Residenze protette anziani e demenze. I costi e chi li paga. Proviamo a fare chiarezza
Osservatorio Marche, n. 164 del 21 agosto 2025, (testo completo anche nell'allegato pdf).
Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà.
Lo scorso 11 agosto la regione Marche ha approvato una delibera nella quale ridefinisce le tariffe delle residenze protette per anziani non autosufficienti e persone con demenza. Oltre all’aumento della quota sanitaria e della corrispondente quota sociale (la “retta” a carico degli utenti) viene data possibilità agli enti gestori di un ulteriore incremento della retta fino al 75%. Il Gruppo Solidarietà ha denunciato gli effetti che l’applicazione della delibera avrebbe avuto sulle rette. Dopo che la vicenda ha fatto irruzione, per qualche giorno, anche nella campagna elettorale per le regionali, ci sono stati diversi interventi volti a contestare tale interpretazione. Abbiamo allora cercato di capire meglio i termini della questione (intervista a cura di Giuseppe Alberti).
Nei giorni scorsi il Gruppo Solidarietà ha denunciato gli effetti dell’applicazione della delibera regionale sulle nuove tariffe della residenze protette per gli aumenti delle rette a carico degli utenti. L’assessorato non è intervenuto con una nota formale a smentire tale interpretazione, ma esponenti politici del centro destra, enti gestori e anche il segretario regionale della CISL hanno affermato che non ci saranno aumenti. Ci aiuti a capire meglio?
Cercherò di essere sintetico e spero chiaro su una vicenda che è entrata nei giorni scorsi nella campagna elettorale. Tranne rare eccezioni, l’impressione è che molti di quelli che hanno parlato (vedi ad esempio QUI) non avevano né letto la delibera né capito bene di cosa si parlava. Non sorprende. Sono temi che al di là di slogan o di contingenti tornaconti politici non entrano nell’agenda politica. Non ci sono entrati in questa legislatura, né nelle precedenti. Di sicuro neanche, nelle giunte Spacca e Ceriscioli. Sgombrato questo campo veniamo alla questione.
E’ necessaria una premessa di contesto. Le residenze protette per anziani non autosufficienti e persone con demenza fino ad oggi sono state le uniche strutture sociosanitarie per le quali, nel 2014, la regione Marche non ha definito la tariffa[1] giornaliera. Si tratta di un tipo di residenza per la quale la normativa nazionale sui livelli essenziali di assistenza (LEA) stabilisce che il costo debba essere sostenuto per metà dal servizio sanitario (quella che viene chiamata quota sanitaria) l’altra metà dall’utente (che dovremmo più correttamente chiamare residente) o se i suoi redditi sono insufficienti dal Comune di residenza. Si tratta della cosiddetta quota sociale.
Al giugno 2025 il servizio sanitario, attraverso le AST nei posti convenzionati che sono circa 5.000, pagava una quota di 37,70 euro (anziani non autosufficienti) e 50,63 euro (persone con demenza). All’ utente/Comune veniva addebitata una quota base di 33 euro. Oltre questa quota gli enti gestori potevano richiederne una ulteriore, per “prestazioni aggiuntive extra accreditamento”.
Non avendo stabilito il “costo retta”, ad oggi ci troviamo che ogni residenza protetta convenzionata, pratichi una diversa quota utente composta dalla retta base cui si aggiunge quella aggiuntiva. Ad esempio nel 2024 nella provincia di Ancona, la quota giornaliera più bassa (34,58 euro) la praticava la Residenza Benincasa (33+1,58), la più alta (76,24 euro) la Residenza demenze Rose Grimani Buttari (33+ 43,24).
Quindi in tutti questi anni, in assenza di un definito sistema tariffario, ci siamo trovati con rette molto diversificate. Il sistema delle prestazioni aggiuntive, disciplinato da convenzione, Dgr 1729/2010[2], si è caratterizzato per l’estrema deregolamentazione. Queste prestazioni possono riguardare: interventi assistenziali, vitto, alloggio, pulizie, lavanderia, .. altro. Negli anni, noi abbiamo documentato nel dettaglio questa situazione estrapolando da ogni singola convenzione la parte relativa a queste prestazioni.
