento, ma che invece inducono spesso un incremento dei  disturbi comportamentali. La formazione continua e multidisciplinare di tutto il personale è la sola via che può portare ad un cambio di rotta, organizzativa e gestionale. I dati presentati, mi hanno veramente colpito, sono oltre la media nazionale e mi fanno pensare ai tanti utenti visti “messi in sicurezza”  nelle strutture, quando l’unico infermiere in turno somministra le terapie, risponde alle richieste dell’OSS, talora senza avere tempo per parlare con il medico chiamato a consulenza (..senza conoscere la tipologia del paziente in oggetto..;  breefing/comunicazione assenti?)

QUANDO LA CONTENZIONE È CONSENTITA. La contenzione implica la riduzione della libertà individuale e può essere usata solo in casi estremi, e - aggiungo - quando ogni altra misura alternativa non abbia apportato effetti positivi. Deve essere applicata qualora si debbano limitare movimenti della persona che mostri comportamenti potenzialmente dannosi  per sé e per gli altri (senza incorrere quindi in inosservanza della Costituzione, dei  Codici Deontologici delle varie tipologie di operatori, del Codice Penale, ..). La contenzione va utilizzata in presenza di giustificazioni cliniche e di apposita documentazione: ne consegue che il medico con il Team Multidisciplinare valuta il paziente, indica l’uso di una qualche contenzione, lo scrive in cartella, indicando perché, quale contenzione, il tempo della durata della stessa, la periodicità dei controlli, il tempo massimo di utilizzo, magari in schede appositamente dedicate. TUTTO il Team deve conoscere il risultato della valutazione su ogni paziente che necessita di contenzione. TUTTO ciò che si fa DEVE essere scritto in cartella; si  DEVE informare e raccogliere il Consenso Informato, se non dal paziente, da chi per lui legalmente riconosciuto.

La contenzione viene spesso usata per giustificare la prevenzione dei rischi per gli utenti, pertanto si applica in maniera indiscriminata e diffusa (responsabilità delle istituzioni nella protezione degli ospiti..). Inoltre  la tipologia del setting assistenziale, la diversa formazione dei vari gruppi di lavoro, fa sì che la percentuale di applicazione della contenzione possa variare con differenze marcate, da struttura a struttura. Tra i criteri di valutazione della qualità del servizio con effetti sul convenzionamento dovrebbe rientrare anche questo parametro. Il ricorso alla contenzione aumenta quanto più la popolazione è anziana e affetta da deterioramento cognitivo, da questo consegue la necessità di un cambio di mentalità proprio per fare fronte al fatto che la popolazione cambia. Si dovrebbe passare dal  badantaggio alla cura. Ne consegue che occorre lavorare per Linee guida unitarie e Buone Pratiche affinché  l’assistenza sia omogenea, più sicura per tutti (utenti ed operatori), più rispondente ai bisogni degli utenti accolti entro sistemi  di tutela e  che promuova la persona.

I farmaci  ed altre modalità “non invasive”. Ridurre i sintomi senza intaccare la vigilanza. Detto questo  inizierei con quello che compete al medico/specialista in Neurologia e/o Psichiatria ed in demenze, sottolineerei,  circa la prescrizione farmacologica: vi sono colleghi che usano farsi conoscere colpevolizzando altri che, a loro dire, usano violenza verso i malati con l’uso dei farmaci. E’ vero che “sedare” un paziente è facile, ma non è questo che un bravo medico fa, occorre cercare di ridurre i sintomi senza intaccare la vigilanza e la funzionalità generale degli utenti!!

Come ogni altro atto medico, prima si pone diagnosi, e del  disturbo del comportamento in particolare, e solo dopo,  se necessario e conveniente per l’utente, si prescrive una terapia, che va tagliata (tailored) sul paziente stesso, sulle caratteristiche dei  suoi disturbi, considerando anche l’ambiente e le persone che lo accudiscono (casa, Ospedale, RSA, altro..) per cercare di riportarlo ad uno stato di “compatibilità con se stesso e con l’ambiente”. La scelta dei farmaci, Benzodiazepine e Neurolettici, impone l’uso entro i limiti di dosaggio giornaliero per l’età e per la gravità del disturbo, con controlli ravvicinati del beneficio e della comparsa degli effetti collaterali. A tale intervento si arriva più spesso in emergenza ma comunque in genere, quando altre modalità hanno fallito, e sono: - Creazione di un adeguato contesto ambientale che assicura spazi ampi, percorsi sicuri, senza ostacoli o facili vie di uscita, con idonea illuminazione, senza scale, sono necessari, e di più nei pazienti affetti da demenza; - Interventi di natura psicologica, relazionale o emotiva dovrebbero essere alla base di ogni approccio al paziente accolto in residenza(molto spesso ci si arriva dopo che a casa i familiari non sono più in grado di fronteggiare gli atteggiamenti dirompenti dei loro cari). L’ascolto e l’osservazione empatica, le pratiche di de-escalation, tendono a ridurre l’aggressività del paziente,  dando loro sicurezza. L’intervento farmacologico è un intervento sanitario e sta all’interno della prescrizione terapeutica, pertanto va fatta SOLO in presenza del MEDICO, in qualsiasi setting.

