Rassegna legislativa
 
 
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NAZIONALE

IMMIGRAZIONE

Decreto del Presidente della Repubblica, 16 settembre 2004, n. 303, Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato (G.U. n. 299 del 22.12.2004)
E’ stato messo a punto il nuovo regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato che entra in vigore il 6 gennaio 2005. Il regolamento prevede che l’ufficio di polizia di frontiera che riceve la domanda d’asilo prende nota delle generalità fornite dal richiedente e lo autorizza a recarsi presso la questura competente per territorio. La questura redige un verbale delle dichiarazioni del richiedente e avvia le procedure, disponendo l’invio del richiedente asilo nei centri idi identificazione (sono stati istituiti sette centri di identificazione nelle province individuate con decreto del Ministero dell’interno) e rilasciando un attestato nominativo che certifica la qualità di richiedente lo status di rifugiato. Qualora la richiesta di asilo sia presentata da un minore non accompagnato, viene immediatamente contattato il Tribunale per i minorenni competente. Tutte le comunicazioni al richiedente asilo concernenti il procedimento sono rese il lingua comprensibile al richiedente (se ciò non è possibile, in lingua francese, inglese, spagnola o araba) – incluso l’opuscolo redatto dalla Commissione nazionale -. Il prefetto della provincia presso cui è istituito il centro di identificazione può affidarne la gestione, attraverso apposite convenzioni, ad enti locali, ad enti pubblici o privati che operano nel settore dell’assistenza sociale. Il direttore del centro può concedere permessi temporanei di allontanamento (dalle ore otto alle ore venti); è inoltre garantita la separazione fra uomini e donne durante le ore notturne (salvo il caso di nuclei familiari). Sono state istituite sette Commissioni territoriali presso le prefetture di Gorizia, Milano, Roma, Foggia, Siracusa, Crotone, Trapani. Entro trenta giorni dall’entrata in vigore del regolamento la Commissione nazionale (che opera presso il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno) provvede alla nomina dei componenti della commissione Territoriale. La convocazione per l’audizione - che ha luogo in seduta non pubblica - presso la Commissione territoriale viene comunicata all’interessato tramite la questura territorialmente competente; il richiedente ha facoltà di farsi assistere da un avvocato e può esprimersi nella propria lingua o in una lingua a lui nota. La Commissione territoriale, entro i tre giorni feriali successivi alla data dell’audizione rende nota la decisone; qualora al richiedente sia riconosciuto lo status di rifugiato la Commissione territoriale rilascia apposito certificato. In caso la domanda sia rigettata, il richiedente trattenuto presso uno dei centri di identificazione può presentare, entro cinque giorni dalla decisione, domanda di riesame. In questo caso il Presidente della Commissione Territoriale chiede al Presidente della Commissione nazionale di provvedere all’integrazione della Commissione territoriale con un componente di una speciale sezione della Commissione nazionale e si procede ad una nuova audizione con il richiedente. E’ prevista da parte della Commissione nazionale la realizzazione delle linee guida per la valutazione delle domande di asilo e l’organizzazione di corsi di formazione e di aggiornamento per i Componenti delle Commissioni territoriali. La nuova procedura deve essere in vigore a partire dal 21 aprile 2005.

IMMIGRAZIONE

Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri, Programmazione aggiuntiva dei flussi d’ingresso dei lavoratori stagionali extracomunitari nel territorio dello Stato, per l’anno 2006 (G.U. n. 185 del 10.08.2006)
Il provvedimento incrementa con una quota massima aggiuntiva di 30.000 ingressi (da ripartire tra le regioni e e le province autonome) il numero di cittadini extracomunitari residenti all’estero ammessi in Italia per motivi di lavoro subordinato (stagione turistica e raccolta dei prodotti agricoli). Tale quota si aggiunge al limite di 50.000 unità di lavoratori extracomunitari determinato con il DPCM del 15.02.2006, in attesa di un ulteriore decreto di programmazione dei flussi per il 2006, che consenta di ampliare ulteriormente le quote. Sono ammessi i lavoratori subordinati di Serbia, Montenegro, Croazia, Bosnia, Herzegovina, Ex Repubblica Yugoslavia di Macedonia, Bulgaria e Romania, Tunisia, Albainia, Marocco, Moldavia, Egitto e i cittadini stranieri non comunitari titolari di permesso di soggiorno per lavoro subordinato stagionale negli anni 2003, 2004, 2005).