Documentazione, analisi e commenti nel nostro Quaderno, L’assistenza residenziale anziani dal 2010 ad oggi.
Nel 2011 anche a seguito di nostri interventi la Regione con due provvedimenti (un decreto ed una circolare all’Azienda sanitaria Unica/ASUR) ha stabilito che:
1) queste prestazioni devono essere esplicitamente chieste dall’utente;
2) la quota massima aggiuntiva non poteva superare il 50% della quota sociale, quindi 33+16,50, pari a 49.50;
3) nelle prestazioni aggiuntive non possono essere addebitate prestazioni di tipo sanitario e socio sanitario (ad esempio, infermiere od OSS) superiori al livello massimo previsto dai Regolamenti regionali. In sostanza, per queste figure professionali si sarebbe potuto prevedere un costo aggiuntivo non superiore a quello corrispondente a 20 minuti giornalieri ad utente[3]. Tutte queste indicazioni non sono state rispettate, né sono state fatte rispettare.
Le prestazioni aggiuntive, indicate nella convenzione stipulata da ciascuna Residenza, avrebbero dovuto essere facoltative, ma in realtà fanno parte di pacchetti standard e vengono ratificate dall’utenza nel momento stesso in cui entra in struttura. Va segnalato che di norma, la quota sui cui può essere chiamato a compartecipare il Comune è sulla quota base non sulle prestazioni aggiuntive. Prima abbiamo visto la situazione nella provincia di Ancona, QUI, può essere verificata quella nella provincia di Pesaro/Urbino.
Ma prima di affrontare il contenuto della delibera di agosto occorre chiedersi: perché la Regione non ha mai fissato la tariffa di queste residenze? La risposta è abbastanza semplice. Non l’ha fatto perché se, sulla base dei costi gestionali, l’avesse determinata avrebbe dovuto sostenere una spesa sanitaria molto più alta.[4] Per evitare che ciò accadesse nella ridefinizione delle tariffe nel 2014 (Dgr 1331/2014, vedi ultima pagina) ha lasciato aperta la valvola delle prestazioni aggiuntive a pagamento in aggiunta alla retta base. La quota complessiva utente è così cresciuta negli anni arrivando, in alcuni casi, fino a 75/80 euro giorno.
La delibera di agosto che andrà in vigore in forma retroattiva con decorrenza 1 luglio 2025 cosa stabilisce? Finalmente (ma direi, forse) la tariffa. Non viene però indicato com’è stata definita; ovvero se gli 81,14 euro del costo giornaliero in una residenza protetta anziani e i 101,26 in un posto “demenze” sono stati calcolati sulla stima dei costi gestionali. La costruzione del provvedimento segue un percorso inverso. In sostanza: “Il costo delle residenze è sottostimato, È necessario aumentare la quota sanitaria e di conseguenza, come previsto dalla norma nazionale, deve essere specularmente aumentata anche la quota utente. La somma delle due determina la quota complessiva.” La quota sociale passa, conseguentemente, da 33 a 40,57 (+7,57 euro giornaliera) e 54,48 per le demenze (+ 21,48 euro giornaliera). Poco male si dirà, per i posti per non autosufficienti, visto che in quasi tutte le residenze dei 4.400 posti convenzionati già si pagava di più per effetto della somma della quota base + quella aggiuntiva.
Teniamo per un momento da parte, ci ritorneremo con dettaglio perché particolarmente odiosa, la questione dei posti “demenza” e riprendiamo discorso e percorso. Fissata la tariffa (che ritengo non sia stata determinata ma si sia solo stabilito quanto il servizio sanitario riteneva di poter assumere, per poi aritmeticamente con la somma della corrispondente quota sociale, di risulta, determinare la tariffa) si prevede la possibilità che gli enti gestori possano aumentare la retta fino ad un tetto massimo del 75% della quota già stabilita. Si potrebbe dunque arrivare a 70,42 euro (anziani non autosufficienti) e 95,34 euro (demenze).