CONTENZIONE FISICA. I mezzi contentivi non sono esenti da complicanze, sia in maniera diretta che indiretta (compressione su sedi corporee specifiche, cadute comunque!, aumento della mortalità!!!, riduzione della massa muscolare, necessità di CV, infezioni, prolungamento dell’ospedalizzazione e/o marcata riduzione dell’autonomia). Non di meno la contenzione fa sviluppare sindromi della sfera psicosociale con comparsa di stress, umiliazione, depressione, paura e sconforto. Ne segue pertanto che, come si evince dalla Letteratura, c’è ampio consenso sui gravi rischi legati alla contenzione fisica, e sulla loro scarsa capacità di prevenire ciò per cui viene usata: non controlla la confusione e l’agitazione (anzi, le possono aumentare), non previene le cadute con conseguenze gravi  (anzi, i dati riportano i maggiori danni conseguenti a cadute, proprio mentre vengono contenuti!).

VALUTAZIONE della necessità di contenzione - PRIMA della contenzione

Per contenere l’agitazione:

- strutturazione di un ambiente favorevole, privo di rumori e di oggetti pericolosi

- spazi di sicurezza ben illuminati e senza oggetti così che il soggetto si possa muovere in sicurezza

- uscite mimetizzate e dotate di allarme

- strategie relazionali e attività occupazionali tali da distogliere l’ospite dalle attività disturbanti

Per migliorare il ritmo sonno-veglia:

- evitare i tempi di allettamento durante la giornata

- flessibilità della messa a letto serale

- valutare la presenza di dolore, tosse e dispnea, fame, sete, necessità di essere cambiati, rumori, illuminazione eccessiva

Per contenere deliri/allucinazioni:

- non criticare né negare situazioni vissute dalla persona

- evitare di commentare, banalizzare, deridere la persona

- mostrare atteggiamento empatico

- mettere il paziente agitato vicino alla guardiola

Interventi sanitari

- controllo frequente della persona

- chiedere l’aiuto dei familiari in particolari condizioni o durante le ore notturne

- non tenere oggetti a portata di mano

- rivalutazione frequente della necessità dei presidi (SNG, CV, etc. ..)

Modifiche all’ambiente:

- percorsi sicuri, circolari e mantenimento dell’autonomia motoria

- luce soffusa

-campanello per chiamare il personale

- letti bassi

- accessi camuffati

SOLO alla fine di una corretta valutazione da parte del Team Multidisciplinare, si discutono e si registrano:

1. la valutazione del paziente;

2. l’eventuale attuazione di misure alternative;

3. l’esito sul comportamento del paziente

e SOLO se queste non hanno dato benefici  si decide la contenzione, quale, il tempo di impiego, il controllo, la sospensione, etc.

In conclusione. 1. ritengo che la percentuale della pratica della Contenzione nelle sue varie tipologie, applicata nei vari setting assistenziali, e nelle varie tipologie di soggetti/patologie è certamente un segnale direttamente proporzionale alla Qualità delle cure.. ed al Rischio Clinico, direi, in quanto impatta negativamente sulla vita delle persone; 2. richiede una adeguata formazione per una corretta applicazione, a tutela della salute; 3. necessita di un Team Multidisciplinare compreso un medico esperto; 4. sarebbe molto opportuno mettere in atto uno studio policentrico sulla contenzione, sulle varie forme applicate, sulle caratteristiche di gestione, sul beneficio che si ottiene su obiettivi pre-definiti di outcome; 5. utile un sistema premiante a quelle strutture che operano in maniera adeguata e alla luce del sole.


Vedi anche

Il nuovo libro del Gruppo Solidarietà, L’INTOLLERABILE DISTANZA. Persone non autosufficienti e servizi nelle Marche, 2025, p. 88, euro 13.00

- Quaderni Marche,  L’assistenza residenziale anziani dal 2010 ad oggi.

Centro diurno demenze di Jesi. "Ti dimetto se c'è lista di attesa". La regolamentazione dell'abbandono

- Residenze protette anziani e demenze. I costi e chi li paga.

Un "risultato storico"? Gli interventi regionali a sostegno delle residenze e per la riduzione delle rette.

TRA DOMANDA E OFFERTA. Persone non autosufficienti nelle Marche. Quante, dove e con quali sostegni.

Politiche regionali: investimento finanziario e programmatorio e impatto sulle persone. Proviamo a fare il punto.

- Quaderni Marche, Sui "nuovi" requisiti di autorizzazione dei servizi sociali e sociosanitari diurni e residenziali.

I contenuti di questo lavoro possono essere ripresi con citazione della fonte

Nel file pdf allegato i dati forniti dalle Aziende Sanitarie Territoriali. 

------------------------------

LA RICHIESTA DI SOSTEGNO del Gruppo Solidarietà 

Altri materiali in Osservatorio Marche.

La gran parte del lavoro del Gruppo è realizzato da volontari, ma non tutto. Se questo lavoro ti è utile  PUOI SOSTENERLO CON UNA DONAZIONE e CON IL 5 x 1000.

5x1000

  Clicca qui per ricevere la nostra newsletter.


Scarica il file PDF

Adempimenti legge 4 agosto 2017, n. 124


Il nostro Bilancio


60030 Moie di Maiolati (AN), via Fornace, 23


(+39) 0731 703327


grusol@grusol.it

Il materiale elaborato dal Gruppo Solidarietà presente nel sito può essere ripreso a condizione che si citi la fonte

-


IBAN IT90 V050 1802 6000 0002 0000 359 (Banca Etica)


Iscrizione al RUNTS, decreto n. 212 del 14/09/2022