IMMIGRAZIONE

Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Decreto 24 marzo 2006, Limite massimo di ingressi di cittadini stranieri per il rilascio del visto di studio (G.U. n. 165 del 18.07.2006)
Il provvedimento fissa il limite massimo di ingressi in Italia per l’anno 2005 degli in possesso dei requisiti previsti per il rilascio del visto di studio. Sono ammessi: 5000 unità per la frequenza a corsi di formazione professionale finalizzati al riconoscimento di una qualifica o alla certificazione delle competenze acquisite di durata non superiore a ventiquattro mesi, organizzati da enti di formazione accreditati e 5000 unità per lo svolgimento di tirocini di formazione e orientamento in funzione del completamento di un percorso di formazione professionale. Il decreto presenta in allegato la ripartizione delle quote tra le regioni e le province autonome per svolgere tirocini di formazione e di orientamento per lavoratori extracomunitari; il numero di ingressi stabilito per la regione Marche è di 375.

INFANZIA

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 168 del 20 luglio 2012, Regolamento recante l'organizzazione dell'Ufficio dell'Autorita' garante per l'infanzia e l'adolescenza, la sede e la gestione delle spese, a norma dell'articolo 5, comma 2, della legge 12 luglio 2011, n. 112 (G.U. n. 228 del 29.09.2012)
Nel presente decreto vengono definite le modalità di organizzazione e funzionamento dell’Ufficio dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza; vengono quindi determinati gli indirizzi e i criteri generali dell'attività dell'ufficio, definendo gli obiettivi e i programmi da realizzare, verificandone l'attuazione; è stabilita l’adozione del documento programmatico, il bilancio di previsione e il conto finanziario e del Codice etico dell'ufficio, recante i principi guida del comportamento del Garante, dei componenti dell'ufficio e di tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, collaborano con il Garante. La sede dell’Ufficio è a Roma ed è alle dipendenze del Garante che può avvalersi dell'opera di consulenti ed esperti in possesso di adeguate e comprovate capacita' professionali, può stipulare apposite convenzioni per lo svolgimento di tirocini formativi e di orientamento con scuole di specializzazione, facoltà universitarie, istituti di istruzione di ogni ordine e grado, consigli o collegi degli ordini professionali, e con istituzioni o organizzazioni, nazionali o internazionali preposte alla tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti (anche al fine di favorire lo scambio di esperienze e la diffusione di buone prassi, anche sperimentate all'estero, nei settori di competenza). Il Garante convoca le riunioni, stabilisce l'ordine del giorno e dirige i lavori della Conferenza nazionale per la garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Viene inoltre istituita la Consulta nazionale delle associazioni e delle organizzazioni preposte alla promozione e alla tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza; si riunisce almeno due volte l'anno presso la sede del Garante ed è composta da associazioni ed organizzazioni – individuate dal garante - che dimostrino di svolgere continuativamente la loro attività nei settori dell'infanzia e dell'adolescenza; promuovono fattivamente la partecipazione e l'ascolto dei bambini e degli adolescenti. Il Garante inoltre può' avvalersi della collaborazione di commissioni consultive istituite, per l'analisi di questioni specifiche di particolare interesse (composte da rappresentanti di istituzioni pubbliche e private, delle associazioni preposte alla tutela dei diritti delle persone di minore età e dei loro familiari, delle forze sociali, delle associazioni di volontariato, delle professioni, da esperti qualificati nelle materie oggetto di consultazione).

INFANZIA

Decreto del presidente della Repubblica del 21 gennaio 2011, Terzo Piano biennale nazionale di azioni e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva (GU n. 106 del 9.05.2011 )
Il documento emanato con decreto del presidente della Repubblica, definisce le linee guida fondamentali e gli interventi concreti che il Governo intende mettere in atto per realizzare un’adeguata politica per l'infanzia e l'adolescenza; a tal fine vengono quindi stabilite le priorità fra i programmi riferiti ai minori e individuate le modalità di finanziamento degli interventi previsti, prevedendo azioni per rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell'infanzia nel mondo e forme di potenziamento e di coordinamento fra le pubbliche amministrazioni, le regioni e gli enti locali. Queste alcune delle direttrici di intervento principali previste dal terzo Piano nazionale di azione per l’infanzia: consolidare la rete integrata dei servizi e il contrasto all'esclusione sociale; rafforzare la tutela dei diritti; favorire la partecipazione per lo costruzione di un patto intergenerazionale; promuovere l'integrazione delle persone immigrate (i minori stranieri ed i minori Rom). Sul piano metodologico è prevista inoltre un’azione di coordinamento e di partecipazione condivisa degli interventi nella fase di programmazione e realizzazione, seguita da un percorso di accompagnamento e monitoraggio permanenti. Come specificato nel documento, è importante sottolineare che il Terzo Piano di azione per l'infanzia viene emanato nel ventesimo anno di vigenza della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo.

