Raccontiamo noi l’inclusione. Con occhi di madre… Quali supporti sono necessari per vivere a pieno nella società Catia Alessandrini, genitore. In, Appunti sulle politiche sociali, n. 4/2023 (245) - Puoi sostenerci con l'abbonamento. Vedi anche, Raccontiamo noi l’inclusione. Le interviste integrali e i due libri del Gruppo Solidarietà, Raccontiamo noi l’inclusione. Storie di disabilità (2014) e STORIE DI VITA. Genitori e giovani con disabilità si raccontano (2024). In questo momento percepisco un po’ di confusione e dico la verità non mi sento rassicurata da un percorso fatto con chiarezza. Loro dicono che fino a 14 anni lo scopo è riabilitativo, per cui propongono logopedia, psicomotricità, quello che serve al fine di riabilitare… a 14 non c’è più una speranza “riabilitativa”, per cui a quel punto lo scopo è l’autonomia, e sono altre le terapie. (…) Come dicevo lui è inserito in tanti gruppi: LiberInsieme, baskin, scout, però non esce, non ha un gruppo di amici, non so nemmeno se gli interessa (intervista a cura di Gloria Gagliardini). Come ti chiami? Mi chiamo Catia, ho 51 anni, sono vedova da 9 anni; abito a Jesi, in centro, con i miei tre figli: Mattia di 15 anni, Irene di 12 e Diletta di 10. Ci puoi raccontare come è organizzata la tua giornata? Lavoro alle Poste da novembre. Il mattino i miei figli escono tutti autonomamente. Mattia già dall’anno scorso ha imparato a gestirsi in questo, quindi la mattina sono tutti abbastanza autonomi. Sembra poco, però non è poco…già il lunedì che devo portare Mattia in palestra che ha ginnastica la prima ora, è più problematico. Il pomeriggio lo dedico alla gestione familiare. Chi è Mattia, lo puoi presentare? Mattia non ha una diagnosi precisa e non è autistico, ha un “Disturbo misto dello sviluppo e dell’apprendimento”, che quindi è tutto e niente. Mattia è ipotiroideo, è stato diagnosticato con lo screening neonatale; ci hanno detto che questo non avrebbe causato problemi nello sviluppo, chiaramente dovrà prendere la terapia a vita ma a parte questo nient’altro. Tuttavia non è stato per niente facile accettare questa patologia, su questo tema sarebbe stato veramente prezioso un supporto psicologico, so che in altre regioni è un servizio previsto nello stesso centro dove viene seguito il bambino, è automatico, da noi purtroppo no. Sin da quando era piccolissimo ricordo che, ogni volta che incontravamo qualcun altro con il passeggino, anche di pochi mesi, io avevo sempre paura di constatare che l’altro bambino della stessa età faceva più cose rispetto a lui e che quindi lui avesse dei problemi. Era come se avessi una sensazione, una premonizione… Poi ho iniziato a rendermi conto che aveva delle difficoltà nel verbalizzare le esperienze, nel formulare frasi, nel raccontare, inoltre per esempio rispondeva sempre “no” anche quando intendeva “sì”, non aveva capito la differenza tra sì e no. Se gli chiedevo: “Vuoi il cioccolatino?” diceva no, ma in realtà voleva dire sì. Oggi Mattia è un ragazzo che cambia comportamento a seconda delle persone con cui sta, e ha parecchie stereotipie. Per esempio, con un cugino con cui ci sono stati degli episodi che l’hanno disturbato si vede che è sofferente e cerca di evitarlo in tutti i modi. Se siamo dai nonni dice: “Io sto vicino a nonno” e sta lì proprio aggrappato al nonno e lo vedi sempre in ansia, timoroso, impaurito. Mattia è un ragazzo che quando sta a casa resterebbe sempre nel suo mondo, nella sua cameretta, con il suo computer a guardare sempre gli stessi video. Secondo me a lui dà sicurezza vedere le stesse cose, poi ha sempre quegli oggetti gommosi che si trovano nelle bustine in edicola o nelle macchinette automatiche, dà proprio un nome e un cognome a ciascuno. Fin da piccolo ha sempre avuto una familiarità e una predilezione per i numeri; sa