Dunque da un massimo consentito, spesso come abbiamo visto non rispettato, di 49,50 euro si può ora arrivare, in maniera del tutto legittima a circa un un 70 (+ 21) o 95 (+ 46) euro. Il primo aumento sugli utenti è sulla “retta base” sul quale si potrà calcolare il successivo, fino al tetto del 75%.
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quota sanitaria |
quota sociale (utenza o Comune) |
quota “prestazioni aggiuntive” |
Prima della delibera |
€37,70 (posto non autosufficienti) e €50,63 (posto demenze) |
€ 33,00 |
al max + €16, 50, pari al 50% della quota sociale |
Oggi |
€40,57 (posto non autosufficienti) e €54,48 (posto demenze) |
€40,57 (posto non autosufficienti) e €54,48 (posto demenze) |
pari al 75% della quota sociale al max + €30,42, anziani non autosufficienti; + € 40,86 per RP demenza. |
Giunti fin qui, ricordandoci che dobbiamo riprendere la questione demenze vediamo la questione aumenti. In risposta al nostro comunicato è stato affermato (Cisl, alcuni enti gestori, esponenti del centro destra) che non ci sarà alcun aumento.
Non ci resta che prendere in mano il testo della delibera non dimenticando che:
a) le convenzioni tra aziende sanitarie e residenze protette per il 2025 non sono state ancora firmate;
b) il contenuto della delibera entra in vigore con decorrenza luglio 2025.
Cosa si stabilisce nella delibera? Leggiamola insieme: “Si rende pertanto necessario aggiornare le tariffe, di cui all’allegato C della D.G.R. n. 1331/2014, sia per la quota sanitaria che per la compartecipazione utente/comune, relative alle Residenze Protette per Anziani, setting assistenziali R3 e R3D, modificando altresì la D.G.R. n. 1950/2023 a far data dal 1 luglio 2025."
Quindi dal 1° luglio si aggiornano sia le quote a carico del servizio sanitario che la quota utente/Comune, così come abbiamo sopra indicato. Lo ripetiamo: si passa dalla quota "base" di 33 a 40,57 euro e 54,48 euro[5]. Si aggiunge poi (allegato A della Dgr): "Il valore delle prestazioni aggiuntive di cui all’Allegato A.2 della D.G.R. 1729/2010 dovrà essere definito in sede di sottoscrizione della nuova convenzione, rispettando il limite massimo pari al 75% del valore della quota di compartecipazione utente/comune. Il predetto valore non potrà essere incrementato, per il successivo anno dalla sottoscrizione della nuova convenzione."
Al rinnovo delle nuove convenzioni, quelle del 2025, si applicherà da luglio questa nuova normativa, che prevede l’aumento della quota sociale (ripetiamo, +€7,57 giornalieri per la persona non autosufficiente e + €21,48 giornalieri per i posti con demenza) ed uno potenziale, variabile da Residenza a Residenza, per le prestazioni aggiuntive fino al 75% della retta (+ € 30,42 e + € 40,86 per posti con demenza). Nel 2026 le rette non potranno essere aumentate ulteriormente. Mi pare sia difficile poter interpretare differentemente.
In un recente comunicato alcuni enti gestori riuniti in un Coordinamento del quale non sono indicati gli aderenti, dopo aver accusato, gratuitamente, di falsità il Gruppo Solidarietà, affermano che le tariffe non aumenteranno. La risposta è abbastanza semplice: le tariffe potrebbero non aumentare in tutte quelle residenze che già avevano tariffe (base + aggiuntiva) comprese nella forbice 40,57/54,48 + quota aggiuntiva del 75%.
