L’ISEE e la compartecipazione al costo dei servizi sociali e sociosanitari. A che punto siamo? In, "Appunti sulle politiche sociali", n 2/2024 (247) - Sostienici con l'abbonamento. Il SOMMARIO DEGLI ULTIMI NUMERI. Ad oltre 10 anni dall’introduzione delle nuove norme sull’ISEE e dunque sui criteri di compartecipazione al costo dei servizi sociali e sociosanitari proviamo a fare un bilancio, non solo da un punto di vista strettamente giuridico. Intervista a Massimiliano Gioncada, Avvocato del Foro di Brescia, consulente legale degli Ordini degli assistenti sociali della Toscana, Liguria e Trentino Alto Adige (a cura di Fabio Ragaini). Vogliamo provare a fare un bilancio di questo decennio? In una duplice prospettiva: a) quello che secondo te non va nella normativa che, dunque, dovrebbe essere auspicabilmente modificato; b) la sua, effettiva, applicazione. Verrebbe subito da dire “dura lex, sed lex”, ma questa affermazione appare più incline all’ottica della pubblica amministrazione (in genere i Comuni) coinvolta. La valutazione della normativa rilevante in materia, il d.PC.M. n. 159/2013, infatti, è ben diversa a seconda che la si considera dal punto di vista dell’utenza e da quello dei Comuni. Per l’utenza rappresenta certamente una normativa importante e con rilevanti effetti pratici: il fatto che l’amministrazione debba (debba!) ponderare la capacità economica pel tramite dell’attestazione I.S.E.E. del nucleo familiare rilevante, e che comunque, a certe condizioni, possa presentare il c.d. I.S.E.E. sociosanitario, fornisce una certezza formale non indifferente, permettendo di esigere che la quota di compartecipazione ad essa ascritta sia adeguata rispetto alle possibilità, come rammostrate, appunto, nell’attestazione. Da ciò deriva, ad esempio, come accertato più volte anche dal Consiglio di Stato, che a fronte di un I.S.E.E. pari a zero, l’utente non dovrebbe sopportare costi di sorta. Per le amministrazioni l’applicazione del d.PC.M. n. 159/2013, come univocamente interpretato dalla giurisprudenza, rappresenta un problema di impatti economici non indifferente. Pensiamo al fatto che, ad esempio, per le prestazioni rese in ambiente residenziale, ma non solo, le amministrazioni, da sempre, hanno ritenuto che le indennità esenti IRPEF percepite dalla persona debbano comunque esser messe a disposizione per il pagamento delle prestazioni fruite. La giurisprudenza degli ultimi sei anni almeno va nella direzione esattamente opposta. Ciò significa che, in difetto di accordi puntuali, a carico dell’amministrazione si registra un’impennata dei costi legati all’integrazione pubblica della retta, il che pone significativi problemi in tema di tenuta dei bilanci. Sta bene una normativa “di favore” per le persone, e questo in tutti i settori della vita pubblica, ma il Legislatore (nazionale) dovrebbe anche fare adeguate valutazioni di impatto. Diversamente si rischia di far collassare il sistema, con svantaggi per tutti. Ma, ripeto, la normativa, ad oggi, quella è, piaccia o meno. Quanto all’effettiva applicazione, valutando statisticamente i giudizi in materia, radicati presso la Giustizia amministrativa, si può affermare con ragionevole approssimazione che, fatto cento i giudizi in materia, almeno 85, storicamente, son stati radicati tra Lombardia e Veneto. Questo significa che nelle altre Regioni i Comuni applicano rigorosamente il d.PC.M. n. 159/2013, ripeto, come interpretato giurisprudenzialmente? Al lettore la risposta…. Non dobbiamo dimenticare che il legislatore ha stabilito l’ISEE come “livello essenziale”. Vogliamo chiarirne meglio il significato? La qualifica che l’art. 2 co. 1 del d.PC.M. n. 159/2013 fornisce all’I.S.E.E., cioè quella di “livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”, sta a significare che solo il Legislatore nazionale è abilitato a normare la materia. Nessuna Regione, men che meno le amministrazioni comunali, possono modificare l’assetto normativo né le regole tecniche sottese alla formazione dell’attestazione I.S.E.E. E, secondo il parere espresso dal Consiglio di Stato (Cfr. Cons. St., Sez. cons. atti norm, 10-07-2013, Parere n. 3211), nel corso dei lavori preparatori, ciò vale anche le Regioni, e Province, a Statuto speciale, ancorché, in questi casi, “nelle forme stabilite dai rispettivi statuti di autonomia e dalle relative norme di attuazione” (così l’art. 14 co. 6 del d.PC.M. n. 159/2013). Senonché, gli incisi sempre contenuti nell’art. 2 comma 1 del suindicato decreto (“fatte salve le competenze regionali in materia