a memoria tutte le targhe delle macchine, le date di nascita di tutti, oppure a volte dice: “Cosa mi hai detto il 17 luglio 2016?” e lui se lo ricorda precisamente. Anche con gli oggetti che ha, ad esempio i serpenti di gomma, crea dei numeri. Di alcune persone, con le quali ha un legame, si ricorda esattamente quante volte le ha viste. Per esempio con il suo educatore, quando lo vede dice: “Oggi sono 207 volte”. Ultimamente è anche andato un po’ in conflitto con l’educatore che lo ha ripreso su questo aspetto, Mattia si è offeso, perché per lui è davvero importante. A volte mi colpevolizzo, mi piacerebbe fare molto di più, avere più voglia di tirarlo fuori dai suoi interessi ristretti come il computer. Lui sta bene in quel mondo lì, ma a me piacerebbe che imparasse un po’ di più a destreggiarsi nel mondo reale. Con l’educatore ha imparato a fare la spesa, però io ho molti dubbi, se lo mandassi da solo al supermercato non so se troverebbe quello che deve prendere. Non è affidabile, bisogna stargli molto dietro. A volte percepisco che la mia presenza lo condiziona. Per esempio ieri c’era una giornata con la squadra di baskin, siamo andati a fare la partita. Lui giocava e con la coda dell’occhio mi guardava, ho il dubbio che lo inibisca la mia presenza e questo mi dispiacerebbe. Invece, quando si sente a suo agio con le persone non richiede assolutamente la mia presenza, anzi, tira fuori delle risorse inaspettate. Un paio di settimane fa c’era una giornata sempre con il baskin, io non avevo proprio voglia di andare e i ragazzi della squadra gli hanno chiesto se volesse andare con loro. Sono partiti la mattina presto e hanno pranzato fuori insieme, lui era proprio contento. Una delle sue carenze, confermata anche i professionisti che lo seguono al Santo Stefano[1], è che lui è deficitario nella comprensione verbale: se gli fai una domanda complessa o gli spieghi una cosa a voce fatica a capire veramente, ha bisogno di un supporto visivo. Anche delle azioni che lui doveva automatizzare lo faceva con una sequenza di disegnini… poi una volta che ha automatizzato una cosa la fa. Mattia va a scuola. Che scuola frequenta? Com'è la sua esperienza scolastica? Liceo classico indirizzo Scienze Umane. A livello didattico sta facendo una programmazione differenziata, non semplificata. Alle medie faceva una programmazione semplificata su alcune materie e differenziata su altre. Credo che se avessi scelto come scuola superiore una scuola più “semplice” forse avremmo potuto fare il semplificato, però sinceramente ho preferito un ambiente sereno e accogliente, poi qui ha imparato ad andare a scuola da solo. Mio figlio non avrà il diploma; sinceramente avere il “pezzo di carta” se non corrisponde a una reale capacità non significa molto… non so se avrei dovuto forzare di più, però non mi sembra coerente stressarlo per ottenere cose. Per esempio, in prima media abbiamo dovuto aggiustare il tiro: ancora i professori e l’insegnante di sostegno non lo conoscevano, per cui avevamo iniziato che gli davano un po’ meno compiti ma comunque glieli davano, ed io ero disperatissima. Tentavamo anche di studiare con le mappe, i disegnini, storia… ma era un lavoro a vuoto, lui non sapeva di cosa stavamo parlando, imparava a memoria quello che doveva ripetere ma se lo scordava subito dopo, era molto stressante. Quindi mi chiedo se alla fine abbia senso… Lui invece quest’anno è contentissimo di andare a scuola, sta bene con i compagni. C’è una ragazza a cui vuole bene, anche un altro ragazzo l’ha invitato al compleanno… cose carine. Io preferisco questo ambiente e poi… non avrà il diploma, fosse quello il problema! Ci puoi illustrare come è stato l'inizio dell'iter scolastico di Mattia e il tuo rapporto con le istituzioni? Ha fatto l'asilo nido due anni e poi