INVALIDITÀ CIVILE

Garante per la protezione dei dati personali, Provvedimento 21 marzo 2007, Certificazioni per il riconoscimento dell’invalidità civile (G.U. n. 82 del 7.04.2007)
Le aziende sanitarie locali dovranno mettere in atto tutte le misure necessarie per garantite un "livello elevato di tutela dei diritti delle persone che presentano istanza per l'accertamento dell'invalidità civile" e rilasciare le certificazioni attestanti il riconoscimento dell'invalidità civile per l'iscrizione alle liste del collocamento obbligatorio o per la richiesta di esenzione dalle tasse scolastiche e universitarie, senza indicare i dati personali relativi alla diagnosi. Questi sono i punti salienti del provvedimento, attraverso cui l'Autorità intende richiamare al rispetto delle regole sulla tutela dei dati sensibili le ASL. Alla base di questo provvedimento ci sono alcune segnalazioni pervenute al Garante da parte di invalidi civili, i quali hanno denunciato che i dati relativi alla loro diagnosi, sia nelle istanze tese all'accertamento sanitario dell'invalidità civile appunto, sia in alcuni tipi di certificazioni che attestano il riconoscimento della stessa per fini amministrative (soprattutto nei casi in cui essi risultino sieropositivi od infetti da HIV), erano resi impropriamente manifesti. Tra l'altro, questi cittadini avevano chiesto all'Autorità che i dati relativi alla loro diagnosi potessero essere omessi nelle domande di riconoscimento dell'invalidità civile e nelle certificazioni preliminari all'iscrizione alle liste di collocamento od all'esenzione dalle tasse scolastiche e universitarie, istanza che poi il Garante ha accolto a pieno. Inoltre, il Garante per la Privacy ha stabilito che le ASL, oltre a dover predisporre apposite distanze di cortesia ed altri accorgimenti atti a prevenire l'indebita conoscenza di informazioni idonee a rivelare lo stato di salute di coloro che presentano domanda di invalidità civile, debbano anche designare incaricati e responsabili del trattamento di questi dati sensibili, a cui impartire specifiche istruzioni in merito agli obblighi previsti dalla disciplina in materia di protezione dei dati personali e da altre specifiche disposizioni a tutela di particolari soggetti (come per l'appunto le persone affette da AIDS o sieropositive).

INVALIDITA’

Circolare 22 dicembre 2005, n. 40/05, Patologie oncologiche – Periodo di comporto – Invalidità e situazioni di handicap grave – Decreto legislativo n. 276/2003, attuativo della legge Biagi e diritto al lavoro a tempo parziale (G.U. n. 10 del 13.01.2006)
Il provvedimento introduce alcuni interventi per tutelare i lavoratori afflitti da patologie oncologiche al fine di adeguare il periodo di comporto – periodo predeterminato durante il quale è giustificata la sospensione dell’obbligo di prestazione lavorativa e nel corso del quale il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore malato – e incentivare la flessibilità della prestazione lavorativa mediante il diritto a svolgere prestazioni di lavoro a tempo parziale per conciliare esigenze di cura e mantenimento del posto di lavoro – la quantificazione dell’orario ridotto e la scelta tra modalità orizzontali o verticali è decisa dalle parti; il rapporto di lavoro a tempo parziale dovrà poi essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno a richiesta del lavoratore quando lo stato di salute lo renderà possibile -. Si precisa che l’individuazione del periodo di comporto è individuato dalla contrattazione collettiva (in caso di malattia il datore di lavoro ha diritto di recedere il contratto solo una volta che sia decorso il periodo stabilito dalla legge e dalle norme corporative) e che durante il periodo di aspettativa non retribuita il lavoratore non ha diritto alla retribuzione ma il rapporto di lavoro si considera sospeso e può essere riattivato normalmente al termine del periodo. La circolare stabilisce inoltre che è prevista per il lavoratore affetto da tumore una ulteriore possibilità di astensione dal lavoro nel caso in cui sia riconosciuta una situazione di invalidità (da parte delle unità sanitarie locali mediante commissioni mediche): in caso di riconoscimento di handicap grave il lavoratore può godere di due ore al giorno di permesso retribuito o tre giornate mensili di permesso retribuito – lo steso diritto è concesso anche ad un familiare del malato (per assicurare la possibilità di assisterlo nelle cure).