di normazione, programmazione e gestione delle politiche sociali e socio-sanitarie e ferme restando le prerogative dei Comuni”), sono state, soprattutto le seconde fonte della “fantasia regolamentare” di molte amministrazioni comunali, le quali hanno introdotto criteri avulsi dal testo normativo, di fatto, arrivando ad una surrettizia disapplicazione e violazione della norma. Due esempi per rendere l’idea: l’inciso contenuto nel d.PC.M. n. 159/2013, per cui “La determinazione e l'applicazione dell'indicatore ai fini dell'accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime”, sta a significare che l’I.S.E.E. costituisce lo strumento fondamentale per la valutazione della capacità economica del nucleo familiare rilevante ai fini dell’accesso alla prestazione sociale agevolata e della definizione del livello di compartecipazione. Invece cosa accade? Accade che molte amministrazioni valutino l’I.S.E.E. ai fini dell’accesso ma poi lo ignorano in sede di quantificazione del costo a carico dell’utenza, come se il decreto ponesse un’alternativa e, sbagliando, interpretano il “nonché” come se fosse “o”, ma così non è. Oppure, altre amministrazioni, rilevato che la persona possiede, o è comproprietaria di un immobile, negano l’integrazione della retta richiedendone la vendita o la messa a reddito. Il che è palesemente illegittimo, perché la “ricchezza” immobiliare è già computata nell’I.S.E.E. Oppure ancora altre amministrazioni pretendono la consumazione della liquidità sul conto corrente sino ad un certo valore, e solo in quel momento, raggiunto il quale, si dichiarano disponibili alla valutazione ai fini dell’integrazione. Il che è illegittimo perché “il peso” della liquidità è anch’esso già computato a monte nell’I.S.E.E. E via dicendo. Puoi riassumere i punti fermi nella giurisprudenza di questi anni? L’orientamento giurisprudenziale che si è andato consolidandosi negli anni, al punto che è quasi possibile definirlo “diritto vivente”, è che il valore dell’attestazione I.S.E.E. del nucleo familiare rilevante rappresenta il limite massimo legittimamente richiedibile all’utenza, salvo che, ciò che è ben possibile, si raggiunga un accordo diverso tra le parti, che comunque deve essere frutto di un confronto e di una condivisione, diversamente rivelandosi un provvedimento mascherato. Questi accordi, pur tenendo fermo il testo normativo, sono anche auspicabili, in certi casi, siccome funzionali a una tenuta complessiva del sistema. L’utilizzo delle predette indennità esenti IRPEF, in particolare per i ricoveri stabili in strutture residenziali, risponde anche a una delle logiche con le quali son state riconosciute da sempre (in particolare l’indennità di accompagnamento). Senonché oggi l’I.S.E.E. le esclude, e stante il fatto che la ponderazione della capacità economica deve essere fatta pel tramite dell’I.S.E.E., ecco spiegato il motivo della suaccennata posizione giurisprudenziale. Purtroppo, si realizza lo scontro tra cittadini e amministrazioni, causato da una tecnica legislativa discutibile, e carente. Sei in grado di avere un quadro rispetto alle modalità applicative da parte dei Comuni? Mi sembra che per molti, soprattutto, ma non solo, riguardo i servizi residenziali rivolti agli anziani non autosufficienti, le indicazioni normative sono state spesso disattese, perché ritenute inique (in particolare riguardo i redditi esenti: vedi indennità di accompagnamento). In parte ho già risposto. Nella mia esperienza d’aula ho visto di tutto, con decisioni delle amministrazioni che, a volte, vanno al di là del bene e del male. È accettabile una interpretazione diversa della normativa, entro certi limiti, ma quando ti trovi un Comune che a fronte di una retta annuale di 17.000 euro (struttura residenziale) e a fronte di un I.S.E.E. di circa 10.000 euro, delibera un’integrazione comunale della retta pari a 20 euro al mese, serve altro? Oppure si legge che il rigore sull’inutilizzabilità delle indennità esenti IRPEF varrebbe solo per i servizi residenziale e non anche per quelli diurni. Chi afferma ciò, forse, è meglio che si dedichi più adeguatamente allo studio della materia (basti guardare T.A.R. Marche, Sez. II, 24-05-2024, n. 507 e non solo). Sul versante regionale mi sembra che le Regioni abbiano, strette tra rispetto della normativa nazionale e pressioni comunali, rinunciato ad intervenire. Allargare le maglie ad esempio prevedendo che redditi esenti potessero rientrare nel calcolo dei redditi, facilmente avrebbe prodotto ricorsi con esiti facilmente