la materna. Il problema è venuto fuori alla materna, all’asilo non era visibile, era più piccolo e poteva sembrare solo timido, poi magari c’è chi sviluppa prima chi dopo il linguaggio. Quando ho capito di dover intervenire l’ho portato da un logopedista privato a Jesi, secondo lui c’era una difficoltà ma non un disturbo. Abbiamo fatto delle terapie con lo psicologo nel loro studio, per diversi mesi, ha fatto anche delle osservazioni alla scuola materna rilevando che lì Mattia era proprio diverso. Quindi secondo lui più che della terapia individualizzata avrebbe avuto bisogno di un supporto nell’orario scolastico. Mattia all’epoca frequentava una scuola in cui i bambini erano tutti insieme: 47 bambini con 2 maestre, c’era un caos incredibile. Allora da lì abbiamo chiesto il sostegno. L’ultimo anno abbiamo chiesto anche l’educatore. Non sapevo nemmeno cosa fosse un educatore, cosa bisognasse fare per chiederlo… Sempre le insegnanti della materna mi hanno detto che per chiedere l’educatore ci voleva la legge 104, e già questa comunque è una coltellata, pensare la 104 associata a tuo figlio. Mi hanno rassicurata che ce l’avevano diversi altri bambini anche per disturbi più lievi, e quindi l’abbiamo chiesta. Avevamo chiesto l'invalidità anche quando era più piccolo, perché pensavamo che anche solo il fatto che non avesse la tiroide comunque costituisse un’invalidità. Invece non ce l’hanno data, perché non si erano manifestate delle difficoltà così importanti. All’età di 4-5 anni abbiamo chiesto di nuovo l’invalidità e la 104 e ci è stata data, per cui nell’ultimo anno di asilo ha avuto anche l’educatrice. Quali supporti riceve ora a scuola? In questo momento Mattia ha l’insegnante di sostegno e l’educatrice, che è ancora quella delle elementari, per fortuna è lei che dà continuità. Sono anni che chiediamo l’educatore domiciliare, anche se all’inizio non mi sembrava così importante, con il tempo invece è diventata una necessità. Quest’anno finalmente ricevo una chiamata dalla coordinatrice della cooperativa che gestisce il servizio, e mi comunica che mi hanno dato 4 ore domiciliari, però contemporaneamente me ne hanno tolte 4 a scuola. Mi hanno detto che era una cosa a favore! A me questa cosa non è piaciuta. Sono stata convocata per un incontro insieme all’assistente sociale dell’Asp[2] e la psicologa del S. Stefano, entrambe nuove, e loro sostenevano che aver tolto le ore era un traguardo, che senza educatore Mattia si sforza di più per provare a fare da solo. Non hanno considerato però che quest'anno lui ha 28 ore di scuola e in terzo diventano 30, quindi le ore in cui è scoperto non sono 4 ma 6. Già adesso, oltre alle 2 ore di ginnastica c’è l’ora di religione e l’ora di scienze umane in cui fa poco o niente, infatti alla scuola gli “avanzavano” delle ore di sostegno e le hanno date a lui, anche se con un’insegnante diversa. Lui resta in classe? Per adesso sta in classe, ma senza un supporto lui “si lascia accadere”. Le assistenti sociali dell’Asp mi hanno spiegato che vorrebbero inserirlo per 4 ore a settimana in un progetto di gruppo, in cui fare delle cose insieme ad altri ragazzi. A me va bene il gruppo, però Mattia ha proprio bisogno di imparare alcune cose riguardanti la sua autonomia. Io già da un anno e mezzo pagavo privatamente un educatore a casa. Se a Mattia lo inseriscono in questo gruppo l’educatore non ce lo mandano più. Per esempio, con lui Mattia aveva imparato a fare lo zaino per la scuola, a fare la spesa, la doccia, la barba… Mi piacerebbe che continuasse a lavorare a questo genere di cose, perché le deve automatizzare. Da subito voi siete andati in carico al S. Stefano. Come sono ora i rapporti con le figure professionali per te? Sono andata al S. Stefano (per fortuna sono stata presa in carico in tempi