Siccome alcune residenze, in particolare quelle di maggiori dimensioni, sia non profit che for profit hanno sempre ritenuto (la Regione e le aziende sanitarie in questi anni li hanno confortati in questa convinzione) che la quota totale utente non dovesse essere sottoposta a vincoli, le loro rette già rientrano nella forbice permessa dalla nuova delibera. Sono ora legittimati.
Così non sarà per molte altre residenze le cui rette (base + aggiuntiva) erano più basse. Se si adegueranno alla nuova quota utente, inevitabile che si determinerà un aumento delle rette, che potranno essere incrementate fino ad un ulteriore 75% attraverso lo strumento delle prestazioni aggiuntive.
Da tutto quanto sopra risulta evidente che, contrariamente a quanto afferma la delibera, la tariffa non è stata determinata, altrimenti non si permetterebbe la possibilità di aumentare la quota sociale fino ad un ulteriore 75%.[6]
Ma avremo risposte precise nei prossimi mesi al momento del rinnovo delle singole convenzioni.
Non si può dunque rintracciare in alcun passaggio della delibera un supposto blocco tariffario della quota utente, così come da alcuni affermato. Vedi, nei giorni scorsi, il segretario regionale della CISL che in una recente intervista ha affermato “Su richiesta di CGIL, CISL, UIL, la Regione ha sospeso per un anno la quota complessiva a carico degli utenti”. Se così fosse bisognerebbe attendersi un nuovo atto regionale.
Occorre rendersi conto che il livello di caos regolamentare nell’assistenza residenziale rivolta agli anziani non autosufficienti è enorme. Un sistema deregolamentato, funzionale al mantenimento dell’esistente, costituito da Residenze Protette e Residenze Sanitarie Assistenziali, con posti convenzionati e posti autorizzati, ma non convenzionati, e Case di Riposo, destinate ad anziani autosufficienti, ma in cui la maggior parte delle persone che vi abitano sono non autosufficienti, con conseguente inadeguatezza degli standard assistenziali.
Nei posti autorizzati e non convenzionati (circa 1.500) l’utente paga per intero la tariffa (da circa 80 a 120 euro/giorno); i posti in Casa di Riposo, occupati appunto per almeno la metà da persone non autosufficienti, prevedono una quota che difficilmente può essere inferiore agli 80 euro/giorno.
Ma torniamo ora alla questione dei posti “demenze” all’interno delle residenze protette. Siamo in un campo ancora più minato; le nuove disposizioni lo ha reso esplosivo. Perché? Intanto parliamo di circa 600 posti convenzionati, un offerta del tutto ridicola, all’interno di quelli per anziani non autosufficienti.[7] Hanno uno standard superiore (130/3 minuti giorno/persona contro 100) ma non è prevista una capacità recettiva minima. Significa che ci sono residenze che hanno convenzionato anche qualche solo posto di residenza protetta demenze.
Ricordiamo che nelle nostre residenze sociosanitarie il 41% dei residenti ha una diagnosi di demenza. Il Gruppo Solidarietà ha stimato che circa il 40% dei posti convenzionati e remunerati per demenza siano formali ma non sostanziali. Vedi al riguardo, Persone con demenza nelle residenze. Quante, dove, con quale assistenza. Cosa significa questo? Che la persona con demenza “assegnata ad un posto convenzionato” non riceve alcun sostegno specifico/dedicato. Nulla cambia in termini di servizio ricevuto dal fatto che sia in un posto per non autosufficienti o in un posto per demenze. Fino al 30 giugno 2025 per un gestore avere un posto convenzionato “demenza” significava avere un rimborso sanitario più alto rispetto al posto “non autosufficiente”. Riceveva 50,63 euro/giorno invece di 40,57. L’utente, probabilmente nulla sapeva di questo, ma per lui la quota da pagare non differiva da quella per i non autosufficienti: 33 + quota aggiuntiva.
