Data di pubblicazione: 24/08/2025
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Tra domanda e offerta. Anziani non autosufficienti e servizi nel territorio dell'Ambito sociale e del Distretto di Jesi


In, Appunti sulle politiche sociali, 2/2025 (251) - Puoi sostenere la rivista con l’abbonamento

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Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà

Da tempo il Gruppo Solidarietà ha posto all’attenzione delle Istituzioni: Comuni, Azienda sanitaria territoriale il tema degli interventi e servizi rivolti alle persone anziane non autosufficienti: Cerchiamo di capirne meglio ragioni e termini delle questioni poste (intervista a cura di Giuseppe Alberti).

Puoi riassumere quali sono i numeri delle persone anziane non autosufficienti che vivono nel nostro territorio e dove vivono il loro quotidiano?

Riprendiamo alcuni dati presenti nel recente Bilancio di ASP Ambito9[1]. Prendendo come riferimento le persone che hanno necessità di assistenza continuativa e dunque beneficiarie dell’indennità di accompagnamento (IA). Si tratta di un dato che indica una definita platea di persone. Come sappiamo l’ISTAT indica un numero di persone in condizione di non autosufficienza molto più ampia. In sintesi. La popolazione dell'Ambito/Distretto (sono coincidenti) è di circa 103.000 abitanti. Nel 2023 i beneficiari dell’IA sono stati 4.154 (4% della popolazione). Per quanto riguarda gli adulti, circa il 75% dei beneficiari è di età superiore a 65 anni. Si può quindi stimare che le persone con più di 65, che dunque rientrano nella “categoria di anziani” siano 3.115. Sulla base dei posti nelle residenze per anziani nel territorio e della occupazione da parte delle persone riconosciute percettori di indennità di accompagnamento abbiamo stimato circa 730 persone che vivono in residenza pari, al 23%. A casa vivrebbero dunque circa 2.385 persone pari al 77%[2].

Possono essere indicati i problemi più rilevanti di queste persone, e come il territorio e le sue Istituzioni se ne fa carico.

Per prima cosa, occorre precisare che quando usiamo il termine “non autosufficienza” ci riferiamo ad una condizione non omogenea. Un contenitore all’interno del quale ci sono condizioni molto differenziate. In alcune situazioni i principali interventi sono di natura assistenziale nelle attività della vita quotidiana, in altre siamo in presenza di rilevanti problematiche sanitarie che richiedono, ad esempio, interventi di tipo infermieristico, riabilitativo, tutelare. Spesso si è in presenza di persone con problematiche cliniche non stabilizzate che presentano frequenti riacutizzazioni, con esiti di malattie di tipo neurologico, ma non solo. Quadri caratterizzati da necessità di interventi sociosanitari e non solo assistenziali. Poi, ogni persona vive all’interno di un contesto e quindi la presenza di un nucleo familiare più o meno solido, anche dal punto di vista economico, influisce sulle condizioni della persona. Non meno importante anche la situazione abitativa. Insomma, oltre alla specifica condizione, altri aspetti incidono sulla qualità di vita delle persone.

Se, come abbiamo detto, l’indicatore del numero di persone in condizione di “non autosufficienza”, offre un quadro generico, allo stesso modo rispetto all’offerta occorre distinguere non solo il quanto ma anche il come. Ovvero, indagare anche l’adeguatezza della risposta. Un’adeguatezza che ad esempio in alcuni casi può avere anche un metro quantitativo (ad esempio: ore di assistenza domiciliare o entità del contributo economico a sostegno del lavoro di cura), in altre, come nei servizi residenziali occorre andare più in profondità. I “posti letto”, non automaticamente si somigliano anche quando sono identici in termini autorizzativi. Dunque conta anche il come, ovvero i modelli di riferimento. Per quanto riguarda il sostegno alla domiciliarità possiamo stimare che circa il 22% delle persone che vivono a casa riceva una qualche forma di sostegno. 110/120 persone attraverso servizi (Centro diurno e assistenza domiciliare); 430 attraverso trasferimento monetario  per sostegno lavoro di cura (assegno di cura, disabilità gravissima, sostegno malati SLA).