brevi) perché avevo già della documentazione pronta, visto che con l’ipotiroidismo congenito si è presi in carico dalla Neuropsichiatria di Fano e dall’Ospedale Salesi di Ancona per dosare la terapia, quindi periodicamente dobbiamo andare per aggiustare il dosaggio. Nell’equipe del Santo Stefano, oltre alle figure professionali (logopedista, psicomotricista, pedagogista) c’erano la psicologa, la neuropsichiatra e l’assistente sociale. La neuropsichiatra la vedevo al massimo una volta l’anno, l’assistente sociale in questa prima fase non ricordo di averla incontrata. Periodicamente (in particolare ad ogni passaggio di ciclo scolastico) fanno i vari test al bambino, poi tutta l’equipe si riunisce, stabiliscono qual è il piano terapeutico, e ti dicono, per esempio, “quest’anno tuo figlio farà la psicomotricità 2 volte alla settimana e una volta logopedia”. L’assistente sociale io l’ho conosciuta più tardi, negli ultimi anni, quando mi ha suggerito cosa fare per ottenere l’educativa domiciliare. Anche la psicologa in realtà è presente quando si fa il PEI e quando deve rifare dei test al bambino e deve “re-incasellarlo”. Per me il riferimento principale forse potrebbe essere stata la psicologa. La cosa che mi affatica è che per gli appuntamenti c’è da aspettare parecchio. Se si prenota un appuntamento, magari la prima disponibilità è tra due mesi… Anni fa mi avevano chiesto di fare l’elettroencefalogramma, quando ho avuto il risultato avevo bisogno di chiarimenti, ero preoccupata perché non capivo il referto, ma ho dovuto aspettare mesi per avere una risposta. In questo momento percepisco un po’ di confusione e dico la verità non mi sento rassicurata da un percorso fatto con chiarezza. Loro dicono che fino a 14 anni lo scopo è riabilitativo, per cui propongono logopedia, psicomotricità, quello che serve al fine di riabilitare… a 14 non c’è più una speranza “riabilitativa”, per cui a quel punto lo scopo è l’autonomia, e sono altre le terapie. Mattia in realtà è da un di tempo che non fa psicomotricità e logopedia al S. Stefano; neanche alle scuole medie le aveva fatte, perché avevano valutato che la sua priorità poteva essere quella di affrontare l’aspetto emotivo. Questo lavoro di riconoscere le emozioni lo abbiamo fatto dalla pedagogista nella sede di Filottrano, e andavamo una o due volte alla settimana. Mi hanno sempre detto che l’ideale sarebbe stato farlo in piccolo gruppo, e questo gruppo non si è mai riuscito a fare. In ogni caso credo che gli sia servito molto, infatti anche a scuola mi dicevano che lui riusciva a dire, “sono preoccupato, sono triste”, aveva lavorato proprio sul riconoscere le sue emozioni. Catia, i tuoi supporti esterni chi sono stati in questi anni? In questi anni i supporti sono stati i miei genitori. Per il tempo libero anche mio fratello, però nella quotidianità dal lunedì al venerdì i miei genitori, tuttora. Poi, come detto, avevo un operatore con un rapporto privato per due ore alla settimana, per varie attività educative che concordiamo insieme di volta per volta. Purtroppo ci sono stati anche dei problemi, nello svolgimento del rapporto, che chiaramente ho dovuto gestire da sola. Attualmente ricevi 4 ore di educativa domiciliare, come si svolge la settimana di Mattia? Oltre alla scuola, va al Centro “LiberInsieme Lab[3]”, tutti i giorni, dalle 16.30 alle 18.30. Qui Mattia non ha bisogno dell'educatore personale, ma il giovedì questo orario si sovrappone con il servizio di educativa domiciliare e per ora non siamo riusciti a fare diversamente. Poi ha baskin, tre volte a settimana dopo cena. Lo accompagno io, due volte a Moie ed una a Jesi; poi ci sono le partite a cui spesso allora ci andiamo con tutta la famiglia. Poi va a scout il sabato pomeriggio in parrocchia, l’anno scorso è andato pure al campo. A