Ora la situazione cambia: la quota base del posto demenze è diventata 54,48 euro aumentabile fino ad un ulteriore 75%. Chi lo spiega a Lui e ai suoi familiari che si trova in un posto che dovrebbe essere “specialistico” ma non lo è? Perché dovrebbe restare, vista la lievitazione della retta, in un posto demenza se non riceve un'assistenza maggiore? Ad esempio nel territorio dell’Ambito sociale 9 di Jesi ci sono 28 posti convenzionati demenze, ma nessuno effettivo. Possibile che nelle riunioni dei tavoli regionali questa vergognosa e indegna situazione non sia emersa ed affrontata? Una situazione, che denunciamo, nella totale indifferenza, da circa 20 anni? A Jesi, nella Residenza protetta Vittorio Emanuele II, la quota totale a carico dell’utente per tutti i posti e anche per i 12 per demenze nel 2024 è pari a 42 euro. Ora dovrebbe salire, quota base, a 54,48 (pari alla quota sanitaria). Dico dovrebbe perchè non c’è obbligo da parte dell’ente gestore di allinearla alla sanitaria (obbligo eliminato dopo il passaggio della delibera in Commissione), ma, evidentemente, rimane il rischio concreto che possano addossarsi sull’utente oneri ulteriori e per di più senza un servizio dedicato. Il rischio diventerebbe realtà se al momento della stipula della convezione la "retta base", cui all'articolo 16 della convenzione, fosse quella indicata dalla delibera. Riprendendo l'esempio di Jesi non avremmo più la retta di 42 euro data dalla somma di 33 (retta base) + 9 (aggiuntiva). Ma si partirebbe da 54,48. Dunque, immediatamente un + 12,48 euro.
Altra questione è quella di un bonus che dovrebbe compensare gli aumenti. Qui non è facilissimo capire. Se gli aumenti, come viene detto, non ci sono, si tratta di un fondo a sostegno delle rette. Giusto?
Anche qui è necessario andare con ordine, cercando di evitare confusione. Negli ultimi tre anni, In particolare, le rette a carico degli utenti in queste strutture sono aumentate in maniera significativa. Da ultimo anche per i rinnovi contrattuali[8]. La regione, a fronte di questa situazione, nella legge di Bilancio 2025 ha destinato, come sostegno al pagamento delle rette, 4 milioni per il triennio 2024-26. Alla delibera non è seguito, ad oggi, un provvedimento attuativo. Si tratta, come abbiamo documentato, di una cifra irrisoria tale da non garantire alcun effettivo sostegno[9].
Nel giugno scorso, nel cosiddetto “intervento multileva”, Regione, sindacati confederali, enti gestori hanno definito una sorta di accordo all’interno del quale, oltre a stabilire l’aumento della quota sanitaria nelle residenze protette (la delibera di cui ci stiamo occupando) è stato previsto, per le annualità 2026/2027, un finanziamento, attraverso fondi europei, di 9,7 milioni di euro per una platea di 10.314 potenziali beneficiari. Sul punto vale la pena ricordare le difficolta gestionali nell’utilizzo dei fondi europei in altri interventi regionali (disabilità gravissima e assegni di cura). A fine luglio con la Dgr 1233/2025 è iniziato questo, non semplice percorso[10].
L’intervento non riguarda solo le persone anziane che vivono nelle residenze sociali e sociosanitarie, ma anche le persone con disabilità e disturbi psichici che abitano in residenze sociosanitarie. La Regione ha indicato in 250 euro mese l’entità minima del bonus mensile. Il criterio di accesso sarà definito su base reddituale utilizzando l’ISEE. Conti alla mano, prendendo a riferimento la quota di 250 euro mese, significa che i beneficiari potranno essere al massimo il 15,5%, circa 1.600. Ad oggi non sappiamo quanti di questi saranno gli anziani che vivono nelle residenze protette. Di sicuro, un numero estremamente limitato. Si può inoltre ipotizzare, che i valori ISEE più bassi siano quelli delle persone con disabilità e salute mentale cui la stragrande maggioranza (di più i primi) non ha redditi da lavoro a differenza degli anziani.