ISTRUZIONE

Ministero della pubblica istruzione, Decreto 22 agosto 2007, n. 139, Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione, ai sensi dell’articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (G.U. n. 202 del 31.08.20007)
In base a quanto stabilito dal presente decreto l’istruzione obbligatoria è impartita per almeno dieci anni, a partire dagli anni scolastici 2007/2008 e 2008/2009 - con riferimento ai percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale -. L’adempimento dell’obbligo di istruzione è finalizzato al conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. Nel Regolamento vengono individuati gli interventi a sostegno dell’adempimento dell’obbligo di istruzione; tra questi il riferimento al piano educativo individualizzato per la progettazione delle attività didattiche degli alunni diversamente abili e la possibilità per coloro che non hanno conseguito il titolo conclusivo del primo ciclo e che hanno compiuto sedici anni di conseguire il titolo presso centri provinciali per l’istruzione degli adulti. In allegato vengono presentate e descritte le linee guida per la predisposizione di piani di intervento da parte delle istituzioni scolastiche e delle autonomie territoriali definendo le competenze, abilità e conoscenze che gli studenti devono acquisire a conclusione dell’obbligo di istruzione (distinte tra i principali assi culturali: dei linguaggi e asse matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale).
Decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola – lavoro, a norma dell’articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53 (G.U. n. 103 del 05.05.2005)
Il provvedimento disciplina l’alternanza scuola – lavoro, vale a dire la realizzazione dei corsi del secondo ciclo, nel sistema dei licei, sia nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l’acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro. In base a tale decreto, gli studenti che hanno compiuto il quindicesimo anno di età, possono presentare la richiesta di svolgere l’intera formazione dai 15 ai 18 anni o parte di essa, attraverso l’alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica o formativa. Le stesse istituzioni scolastiche e formative provvedono a progettare, attuare e verificare i percorsi in alternanza, sulla base di apposite convenzioni con le imprese, o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con gli enti pubblici e privati disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di apprendimento in situazione lavorativa (che non costituiscono rapporto individuale di lavoro). Si precisa inoltre che è istituito il Comitato per il monitoraggio e la valutazione dell’alternanza scuola – lavoro per verificare la realizzazione dei percorsi, che si articolano in periodi di formazione in aula e in periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro (che possono essere svolti anche in periodi diversi da quelli fissati nel calendario delle lezioni); a conclusione dei percorsi le istituzioni scolastiche o formative rilasciano una certificazione relativa alle competenze acquisite, che costituisce crediti, sia ai fini del conseguimento del diploma o della qualifica, sia per gli eventuali passaggi tra i sistemi.
Decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, Definizione delle norme generali sul diritto – dovere all’istruzione e alla formazione, a norma dell’articolo 2, comma 1, lettera c9, della legge 28 marzo 2003, n. 53 (G.U. n. 103 del 05.05.2005)
Il decreto illustra i principi generali del diritto – dovere all’istruzione e formazione, che ridefinisce ed amplia le norme dell’obbligo scolastico (articolo 34 della Costituzione) e dell’obbligo formativo (introdotto dall’articolo 68 della legge 144/99). Viene precisato che si assicura a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni (o sino al conseguimento di una qualifica almeno triennale entro il diciottesimo anno di età; tale diritto inizia con l’iscrizione alla prima classe della scuola primaria, prosegue nelle scuole secondarie. Terminato il primo ciclo, i giovani che hanno conseguito il titolo conclusivo sono iscritti ad un istituto del sistema dei licei o del sistema di istruzione e formazione professionale, fino al conseguimento del diploma liceale o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età (secondo ciclo). Al fine di garantire tale diritto è stata realizzata un’anagrafe nazionale degli studenti presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per il trattamento dei dati sui percorsi scolastici, formativi e in apprendistato dei singoli studenti a partire dal primo anno della scuola primaria. Il provvedimento stabilisce altresì, che responsabili dell’adempimento del dovere di istruzione e formazione sono i genitori dei minori (che sono tenuti ad iscriverli alle istituzioni scolastiche o formativa), mentre alla vigilanza sull’adempito del dovere provvedono il comune, il dirigente dell’istituzione scolastica, la provincia (attraverso i servizi per l’impiego), i soggetti che assumono con il contratto di apprendistato i giovani; il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali effettuano annualmente il monitoraggio sullo stato di attuazione del diritto – dovere all’istruzione e alla formazione.

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