scout va con la sorella che lo segue con molta attenzione; il sabato partono insieme, lei ha un occhio “materno”. In classe ha anche un compagno con il sostegno per cui lei è un punto di riferimento. Adesso Mattia ha 15 anni, quindi piena adolescenza, una fase in cui magari i suoi compagni hanno anche una vita sociale. Lui fa tante cose, rispetto a questo tu come lo vedi? Come dicevo è inserito in tanti gruppi: LiberInsieme, baskin, scout, però lui non esce, non ha un gruppo di amici, non so nemmeno se gli interessa. Ha un suo cellulare ma non lo usa; per esempio verso Natale era stato un po’ male, è mancato dal Centro e Nicolas (che lui considera il suo migliore amico) gli ha fatto una videochiamata, però lui non sapeva cosa dire. È andato al compleanno di un suo compagno di classe, si è trovato in un tavolo con i suoi coetanei che avranno parlato tra di loro, lui non so cos’ha fatto, se glielo chiedo lui mi liquida velocemente con “tutto bene”, non ha voglia di raccontare. L’anno scorso l’hanno chiamato alla cena di fine anno delle scuole medie, io ero più in ansia di lui, ho chiesto alla mamma della ragazzina che l’aveva invitato se poteva dargli una mano, magari al momento di pagare. Lui è andato, lo vedi che è un po’ un pesce fuor d’acqua, però ci vuole andare e ci va. La parte della socialità sicuramente gli manca, non ce l’ha un gruppo in cui fare cose non strutturate, in cui non c’è un educatore che lo guida. Nel gruppo LiberInsieme ci sono gli educatori, altre persone con disabilità ed anche senza? Ci sono persone con diverse disabilità, magari ci fossero altre persone! Vorrei anche fargli frequentare contesti in cui non ci sono persone disabili. Per esempio, lui va in parrocchia da solo, non so cosa combini esattamente, però almeno è inserito in un contesto un po’ più ampio. Ricordo che un giorno, mentre ero fuori casa, ho ricevuto una chiamata da un numero sconosciuto: era Mattia che era uscito da casa ed era andato a chiedere a un ragazzo della parrocchia di chiamarmi perché non sapeva dove fossi. Torniamo un attimo a LiberInsieme… Cosa ha significato per te questo gruppo? LiberiInsieme è nato dopo l’esperienza di un centro estivo per ragazzi disabili che è stato fatto l’anno scorso; avevano fatto attività molto belle, strutturate, ma costose. Visto il successo di questa iniziativa si è deciso di replicare l’esperienza anche per l’inverno. È un'esperienza positiva perché lui così è impegnato nei pomeriggi, fa delle cose con altri e non sta a casa da solo... lui sarebbe stato in camera sua tutto il pomeriggio, a parte quando veniva l’operatore della cooperativa (4 ore su una settimana)… e il resto? Tutti gli altri pomeriggi lui starebbe senza far niente. Se non ha qualcuno che lo stimola lui di iniziativa sua non farebbe niente di produttivo, starebbe lì abbandonato a sé stesso. Quindi Liberinsieme va benissimo! Poi qualcuno si preoccupa quando non c’è l’attività strutturata, invece lui è andato, si è messo a giocare a biliardino, si compra la merenda da solo… per me va benissimo. È un luogo in cui trovare altre persone, poi con il fatto che uno degli educatori è anche uno dei gestori del bar, si era anche pensato di coinvolgerli nel fare qualcosa, per esempio spinare le birre. Dicevi prima del tempo libero… Abbiamo fatto sempre piccole vacanze con qualcuno (o con mio fratello, o altre famiglie), perché non me la sono mai sentita di andare da sola con loro tre da qualche parte, mi sarebbe mancato un adulto con cui condividere, confrontarmi… e poi invece l’estate scorsa mi sono detta che volevo dimostrare a me stessa che siamo autosufficienti, e allora ho preso e siamo andati a Valencia una settimana tutti e quattro. È stata un’esperienza molto positiva. Invece adesso a Pasqua avevo due giorni di ferie e siamo