Come già accennato i sostegni sono molto differenziati: il centro diurno è un servizio che copre circa 8 ore giornaliere (quando non fruito part-time), l’assistenza domiciliare può essere anche solo di qualche ora settimanale. Il contributo economico va da un minimo di 200 euro/mese fino, nel caso della disabilità gravissima che ha variabilità annua, su, ad oggi,  300/350 euro mese. Nel caso di sclerosi laterale amiotrofica il contributo va da 833 a 1000 euro mese a seconda delle condizioni. Manca il dato delle cure domiciliari; gli ultimi dati del Distretto di Jesi non offrono indicazioni adeguate. Si tratta di un servizio importantissimo, in particolare,  per il mantenimento a domicilio di persone in condizione di complessità sanitaria. Nel nostro territorio è poi presente un servizio di cure domiciliari palliative che ha copertura infermieristica h 24. QUI si possono consultare i dati anche attraverso alcune tabelle.  

All'interno della non autosufficienza una parte importante riguarda le demenze. Qual è la situazione nel nostro territorio?

Dati diffusi alcuni anni fa dall’Azienda sanitaria indicavano in circa 1.700 le persone con demenza residenti nel nostro territorio. Un numero che risulta significativamente più basso se confrontato con quelli indicati Piano demenze della regione Marche: 35.000 a livello regionale. Nei fatti, l’unico servizio dedicato è quello del Centro diurno (20 posti). A livello residenziale sono autorizzati soli 28 posti di Residenza protette demenze (di cui 12 alla “Casa di Riposo” di Jesi) ed i restanti nel numero di qualche unità in altre residenze. Ma non sono posti reali. Non sono posti effettivamente dedicati. Nelle residenze convenzionate delle Marche le persone con demenza sono il 41%[3]. Nel nostro territorio dove sono ricoverate (in tutte le strutture) circa 730 persone non autosufficienti, avendo come riferimento quel dato, sono circa 280 le persone con demenza; nessuna in un posto dedicato. Qualche decina vivono anche in posti per autosufficienti. Sai quanto me che l’inevitabile conseguenza di tutto questo è la contenzione meccanica e prima ancora farmacologica. Una situazione indegna. Non basta chiedere più letti, occorre avere servizi residenziali che siano adeguati alle esigenze delle persone. Se poi spostiamo la nostra attenzione su “chi sta a casa”, vediamo che le famiglie sono sostanzialmente sole, aiutate dalle assistenti familiari (in totale, nel nostro territorio se ne possono contare, tra regolari e irregolari tra 1.500 e 2.000).

Il Gruppo Solidarietà lo scorso febbraio, ha di nuovo sollecitato i Comuni del territorio attraverso l’Ambito sociale a farsi carico ed a rappresentare i bisogni di questa fascia di popolazione, spesso debole ed isolata, per avviarsi ad una gestione che a tutti i livelli, sia più adeguata in termini di quantità e qualità dei servizi da apprestare. Come valuti le risposte? Perché si fa tanta fatica a far prendere consapevolezza?

Non si può che constatare, purtroppo, la scarsissima consapevolezza su questi temi. Ciò ovviamente è grave, ma questo è. Come abbiamo avuto modo a più riprese di evidenziare le amministrazioni comunali portano all’attenzione della Regione o dell’azienda sanitaria, nel migliore dei casi, i problemi del sovraffollamento del Pronto soccorso, delle liste di attesa per una visita o un esame strumentale, la carenza dei medici di medicina generale. Oppure problemi di finanziamento riguardanti propri servizi. Altro non riescono a tematizzare.

Abbiamo visto la drammatica situazione riguardante le persone con demenza. Prendiamo ora il dato delle liste di attesa per l’ingresso in una residenza protetta anziani. Vediamo, il solo il dato quantitativo. A fronte di un’offerta convenzionata di circa 470 posti, abbiamo una lista di attesa certificata (dopo innumerevoli richieste) da parte del Distretto sanitario, di 339 persone. Alle quali si dovrebbero aggiungere  quelle che vivono in posti autorizzati ma non convenzionati e quelle in posti per autosufficienti. Significa che in attesa ci sono tante persone quante quelle “ricoverate”. È evidente che questo dato impressionante indica che molti di queste non entreranno mai e dovranno cercarsi risposte alternative di tipo privato. La domanda è: i Comuni possono non conoscere questa situazione? Non ritengono di dover rappresentare, attraverso lo strumento del Comitato dei Sindaci di Ambito territoriale, le esigenze di questi cittadini? Al fondo, forse, rimane la convinzione che questi problemi siano di esclusiva competenza familiare.

Prendiamo, per altro verso, la questione dell’assistenza domiciliare di competenza comunale. Nel nostro territorio nel 2023 la erogavano 9 Comuni su 21. Un servizio che i Comuni forniscono non con fondi propri, ma con quelli del fondo nazionale e regionale non autosufficienze. Non ci sono domande? Possibile che a fronte di un numero così alto di persone non autosufficienti che vivono a casa (circa 2.400) i Comuni non riescano a spendere le risorse loro assegnate?[4] L’assistenza domiciliare arriverebbe a meno del 4% della popolazione, tenendo anche conto che non tutti i beneficiari (in totale circa 90) sono persone con necessità di assistenza continuativa.