prevedibili. L’introduzione di criteri di accesso e/o contribuzione avrebbe aperto a sua volta, facilmente, un contenzioso con i Comuni. Hanno rinunciato ad intervenire perché è inibito loro di farlo. Diversamente, che senso avrebbe il riconoscimento dell’I.S.E.E., ai fini dell’accesso e (e) della definizione del livello di compartecipazione al costo, quale livello essenziale delle prestazioni? Nonostante ciò, i contenziosi ci sono stati, e ci sono. Infine, in tema di compartecipazione ci sono differenze nel rapporto tra utente ed ente pubblico ed ente gestore privato? In quest’ultimo caso puoi dirci meglio riguardo i contratti che vengono fatti firmare agli utenti? Trattasi di due piani diversi. Il contratto di ingresso mira a disciplinare i rapporti tra utente ed ente gestore della struttura, al quale è inibita la valutazione della capacità economica, che spetta all’amministrazione. Il rapporto tra utente e amministrazione, invece, si posiziona proprio sul versante della definizione della capacità economica e conseguente ascrizione/suddivisione dei costi. In questo senso va sfatato quello che a mio avviso è un falso mito: la ritenuta sistematica nullità dei contratti di ospitalità sottoscritti a favore dei ricoverati con malattia di Alzheimer. La giurisprudenza in materia, a partire da una nota pronuncia della Corte di Cassazione del 2012, si è andata stratificandosi negli anni, con pronunce di segno opposto. Oggi mi pare possibile affermare che la giurisprudenza prevalente nega l’automatismo malato di Alzheimer uguale malato a carico del Fondo sanitario e, nel tempo, ha delineato esattamente i contorni della questione. Se è vero che anche recentemente si possono rinvenire pronunce che hanno rilevato la nullità del contratto di ingresso, stante la natura (a prevalenza) sanitaria della prestazione, è appena il caso di far notare che ciò è stabilito nel singolo caso di specie, senza che si possa inferire alcuna regola generale in proposito. Non a caso, la prevalente giurisprudenza, come anzidetto, è oggi di segno contrario. Se tu fossi chiamato ad intervenire sulla normativa quali punti ti concentreresti? In realtà oggi dobbiamo concentrarci sul prossimo futuro, come delineato dei decreti delegati che hanno visto la luce. Prevedo che il prossimo piano di scontro ruoterà intorno al concetto di “accomodamento ragionevole”, concetto piuttosto astratto e tutto da concretare, e per ciò stesso potenzialmente fertile per comportamenti della pubblica amministrazione che integrano quella figura affasciante, ma talvolta sfuggente, che la giurisprudenza amministrativa ha denominato “eccesso di potere”. Chi vivrà, vedrà. Dello stesso autore nella nostra rivista - Servizi sociosanitari. Compartecipazione al costo e applicazione normativa ISEE, in, Appunti sulle politiche sociali, 4/2016; - Verso il nuovo Isee. Contenuti e problematiche applicative, In, Appunti sulle politiche sociali, n. 4/2014. Alcuni articoli pubblicati nella rivista - Francesco Crisafulli, La professione educativa. Il diritto che sia riconosciuta e il bisogno di riconoscer-se-la - Ennio Ripamonti, Immaginare i servizi che si vorrebbero per sé. L’esperienza della residenza anziani di Pinzolo - Elena Cesaroni, Protezione giuridica e amministrazione di sostegno. La necessità di una riflessione - Letizia Espanoli, Persone con demenza: dar casa al tempo fragile: errori da evitare, strade da percorrere - Sergio Tramma, Sui "conflitti” interni all’area del lavoro educativo e alla carenza di educatori/trici - Maurizio Motta, Riforme per la non autosufficienza: ma quali? - Fausto Giancaterina, Non più un welfare territoriale dove ancora sanitario e sociale non si parlano! - Tiziano Vecchiato, Volontariato, solidarietà, democrazia - Antonio Censi, Curare le ferite sociali degli anziani non autosufficienti - Angelo Lascioli, Alunni con disabilità. Il cambio di prospettiva dei nuovi modelli di PEI - Luca Fazzi, Il maltrattamento nelle strutture residenziali per anziani - Carlo Lepri, Diventare grandi. La condizione adulta delle persone con disabilità intellettiva - Gruppo Solidarietà, Ricordo di Andrea Canevaro - Fabio Ragaini, CAMBIARE PROSPETTIVA. A proposito di politiche, modelli, interventi, servizi LA RICHIESTA DI SOSTEGNO del Gruppo Solidarietà Altri materiali nella sezione documentazione politiche sociali. La gran parte del lavoro del Gruppo è realizzato da volontari, ma non tutto. Se questo lavoro ti è utile PUOI SOSTENERLO CON UNA DONAZIONE e CON IL 5 x 1000. Clicca qui per ricevere la nostra newsletter.