andati a Venezia, è stato un po’ meno entusiasmante, io speravo che la particolarità della città li colpisse un po’ di più, invece Diletta è troppo piccola per apprezzarla, a Irene è piaciuta, e invece Mattia… io non mi ricordavo del terrore che lui aveva per i piccioni! È stato veramente un problema. Lui schematizza tutto, ha bisogno sempre di riferimenti fissi, è un po’ difficile coinvolgerlo nelle cose. Vabbè l’abbiamo fatto! Cosa è per te, per la tua esperienza, l’inclusione sociale per le persone con disabilità? Senti di viverla con Mattia questa dimensione? Secondo me l’inclusione sociale è inversamente proporzionale all’età della persona disabile. Da piccolo il bambino frequenta la scuola e almeno lì ha la possibilità di interagire con altri bambini. Poi man mano che cresce si allarga la forbice tra lui e i coetanei. A scuola si lavora sull’inclusione e Mattia è stato fortunato a trovarsi in classi in cui è stato sempre accolto bene, ma il problema è fuori dalla scuola, perché mentre i suoi coetanei escono, hanno amici, piano piano diventano autonomi, i ragazzi come Mattia non hanno una vita sociale autonoma. Proprio per questo noi genitori abbiamo pensato al centro LiberInsieme, ma al momento non si può ancora parlare di integrazione, perché il centro è frequentato solo da ragazzi disabili. In ogni caso Mattia è inserito benissimo in quel contesto, ha un ottimo rapporto con gli educatori, si sente molto a suo agio. Altre occasioni di integrazione le ha a scout e all’oratorio. Insomma, ha bisogno di ambienti “protetti” e per fortuna lui non si tira indietro, anche se non so esattamente quanto interagisca con gli altri. Un contesto veramente inclusivo è il baskin, dove la squadra è composta da ragazzi e ragazze con disabilità (sia fisica che intellettiva) insieme a normodotati. Oltre agli allenamenti ci sono le partite, il campionato, le cene, tante occasioni per stare insieme e l’atmosfera è veramente familiare, c’è un clima bellissimo di amicizia. Inoltre lo staff ha più volte creato occasioni lavorative per i ragazzi (l’età media dei ragazzi che frequentano il baskin è più alta rispetto a quella di Mattia, sono tutti più che ventenni, quindi interessati anche ad attività con una prospettiva occupazionale) ed è alla continua ricerca di proposte interessanti che vanno oltre lo sport. Tutte queste cose che ho elencato sono iniziative “private” (LiberInsieme, il gruppo scout, l’oratorio, il baskin), che nascono grazie a persone che hanno passione e voglia di fare. Riguardo invece agli enti pubblici non so quale possa essere l’offerta. Per il momento, a parte le 4 ore settimanali di educativa domiciliare, che oltre all’acquisizione delle autonomie personali potrebbe servire anche per inserire Mattia in diversi contesti sociali, non abbiamo altri aiuti. Parlando con altri genitori di ragazzi più grandi ho capito che dopo la fine della scuola c’è un grande vuoto, bisognerebbe trovare un’attività giornaliera, una specie di lavoro, ma non è così facile. Io per ora cerco di non pensarci, Mattia è al secondo anno di liceo e ci sono ancora alcuni anni prima che si presenti il problema. [1] Centro Ambulatoriale Riabilitazione Specialistica Jesi, S. Stefano è una struttura ambulatoriale del Gruppo Kos Care per il trattamento da 18 mesi fino ai 18 anni di età. [2] Asp Ambito 9, è l’Azienda speciale che gestisce i servizi sociali e sociosanitari territoriali per conto dei Comuni dell’Ambito territoriale sociale 9 di Jesi. [3] Su questo, si veda anche intervista ad Arianna e Guido, “Un prima e un dopo. L’adolescenza di un figlio Asperger e il mondo fuori”, in Appunti sulle politiche sociali, n. 2/2023. Tutti i numeri della rivista, fino al 2022, sono disponibili con accesso gratuito. 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