Mi pare dunque che la narrazione: non ci saranno aumenti e ci sarà anche un bonus, sia difficilmente sostenibile. Occorre aggiungere un ulteriore punto. La quota sociale che noi traduciamo in “retta”, non riguarda solo l’utente ma anche il Comune di residenza nel caso in cui i redditi di quest’ultimo siano insufficienti. I Comuni non sembrano aver chiaro che all’aumentare delle rette aumenteranno le richieste di integrazione e con sempre più difficoltà potranno defilarsi come la maggioranza di loro sta facendo da molto tempo.
Fin qui ci siamo occupati dei contenuti della delibera. Il Gruppo Solidarietà, però in questi anni ha posto altre questioni in tema di assistenza residenziale.
Noi le abbiamo poste in termini di sostegni alle persone anziane che a causa di malattie e per l’avanzare dell’età diventano non autosufficienti. Il “contenitore” della non autosufficienza ha al suo interno condizioni estremamente differenziate. Il tema è quello di politiche complessive che a partire dalle necessità delle persone si caratterizzino innanzitutto per un effettivo, solido sostegno domiciliare. Oggi non è così. Non sono tollerabili “abbandoni domiciliari”, caricando il “peso” dell’assistenza e la cura sulle famiglie. Sullo specifico della residenzialità la riflessione va posta anche su altri aspetti. C’è un problema di chiara inadeguatezza degli standard di personale previsti, ma al pari c’è il problema dei modelli, fortemente improntati alla custodia. Il tema della “qualità di vita”, sfugge alla tematizzazione. Nei prossimi giorni usciremo con i dati, impressionanti, riguardanti la contenzione nelle residenze. Esiste un problema se il 60/70% delle persone sono contenute?
Aumentano soggetti for profit (ma anche non profit) che vedono in questi servizi un investimento sicuro. Cresce la domanda e contemporaneamente si contrae l’impegno e l’investimento pubblico. Negli anni poi sono cambiate le persone che abitano questi luoghi; sono sempre più persone affette da gravi malattie che richiedono competenze e standard di personale adeguati. Poi il problema di standard di offerta: una risposta largamente inadeguata rispetto alla domanda. Nel solo territorio di Jesi (100.000 abitanti) a fronte di circa 480 posti convenzionati la lista di attesa effettiva è quasi pari all’offerta.
Tanti temi e problemi che richiederebbero un investimento programmatorio che purtroppo non si scorge. Queste delibere che toccano solo un parte del sistema sono eloquente dimostrazione dell’inadeguatezza con cui si affrontano questi temi. Ovvero di quanto contino le persone con malattie croniche e non autosufficienza ed i loro bisogni.
Il testo è stato aggiornato il 22 agosto. Grazie ad alcune segnalazioni sono stati corretti alcuni refusi e alcuni passaggi sono stati resi, speriamo, più chiari.
[1] Per tariffa di intende l’intero costo giornaliero del servizio, per retta la quota che viene addebitata all’utente o al Comune nel caso abbia redditi insufficienti. Si tratta della cosiddetta quota sociale (definita anche, ma impropriamente come “alberghiera”) che si somma a quella sanitaria il cui onere grava sul servizio sanitario. La somma delle due determina la tariffa.
[2] La delibera valevole per gli anni 2010-2012, emanata in un contesto totalmente differente dall’attuale, senza alcuna modifica è vigore ancora oggi. Questo è sufficiente a spiegare l’attenzione che in tutti questi anni è stata posta nei confronti dell’assistenza residenziale agli anziani non autosufficienti e con demenze nelle Marche. Vedi in proposito il nostro Quaderno, L’assistenza residenziale anziani nelle Marche dal 2010 ad oggi.
[3] I posti di residenza protetta demenza da gennaio 2015 hanno avuto un aumento dello standard assistenziale passando da 120 a 130/3 minuti giorno per persona.