Il nostro ruolo come associazioni è certamente quello di portare all’attenzione temi ed esigenze, ma c’è anche una responsabilità degli organismi tecnici, nel nostro caso l’ASP Ambito 9, che dovrebbe ricordare con forza ai Comuni che sono chiamati anche a rappresentare le esigenze dei cittadini. L’impressione è che si sia straordinariamente attenti agli aspetti finanziari e un po’ meno alle necessità delle persone, quand’anche non espresse, ma presenti. 

Sembra di capire, rispetto alla non autosufficienza degli anziani, che oggi ci si avvii verso un approccio che possa offrire, risposte differenziate sulla base delle esigenze delle persone ed anche ai loro desideri. Puoi focalizzare, all'interno di questo quadro, quali sono gli aspetti imprescindibili, perché il sistema sia governato? Cosa ne pensi di un modello alternativo che preveda.... "ti do un contributo e te la sbrighi in autonomia?"

La domanda pone questioni di carattere più generale a partire dunque dalle politiche nazionali e regionali. Non riusciamo ad affrontarlo in poche righe. Ai territori, proprio per la vicinanza diretta con le persone, ritengo spetti quanto abbiamo fin qui detto; proprio a partire dall’esperienza diretta dei problemi. Dovrebbero assumere la capacità di rilancio ai livelli istituzionali superiori. Prevale invece la logica della “raccomandazione”. Ad esempio, mi rivolgo all’assessore di turno per la “mia residenza”. Ma a livello di territori, nonostante la presenza del coordinamento intercomunale attraverso gli Ambiti sociali, questo non sembra riesca ad avvenire.

Forse qualche riflessione andrebbe fatta sul ruolo degli Ambiti e dei loro coordinatori in questa direzione. Sull’ultima domanda. A livello nazionale con la finanziaria del 2021 si è indicata la linea, rispetto ai fondi nazionali, di privilegiare l’erogazione dei servizi rispetto ai trasferimenti monetari. Intanto cominciamo con augurarci che i sostegni ci siano, cosa non scontata. Poi che gli stessi stiano dentro una personalizzazione dell’intervento. All’interno di questa, le persone e le famiglie dovrebbero essere messe nella condizione di scegliere quale è più rispondente alle proprie esigenze. Detto questo, quello che occorre evitare è una gestione privatistica dell’”assistenza”. O meglio che, laddove si opti o si scelga per il trasferimento economico, i servizi scompaiano. Il tema dunque non è solo come sostenere le persone e le famiglie, ma che le stesse sperimentino effettivamente la presenza dei servizi.

In ultimo…. nel nostro territorio, su questi aspetti, siamo in emergenza o possiamo continuare a prendercela comoda, forse con la segreta speranza che tanto le persone e le famiglie alla fine si arrangiano?

Immagino sia una domanda retorica. La dinamica demografica e la composizione dei nuclei familiari indica con chiarezza che ciò che oggi sperimentiamo potrà solo amplificarsi nei prossimi anni. Peraltro, per quanto riguarda l’aspetto demografico, non c’è solo la diminuzione della popolazione ma anche la migrazione di tantissimi giovani. Dunque, famiglie che tendono ancora di più ad “asciugarsi”. Dovremmo essere consapevoli che un domani non lontano questi problemi potranno riguardare ciascuno di noi.


[4]     Vedi, ATS9 Jesi. Assistenza domiciliare e assegni di cura anziani. Fondi 2023-24 ai Comuni e loro utilizzo.


Per approfondire

Assistenza domiciliare e residenziale anziani e demenze: l’immobilismo dei sindaci dell'Ambito sociale di Jesi.

Assistenza domiciliare e residenziale anziani e demenze. L'incontro del Gruppo Solidarietà con il Comitato dei Sindaci ATS9 Jesi.

Assegni di cura e assistenza domiciliare anziani. Piano nazionale non autosufficienza e attuazione regionale.

Annotazioni sulla Relazione al Bilancio Consuntivo 2023 di ASP Ambito 9 Jesi. 

Jesi. Consiglio comunale aperto sulla sanità. Documento del Gruppo Solidarietà.

Quale continuità e garanzia delle cure nel territorio del Distretto/ATS di Jesi?

Distretto Jesi-ASP-ATS 9. Interventi sociosanitari. Riflessioni, proposte, richieste.

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