[4] Si tratta sempre, evidentemente, di scelte politiche che incidono sul bilancio. Ricordo ancora, nella prima metà degli anni duemila, in una riunione con i capogruppo in Consiglio regionale, nella quale insieme ad altre associazioni mettevano all’attenzione alcune problematiche riguardanti i servizi, quando chiedemmo di applicare la normativa sui livelli essenziali di assistenza, emanata nel 2001 a riguardo delle quote sanitarie nelle residenze sociosanitarie per anziani, l’assessore al Bilancio di allora, Agostini, disse che le nostre richieste avrebbero fatto saltare il bilancio regionale. Ovviamente, come è stato dimostrato in seguito, ma non occorreva essere profeti, non era vero. Agostini evidentemente faceva finta di non sapere che i LEA dovevano essere attuati e che il loro rispetto avrebbe aumentato standard assistenziali e qualità di vita delle persone. Su questo e altro vedi il Quaderno della nota 2.
[5] In realtà la delibera (tabella 1) indica come quota precedente 37,70 e 50,43 ai sensi della Dgr 1950/2023. Ma come si può verificare dalla delibera, essa stabilisce solo l’aumento, con decorrenza 2023, della quota sanitaria e non di quella sociale. A conferma si possono verificare le convenzioni stipulate dalle Aziende sanitarie nell’ultimo biennio nelle quali non c’è variazione della quota sociale che rimane a 33 euro.
[6] Una ulteriore domanda potrebbe essere. Perché le residenze dovrebbero aumentare ulteriormente le rette, considerata la difficoltà di molti utenti a farvi fronte? E poi, gli aumenti non potrebbero determinare il trasferimento di alcuni verso residenze che applicano costi inferiori? In estrema sintesi. In tutti questi anni abbiamo constatato che non c’è alcun controllo riguardo la tipologia prestazioni aggiuntive a carico dei residenti. Tra i gestori ci sono soggetti profit, non profit, enti locali. Abbiamo dimostrato che all’interno c’è di tutto (dal costo per le funzioni religiose, al servizio civile), ma soprattutto vengono addebitate quote anche per prestazioni sanitarie sociosanitarie di competenza del servizio sanitario (in tutto o in parte); spesso per “minutaggi” che possono anche avvicinarsi a quelli previsti nella convenzione. Esiste una straordinaria distanza tra domanda e offerta convenzionata. Le persone hanno poca possibilità di scelta tanto che è in forte aumento il fenomeno dei ricoveri di tipo privato.
[7] Va precisato che la nuova quota “demenze”, riguarda esclusivamente le persone con demenza “ricoverate” nei posti convenzionati per questa funzione. Per tutti gli altri vale la quota “non autosufficienti”.
[8] Vedi, QUI e QUI le quote a carico degli utenti, periodo 2022-2024, nelle residenze della provincia di Pesaro e Ancona.
[9] Un’altra precisazione. Alcuni hanno ricordato l’azzeramento del fondo regionale di solidarietà e dunque il venir meno di un sostegno alle famiglie degli anziani ricoverati. Ricordiamo che il fondo era rivolto al sostegno delle rette nei servizi disabilità e salute mentale. Non a quelli residenziali per anziani non autosufficienti.
[10] Vedi in proposito, analisi e commento di Franco Pesaresi.
Vedi anche, Siamo sicuri che le rette non aumenteranno dal 1° luglio 2025?
Sugli aspetti affrontati in questa intervista rimandiamo per un approfondimento ai seguenti materiali
- Quaderni Marche, L’assistenza residenziale anziani dal 2010 ad oggi.
- TRA DOMANDA E OFFERTA. Persone non autosufficienti nelle Marche. Quante, dove e con quali sostegni.
- Quaderni Marche, Sui "nuovi" requisiti di autorizzazione dei servizi sociali e sociosanitari diurni e residenziali.
I contenuti di questo lavoro possono essere ripresi con citazione della fonte.
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